Marco 9, 2-10: 2 In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3 e le sue vestì divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle cosi bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbi, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per tè, una per Mosè e una per Elia». 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube usci una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 9, 2-10
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell`ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell`uomo fosse risuscitato dai morti.
Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Il racconto della trasfigurazione, riportato dai tre Sinottici, nel vangelo di Marco è un momento vertice, corrispondente alla scena del battesimo della prima parte (1, 9-11). Di nuovo Gesù viene proclamato dalla rivelazione divina il Figlio diletto (9, 7). La scena della trasfigurazione segue lo schema classico delle teofanie bibliche, come quella del monte Sinai, che ha per protagonista Mosè, con diversi elementi della tradizione apocalittica: luminosità, nube, voce, ecc.. Il fatto in se stesso rimane non poco misterioso, ma il suo significato non è difficile da decifrare. Esso rappresenta non solo un motivo di consolazione e di incoraggiamento per i discepoli smarriti, ma anche un’anticipazione della gloria in cui il Cristo dovrà entrare con la sua risurrezione.
IN QUEL TEMPO (2)
La solita espressione liturgica: “in quel tempo”, sostituisce quella del testo evangelico “ dopo sei giorni”, che, se è una della rare precisazioni cronologiche di Marco, si riferisce alla confessione di Pietro (8, 27-9, 1). Ma forse più che una precisazione cronologica è l’uso dello schema dei sei giorni, cui fa seguito il giorno dedicato al Signore; così è detto anche nel caso di Mosè che rimase sei giorni sul monte di fronte alla nube, finché nel settimo giorno la voce lo chiama ed egli vi entra. (Es 24, 12-18)
PIETRO, GIACOMO E GIOVANNI (2)
I medesimi discepoli assistono alla risurrezione della figlia di Giairo (5,37) e all’agonia di Gesù (14,33). C’è un legame tra l’agonia e la trasfigurazione: l’una alla luce dell’altra rivelano la relazione e il significato della morte e della vita, della gloria e della croce. I tre sono chiamati ad una rivelazione, perché sono destinati ad una missione; la chiamata infatti comporta sempre una missione.
SOPRA UN MONTE ALTO (2)
Marco ha già ricordato che sul monte Gesù ha chiamato i dodici (3, 13). Quanto al monte della trasfigurazione, la tradizione cristiana l’ha sempre identificato col monte Tabor (m. 562) che si erge isolato sulla pianura di Izreel o Esdrelon, non lontano da Nazaret. L’indicazione “alto” ha spinto alcuni a pensare ad un monte davvero alto, quale l’Ermon (m.2760) vicino a Cesarea di Filippi, dove Marco ha situato la professione di fede di Pietro (8, 27), ma forse “alto” ha più che valore topografica, valore simbolico in relazione alla fine dei tempi (vedi Isaia 2, 2-3: alla fine dei giorni il monte del tempio del Signore sarà elevato sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli).
SI TRASFIGURO’ (2)
Il termine greco è “ metamorfoo”, che indica propriamente il passaggio da una forma ad un’altra, cioè ad un modo diverso di essere, in cui la persona, pur restando se stessa, si manifesta diversa. Dagli effetti esterni, indicati da Marco e anche più abbondantemente da Matteo (17, 2) e Luca (9, 29) si deduce che dovette trattarsi di una manifestazione soprannaturale, in cui l’umanità di Gesù apparve rivestita di gloria divina, come successe dopo la sua glorificazione (1 Cor 15, 43; 2 Cor 5, 4)
SPENDENTI E TALMENTE CANDIDE (3)
Il bianco è il colore degli esseri celesti (Mc 16, 5; At 1, 10; Ap 1, 13; 3, 4-5; 4, 4) e le vesti bianche sono spesso immagine della vita dopo la risurrezione.
ELIA CON MOSE (4)
Elia, il profeta, e Mosè, il legislatore esprimono, tutte due insieme la totalità dell’Antico Testamento e la presenza dei due sembra indicare la superiorità di Gesù, che da compimento all’opera da loro variamente svolta. Questi personaggi della sfera celeste lo considerano uno di loro e più importante e lo pongono in mezzo. Da notare anche che in alcuni circoli giudaici si pensava che Elia non fosse morto, infatti era stato rapito in cielo (2 Re, 2) e che anche Mosè fosse stato rapito allo stesso modo, infatti non si era mai trovato il suo sepolcro; essi sarebbero quindi potuti tornare.
DISCORREVANO CON GESU’ (4)
Luca fa cenno anche al tema della loro conversazione: “parlavano della sua dipartita, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9, 31)
PIETRO DISSE (5)
L’intervento di Pietro rientra nel suo stile (cf 3, 23-34; Nc 6, 15), ma dichiara anche la soddisfazione degli altri due discepoli. La richiesta può essere stata dettata dal desiderio di prolungare il più possibile gli attimi di felicità. L’immagine delle tende erette e sistemate richiama la festa delle Capanne (Lv 23, 34-36), ma anche l’idea della comunione escatologica.
NON SAPEVA (6)
Marco dice che la proposta di Pietro era irrazionale e fuori luogo. Gli Apostoli non possono ancora aver parte diretta a ciò che vedono. Lo stesso varrà anche per le apparizioni del risorto; come dice anche l’immagine degli apostoli che guardano smarriti verso il cielo (At 1, 11).
PRESI DA SPAVENTO (6)
Il timore è un elemento normale quando l’uomo viene a trovarsi davanti ad un elemento straordinario; consiste in un turbamento dell’animo che impedisce di ragionare serenamente e talora anche di parlare (cf 16, 8).
UNA NUBE (7)
La nube sta ad attestare una particolare presenza di Dio, come in tanti testi dell’AT (Es Es 16, 10, 19, 9). Essa nello stesso tempo svela e nasconde la presenza di Dio. La nube avvolge Gesù con Elia e Mosè e non i discepoli che ne sono soltanto testimoni. E’ dalla nube che si fa sentire la voce, che non può che essere quella di Dio.
QUESTI E’ (7)
Sono quasi le medesime parole, che furono rivolte a Gesù dopo il suo battesimo, solo che invece di “Tu sei”, troviamo “questi è”. Esse proclamano la figliolanza naturale di Gesù.
ASCOLTATELO (7)
L’esortazione ad ascoltare Gesù è la conclusione logica del riconoscimento della dignità del Trasfigurato. L’invito ai discepolo ricorda l’ordine dato da Mosè al suo popolo: “ Javhè tuo Dio, ti susciterà un profeta come me, in mezzo a te tra i tuoi fratelli; a questo darete ascolto” (Dt 18, 15)
SE NON GESU’ SOLO (8)
L’apparizione si conclude bruscamente; Gesù non è più accompagnato dai due personaggi e i tre discepoli scorgono solo Gesù nell’atteggiamento consueto.
DI NON RACCONTARE (9)
Il comando di Gesù di non propagandare l’accaduto ha lo scopo di tenere ancora nascosta la dignità di Gesù; il momento di parlare verrà più tardi quando Gesù sarà risorto dai morti.
COSA VOLESSE DIRE (10)
L’idea delle risurrezione dei morti era nota e abituale tra i Giudei del tempo di Gesù. Ciò che sorprende i discepoli è il fatto nuovo che avvenga non nel giorno finale (Cf Gv 11, 24) ma nel loro tempo.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
LA LUCE DELLA TRASFIGURAZIONE
La trasfigurazione è davvero un frammento.. La luce momentanea della trasfigurazione riconduce subito alla cruda realtà, e questa è ben raffigurata dal «Gesù solo», che discende dal monte e riprende il sentiero quotidiano della fatica. Unica compagna di viaggio è la parola di Dio, la parola di Gesù: «Ascoltate lui!». E questo basta: basta perché così «è scritto»; basta perché così abbiamo tutti sperimentato. Nella tradizione della chiesa d’Oriente, ogni icono-grafo-monaco dava inizio alla sua arte-preghiera di dipingere l’icona della trasfigurazione soltanto dopo un deserto di preghiera che durava mesi. Tutto questo per significare, tra l’altro, che il faticoso cammino della luce della fede inizia e si snoda su poche vette e su molte interminabili pianure, anch’esse rischiarate dalla luce di Pasqua. (Vittorio Mannucci)
IL MISTERO DELLA TRASFIGURAZIONE
La trasfigurazione di Gesù è un fatto reale, carico di contenuto teologico e religioso che solo la fede può decifrare e comprendere. Nella trasfigurazione abbiamo un’epifania gloriosa di Gesù, Messia nascosto e umile. Essa è un anticipo della gloria della Pasqua, e senza arrestare il cammino di Gesù verso la croce, stimola i discepoli a prendere la propria croce e a diventare servi, a donare cioè la vita, mettendosi alla sequela di Cristo, il «servo sofferente». Il mistero della trasfigurazione aiuta a comprendere il significato profondo della morte del Signore e della sua croce come sigillo della sua predicazione e della sua dedizione totale alla causa del Regno, e quello della sua risurrezione quale sbocco glorioso del sacrificio che egli fece di sé al Padre per la sua gloria e per la salvezza degli uomini. La passione e la morte di Gesù di Nazaret non sono dunque né un fallimento ne una cosa inutile né il segno di un’improrogabile debolezza. Espressioni della carità di Dio, esse sono fonte e garanzia di risurrezione; infatti il Risorto non è altro che Gesù condannato a morte e poi crocifisso. L’evento della trasfigurazione, mentre ci invita ad evitare ogni forma di trionfalismo e di leggerezza nella nostra vita di fede, ci stimola a percorrere «la via della croce» non con rassegnazione, ma con speranza. «Portare la croce dietro a Gesù» significa fare della nostra vita un dono, attraverso uno stile di servizio e di solidarietà verso tutti: amare, essere servi, condividere le gioie e i dolori degli altri non saranno mai segno di un fallimento, ma, al contrario, elementi costitutivi della vera storia evangelica. Ascoltare il Cristo della trasfigurazione e della gloria significa credere nella potenza del nostro dono e del nostro servizio verso gli altri. (Ernesto Menichelli)
ASCOLTATELO
Dalla nube, segno della presenza di Dio, viene la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo». D’ora in avanti chi vuole ascoltare il Padre, deve ascoltare il Figlio. E dopo quella dichiarazione celeste, «subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro». L’espressione è significativa: «Gesù solo con loro». I discepoli non hanno più bisogno di nessun altro; con Gesù hanno tutto, perdendo Gesù perderebbero tutto. Lontano da e senza Gesù c’è soltanto l’ideologia su Dio, cioè la proiezione dei nostri desideri umani su Dio o la falsificazione del Dio vero. Al di fuori di Gesù si perde anche Dio e, di conseguenza, il senso vero dell’esistenza umana. Soltanto Gesù, infatti, rivelandoci Dio, ci manifesta il senso ultimo e autentico dell’esistenza umana. (Antonio Bonora)
Ascoltare Gesù significa credere che l’offerta di noi stessi e delle nostre cose al Signore, anche se si presenta come rinuncia e mortificazione, è sempre l’inizio di una vera fecondità umana, come dimostra la vita dei santi e anche l’esempio di Abramo, divenuto per la sua fede e per l’obbedienza fino al sacrificio, padre di molte genti. Quando infatti facciamo il vuoto dentro di noi. Dio ci riempie di sé e ci rende strumenti di comunione e di vita per gli altri. (Giuseppe Pasini)
TRASFIGURAZIONE PER NOI
Che cos’è la trasfigurazione per noi? Per ciascuno degli apostoli l’essenziale della trasfigurazione non fu tanto l’aver visto Cristo nella gloria, quanto l’aver avuto dalla stessa bocca del Padre la consegna:«Ascoltatelo!… ed essi, alzando gli occhi, non videro che Gesù»: ecco l’esperienza dei tre, a cui si rifà l’esperienza della comunità di Marco, come anche la nostra: non vedere nulla e non ascoltare altri che lui! Solo nell’ascolto si può dire come Paolo: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21). Ascoltare Cristo, per essere Cristo: ecco il messaggio della trasfigurazione. La luce taborica ci indica un termine finale di gloria, ma allo stesso tempo ci dice qual è l’unico cammino possibile verso di esso. Ascoltare il Cristo della trasfigurazione significa consegnare la nostra vita a lui, dare un senso alla nostra esistenza dietro di lui, credere nel valore del donare la vita per gli altri, prestare obbedienza alle sue parole, fidarci di lui, portare la nostra croce dietro di lui,«amare come lui stesso ci ha amati» (cf. Gv 15,9), scendere dal monte per riprendere con lui ogni giorno il sentiero della croce (cf. Lc 9,23).
LA FEDE
Due diversi modi di interpretare la fede: Pietro vede la fede in Dio come una fede gloriosa, rassicurante, vincente; Gesù propone e vive una fede che assume le contraddizioni della storia, che penetra nelle pieghe della storia e per far questo ha bisogno di scendere dal monte fino quasi a scomparire per venire, almeno apparentemente, sconfitta. La parola sofferenza può essere fraintesa. La sofferenza evangelica non va confusa con quella che viene dalle malattie o dalle delusioni amorose. Essa nasce piuttosto dal contrasto tra gli uomini: chi vuole impegnarsi per modificare leggi e mentalità dei tempi, perché meglio rispondano al piano di Dio, soffrirà incomprensione e opposizione dure. Credere in Dio, vivere secondo Dio. è rischioso. Materialmente può rivelarsi una scelta perdente, ma proprio in questo modo si servono l’uomo e il mondo. Chi accetta di servire l’uomo non può pretendere di guadagnare gloria, o di ottenere il consenso di tutti. Quell’ascendere dal monte acquista allora un valore altamente simbolico. Vuol dire uscire dal proprio io, che chiede di farsi centro di ogni cosa, vuol dire abbandonare progetti di potenza e di prestigio per vivere tra la gente, per assumerne i problemi, per condividerne le lotte. Sarà questa la strada che porterà alla vittoria, ed è una strada che passa attraverso l’oscurità e le contraddizioni delle vicende umane. (Battista Borsatto)
IL MISTERO DELLA CROCE
Marco dice che «mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro di non raccontare a nessuno quello che avevano veduto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero la cosa per sé, domandandosi fra di loro che mai significasse quel risorgere dai morti. Non hanno ancora colto il mistero della croce, ma l’esperienza vissuta li fa certi di due cose: che Gesù è il Figlio di Dio, che possono dunque e devono ascoltarlo; che nello sfondo della croce si profila la figura di Cristo risorto. Si apre una prospettiva nuova: la croce non è il fallimento di un progetto, ma rivelazione della vera identità di Cristo e del cristiano. (Giovanni Nervo)
MANIFESTAZIONE DEL FIGLIO DILETTO
Quando il Padre dice: “Questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo”, non si doveva forse intendere chiaramente: “Questi è il mio Figlio”, per il quale essere da me e essere con me è una realtà che sfugge al tempo? Infatti, né Colui che genera è anteriore al Generato, né il Generato è posteriore a Colui che lo genera. “Questi è il mio Figlio”, che da me non separa la divinità, non divide la potenza, non distingue l`eternità. Questi è il mio Figlio, non adottivo, ma proprio; non creato d`altronde, ma da me generato; non di natura diversa e reso a me simile, ma della mia stessa essenza e nato uguale a me. “Questi è il mio Figlio per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza il quale nulla è stato fatto” (Gv 1,3), il quale, tutto ciò che io faccio egli del pari lo compie (cf. Gv 5,19) e quanto io opero, egli opera con me senza differenza. Nel Padre infatti è il Figlio e nel Figlio il Padre (cf. Gv 10,38), e la nostra unità mai si separa. E quantunque io che genero sia altro da colui che ho generato, non vi è tuttavia permesso avere a suo riguardo opinione diversa da quella che vi è possibile avere di me. “Questi è il mio Figlio”, che non considerò bottino di rapina l`uguaglianza che ha con me (cf. Fil 2,6), né se ne appropriò usurpandola; ma, pur restando nella condizione della sua gloria, egli, per portare a termine il disegno di restaurazione del genere umano, umiliò fino alla condizione di servo l`immutabile Divinità. Quegli, dunque, in cui ripongo tutta la mia compiacenza, e il cui insegnamento mi manifesta, la cui umiltà mi glorifica, ascoltatelo senza esitazione; egli, infatti, è verità e vita (cf. Gv 14,6); egli è mia potenza e mia sapienza (cf. 1Cor 1,24). “Ascoltatelo”, lui che i misteri della Legge hanno annunciato, che la voce dei profeti ha cantato. “Ascoltatelo”, lui che ha riscattato il mondo con il suo sangue, che ha incatenato il diavolo e gli ha rapito le spoglie, che ha lacerato il chirografo del debito (cf. Col 2,14) e il patto della prevaricazione. “Ascoltatelo”, lui che apre la via del cielo e, con il supplizio della croce, vi prepara la scalinata per salire al Regno. ……..”Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo”; lui che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen. (L. Magno, Sermo 38, 4-8)
PURIFICAZIONE DELLA CHIESA
Abbiamo sentito, mentre si leggeva il Vangelo, il racconto della grande visione nella quale il Signore si mostrò a tre discepoli, Pietro Giacomo e Giovanni. “Il suo volto splendeva come il sole” – questo vuol significare lo splendore del Vangelo. “Le sue vesti divennero bianche come neve” – e questo sta a dire la purificazione della Chiesa, della quale il Profeta disse: “Anche se i vostri peccati saranno rossi come la porpora, li farò bianchi come la neve” (Is 1,18). Elia e Mosè parlavano con lui, poiché la grazia del Vangelo riceve testimonianza della Legge e dai Profeti. Per Mosè s`intende la Legge, per Elia s`intendono i Profeti. Pietro suggerí che si facessero tre tende; una per Mosè, una per Elia, una per Cristo. Gli piaceva la solitudine del monte; lo annoiava il tumulto delle cose umane. Ma perché voleva fare tre tende? Non sapeva che Legge, Profeti e Vangelo provengono dalla stessa origine? Difatti fu corretto dalla nube. “Mentre diceva questo una nube lucente li avvolse”. Cosí la nube fece una sola tenda, perché tu ne volevi tre? E una voce dalla nube disse: “Questo è il mio figlio diletto; ascoltatelo” (Mt 17,1-8). Elia parla, ma “ascoltate questo”. Parla Mosè, “ma ascoltate questo”. Parlano i Profeti, parla la Legge, ma “ascoltate questo”, voce della Legge e lingua dei Profeti. Era lui che parlava in loro, poi parlò da se stesso, quando si degnò di farsi vedere. “Ascoltate questo”; ascoltiamolo. Quando parlava il Vangelo, sappiate ch`era la voce della nube; di là è giunta fino a noi. Sentiamo lui; facciamo ciò che ci dice, speriamo quanto ci promette. (Agostino, Sermo 791)
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Dio, che chiamasti alla fede i nostri padri e hai dato a noi la grazia di camminare alla luce del Vangelo, aprici all’ascolto del tuo Figlio, perché accettando nella nostra vita il mistero della croce, possiamo entrare nella gloria del tuo regno. (Colletta 2 Quaresima: B)
•E’ veramente cosa buona e giusta,. rendere grazie a te Padre, per Cristo nostro Signore. Egli, dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti, indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione. E noi acclamiamo senza fine la tua santità. (Dal prefazio della trasfigurazione)
•Signore, sul monte Tabor hai reso testimonianza al Figlio tuo per preparare i tuoi discepoli al dramma della passione, insegnaci a ringraziarti nei giorni di luce e di felicità; riempici di forza, affinché nel tempo della prova e del dubbio ci ricordiamo dell’amore che ci hai dimostrato oltre ogni misura nella vita e nella morte del Figlio tuo (Charles Berthes)
•Dio, sei lo splendore dei fiori e delle stelle, la bellezza del volto dei fanciulli, tu gloria del creato; dona anche a noi facce luminose, tu che sei la luce dello stesso pensare, e anche i nostri corpi grondino di luce (David Maria Turoldo)
•Grazie, Signore, perché Cristo trasfigurato, dopo aver annunziato la sua passione ai discepoli, mostrò loro sul monte lo splendore della sua gloria, testimoniando così il cammino della risurrezione, rivelando in se stesso la gloria futura, rinforza la nostra fede davanti allo scandalo della croce e incoraggia la speranza del tuo popolo, la Chiesa. (Basilio Caballero)
•Concedi a noi di venirti incontro sulla montagna, di lasciare i nostri sentieri conosciuti, di ascoltare Gesù e camminare con lui nella pianura quotidiana della vita, perché, seguendolo, la rinunzia è libertà e la morte è vita che anticipa la risurrezione. (Basilio Caballero)
•«Quanto ci hai amato, Padre buono! Non hai risparmiato il tuo Figlio unigenito, ma per noi lo consegnasti in mano agli empi. Quanto ci hai amato! Per noi egli non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con tè, si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce! Proprio lui, l’unico libero fra i morti, che ha il potere di offrire la sua vita e il potere di riprenderla. Per noi è vincitore e vittima davanti a te, vincitore proprio perché vittima. Per noi è sacerdote e sacrificio davanti a te, sacerdote proprio perché sacrificio. Egli da schiavi ci ha resi tuoi figli nascendo da te, servendo noi. Con tutta ragione pongo in lui una sicura speranza che tu, o mio Dio, guarirai tutte le mie infermità». (S. Agostino, Confessioni, 10,43)
•«Signore, mio Dio, ascolta la mia preghiera, la tua misericordia esaudisca il mio desiderio, perché esso non arde solo per me, ma vuole essere utile ai fratelli nell’amore: tu mi vedi nel cuore e sai che è così. Che io ti offra il servizio del mio pensiero e della mia parola: tu dammi la materia dell’offerta. Bisognoso e povero io sono, tu invece sei ricco per coloro che ti invocano». (S. Agostino, Confessioni, 11,2)
•Guarisci e apri i miei occhi perché io possa vedere la tua volontà. Dimmi dove devo volgere il mio sguardo per poterti vedere, e avrò la speranza di fare ciò che tu vuoi. Si apra, grande, dinanzi a me la porta alla quale busso. Insegnami come devo fare per arrivare fino a te. Ispirami e guidami, traccia una strada davanti a me. Se è con la fede che ti trovano quanti si rifugiano in te, donami la fede; se è con la forza, donami la forza; se è con la scienza, donami la scienza. Aumenta in me la fede, aumenta la speranza, aumenta la carità». (S. Agostino: Soliloqui, 15)
•«Siano le tue Scritture, per me, casta gioia, che io non m’inganni su di esse nè inganni altri con esse. Volgiti e abbi pietà, Signore Dio mio, luce dei ciechi e forza dei deboli, luce dei vedenti e forza dei forti, volgiti all’anima mia e ascoltala mentre grida dall’abisso. Tuo è il giorno, tua è la notte; al tuo cenno vola il tempo. Concedimi un po’ di questo tempo per le mie meditazioni sui misteri della tua Parola, non voler chiudere la porta a chi bussa. Certo non senza scopo hai voluto che si scrivessero tante pagine di buio mistero. Signore, compi la tua opera in me e svelami quelle pagine. La tua voce è per me al di sopra di ogni altro piacere. Dammi ciò che amo, perché io amo e fosti tu a darmi questo amore. Che io ascolti la voce della tua lode, a te mi disseti e contempli le meraviglie della tua Parola, dal principio quando creasti il cielo e la terra, fino al momento in cui regneremo con te in eterno nella tua città santa». (Agostino: Confessioni 11, 2)
•L’amore di Cristo ha vinto. In virtù di colui che ci ha amato, anche noi credenti siamo più che vincitori e, anche se ancora pellegrini tra le prove della vita, possiamo innalzare il nostro canto di lode e di ringraziamento. Lodate il Signore per tutte le cose, la sua umiltà e la sua provvidenza. Lodate il suo amore per tutte le cose, lodate la sua lunga pazienza. Lodate il Signore che perdona le colpe, largisce successi e afflizioni. Lodate il Signore, voi pene e rovesci, voi gioie serene e dolori; voi mali affliggenti la vita, che fate più umile il cuore. Lodate il Signore che aiuta noi stanchi in cammino alla meta agognata, il Signore che accende nel cuore l’anelito al vero e alla pace. Lodate il Signore per le croci che pesano, per l’aiuto che accorda alla lotta interiore, la quiete e il fuoco che prova. Per tutte le cose lodate il Signore. (L. Rizova)
•Sia lode a te, o Padre che hai mandato il tuo Figlio nel mondo, nato da Maria, per liberarci dal peccato e per redimere dalla morte ogni uomo. Beata sei tu, Maria, che lo hai concepito. Beata che lo hai partorito. Beata che hai nutrito colui che tutti nutre. Beata che hai portato nel tuo seno quel forte che porta il mondo della sua potenza e lo governa. Lode a Colui che è nato da Maria, che l’ha fatta sua madre e che in lei si è fatto fanciullo. Sia benedetto il re dei re che si è fatto uomo e che ha innalzato la stirpe umana all’altezza del paradiso (Da una preghiera del V secolo)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Siamo sempre pronti a seguire l’invito del Padre: “ Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”