Informazione Oggi (scarica PDF)
DIFENDERE IL LETTORE
Il racconto che vi presentiamo potrebbe essere definito una favola. Ma come le antiche favole di Esopo, nella loro semplicità, tocca un problema molto profondo della nostra società.
È fuor di dubbio che l’informazione è potere. In un regime democratico di confronto delle opinioni, chi possiede maggiori informazioni ha, con probabilità, più sicurezza di vittoria. Affermava Don Milani che con sessanta parole in più si può vincere una guerra. Non è forse vero che, nelle discussioni comuni di ogni giorno, un dato, un riferimento concreto ad un fatto, la citazione di una frase di un politico, può sconfiggerci o confondere l’interlocutore?
Ma spesso il problema da parte del lettore, non è avere più informazioni, ma saperle interpretare con una attenta analisi della «fonte». Il racconto intende mettere in luce proprio questo.
La favola si riferisce ad una battaglia tra romani e celti. Il disegno e l’antagonismo dei protagonisti alludono chiaramente al popolare Asterix. Dato questo riferimento, è evidente che si tratta di una vittoria dei celti (1-17). Alla battaglia e alla relativa sconfitta dei romani è presente anche l’inviato speciale del senato che documenta ciò che succede. Ma il fatto, è evidente, non rimane mai nella sua brutalità neutrale. Anche noi, a seconda che ci siamo riferiti ai celti, abbiamo parlato di vittoria, oppure di sconfitta se ci riferivamo ai romani.
La notizia comincia dunque il suo carosello. Se è data ai celti, essa diventa una esaltante vittoria; se è riferita ai romani, diventa una preoccupante sconfitta. Il timore e gli interessi che spingono il senato romano ad «adattare» la notizia apre la strada all’interpretazione dell’informazione che appare sui giornali. La classe dominante deve «minimizzare» (22-32), l’opposizione deve «massimizzare» (33-36).
Ma una notizia non coinvolge solo i diretti interessati. C’è tutto un gioco di alleanze e rapporti internazionali: chi è indifferente, chi non aspetta che questo avvenimento per cominciare ad agire, chi teme che tali notizie siano come una bomba dirompente per il proprio dominio, chi nel gioco degli interessi fa il «suo interesse… » (37-48).
Una notizia può innescare una reazione a catena di cui è impossibile controllare gli sviluppi. In questo gioco un punto cruciale è chi dà l’informazione: quali sono le responsabilità? Quali le forze che la condizionano? Quale il servizio che deve rendere? Quale influenza esercitare? Qual è il potere della notizia divulgata?
DOCUMENTAZIONE
1. CANALI ARTIFICIALI DI COMUNICAZIONE DI MASSA
Per canali artificiali di comunicazione di massa s’intendono essenzialmente la stampa, la radio, la televisione, i network…
L’informazione come ambiente vitale
L’uomo moderno se si vede privato di questi mezzi di comunicazione, prova di solito una sensazione di isolamento e di solitudine difficilmente sopportabile e perfino quando studia, passeggia o lavora, ha bisogno di sentirli funzionare come sfondo. Inoltre la passione per l’informazione cresce in modo sempre più irresistibile. Questi canali tendono a fare essenzialmente rumore e sensazione; la stampa con i suoi caratteri cubitali non «grida» meno degli altri e contribuisce a creare quell’ambiente «alterato», o di «alienazione» come direbbe Ortega, caratteristico della nostra vita cittadina di oggi.
Essere libero è essere informato
Ma d’altra parte, come è stato detto, «essere libero è essere informato». L’uomo attuale non soltanto è ansioso di informarsi ma ha anche bisogno di essere informato. Lo è poi realmente? La sovrabbondanza di informazione «non digerita», se non la si chiarifica discrimina e interpreta, crea contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista – una situazione di caos in cui gli alberi, vale a dire le notizie isolate e molte volte contraddittorie e incoerenti, non lasciano vedere il bosco. A questo si aggiunga che ogni interpretazione risponde a una « tendenza» e quindi rende « tendenziosa » l’informazione.
Una libertà da conquistare
L’unica possibilità di liberarsi da queste limitazioni è, quanto alla prima, l’esistenza di settimanali politici che possano considerare gli avvenimenti della settimana con una certa prospettiva, che ordina le informazioni ricevute e le ritrasmette secondo la loro importanza; quanto alla seconda, sarebbe necessaria una stampa libera che possa offrire al lettore interpretazioni diverse e anche opposte, da valutare e fra le quali vi sia la possibilità di scegliere. Ma quando la stampa non è controllata dallo Stato, lo è di solito dalle grandi imprese capitaliste, le quali interpretano le informazioni con leggere variazioni, secondo tendenze molto simili, consentendo così una libertà più formale che reale; mentre i periodici che si mantengono indipendenti dai grandi interessi, mancando di possibilità competitive, difficilmente raggiungono una forte tiratura e quindi la loro importanza e la loro influenza sono molto più « simboliche» che effettive.
Secondo le ormai classiche domande di Lasswell sui mezzi d’informazione di massa, importa sapere chi dice ciò che si comunica, che cosa dice realmente, a chi lo dice (qual è la sua «ampiezza d’ascolto») e che effetti produce ciò che è stato detto.
Chi dà l’informazione
È molto importante identificare chi dà l’informazione: in uno Stato totalitario sapere per esempio se è il ministero per la Propaganda, o organi di diffusione da esso dipendenti, o agenti al servizio di gruppi di pressione o talvolta al servizio di potenze o di interessi stranieri, o determinati partiti politici. L’analisi del contenuto (prescindendo da altre fonti di informazione di carattere riservato o confidenziale) può porre in evidenza chi parla realmente, quand’anche cerchi di nascondersi o sia costretto a farlo, come capita negli Stati totalitari in cui, oltre alla voce ufficiale, nessun’altra ha il diritto di farsi sentire.
A chi è diretta la comunicazione
Si capisce facilmente a chi è diretta la comunicazione: esistono la stampa operaia, quella borghese, quella confessionale, la stampa di partito. Vi sono giornali che si comprano più per motivi simbolico-tradizionali che non per la qualità delle loro informazioni, riviste illustrate, superficiali per natura, in cui però un’attenta analisi del contenuto può scoprire un preciso «orientamento», riviste scandalistiche, riviste sportive e infantili, riviste femminili, riviste economiche e finanziarie. Evidentemente quanto più un paese è sviluppato tanto più la sua stampa appare differenziata e specializzata.
Inoltre bisogna tener conto del fatto che i nuovi mezzi di comunicazione, specialmente il cinema e la televisione, nei loro programmi più caratteristici, non si rivolgono al pubblico in generale: il loro « linguaggio» (nel significato più ampio della parola) non è pienamente comprensibile se non alle nuove generazioni, ai giovani. Ciò è molto evidente per la musica, ma anche per il montaggio delle pellicole con la loro peculiare «sintassi» troppo rapida e troppo ricca di sottintesi per le persone più anziane; perfino la lingua è diversa dalle sue convenzioni verbali, nella carica emozionale e negli impliciti giudizi di valore, così che i genitori non possono partecipare con i figli a certi programmi cinematografici o televisivi o alla lettura dei «fumetti». Di conseguenza i ragazzi che i genitori allontanano deliberatamente e accuratamente da questi mezzi di comunicazione si trovano smarriti nel mondo dei giovani e arrivano ad atteggiamenti regressivi, mimetici degli adulti. Sarà forse esagerato descrivere come «subcultura» le notevoli conseguenze della superiorità acquisita dai giovani – e anche dai bambini – nel sapere-come si maneggiano i gadgets e nella loro maggiore capacità di apprezzare e scegliere fra le più recenti forme di consumo; eppure tutto ciò contribuisce ad alzare una barriera di incomprensione tra le generazioni.
Che cosa dice un mezzo di comunicazione
Che cosa dice un organo di diffusione è qualcosa che grosso modo tutti sanno: ma appena si tenta un’analisi del contenuto, ecco che sorgono diversi problemi. Per prima cosa bisogna chiaramente precisare che cosa si vuole accertare; poi, una volta stabilito il modello rappresentativo, bisogna computare le parole o le associazioni stereotipate di parole che fungono da chiavi; quindi rilevare i temi, i tipi di linguaggio e di vocabolario, i diversi modi (tipografici, stilistici) adoperati per dare una stessa informazione, la leggibilità o illeggibilità del testo, e così via…
La pressione dei mass-media è irresistibile?
Sugli effetti prodotti dai diversi mezzi di comunicazione di massa oggi si discute molto. Sino a poco tempo fa era di moda denunciare l’irresistibile forza dei mass media nel manipolare l’opinione, gli atteggiamenti e il comportamento. Oggi si preferisce ritenere che, se indubbiamente i mass media influiscono sul pubblico, essi lo fanno soltanto nella direzione in cui questo voleva già andare; che pertanto vi è un’azione precedente e un’ulteriore retroazione della massa su coloro che controllano i mezzi di comunicazione. Il pubblico si lascia facilmente persuadere solo se non si è ancora formato un’opinione sugli argomenti in discussione o se sa poche cose in proposito.