Signor Parroco,
[…] mio nipote è sempre al computer […] smanetta sempre, anche quando viene a trovarmi o col computer portatile o con un altro più piccolo che si chiama tablet. Io gli dico che non va bene, perché ha perso i suoi amici, ma lui dice che ne ha tanti digitali. Lì per lì ho capito ditali, figurarsi: e che cos’è ‘sta cosa? Non capisco. Dice che imposta delle “melin list”. Sarà pure vero ma io non so manco che cosa significa queste melin e non ci vedo niente di buono e mi sento sorpassata. Ma sarà tutto giusto? Sarà tutto buono? Io vi ho detto queste cose a voce, voi mi avete detto di scrivere. Ecco fatto.
(IS)
Cara nonna IS,
gli esperti dicono che è nata la “generazione Y” (ipsilon), cioè la generazione di ragazzi che invece di apprendere insegnano. Infatti, oggi sono i giovani a insegnare ai loro genitori e tanto più ai nonni tutto ciò che riguarda il computer, di cui conoscono tutti i segreti. Sono i figli dell’era informatica: ce l’hanno nel sangue, usano cellulare, portatile, tablet, Mp3, ecc. con sorprendente disinvoltura, così come lei usava ingredienti esclusivi per fare dei dolci che nessuno riusciva a imitare. Ma non sono nati imparati! Genitori e nonni hanno ancora in mano le leve del buon vivere, del buon operare, del buon pensare e… del buon pregare. Di queste cose i giovani “Y” hanno un gran bisogno. Sì essi potranno insegnare la tecnologia, ma sono in difficoltà nel campo dell’educazione morale e religiosa, e spesso anche civile. Sanno insegnare tutte le furberie che servono per spaziare nei siti Internet, per postare (si dice proprio così) dei messaggi su delle mailing list, ma certo si trovano in difficoltà a parlare di quelle mirabili “Dieci Parole” che servono per salvarsi dalla catastrofe morale. Noi i 10 comandamenti li recitavamo a memoria, loro rimangono imbambolati, per non dire smarriti, di fronte alle cose che riguardano Dio, chiesa, sacramenti… “I giovani trasmettono tecnologia, gli anziani saggezza; i giovani trasmettono informatica e gli anziani religione: che cosa è meglio?”. Così ha scritto un giornalista un po’ pessimista. Un po’ è vero, ma credo occorra aver fiducia nei giovani, hanno grandi potenzialità che, bene indirizzate, possono “cambiare le carte in tavola”. “Il futuro dei giovani è nel virtuale”, ha sentenziato qualche patito di Internet. Se è così, non faccio salti di gioia, soprattutto perché “virtuale” ha la stessa radice di virtù e virtuoso ma pare che non siano nemmeno lontani parenti. Quel che appare è il fatto, alquanto problematico, che nella piazza reale almeno qualche volta ci capitano dei vigili, e dei tutori dell’ordine… in quella virtuale non mi consta: vige la più completa anarchia. E questa non è una buona notizia. Il mondo virtuale non è da rigettare, no, ma in buona parte è ancora da scoprire.
Don Giancarlo