Luca 20, 27-38: 27 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28 «Maestro, Mosè ci ha prescritto:”Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. 29 C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30 Allora la prese il secondo 32 e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. 33 La donna, dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 35 Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36 infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice:”II Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 20, 27-38
Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: “Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”. Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
La domanda dei sadducei sulla risurrezione universale dei morti, si trova nei sinottici insieme con altre tre controversie negli ultimi giorni di Gesù in Gerusalemme. La questione della risurrezione dei morti divideva i due gruppi antagonisti in seno al giudaismo, i farisei e i sadducei. Il caso presentato a Gesù è un esempio classico di discussione, tendente, da parte dei sadducei, a mettere in ridicolo la fede farisaica e popolare nella risurrezione dei morti. La domanda non meriterebbe nessuna risposta; l’abilità di Gesù, che appare come il “maestro della legge”, pratico in tutte le questioni di esegesi e applicazioni, sta nel fatto che egli “fa” qualche cosa di questa domanda senza senso. Nelle sua risposta, Gesù ribadisce due punti fondamentali: la novità dell’esistenza del mondo futuro, rispetto all’esistenza del mondo presente (34-36) e le caratteristiche di questa vita nuova (37-38).
SADDUCEI… NEGANO (27)
I farisei che hanno presentano a Gesù il quesito del tributo a Cesare (Lc 20, 20-26), si ritirano e si avvicinano i sadducei, i quali non ammettono la risurrezione dei morti.
MOSE’ CI HA PRESCRITTO (28)
La domanda viene introdotta mediante la citazione di Dt 25, 5 ss, sulla legge del levirato, che obbligava un uomo a sposare la cognata restata vedova.
C’ERANO DUNQUE (29)
Il caso presentato è grottesco e carico di ironia, ma sottende una visione materialistica della risurrezione, con matrimoni, appartenenza di una persona all’altra, morte.
GESU’ RISPOSE (34)
Gesù, nella sua risposta, nega che la risurrezione sia il prolungamento della vita terrena: una tale concezione poteva essere favorita da certe immagini dell’aldilà presenti anche nella tradizione farisaica. Gesù usa lo stile apocalittico, che distingue il mondo presente da quello futuro, è ispirato allo schema dei due eoni, con due categorie di persone e due modi diversi di esistere.
I FIGLI DI QUESTO MONDO (34)
Nel mondo presente, destinato a tramontare “i figli di questo mondo” si sposano e il matrimonio è quindi destinato all’ordinamento di questo eone.
QUELLI…DELL’ALTRO MONDO (35)
Quelli dell’altro mondo invece non si sposano più, perché non possono più morire; e non possono morire perché sono simili agli angeli, sono figli di Dio, perché figli della risurrezione (“isaggheloi, uioi tou theou, tes anestaseos uioi”). Da notare che è molto forte il nesso tra immortalità, figliolanza divina e risurrezione. Appare chiaro che anche il corpo, sempre per grazia, partecipa alla condizione di figli di Dio; la nostra filiazione divina, che già fin d’ora interessa tutto il nostro essere, anima e corpo, si compirà, in modo diverso, nel tempo futuro, sempre per tutto l’essere, corpo e anima. La conclusione è che la domanda a quale dei sette fratelli appartenga la donna, manifesta tutta la sua inconsistenza e irrilevanza.
I MORTI RISORGONO (37)
Gesù poi cita anche lui la Scrittura e avvalora il suo insegnamento con l’autorità di Mosè (Es 3, 6). Parte dalla fede comune anche ai sadducei nel Dio di Abramo e dice che Mosè chiama il Signore “Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe” e sarebbe un Dio dei morti se i venerati profeti non vivessero realmente nel regno dell’aldilà. E’ invece un Dio che mantiene un rapporto di comunione con i morti che vivono.
TUTTI VIVONO PER LUI (38)
I giusti nel mondo futuro vivranno come Dio, in Dio e per Dio, partecipi in modo definitivo della vita che è Dio stesso.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
LA MORTE NAUFRAGIO DELLA VITA ?
Che cosa sarà l’uomo dopo la morte? E’ il problema fondamentale dell’esistenza. Se la vita presente è tutto, se non c’è speranza oltre la morte, è chiaro che tutto è perso e definitivamente. Non c’è progetto che possa imporsi, se tutti hanno un termine che li livella. Il progresso ha uno smacco fatale e definitivo se si conclude nel nulla della morte. L’impegno, il lavoro, la gioia hanno un valore se con essi avviene la nostra realizzazione, ma se con la morte tutto finisce e noi non possiamo goderne, non possiamo sederci alla mensa per cui ci siamo sacrificati tutta una vita, tutto ha una inconsistenza radicale. Se il dialogo d’amore con le persone finisce per sempre, l’amore non è più il fulcro della vita dell’uomo, ma semplicemente una cosa tra le tante. Il problema posto dai sadducei non era un interrogativo marginale. Essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l’uomo essere al mondo. (Mess. LDC)
UN DIO VIVO PER UOMINI VIVI
L’amore di Dio sarebbe per noi un’illusione se ci venisse a mancare nel momento della nostra salvezza. Non potrebbe chiamarsi Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, e dei tanti che ci hanno preceduto, se questi non fossero più che un nome vano. Se Abramo fosse morto definitivamente, mentre Dio si proclama suo salvatore, questa salvezza sarebbe una delusione. Ma Dio è un Dio vivo per uomini vivi. E’ la sicurezza della nostra vita oggi. Da questa certezza nasce la gioia e la pace. La vita non fallisce perché è salva dalla morte. Dio stesso darà compimento all’impegno dell’uomo nella storia al di là della storia, al di là della morte, la quale non è il limite, ma la manifestazione, l’inizio della definitività di ciò che si è realizzato e a cui Dio ha fatto il dono del compimento. (Mess. LDC)
OLTRE LA MORTE
La sopravvivenza dell’uomo alla morte è un articolo fondamentale di tutte le religioni. Se il credente restringesse la sua fede negli orizzonti angusti di questo mondo, che vantaggio ne avrebbe? La filosofia greca affermava l’immortalità dell’anima; ma vedeva nel corpo una prigione o un ingombro da cui spogliarsi. La Bibbia considera invece l’uomo come una unità vivente, anche se composto di un principio materiale e uno spirituale. Vede perciò come una glorificazione dell’uomo intero, anima e corpo. La morte sfascerà per un tempo breve (di fronte all’eternità) il composto umano. Ma il Dio dei vivi, alla fine ne ricostituirà l’unità vivente. (M. Magrassi)
RISUSCITATI IN CRISTO
La nostra futura risurrezione si radica in quella di Cristo. Siamo innestati in Cristo: se è risorto Lui, risorgeremo anche noi. Ne segue che non si tratta solo di un episodio atteso per il futuro: la vita cristiana, partecipando già alla vita del risorto, anticipa in qualche modo quell’evento finale. Attraverso lo Spirito e l’Eucaristia ci sono già in noi “germi di immortalità”. I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, ma questa vita rimane “nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 3). “Con Lui Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2, 6). Nutriti del suo Corpo nell’Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell’ultimo giorno saremo anche noi “manifestati con Lui nella gloria” (Col 3, 4). Nell’attesa di quel giorno, il corpo e l’anima del credente già partecipano alla dignità di essere “in Cristo”. (CCC 1004).
UN CORPO DESTINATO ALLA GLORIA
Dal fatto che siamo già “risorti in Cristo” e partecipiamo alla dignità di essere “in Cristo”, bisogna trarre tutte le conseguenze. Se il nostro corpo ha tanta dignità ed è destinato alla gloria, va rispettato. Non può essere umiliato dalle passioni, non può essere usato e disonorato come oggetto di piacere, come si usa fare nella nostra cultura. Davvero il nostro corpo esige il massimo rispetto.
RESURREZIONE DEI MORTI OPERATA DA CRISTO
La nostra risurrezione è strettamente collegata, come a sua causa, con la risurrezione di Cristo. “Se a causa di un uomo (Adamo) venne la morte, a causa di un uomo (Cristo) verrà anche le risurrezione dei morti” (1 Cor, 15, 20). Cristo è la “primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15, 2°) ed entrano nella sua medesima eredità (Col 1,18). La grande nemica dell’uomo, ma anche di Dio, è la morte, introdotta nel mondo dal diavolo, come frutto del peccato (Sap 2, 24). Il culmine della redenzione consisterà nel trionfo della vita e nella distruzione della morte che verrà assorbita nella vittoria. E’ un tratto essenziale della pienezza del Regno di Dio. (Vincenzo. Raffa)
RISURREZIONE DEI MORTI
Sebbene ciascuno con la morte raggiunga la propria salvezza o la perdizione eterna, salvezza o perdizione diventano complete, secondo tutte le dimensioni della persona, solo alla fine del mondo. Risurrezione significa ricostruzione dell’uomo nella sua interezza di anima e di corpo. La persona ritornerà alla sua vita, subendo profonde trasformazioni. Il corpo sarà incorruttibile, immortale, glorioso, forte e valido e inoltre spiritualizzato. L’uomo nuovo, se chiamato al regno dei beati si avvicina alla natura divina. Il suo corpo non sarà più soggetto a disfacimenti, malattie, senescenze. Gesù, in riferimento alla vita matrimoniale, dice che saranno come angeli, nel senso che non avranno più il problema della riproduzione, fine fondamentale del matrimonio. Tutto ciò è necessario per entrare nel Regno di Dio, che è incorruttibile e perenne. La risurrezione non significherà un puro e semplice ritorno alla vita di prima, alle medesime strutture sociali, alle peripezie dell’ordine fisico e ai condizionamenti di un mondo sempre in fermento, con le sue passioni, i suoi umori mutevoli, i suoi capricci e l’ossessione sessuale. Tutti saranno cambiati in un ordine nuovo. “Ecco, io vi annunzio un mistero: …tutti saremo trasformati” (1 Cor 15, 51). Ricostituiti in anima e corpo, faremo l’ingresso in mondo veramente nuovo. (Raffa)
PREPARAZIONE ATTESA DELLA RISURREZIONE
Lo Spirito Santo, autore della risurrezione, non potrà vivificare nella gloria se non chi lo ha custodito dentro di sé (Rm 8, 9). La “buona speranza”, di cui parla la seconda lettura, e che è collegata con la risurrezione gloriosa, si attua in chi ha avuto la grazia del consolidamento “in ogni opera e parola di bene”. Parlare e operare in armonia con Cristo e lo Spirito Santo: ecco la preparazione alla risurrezione dei beati. (Raffa)
IL DIO DEI VIVI DONA LA VITA, L’AMORE
“Questa è la grande e meravigliosa felicità che aspettiamo, quando Dio diffonderà tra sé e le creature che ha elevato alla sua gloria, tra i vari ordini e gradi in cui ha distinto le cose, tra le singole persone che ha scelto, tanta amicizia e tanta carità che ciascuno amerà l’altro come ama se stesso, e quindi ciascuno potrà godere dell’altrui felicità come della propria. E così la beatitudine dei singoli sarà di tutti, e la somma di tutte le beatitudini sarà dei singoli. Là non ci saranno più pensieri nascosti e amori finti. Questa è l’amicizia vera ed eterna, che comincia qui e si perfeziona lassù: che qui è di pochi, perché pochi sono buoni; là sarà di tutti, perché tutti saranno buoni”. La citazione è di Aerledo di Rievoulx, monaco cistercense del XII secolo. Per questo monaco la vita celestiale, come esperienza di amicizia aperta e totale inizia qui. La vita futura non è naturalmente la continuazione di questa e in tante cose non c’è continuità (per esempio l’amore possessivo e chiuso, il prender moglie e marito, ecc) ma altre cose della nostra esperienza sono già preludio della vita futura. Qui va cercato il senso delle verginità come segno escatologico, cioè come qualcosa che mostra cosa sarà la vita futura. La verginità segnala la vita futura per il suo aspetto positivo, che è quello di non limitare il cuore a un piccolo nucleo per tenerlo aperto e disponibile a tutti. Poste così le cose ogni cuore aperto e disponibile segnala in germe la realtà della vita celestiale.
IN FACCIA ALLA MORTE
In faccia alla morte l’enigma della condizione umano è sommo. Non solo si affligge l’uomo, al pensiero dell’avvicinarsi del dolore e della dissoluzione del corpo, ma anche, ed anzi più ancora, per il timore che tutti finisca per sempre (GS 16). La morte si presenta inesorabilmente come limite ultimo e definitivo di ogni costruzione e di ogni progetto umano, e la vita viene esperimentata come un arco spezzato di un ponte. Se non c’è nulla nell’aldilà tutto il senso della vita dell’uomo è da cercare e trovare in questo mondo. E molte manovre vengono escogitate per dargli un senso accettabile, ma sono manovre fallimentari: i figli continueranno la stirpe, ma non io vivrò in essa; il successo farà sopravvivere il mio nome, ma non io sopravviverò in esso. L’ istinto del cuore ….fa giudicare rettamente (l’uomo) quando aborrisce e respinge l’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona. Il germe dell’eternità, che porta in sé, insorge contro la morte (GS 16).
COME RISORGEREMO
La nostra domanda non rimane senza risposta. Gesù ci assicura che il nostro Dio è il Dio della vita, non dei morti e chi crede in lui non conoscerà la morte eterna e risusciterà nell’ultimo giorno. Ma come risorgeremo i morti? Le parole di Gesù e la sua stessa risurrezione, con le manifestazioni che la seguirono, indicano chiaramente che le categorie umane non sono applicabili con facilità. L’io personale del defunto non si dissolverà né sarà completamente separato dalla sua storia, dalla sua corporeità, ma sopravviverà in un modo di esistenza che sfugge alla comprensione umana troppo ed inesorabilmente legata ai modi di essere e di pensare del tempo e dello spazio. Forse quello che si può dire è che la risurrezione riguarda l’uomo nella sua identità e totalità. Non un’anima puramente spirituale, ma una soggettività concreta; della risurrezione partecipa anche la corporeità, ma trasformata in modo tale che, pur essendo la corporeità del singolo, sfugge alla concezione fisicista che noi abbiamo. Ciò che in Cristo è avvenuto, nella parusia si estenderà a tutto l’universo e si realizzerà in forma definitiva: sarà la nuova creazione. (Riflessioni di Carlo Bresciani)
TESTIMONIANZA DELLA RISURREZIONE
Noi che crediamo nella risurrezione siamo chiamati a darne testimonianza concreta. A chi sta accanto a noi e geme, non diamo parole vuote di consolazione, annunziamo invece la risurrezione di Cristo e la certezza che ogni uomo vivrà. Dalla nostra serenità e dalla nostra fede scaturisce per gli altri un invito ad avere speranza. Assai più di quanto crediamo, chi non ha la fede guarda a chi si dice cristiano nel momento della prova. Accanto al nostro atteggiamento di composto dolore, quanto più persuasiva sarebbe una liturgia funebre che privilegiasse maggiormente i segni della certezza della vita che continua, anziché quelli luttuosi della morte. (Riflessioni di Eugenio Ravignani)
CRISTO CI LIBERA DAL PECCATO
“Come abbiamo portato l`immagine dell`uomo terreno, così portiamo anche l`immagine dell`uomo che viene dal cielo; poiché il primo uomo, che vien dalla terra, è terreno; l`altro che vien dal cielo, celeste” (1Cor 15,49). Se faremo questo, carissimi, non morremo più. Anche se questo corpo si corromperà vivremo in Cristo, come dice egli stesso: “Chi crede in me, anche se muore vivrà” (Gv 11,25). Siam dunque certi, sulla parola del Signore che Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti gli altri santi, sono vivi. Di questi stessi dice il Signore: “Son tutti vivi; Dio è Signore dei vivi, non dei morti” (Lc 20,38). E Paolo dice di se stesso: “Cristo è la mia vita, e il morire è un guadagno: vorrei morire e stare con Cristo” (Fil 1,21). E anche: “Nel tempo che stiamo nel corpo, camminiamo lontani dal Signore. Ci guida la fede, non vediamo direttamente” (2Cor 5,6). Questa è la nostra fede, fratelli. D`altra parte, “se riponiamo la nostra speranza in questo mondo, siamo più infelici di tutti gli uomini” (1Cor 15,19). La vita del mondo, come vedete da voi, o è come quella delle pecore, delle fiere, degli uccelli, o anche più corta. E` invece proprio dell`uomo ciò che Cristo gli ha dato, attraverso il suo Spirito, cioè, la vita eterna; ma se non si pecca più. Perché come la morte la si acquista col delitto, la si evita con la virtù; così la vita la si perde col delitto, la si conserva con la virtù. “Mercede del peccato è la morte; dono di Dio è la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (Rm 6,23). Prima di tutto ritenetevi, o figli, gente data un giorno in potere delle tenebre, ma ora liberata per la potenza di Gesù Cristo. E’ lui che ci redime “perdonando tutti i peccati e distruggendo la sentenza pronunziata contro di noi per la nostra disobbedienza; l’affisse alla croce; morendo ha trascinato le potenze avverse nel suo trionfo” (Col 2,13-15). Sciolse i prigionieri e spezzò le nostre catene, come dice David: “Il Signore innalza gli sconfitti, scioglie i prigionieri, illumina i ciechi” (Sal 145,7). E anche: “Hai spezzato le mie catene, ti benedirò” (Sal 115,16). Liberati dunque dalle catene, per il Battesimo, rinunziamo al diavolo, al quale avevamo servito; perché, una volta liberati dal sangue di Cristo, non serviamo piú al diavolo. Che se qualcuno, dimenticando la sua redenzione, tornasse al servizio del diavolo e alle debolezze del mondo, sarà di nuovo legato con le antiche catene e le sue condizioni saranno peggiori di prima (cf. Lc 11,26) perché il diavolo lo legherà piú strettamente… Dunque, carissimi, una volta sola ci laviamo, una volta sola siamo liberati, una volta sola entriamo nel regno immortale; una volta sola “son felici coloro i cui peccati furono perdonati” (Sal 31,1). Stringete forte ciò che avete avuto, conservatelo bene, non peccate piú. Conservatevi puri dal peccato e immacolati per il giorno del Signore. Son grandi e immensi i premi preparati per chi è fedele; premi che “né occhio mai vide, né orecchio udí, né mai alcuno ha immaginato” (1Cor 2,9). Aspirate a questi premi con azioni di giustizia e con desideri spirituali. Amen. (Paciano di Barcellona, Sermo de Baptismo, 6 s.)
LA COSCIENZA DELLA RISURREZIONE
Se la risurrezione dei morti per te non esiste, perché condanni i violatori dei sepolcri? Se il corpo si dissolve e la risurrezione è senza speranza, perché chi viola il sepolcro incorre in una pena? Vedi che anche se tu neghi con le labbra, rimane piena in te la coscienza della risurrezione. Un albero abbattuto rifiorisce e l’uomo abbattuto non rifiorisce? Ciò che è stato seminato e mietuto rimane sull’aia e l’uomo reciso da questo mondo non rimane sull’aia? I tralci della vite e i rami degli alberi completamente tagliati, trapiantati ricevono la vita e portano frutto, l’uomo, poi, per il quale le piante esistono, una volta sotterrato non risorgerà? Al confronto delle fatiche, quale è più grande, plasmare una statua che da principio non c’era, o rifare di nuovo con la stessa forma una che si era rotta? Dio che ci fece dal nulla, non potrà di nuovo far risorgere quelli che c’erano e sono morti? Ma tu non credi a quanto è scritto sulla risurrezione perché sei greco. Contempla dalla natura questo e rifletti sulle cose che sino ad oggi si vedono. Si semina il frumento, se piace, o qualsiasi genere di semi. Appena cade, come se morisse, va in putrefazione ed è inutile al nutrimento. Ma quello putrefatto risorge verdeggiante e caduto piccolo risorge bellissimo. Il frumento è fatto per noi. Per il nostro uso il frumento e i semi sono fatti, non per se stessi. Quelle cose che per noi sono state create, morte rivivono, e noi, motivo per i quali esse vivono, morti non risorgeremo? E’ tempo d’inverno, come vedi. Gli alberi sono come morti. Dove ora le foglie del fico? Dove i grappoli della vite? Nell’inverno questi sono morti e nella primavera verdeggianti e quando viene il tempo, allora, come dalla morte, rinasce la forza della vita. Dio guardando la tua infedeltà in queste cose fenomeniche opera ogni anno la risurrezione perché, vedendo ciò nell’inanimato, lo ritieni anche sull’animato. (Cirillo di Gerus., Catech., 18, 5-7)
ATTENDIAMO IL GIORNO DELLA RISURREZIONE
Come è simile il morto a colui che si è addormentato, la morte al sonno, la risurrezione al mattino! Un giorno splenderà in noi la verità come luce nei nostri occhi, guarderemo la morte come immagine del sonno che desta inquietudine. Folle chi vede che il sonno finisce la mattina, e crede che la morte sia un sonno che dovrà durare in eterno! Se la speranza ravviva i nostri occhi, vedremo ciò che è nascosto: il sonno della morte finirà un mattino. Svanirà il meraviglioso profumo del tesoro della vita nel corpo, nella dimora dell’anima, donde era uscito. Bellissimo sarà il corpo, diletto tempio dello Spirito, rinnovato si muterà nella casa della beata pace. Allora squillerà la tromba sulle sorde arpe: “Svegliatevi, cantate gloria davanti allo Sposo!”. Si sentirà un’eco di voci quando si apriranno i sepolcri, tutti prenderanno le arpe per suonare il canto di lode. Sia ringraziato il Signore che ha esaltato Adamo, anche se poi il superbo l’ha umiliato nel baratro! Gloria a lui quando umilia, gloria a lui quando risuscita. Anche la cetra suoni a Dio nel giorno della risurrezione! (Efrem, Carmen Nisib., 70)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Dio, Padre della vita e autore della risurrezione, davanti a te anche i morti vivono; fa che la parola del tuo Figlio, seminata nei nostri cuori, germogli e fruttifichi in ogni opera buona, perché in vita e in morte siamo confermati nella speranza della gloria. (Colletta 32 perannum C)
•Signore, grazie per il giorno e per la notte, per quello che comprendiamo e per quello che non comprendiamo, grazie per quello che dai e per quello che togli; grazie per la vita e per la morte; ma ancora più grazie per la risurrezione del tuo Figlio e nostra. (D. Maria Turoldo)
•Accogli, Signore, la causa del giusto, sii attento al suo grido. Sulle tue vie tieni saldi i miei passi e i miei piedi non vacilleranno. Proteggimi all’ombra delle tue ali; io per la giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua presenza. (Dal Salmo 16)
•Ridonaci, Signore, il senso della tua risurrezione, aiutaci a superare tutta la nostra mortificante inerzia a vivere la tua vita. Riaccendi nel nostro cuore il tuo amore-passione, il tuo folle amore per il rischio, la tua incrollabile fiducia nella vita. Ridonaci la passione per la vera vita dell’uomo, l’ardimento di anteporre a tutto il compimento del tuo amore. (G Vannucchi)
•Abbiamo trovato nella tua morte, accettata volontariamente, la vita immortale, onnipotente e solo Dio dell’universo, nella tua preziosa risurrezione, hai chiamato tutti, o Misericordioso, e hai distrutto le frecce di Belial, la vittoria dell’Ade e il pungiglione della morte. (Romano Melode)
•Un giorno, il tuo giorno, mio Dio, io verrò verso di te. E nell’autentica esplosione della mia risurrezione, saprò allora che la tenerezza sei tu, che la mia libertà sei ancora tu. Verrò verso di te, mio Dio e tu mi donerai il tuo volto. Verrò verso di te con il mio sogno più folle: portarmi il mondo tra le braccia. Verrò verso di te, e griderò a piena voce tutta la verità della vita sulla terra. Ti griderò il mio grido che viene dal profondo dei secoli: “Padre! Ho tentato di essere un uomo, e sono tuo figlio”. (Jacques Leclercq)
•Dagli abissi della morte Cristo ascende vittorioso insieme agli antichi padri. Accanto al sepolcro vuoto invano veglia il custode, il Signore è risorto. O Gesù immortale, unisce alla tua vittoria i rinati nel battesimo . (Dalle Lodi del giorno di Pasqua)
•O Padre, che in Gesù Cristo, tuo Figlio, hai spezzato per sempre il laccio della morte, manda ancora il tuo spirito di vita e guida il tuo popolo, libero e sereno, nel cammino verso la terra promessa, verso il Regno che viene sempre. (G Ravasi)
•Signore Gesù, tu vuoi che avanziamo nella scia luminosa della risurrezione. No, per noi la morte non è la caduta nel nulla, ma l’ingresso nella vita di Dio, Padre tuo. Conserva salda nel nostro cuore questa fede, perché sia luce che rischiara, coraggio che fortifica, conforto e gioiosa speranza. (C Brethés)
•Sia ringraziato il Signore che ha esaltato Adamo, anche se poi il superbo l’ha umiliato nel baratro! Gloria a lui quando umilia, gloria a lui quando risuscita. Anche la cetra suoni a Dio nel giorno della risurrezione! (Efrem, Carmen Nisib., 70)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Ravvivare la fede nella risurrezione. Dare testimonianza della nostra sicura speranza.