3. LA CROCE
[...] Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. (Lettera ai Galati 6, 14)
La giustizia divina rivelata nella croce di Cristo è «su misura» di Dio, perché nasce dall’amore e nell’amore si compie, generando frutti di salvezza. [...] La croce di Cristo, sulla quale il Figlio consostanziale al Padre rende piena giustizia a Dio, è anche una rivelazione radicale della misericordia, ossia dell’amore che va contro a ciò che costituisce la radice stessa del male nella storia dell’uomo: contro al peccato e alla morte. La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo e su ciò che l’uomo -specialmente nei momenti difficili e dolorosi- chiama il suo infelice destino. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo. La redenzione del mondo – questo tremendo mistero dell’amore, in cui la creazione viene rinnovata – è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia in un Cuore umano: nel Cuore del Figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio primogenito sono stati, fin dall’eternità, predestinati a divenire figli di Dio e chiamati alla grazia, chiamati all’amore. La croce sul Calvario, per mezzo della quale Gesù Cristo – uomo, figlio di Maria Vergine, figlio putativo di Giuseppe di Nazaret – «lascia» questo mondo, è al tempo stesso una nuova manifestazione dell’eterna paternità di Dio, il quale in Lui si avvicina di nuovo all’umanità, ad ogni uomo, donandogli il tre volte santo «Spirito di verità». L’elevazione di Cristo sulla croce costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. E il compimento ultimo dell’elevazione è la vita eterna. Perché la croce e il Cristo crocifisso sono la porta alla vita eterna? Perché in lui – nel Cristo crocifisso – è manifestato nella sua pienezza l’amore di Dio per il mondo, per l’uomo. La salvezza del Figlio di Dio attraverso l’elevazione sulla croce ha la sua sorgente eterna nell’amore. È l’amore del Padre che manda il Figlio; egli offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce egli offre al contempo se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera. La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato. Questo significa l’elevazione dell’amore al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Sì: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo”. La croce cessa di essere il segno di una morte infamante e diventa il segno della risurrezione, cioè della vita. Attraverso il segno della croce, non è il servo o lo schiavo che parla, ma il Signore di tutta la creazione. La croce è gloriosa perché su di essa il Cristo si è innalzato. Attraverso di essa, il Cristo ha innalzato l’uomo. Sulla croce ogni uomo è veramente elevato alla sua piena dignità, alla dignità del suo fine ultimo in Dio.
(Canto) Nostra gloria è la croce di Cristo
NOSTRA GLORIA È LA CROCE DI CRISTO,
IN LEI LA VITTORIA;
IL SIGNORE È LA NOSTRA SALVEZZA,
LA VITA, LA RISURREZIONE.
Non c’è amore più grande
di chi dona la sua vita.
O Croce tu doni la vita
e splendi di gloria immortale.
O Albero della vita
che ti innalzi come vessillo,
tu guidaci verso la meta,
o segno potente di grazia.
Ti insegni ogni sapienza
e confondi ogni stoltezza;
in te contempliamo l’amore,
da te riceviamo la vita.
“In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e,messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.” (Mt 5, 1 – 16)
Non è giammai accaduto che un’anima che sperimenta in se stessa la debolezza e che ha ricorso a Dio per aiuto, sia caduta. (San Pio – Ep.III)
Voi soffrite, ma coraggio, poiché questa è la porzione toccata alle anime che hanno eletta la parte migliore del divin servizio, la croce. (San Pio – Ep.II)
Padre Pio considerava il dolore come un «dono di Dio». Questa era per lui la spiegazione di quale do¬vesse essere per il cristiano l’itinerario della soffe¬renza: «Anzitutto si accetta il dolore da Dio per ri¬parare il passato, purificare l’anima e vincere ogni ripugnanza; poi si abbracciano i patimenti con ar¬dore e risolutezza, con la gioia di percorrere con Cristo la via dolorosa, dal Presepio al Calvario. Si ammira, si loda, si ama ogni stato doloroso di Ge¬sù: della povertà e dell’esilio, degli oscuri lavori della vita nascosta, dei faticosi travagli della vita pubblica e dei patimenti fisici e morali della lunga e dolorosa Passione. Allora l’anima si sente più coraggiosa di fronte al dolore e alla tristezza, si stende amorosamente sulla nuda croce accanto a Gesù, posa compassionevolmente lo sguardo su di lui e ode dal suo labbro: “Beati quelli che soffrono per amore della giustizia”. La speranza di parteci¬pare sempre di più alla gloria con Cristo rende me¬glio sopportabile la crocifissione con lui, fino a ral¬legrarsi delle miserie e delle tribolazioni. Soffrire con Cristo è amarlo e consolarlo perfettamente. Di¬ventano sempre più grandi il desiderio e l’amore alla sofferenza, quanto maggiori sono l’amore a Gesù e alle anime». “Tutti vengo¬no qua per farsi togliere la croce, nessuno per im¬parare a portarla”: con queste parole padre Pio esprimeva la sua tristezza ogni volta che i pellegrini giungevano a lui invocando aiuto, guarigione, conforto per le loro afflizioni. La sofferenza per lui era una condizione indispensabile all’adempimento della propria mis¬sione: «Padre, come fate voi a soffrire tanto e ad avere il volto sempre sereno e gioioso, mentre io soffro pochissi¬mo e non so nascondere la pena sul mio volto?» «Figlio mio, comincia ad accogliere con dolce rassegnazione le contrarietà e le afflizioni, e il Signore non mancherà di metterti nel cuore la se¬renità, la pace, la gioia e, quindi, la beatitudine nel patire. Così ho fatto io, così fa’ anche tu».
(Canto) Umiliò se stesso
UMILIÒ SE STESSO, COME SERVO APPARVE,
OBBEDIENTE FINO ALLA MORTE PER NOI, FINO ALLA MORTE DI CROCE.
Per questo Dio l’ha esaltato,
e gli ha dato un nome
più grande di ogni nome.