
6. IL PASTORE CHE PORTA SULLE SPALLE LE PECORE A LUI AFFIDATE
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».Egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».
In realtà Giovanni Paolo II non è stato il primo Papa a lasciare il Vaticano, a varcare le sue storiche mura e ad andare lontano “a far pascolare i suoi agnelli”, “cercando le pecore smarrite” e curando quelle “che si sono disperse”. Anche altri Papi hanno viaggiato, Paolo VI per esempio.Tuttavia, per quanto riguarda il numero di viaggi, paesi percorsi e popoli visitati, nessuno di loro supera il “Papa che è venuto da lontano”. I suoi viaggi, nella maggior parte delle volte, sono trascorsi senza grandi incidenti o problemi. Ma i problemi sono esistiti. Quando non erano problemi erano gli imbarazzi, come quello che è avvenuto a Dili (Timor Est) nel 1989.Ogni volta in cui scendeva dall’aereo che lo trasportava fino ad un determinato paese, Giovanni Paolo II baciava il suolo della nazione che lo accoglieva. Come fare a Dili, una colonia portoghese occupata dall’Indonesia? Se avesse baciato la terra avrebbe riconosciuto l’indipendenza, se non l’avesse baciata avrebbe ammesso l’invasione…I suoi accompagnatori non sapevano cosa fare, ma lui lo ha saputo: ha baciato un crocifisso esteso per terra. Era come avrebbe dovuto fare “colui che viene in nome del Signore!”Forse le sue stesse parole, dette quando visitava una parrocchia di Roma, possono spiegare un po’ del perché di tanti viaggi:In un mattino di gennaio, ancora nel 1980, un bambino di 11 anni ha chiesto a Giovanni Paolo II:- “Santo Padre, perché Lei è sempre in viaggio per il mondo?” – Con grande sollecitudine paterna, il Sommo Pontefice ha risposto al suo piccolo e rispettoso indagatore:”Il Papa viaggia tanto perché non tutto il mondo si trova a Roma.”Si troverebbe in questa risposta tutta la verità? O questa non sarebbe soltanto un’affermazione che il bambino sarebbe stato capace di capire nella sua semplicità? O ancora un’altra domanda possibile:La spinta che muove il Successore di Pietro nella sua inesauribile capacità di viaggiare, cercare anime e svolgere il suo lavoro apostolico sarà un atto di ubbidienza al mandato di Nostro Signor Gesù Cristo: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura!” (Mc 16,15-18).Non c’è una risposta del Papa a queste domande, che non gli sono state fatte da nessun adulto. Ma tramite la conoscenza che si ha del modo di essere, della personalità e della vita di Karol Wojtyla, chiunque può ipotizzare come sarebbe stata la sua risposta…Su questi pellegrinaggi, sulle camminate o sui percorsi apostolici che faceva fuori dal Vaticano, la certezza che possiamo avere è che, con la beatificazione di Giovanni Paolo II, la Chiesa riconosce che egli cercava di praticare le virtù cristiane in grado eroico, e che seguiva i consigli evangelici in ogni cosa, compreso in questi viaggi. E quindi, dopo tanti viaggi, tanti pellegrinaggi e camminate, adattando ciò che disse Isaia (Is 52,7), potremmo applicare a Giovanni Paolo II il verso: “come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza”. Al riguardo Giovanni Paolo II a conclusione del suo viaggio apostolico in Turchia egli dichiara: “Col cuore ancor pervaso da intense emozioni e portando nell’animo immagini indimenticabili di luoghi resi cari da venerande tradizioni, metto nuovamente il piede sul suolo d’Italia. Sono grato al Signore per l’assistenza che mi ha concesso anche in questo pellegrinaggio, che si è svolto all’insegna di due peculiari “note” della Chiesa, quella dell’apostolicità e quella dell’unità. Sono stato, infatti, a far visita a Sua Santità il Patriarca Dimitrios I, per rendere omaggio, insieme con lui, al fratello dell’apostolo Pietro e per confermare così che l’ascendenza apostolica rimane indelebilmente iscritta sul volto della Chiesa come uno dei tratti salienti. Con questo viaggio ho inteso, altresì, testimoniare la mia ferma volontà di andare avanti sulla strada che conduce alla piena unità di tutti i cristiani e recare, al tempo stesso, un contributo all’avvicinamento degli uomini fra loro, nel rispetto di ciò che è essenzialmente e profondamente umano.”
(Canto) Il Signore è il mio pastore
IL SIGNORE È IL MIO PASTORE,
NON MANCO DI NULLA (2V)
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce. RIT.
Mi guida e rinfranca nel giusto cammino,
per amore del Suo santo nome. RIT.
Se dovessi andare in valle oscura,
non potrò temere alcun male. RIT.
«Un uomo aveva due figli.Il più giovane di loro disse al padre: “Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta”. Ed egli divise fra loro i beni.Di lì a poco, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, partì per un paese lontano, e vi sperperò i suoi beni, vivendo dissolutamente.Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una gran carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali.Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava.
Allora, rientrato in sé, disse: “Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: padre, ho peccato contro il cielo e contro di te:non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi”.Egli dunque si alzò e tornò da suo padre; ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione: corse, gli si gettò al collo, lo baciò e ribaciò.E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella, e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi;
portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato”. E si misero a fare gran festa.Or il figlio maggiore si trovava nei campi, e mentre tornava, come fu vicino a casa, udì la musica e le danze.Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa succedesse.Quello gli disse: “É tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano e salvo”.Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare.Ma egli rispose al padre: “Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici;ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato”.Il padre gli disse: “Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”».
La Confessione impegnava Padre Pio per molte ore della sua giornata. Egli la esercitava con visione introspettiva e non lasciava al penitente adito ad ambiguità. Non era possibile mentire a chi vedeva nell’anima. Spesso, di fronte ai penitenti più emozionati, era lo stesso padre Pio che elencava i peccati commessi dal penitente. Padre Pio invitava alla Confessione, chiedendo di farvi ricorso, al più tardi, una volta alla settimana. Egli diceva: “Una stanza, per quanto possa essere rimasta chiusa, necessita di una spolverata, almeno una volta alla settimana”. In questo Padre Pio era molto esigente, egli esigeva una conversione vera e propria e non transigeva coloro i quali si recavano al confessionale per la sola curiosità di vedere il frate “Santo”. Un confratello raccontava: “Un giorno padre Pio negò l’assoluzione ad un penitente e poi gli disse: “Se vai a confessarti da un altro, vai all’inferno tu e quell’altro che ti da l’assoluzione”, come a dire, senza proposito di cambiare vita si profana il sacramento e chi lo fa si rende colpevole davanti a Dio. Spesso infatti Padre Pio trattava i fedeli con “apparente durezza” ma è altrettanto vero che lo stravolgimento spirituale che quel “rimprovero” procurava alle anime dei penitenti, si trasformava in una forza interiore a ritornare da Padre Pio, contriti, per riceverne la definitiva assoluzione. Ad aprile del 1948, durante le vacanze di Pasqua, Wojtyła partì per il Gargano con un seminarista suo connazionale e si trattenne qualche giorno nel paese in cui viveva Padre Pio. Le cronache registrano che ebbe vari incontri con il frate e che andò a confessarsi da lui. Nel novembre 1962 quando Wojtyła, già vescovo, era di nuovo a Roma per il Concilio, inviò una lettera a Padre Pio chiedendogli l’intercessione per la salute di una sua amica affetta da una grave neoplasia. La signora guarì, a detta dei medici stessi, in modo prodigioso. Il carteggio epistolare di tale evento è conservato come testimonianza.Wojtyła dimostrò sempre grande considerazione per il frate di Pietrelcina; fu proprio durante il suo pontificato che il frate fu prima beatificato (2 maggio 1999) e poi canonizzato (16 giugno 2002). Martire della confessione. Così venne chiamato Padre Pio per le tante ore dedicate ad amministrare questo sacramento.
(Canto) Se avessi mai commesso
Se avessi mai commesso
il peggiore dei crimini,
per sempre manterrei la stessa fiducia,
poiché io so che questa moltitudine di offese,
non è che goccia d’acqua
in un braciere ardente (x2)
Oh se potessi avere
un cuore ardente d’amore,
che resti il mio sostegno
non m’abbandoni mai,
che ami tutto in me,
persino la mia debolezza,
e non mi lasci mai,
né il giorno né la notte (x2)
Non ho trovato mai, creatura capace,
d’amarmi a tal punto e senza morire,
di un Dio ho bisogno,
che assunta la mia natura,
si faccia mio fratello,
capace di soffrir (x2)
Io so fin troppo bene che le nostre giustizie,
non hanno ai tuoi occhi il minimo valore,
ed io per dare un prezzo
ad ogni mio sacrificio,
gettare lo vorrei nel
tuo divino cuore (x2)