“Darò loro un altro cuore e infonderò in esso uno spirito nuovo, rimuoverò il cuore di pietra dal loro corpo e metterò in essi un cuore di carne”
[Ez 11, 19 ]
Il nemico è il nostro più grande maestro, colui che può veramente svelare ciò che abita il nostro cuore e che non emerge quando siamo in buoni rapporti con gli altri. I credenti possono obbedire alle parole del loro Signore che invitano a porgere l’altra guancia, a devolvere anche la tunica a chi vuole toglierci il mantello.
Chi non serba rancore e non si vendica, ma corregge il fratello, è infatti anche in grado di perdonare; e il perdono è la misteriosa maturità di fede e di amore per cui l’offeso sceglie liberamente di rinunciare al proprio diritto nei confronti di chi ha già calpestato i suoi giusti diritti. Il credente deve(…) contrapporre al male l’attivissima passività della non violenza, fidando nel Dio unico Signore e Giudice dei cuori e delle azioni degli uomini. Ma perché tutto questo sia possibile è indispensabile ciò che sempre è ricordato dai Vangeli«Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori»
(Mc 12,31-32) “Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questo […] val più di tutti gli olocausti e i sacrifici.” Dobbiamo andare verso gli uomini. Ma non è facile. Il mondo umano è un immenso campo di battaglia dove gli uomini combattono per arricchirsi e per sopraffarsi. Troppi dolori e troppe atrocità nascondono ai loro occhi il volto di Dio. Andando verso di loro, dobbiamo soprattutto evitare di apparire agli occhi loro come una nuova specie di competitori. Noi dobbiamo essere, in mezzo agli uomini, i testimoni pacifici dell’Onnipotente, senz’ombra di cupidigia e di disprezzo, capaci di divenire realmente i loro migliori amici. Gli uomini aspirano alla nostra amicizia, un’amicizia che faccia loro sentire d’essere amati da Dio e d’essere salvati in Gesù Cristo.
C’è differenza tra cambiamento e trasformazione, nel senso che il cambiamento comporta qualcosa di violento, mentre la trasformazione avviene molto più dolcemente. Se pensiamo di dover cambiare e modificare continuamente noi stessi, rispecchiamo in fondo la convinzione che così come siamo non va bene, che dobbiamo fare di noi un’altra persona. Trasformazione, invece, implica che tutto può esistere in me, che tutto è buono e ha un significato, che le mie passioni e le mie debolezze hanno un senso anche se a volte mi opprimono. Le mie passioni e le mie debolezze rimandano sempre ad un bene prezioso, vogliono indicarmi che in me vuol vivere qualcosa che io non ho ancora accettato. Se queste mie passioni e debolezze vengono trasformate, troverò in esse una nuova qualità di vita, una nuova vitalità e autenticità.
Sta sviluppandosi una tendenza generalizzata che è quella che ciascuno si costruisce il suo Dio, ciascuno se lo fa bello, buono, grande, giusto come piace a lui. Siamo passati da una vita contadina, piuttosto controllata in tutto, a una vita cittadina in cui la gente giustamente va e viene senza sentirsi continuamente catalogata dagli altri. Si è creato un anonimato di troppo, ma forse più libertà. Sembra però che non sia cambiato il vizio di giudicare gli altri, di farsi una idea preconcetta e di continuare a vivere di pregiudizi. Artisti in questo sono i giornali che ti dipingono una persona come vogliono e te la fanno passare per l’immagine che ne hanno creato.
Il Vangelo invece dice che non si deve assolutamente giudicare. Si possono avere idee molto precise sui fatti in sé, ma per le persone occorre sempre avere grande rispetto. Non giudicare significa che ho sempre le braccia aperte all’accoglienza senza condizioni.
Alla fine della vita, quando si compirà la nostra storia e appariremo davanti a Dio con tutta la verità della nostra vicenda, Dio ci leggerà il suo giudizio, ma la sua bontà è tale che Lui lascia scrivere a me il giudizio che leggerà, che definirà la mia vita davanti a Lui per l’eternità: è lo stesso che io oggi formulo sul mio fratello. Non giudicare però è ancora troppo poco, l’amore di Dio sovrasta giudizio, colpa e condanna con il perdono, proprio perché Lui non ci abbandona mai.
(Mt 20, 1ss)” Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi”.
Quale è dunque la giustizia di Cristo? È anzitutto la giustizia che viene dalla grazia, dove non è l’uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri. Il fatto che l’“espiazione” avvenga nel “sangue” di Gesù significa che non sono i sacrifici dell’uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé “la maledizione” che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la “benedizione” che spetta a Dio.
Ti consideri cambiato o trasformato?
Quanto chiedi che questo avvenga?