Marco 14, 12-16, 22-26: 12 Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14 Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “II Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; li preparate la cena per noi». 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. 22 Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». 26 Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 14, 12-16, 22-26
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d`acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov`è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua. Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell`alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». E dopo aver cantato l`inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Il brano proposto oggi dalla liturgia si trova nel contesto della passione di Gesù, raccontata da Marco, che è introdotta (14, 1-10) da un gesto positivo e da un annunzio negativo. Una donna unge il capo di Gesù. Il gesto, fatto per ospitalità e con amore, è visto da alcuni come uno sciupio inutile, ma Gesù lo presenta come un segno profetico della sua morte. L’annunzio negativo riguarda il tradimento di Giuda. Segue la preparazione della Pasqua e la cena pasquale. (14,14-25) Gesù prepara la sua Pasqua e muta il pane e il vino, segni della Pasqua giudaica, nel suo Corpo e nel suo Sangue. Egli suggella col suo sangue la nuova alleanza. Cantati gli inni di ringraziamento e di lode, Gesù si avvia verso l’orto degli ulivi dove a lungo sosta in preghiera. (14, 24-42).
PRIMO GIORNO DEGLI AZZIMI (12)
Siamo nel contesto della Pasqua ebraica, che inizialmente era stata una festa pastorale primaverile, poi associata alla festa agricola degli Azzimi, del primo raccolto di orzo, quando venivano eliminati i resti dell’annata precedente per far posto alla nuova mietitura Le due feste unificate ricordavano da tempo in Israele la liberazione dall’Egitto. A Pasqua gli Ebrei, secondo la tradizione, si riunivano a cena, mangiavano il pane azzimo e l’agnello maschio, senza difetto, nato nell’anno (Es 12, 5). Già dalla mattina del 14 il pane lievitato, resto del raccolto precedente, doveva essere fatto sparire dalle mense dei Giudei, per far posto al pane nuovo della nuova mietitura. Gesù poi darà davvero il pane nuovo. Il momento in cui i discepoli pongono la domanda a Gesù sulla Pasqua è quello dell’inizio della settimana degli Azzimi, il giorno in cui i Sacerdoti nel tempio, di pomeriggio, immolavano gli agnelli che sarebbero poi serviti per la cena pasquale. Sul giorno della cena non c’era concordanza tra gli Ebrei. Di per sé sarebbe dovuta avvenire il venerdì sera, ma gli esseni la celebravano il giovedì, ed è possibile che Gesù si sia attenuto a questa usanza e che l’ultima cena sia avvenuta il giovedì
ANDATE IN CITTA’ (12)
La città è sicuramente Gerusalemme, perché la cena pasquale poteva essere celebrata presso il tempio (cf 2 Cr 35, 19).
LA MIA STANZA (14)
Questa stanza (kataluma) indica un locale posto al piano superiore riservato agli ospiti o ai pellegrini (cf Lc 2, 7), al v. 14 è designata come stanza al piano superiore (anagaion) che è l’equivalente del “cenaculum” dei Romani. La tradizione, almeno dal IV secolo, l’ha localizzata nella parte occidentale della vecchia città, dove oggi si trova il locale ricostruito dai Francescani nel XIV secolo. La Pasqua si celebrava a Gerusalemme e gli abitanti avevano l’obbligo di ospitare i pellegrini. Questo episodio ha un significato teologico: Gesù sta preparando la sua Pasqua. Dal modo di esprimersi di Gesù sembra che egli fosse già d’accordo con il padrone di casa, il quale probabilmente era un discepolo o un amico del Maestro. L’uomo con la brocca poteva essere un segnale convenuto.
VENUTA LA SERA (17)
Il brano scelto per la solennità del Corpus Domini non tiene conto dei versetti 17-21 dove troviamo lo smascheramento di Giuda. La cena pasquale poteva essere consumata solo dopo il tramonto del sole (Es 12, 8). Fedele a questa regola Gesù e i discepoli fanno la cena secondo il rituale ben precisato: antipasto di insalata ed erbe aromatiche, spiegazione del rito, canto dell’Hallel, pasto vero e proprio, ringraziamento.
PRESE IL PANE (22)
Gesù prosegue la cena, dandole un andamento diverso dalle cene ebraiche. Gli evangelisti e Paolo attirano l’attenzione su questo momento particolare in cui Gesù ha istituito l’Eucaristia.
QUESTO E’ IL MIO CORPO (22)
Il senso di quanto Gesù disse fu chiarissimo per gli ascoltatori: Gesù parlava della sua persona. Oltre Marco, anche Luca e Matteo, e prima di loro Paolo, ci hanno lasciato testimonianza scritta di questo avvenimento.
PRONUNZIATA LA BENEDIZIONE (22)
E’ la benedizione della cena pasquale ebraica o comunque la benedizione del capo mensa, un gesto rituale cui Gesù dà un significato nuovo. Gesù identifica il pane, che consegna, con se stesso e lo offre ai discepoli come vittima del nuovo sacrificio.
PRESE IL CALICE (23)
Il rituale giudaico prevedeva la consumazione di quattro calici tra l’inizio e la fine del pasto. Quello preso da Gesù dovrebbe essere il terzo o il quarto.
SANGUE DELL’ALLEANZA (23)
La frase é in perfetto parallelismo con quanto detto sul pane e va interpretata allo stesso modo, inoltre Gesù dice che si tratta del “sangue dell’alleanza” per comprendere l’asserzione bisogna riferirsi a Esodo 24, 1-8, quando Mosè con metà del sangue delle vittime asperge il popolo dicendo: “ Questo è il sangue dell’alleanza, che Javhè ha concluso con voi”. Il riferimento a Mosè che asperse col sangue dei giovenchi l’altare e il popolo, suggellando la vecchia alleanza è chiarissimo. Qui Gesù compie il gesto dell’alleanza nuova col suo sangue
VERSATO PER MOLTI (24)
E’ il sangue effuso per essere offerto in sacrificio. Per “molti” s’intende tutta l’umanità. Gesù intendeva dare al suo gesto il significato di anticipazione della sua morte sulla croce.
NON BERRO’ PIU (25)
Dicendo che non verrà più vino, preannunzia la sua imminente fine; dicendo che lo berrà nuovo, allude ad una bevanda di altra natura, di qualità superiore, che costituirà la gioia e la felicità nel regno di Dio, paragonato spesso ad un banchetto. Con questa affermazione Gesù fa intendere di essere prossimo alla morte.
DOPO AVER CANTATO L’INNO (26)
E’ la seconda parte dell’Hallel, consistente nel canto e nella recita dei salmi 115118, con cui terminava la cena.
MONTE DEGLI ULIVI (26)
La prescrizione, da quando la Pasqua si celebrava solo a Gerusalemme, era secondo Es 12. 27 durante la notte di Pasqua nessuno poteva lasciare la casa, ma interpretata nel senso che non si poteva lasciare la città, e il monte degli ulivi è nei sobborghi di Gerusalemme, ad una distanza non superiore al cammino di un sabato, nella vallata del Cedron.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
SANGUE DELL’ALLEANZA
Nell’istituire l’Eucaristia, secondo il Vangelo, Gesù ha «dato» il pane e il calice del vino. Il pane e il vino dati da Gesù sono la sua vita data per il mondo intero. Marco insiste sul «sangue versato» che è il «sangue dell’alleanza». La nuova alleanza, ossia la definitiva possibilità di comunione con Dio, ci è offerta dalla dedizione di Gesù fino al versamento del suo sangue. Perché Gesù «dà» il pane e il vino, cioè il suo corpo e il suo sangue? Gesù dona tutto se stesso ai suoi discepoli nell’Eucaristia, così come ha fatto in tutta la sua esistenza terrena. Egli non è vissuto per sé, ma per gli altri. La sua è stata una pro-esistenza, una vita «versata» al servizio degli altri. Nell’Eucaristia, egli si dona a noi perché anche noi facciamo come ha fatto lui, viviamo come lui, ci doniamo agli altri come lui si è donato. L’Eucaristia non è l’offerta di una «cosa», ma è Gesù Cristo che dona se stesso a Dio e ai credenti in lui. Non siamo noi che «offriamo», in senso proprio, l’Eucaristia, ma è Gesù Cristo che offre se stesso al Padre. E, nello stesso tempo, Gesù si dà a noi, nell’Eucaristia, per trascinarci con lui in questa dedizione totale al Padre e ai fratelli. (Antonio Bonora)
DALL’EUCARISTIA NASCE LA CHIESA
Con 1′ Eucaristia, dunque, Gesù costituisce una società nuova, quella degli uomini che, come lui, danno la vita per gli altri. È una società alternativa a tutte le altre forme di società, quelle che gli uomini costruiscono per soddisfare i loro bisogni, per regolare in qualche modo la violenza, per soddisfare le proprie esigenze di avere. La Chiesa, che nasce dall’Eucaristia, è la società degli uomini disposti a fare tutto quello che ha fatto Gesù. (A.Bonora)
La comunità cristiana è il punto d’arrivo dell’opera di Cristo eucaristia. Se la chiesa non si lascia plasmare dall’eucaristia, resta una società solo umana, diventa insignificante, incapace di profezia, una chiesa che finisce con l’adeguarsi al pensiero del mondo, per quanto riguarda ad esempio la guerra, i propri interessi, la logica del profitto, una chiesa che accetta l’economia come fatto immodificabile, e si adegua fatalisticamente alla crescita della povertà e dell’emarginazione. (G. Pasini)
DARSI A GESU SENZA RISERVE
La proposta che Gesù ci fa con l’Eucaristia è espressa nel detto «Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; chi, invece, perderà la sua vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Me 8,35). «Perdere la propria vita»a causa di Gesù e del vangelo significa darsi senza riserve per altri come ha fatto Gesù e per le stesse ragioni per cui l’ha fatto Gesù: questo modo di vivere porta alla «salvezza», alla gioia di vivere e all’autentica realizzazione di sé.
(Antonio Bonora)
MEMORIALE DELLA PASQUA
L’eucaristia è memoriale della Pasqua. Ogni volta che facciamo eucaristia facciamo memoria della morte e risurrezione di Gesù. Se l’oggetto della “memoria” è il corpo donato e il sangue versato, fare eucaristia significa entrare in questo evento di donazione. Se manca questo sentimento, chi si accosta all’eucaristia commette un “reato di falsità”. In positivo ci viene richiesta un’attitudine “diaconale”, che deve concretizzarsi in termini di comprensione, stima, difesa, presenza accanto a chi è in difficoltà, sicurezza, appoggio, aiuto tempestivo. Cristo ci dona il suo corpo per farci suo corpo. L’eucaristia suppone l’unità (la fede, il battesimo, la carità reciproca, il legame gerarchico). Ma soprattutto produce l’unità. Il concilio è preciso al riguardo: «L’eucaristia significa e attua l’unità dei fedeli in un solo corpo». Non dobbiamo aspettare di essere perfetti, per andare all’eucaristia. Certo, dobbiamo avere le disposizioni ulteriori di riconciliazione, ma anche la convinzione che il Signore può guarire le nostre lacerazioni e contraddizioni: è lui solo che costruisce l’unità vera. L’eucaristia è pegno di vita futura e viatico nel cammino della vita. Nella cena imbandita dal Signore, si prefigura il banchetto escatologico, verso il quale è incamminato il popolo di Dio peregrinante. Ogni volta che la chiesa celebra l’eucaristia, ricorda le parole del Signore e il suo sguardo si volge verso «Colui che viene». (Riflessioni di Giuseppe Pasini)
LI AMO’ FINO ALLA FINE
Cosi Gesù prende il pane, lo spezza, lo dà (cioè lo «dona») ai discepoli, dice: “Questo è il mio corpo”. Non si potrebbe sottolineare più chiaramente il senso della morte in croce; è pane spezzato, è corpo sacrificato, è vita donata a loro. Giovanni espliciterà come sempre: «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine…non c’è amore più grande di chi dona la vita per i suoi amici» (Gv13,1; 15,13). L’ultima cena è un banchetto di Gesù con i suoi discepoli, che prepara il momento doloroso del distacco. Il vangelo di Giovanni, con i lunghi discorsi di Gesù (Gv 13-16) sottolineerà questa atmosfera di intimità e di amicizia. E tuttavia quanto sta per avvenire ha un valore cosmico e universale: la croce viene piantata nel cuore del mondo per dare al mondo intero un nuovo centro, una nuova speranza.
RINNOVARE L’ALLEANZA
Celebrare l’Eucaristia vuol dire rispondere al comando di Gesù: «Prendete, questo è il mio corpo»; vuol dire, perciò, accettare la croce di Cristo come croce «per noi», coglierne il valore immenso di dono. Per questo andare a messa è compromettente; è come accettare il gesto di amore di Cristo e accettarlo come gesto rivolto a noi. Se facciamo questo, la nostra vita diventa una vita «salvata» da Cristo, quindi una vita che ci è donata da lui, una vita che è debitrice a lui di se stessa e che può quindi essere spesa solo per lui. «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per (in greco: dià) me” (Gv 6,57). La preposizione «dià» ha un valore sia strumentale sia finale: è attraverso Cristo che il fedele riceve la sua vita autentica; è quindi per Cristo che egli può e deve viverla quotidianamente. Celebrare l’eucaristia significa rinnovare l’alleanza con Dio fatta nel sangue di Cristo in una dimensione pubblica, di popolo, tipica dell’eucaristia. In essa noi diventiamo popolo di Dio, acquistiamo cioè un Dio come nostro Signore e nello stesso tempo acquistiamo gli altri come nostri fratelli. Che l’eucaristia fondi una solidarietà orizzontale è conseguenza necessaria di quel rapporto verticale che essa crea tra Dio — in Cristo — e «i molti». (Riflessioni di Franco Mosconi)
CIBO E BEVANDA DI VITA ETERNA
Quelli che, cadendo nelle insidie loro tese, hanno preso il veleno, ne estinguono il potere mortifero con un altro farmaco. Allo stesso modo, come è entrato nelle viscere dell`uomo il principio esiziale, deve entrarvi anche il principio salutare, affinché si distribuisca in tutte le parti del suo corpo la virtù salvifica. Avendo noi gustato il cibo dissolvitore della nostra natura, ci fu necessario un altro cibo, che riunisce ciò che è dissolto, perché, entrato in noi, questo medicamento di salvezza agisce da antidoto contro la forza distruggitrice presente nel nostro corpo. E cos`è questo cibo? Null`altro che quel Corpo che si rivelò piú possente della morte e fu l`inizio della nostra vita. Come un po` di lievito, secondo quanto dice l`Apostolo (cf. 1Cor 5,5), rende simile a sé tutto l`impasto, cosí quel Corpo, dotato da Dio dell`immortalità, entrato nel nostro, lo trasforma e lo tramuta tutto in sé. Come, infatti, il principio salutare mescolato al principio mortifero toglie il potere esiziale al miscuglio, così il Corpo immortale una volta dentro colui che lo ha ricevuto, lo tramuta tutto nella propria natura. Ma non è possibile entrare in un altro corpo, se non unendosi alle sue viscere, se non cioè, come alimento e bevanda: dunque è necessario ricevere la forza vivificante dello Spirito nel modo possibile alla natura. Ora, solo il Corpo, ricettacolo di Dio, ricevette la grazia dell`immortalità, ed è dimostrato che non è possibile, per il nostro corpo vivere nell`immortalità, se non partecipandovi per la comunione a quel Corpo. (Gregorio di Nissa, Catech. M., 37)
IL DONO INEFFABILE DI CRISTO
Tali sono i gloriosi misteri della santa Chiesa, e tale è l`ordine nel quale sono celebrati dai sacerdoti. Felice colui che ha il cuore puro, nel momento in cui sono consacrati i misteri tremendi del Corpo di nostro Signore. Gli angeli del Cielo giudicano molto fortunati i figli della Chiesa che sono stati resi degni di ricevere il corpo e il sangue di Gesú Cristo nostro Signore. Gloria al tuo nome per il tuo dono ineffabile! E chi può adeguatamente rendere gloria alla tua divinità? Vieni, dunque, tu, che sei ammesso al sacramento dei figli della Chiesa, ad imparare secondo quella prescrizione che ti puoi avvicinare ai sacerdoti, purché te ne accosti secondo il modo che l`apostolo Paolo ha deciso. Avvicinati con cuore puro al corpo e al sangue di nostro Signore, che ti purificheranno dalle macchie dei peccati che tu hai commesso. I sacerdoti non allontanino il peccatore che viene a pentirsi, né l`impuro che si lamenta e che si affligge di essere impuro. Ma essi accolgano e gli impuri e i peccatori a condizione che essi facciano il proposito di non piú ritornare al male. Prega, allora, con amore, insieme col sacerdote, affinché colui che dà la vita e perdona i peccati ti accolga! Stai attento, tuttavia, a non uscire dalla nave per andare al di fuori, nel momento in cui sono consacrati i tremendi misteri! Chi è colui che volontariamente, rifiuterebbe questo pasto al quale sono invitati gli angeli e gli uomini? Chi è colui che, dal momento che è stato inserito nelle file della Chiesa, preferirebbe il posto degli estranei che la Chiesa ha allontanato? E` il momento in cui occorre comportarsi come un angelo in questo momento in cui lo Spirito Santo dimora. Questo istante dà la vita a colui che vi è presente, e condivide dei doni con colui che l`accoglie. Felice colui che vi crede, e riceve questi doni, poiché se egli è morto rivivrà, e se è vivo, non morrà per aver peccato! (Narsai il Lebbroso, Expositio Myster., passim)
IL DONO DELL’EUCARISTIA
Avendo amato i suoi ch`erano nel mondo, li amò fino alla fine (Gv 13,1). Allora diffuse sui suoi amici quasi tutta la forza del suo amore, ìprima di effondersi egli stesso, come acque per gli amici. Allora diede loro il sacramento del suo corpo e del suo sangue e ne istituí la celebrazione. Non so se piú ammirare la sua potenza o il suo amore! Per consolarli della sua partenza, inventò questo nuovo modo di presenza; cosí, anche lasciandoli e togliendo loro la sua presenza corporale, egli restava non solo con loro, ma in loro, per virtù del sacramento. Allora, come se avesse completamente dimenticato la sua maestà e facesse oltraggio a se stesso – ma è un vanto per chi ama abbassarsi per gli amici – con una degnazione ineffabile il Signore – quel Signore! – lavò i piedi dei servi. Così, allo stesso tempo, diede loro un modello di umiltà e il sacramento del perdono. (Guerric d`Igny, Serm in Ascens., 1)
CRISTO IN MEZZO A NOI
Cristo nel «mirabile Sacramento ci ha lasciato il memoriale della sua Pasqua» e la Chiesa, attraverso i secoli, celebrando l’Eucaristia «annuncia la morte del Signore, proclama la sua Risurrezione ed attende la sua venuta nella gloria». Cristo in modo mirabile rimane in mezzo a noi: ci fa partecipare al suo Sacrificio di Redenzione e si fa cibo per noi. Egli offre il suo Corpo per noi; il suo Sangue comporta la remissione dei peccati. Il Sacrificio di Gesú porta pace e salvezza a tutto il mondo. La Chiesa si nutre del Corpo e del Sangue del Signore: e allora tutti i suoi figli diventano «un solo corpo e un solo spirito in Cristo». La potenza dello Spirito Santo riveste tutti i credenti e fa sì che essi diventino in Cristo il sacrificio vivente a gloria di Dio Padre. L’Eucaristia diviene per chi crede il preannunzio della piena partecipazione alla vita di Dio nell’eternità, è il pegno della vita eterna. «Chi mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue avrà la vita «eterna», disse il Signore. Cristo Signore è presente in mezzo a noi nel Santissimo Sacramento. La coscienza di ciò porta all’adorazione e alla lode, specialmente nella Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. In questo giorno, il popolo cristiano dà pubblicamente e con pietà la testimonianza della sua fede nell’Eucaristia, esce in processione sulle strade con canti di lode. “Mistero della Cena! Ci nutriamo di Cristo, si fa memoria della sua passione, l’anima è ricolma di grazia, ci è donato il pegno della gloria”.
PREGHIERA (pregare la parola)
•Come il giorno affida al giorno il suo messaggio, e«come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare», così «ti siano gradite le parole della mia bocca» (Is 55,11; Sal 19,3.15).
•«In te, Signore, è la sorgente della vita» (Sal 36,9). Ti rendo grazie, Signore, tu mi hai mostrato il sentiero della vita. «Di me è scritto nel tuo libro di compiere il tuo volere …. La tua legge è nel profondo del mio cuore» (Sal 40,8-9).
•«Sigillo eterno d’alleanza nuova / è il sacrificio cruento di Cristo: / un’eco umana dell’inno infinito /che canta il Verbo da sempre nei cieli» (Inno quaresimale: Ufficio di Valserena).
•«Grandi e mirabili sono le tue opere, / o Signore Dio onnipotente, … / poiché tu solo sei santo» (Ap15,3-4). «Tutte le genti verranno, e si prostreranno davanti a te, Signore, per dare gloria al tuo nome» (Sal 86,9).
•«Tu sei degno di essere lodato da voci pure, / o Figlio di Dio che dai la vita: / perciò l’universo proclamala tua gloria, / luce gioiosa della gloria del Padre, Gesù Signore» (Inno, IV secolo).
•Radunaci, Signore, da tutte le genti. Radunaci da tutte le nostre dispersioni. Purificaci da tutte le nostre infedeltà. Colmaci di benedizioni sul monte del tuo convito eterno, perché «giunti al tramonto del sole, /guardando la luce della sera, / cantiamo il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo di Dio» (Inno, IV secolo).
•A te che, con il tuo sangue, «hai riscattato …. uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» e ne hai fatto un regno di sacerdoti sulla terra» (cf. Ap 5,9-10), «Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, affluiranno verso il tempio del Signore (Ger 31,12).
•Quando il tuo nome sarà santificato in mezzo a noi, niente ci toccherà, perché tu stesso sarai il nostro tempio e il tuo sacrifìcio vespertino sarà l’unico nostro cammino. E la tua alleanza di pace sarà veramente eterna, perché il tuo santuario sarà in noi per sempre (cf. Ez 37,2628); «O Luce gioiosa della gloria del Padre, Gesù Signore» (Inno, IV secolo).
•«Come una grande veglia è questo tempo d’attesa, /popolo di Dio ravviva la tua gioia!» (Inno quaresimale; Ufficio di Valserena).
•Tu, Signore, sei il pane di benedizione spezzato per noi; dacci ogni giorno di questo pane, perché non moriamo di fame lungo il cammino della vita. «Fammi avere (solo) il necessario perché, una volta sazio, io non ti rinneghi». (Pro 30,8)
•Tu, Signore, offri un pane di comunione: rendici assidui all’incontro con te, nei nostri fratelli, (nel) luogo della tua dimora.
•«Nel modo in cui il pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli e raccolto divenne una cosa sola, così si raccolga la tua chiesa nel tuo regno dai confini della terra» (Didaché, 9,4).
•A noi, pellegrini sulla terra, «ormai non è servito un pane dall’orzo, ma il corpo dal cielo» (S Ambrogio, Verg., 111,1).
•«Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David, e come bevanda voglio il suo sangue che è l’amore incorruttibile» (S. Ignazio di Antiochia, Ai Romani, 7,3).
•Perché hai fatto del pane ordinario l’elemento necessario all’eucaristia: noi ti ringraziamo,
Signore.
•Perché tu, chiamando carne la tua carne, l’hai resa assimilabile a noi: noi ti ringraziamo, Signore.
•Perché nel pane eucaristico facciamo memoria dell’incarnazione: noi ti ringraziamo, Signore.
•Perché hai dato ai discepoli lo stesso pane di benedizione con cui sanavi i malati: noi ti ringraziamo, Signore.
•«Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua», fà che aderiamo con viva fede al tuo mistero di amore per diventare partecipi di misericordia e di perdono» (cf. «colletta»).
•«Noi ti rendiamo grazie, Padre nostro per la santa vita di David, tuo servo, che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo servo» (Didaché, 9,2); A te gloria nei secoli.
•«Questo sangue, che è detto dell’uva, è di quell’uva che nasce da quella vite, della quale il Salvatore dice: “Io sono la vite vera”, e i discepoli “i tralci”. Così sei tu,…. tu che sai “bere il sangue” e hai imparato a mangiare la carne del Verbo di Dio, e ad attingere il “sangue” di quell’uva” prodotto dalla “vera vite” e da quei “tralci” che il Padre purifica» (Origene, Sui Num,16,9).
•«Noi ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo» (Didaché, 9,3): A te gloria nei secoli.
•«Certo colui che diceva queste cose è “stato ferito” per gli uomini …..Del resto si dice che
“beviamo il sangue di Cristo” non solo nel rito dei sacramenti, ma anche quando riceviamo i suoi discorsi, nei quali risiede la vita, come egli stesso dice» (Origene, Sui Numeri, 16,9).
•«Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo» (Didaché, 10,2); A te gloria nei secoli.
•«Dio fedele, grande nell’amore, mostraci un segno della tua misericordia». (Ant. di Avvento: Ufficio di Valserena)
•«Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa a gloria del tuo nome; hai dato agli uomini cibo e bevanda a loro conforto, affinché ti rendano grazie; ma a noi hai donato un cibo e una bevanda spirituali e la vita eterna per mezzo del tuo servo Gesù» (Didaché, 10,3.5); A te gloria nei secoli.
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Partecipiamo con fede viva all’Eucaristia, centro della Chiesa e della vita cristiana.