Don Bosco nel 1880 fece conoscenza con un ragazzo meraviglioso: si chiamava Luigi, era figlio dei conti Colle di Tolone. L’adolescente morì a 17 anni, il 3 aprile 1881; ma era stato sufficiente quel breve arco di conoscenza perché Don Bosco gli desse le ali della santità e della giovinezza eterna. Dopo la morte continuò a colloquiare con Don Bosco e gli apparve diverse volte. Il 27 maggio 1881; all’indomani della festa dell’Ascensione, Don Bosco stava celebrando nel santuario di Maria Ausiliatrice in suffragio di Luigi; i genitori, conti Colle, assistevano alla Messa. All’improvviso, al momento della consacrazione, Don Bosco vide per un attimo Luigi: era tutta luce, splendeva di una bellezza da togliere il respiro. Verso la fine della Messa se lo vide ancora vicino, folgorante e accompagnato da altri ragazzi, stupendi, morti all’Oratorio di Torino. Lo vide ancora abbagliante di luce in sagrestia. Gli domandò: « Che cosa devo dire ai tuoi genitori? ». Luigi gli rispose: « Gli dica che si facciano precedere dalla luce; che si facciano degli amici in cielo ». Poco più di un mese dopo, il 3 luglio, Don Bosco scriveva alla contessa Colle: « Il 21 giugno durante la Messa, dopo la consacrazione, lo vidi roseo in volto, in tutto il fulgore di una giovinezza splendente come il sole. Per due volte mi disse: «San Luigi Gonzaga mi ha protetto molto… mi ha beneficato molto». Il 30 agosto Don Bosco riscriveva alla contessa: «Precisamente il 25 agosto, alla consacrazione, ebbi la grande gioia di vederlo rivestito di una veste bianca finissima, di un biancore abbagliante. Era in una specie di giardino dove si divertiva con altri ragazzi. Cantavano un cantico stupendo, il canto dei vergini: «Jesu, corona virginum» (O Gesù, premio dei vergini) con un tale timbro e squillo melodioso che non so esprimere né descrivere…». Nel 1883 lo vide durante la Messa e udì che gli diceva: «Bisogna che i ragazzi si comunichino spesso; voi dovete ammetterli presto alla Santa Comunione. Dio vuole che si cibino presto del pane eucaristico. Quando hanno 4 o 5 anni, bisogna mostrargli l’Ostia Santa e suggerirgli di pregare Gesù rimirandola; ciò sarà la miglior preparazione alla Comunione ».
E’ qui il segreto dell’educazione giovanile di Don Bosco: condurre i giovani a Gesù, metterli in contatto col Corpo eucaristico del Signore, fargli mangiare il Pane dell’eterna giovinezza. « Io sono il Pane vivo disceso dal cielo – disse Gesù a Cafarnao, nella sinagoga – perché lo si mangi e non si muoia »; portarli alla Madonna, che è la Madre verginizzante.
«La giovinezza non è un’età, ma una stagione del cuore» scrisse con frase indovinata il Sertillanges. Oggi siamo spettatori della contestazione, dell’imprevedibilità, dell’eccentricità, dell’impazienza, dell’estremismo dei giovani. Ma questi sono soltanto fermenti giovani. La «giovinezza-età » tramonta rapidamente, ma la «giovinezza-anima » può perdurare per tutta la vita. Un’anima è giovane quando realizza, sul piano dello spirito le caratteristiche della « giovinezza-età ». Queste caratteristiche sono: esuberanza di vita che si manifesta in slanci vitali-corse, antagonismo, canto, audacia; concentrazione di energie impaziente di trovare uno sbocco; gusto del rischio e dell’avventura; amore per le novità e per l’iniziativa; apertura alla speranza e al futuro; impegno di dedizione; rifiuto del calcolo e del tornaconto; tensione verso l’ideale.
Occorre far capire ai giovani che devono aprirsi agli altri e alle istanze del presente (l’anima giovane non si lascia impigrire dall’abitudine, sfida gli avvenimenti, le prove la galvanizzano, accetta il rischio delle scelte); devono coltivare la meraviglia e l’insaziabilità intellettuale; devono essere catturati dall’ideale del donarsi. « Noi abbiamo l’età dei nostri peccati » scriveva Mauriac. Giovanni Papini, ridotto ormai a un rudere, dettava queste parole: « Mi sento anche oggi sollevato, nell’immenso mare della vita, dall’alta marea della giovinezza. Riesco ancora a godere una festosa invasione di sole e la sfera di luce che s’irraggia da una lampada ».
Per educare i giovani alla giovinezza perenne bisogna insegnargli tre cose (suggeriva Don Bosco): la gioia, che nasce dall’anima limpida e serena; la povertà di spirito, cioè l’umiltà (« Il nemico della giovinezza dell’anima è il verbo “avere”. La giovinezza è povera e lo sa. Tutto quello che fa di noi un possidente, ci impoverisce e ci diminuisce, dal punto di vista della giovinezza »); la conoscenza e l’amore al Cristo Eucaristico (il grande Vivente eternamente giovane). Sant’Agostino aveva ragione quando scriveva: « Sequimini, o iuvenes, Christum, ut iuvenes maneatis» che significa: «O giovani, innamoratevi di Cristo se volete restare giovani».