
E’ passato poco più di un mese da quel terribile 3 Ottobre in cui più di 300 persone hanno trovato la morte al largo di Lampedusa. Dopo la commozione iniziale non vogliamo dimenticare loro e tutti gli altri che fuggono da situazioni di guerra e di povertà.
Pregare per questi uomini e queste donne vuol dire accendere i riflettori su una situazione che va sempre più aggravandosi.
Sono ancora tragicamente troppo pochi coloro che riescono ad arrivare alla meta: molti, nessuno sa quanti, non ce la fanno nemmeno a raggiungere le coste nordafricane perché muoiono nella lunga traversata del deserto.
Altri trovano la morte in quella striscia di mare che divide l’Africa dall’Europa. Sono uomini e donne in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Sono esseri umani talmente disperati da rischiare di mettere a repentaglio la loro stessa vita pur di arrivare alle soglie della salvezza che l’Europa per loro e i propri figli rappresenta.
Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi alla normalità delle tragedie dell’immigrazione vuol dire lasciare morire ancora una volta le vittime in viaggio verso l’Europa: “le vittime della speranza”.
“Morire di Speranza” sarà il titolo della preghiera animata dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Coro Giovani&Universitari della Parrocchia, in cui ricorderemo le loro storie, alcuni dei loro nomi e una testimonianza che viene da Lampedusa, per dire come si può superare la barriera che divide chi è straniero da chi non lo è.