Dalle omelie del Servo di Dio don Giuseppe Quadrio, SDB
Un giovanotto, fuorviato da tristi compagnie, era giunto al punto di alzare la mano sacrilega contro la sua mamma vedova e sola, l’aveva percossa selvaggiamente, derubata di tutto ciò che aveva, ed era fuggito lontano, abbandonandola nella miseria. Passati alcuni anni, cominciarono i rimorsi: volle tornare. Aspettò che le ombre della sera scendessero sul suo paese, che le strade fossero deserte, e poi, di nascosto, rasentando i muri per non farsi notare, si diresse verso la casetta di sua madre. Quanta vergogna provava! Se qualcuno l’avesse incontrato, sarebbe fuggito. Aveva paura che sua madre lo respingesse, ma gli bastava vederla,
chiederle perdono, perché non ne poteva più. Non gli importava nulla se dopo sarebbe stato maledetto e scacciato da sua madre. Titubante arriva vicino a casa. Sale i pochi gradini: la porta è socchiusa. La spinge lentamente. Sua mamma era seduta dietro l’uscio. Non lo lasciò neppure parlare, lo serrò in un abbraccio sul suo cuore:
“Ti aspettavo sai? Da quel giorno non ho mai chiuso la porta di casa. Lo sapevo che saresti tornato”.
Forse anche noi, carissimi, abbiamo offeso e abbandonato la Madonna, e ce ne siamo andati sbattendo l’uscio, e abbiamo vagato per le vie del male e del peccato. Per quanto lontani ce ne siamo andati, qualunque cosa ci sia capitata, qualunque sia lo stato presente della nostra coscienza, essa ci aspetta sempre a braccia aperte, attende con impazienza il nostro ritorno, il nostro sincero pentimento, la nostra completa conversione. Essa ci ripete: “Torna a casa, figlio. Dopo tutto, sono sempre tua madre”.”