
Caro parroco,
Sono stata all’oratorio a portare il mio nipotino a svagarsi un po’ […]. C’erano dei ragazzi che giocavano nel campetto recintato […]. Beh, sig. parroco, mi vergogno un po’ a scriverglielo, ma ogni tanto, seduta sotto il gazebo, sentivo volare parolacce, urlacci e qualche bestemmia, ma nessuno diceva niente […]. È possibile?
(Nonna “A”)
Gentile signora,
è possibile, purtroppo. Anch’io me ne vergogno. I miei confratelli addetti all’oratorio fanno il possibile e l’impossibile per cercare di educare ragazzi e giovani. Anche loro sono un po’ smarriti a causa di questa situazione di grave maleducazione. Ciò che più dispiace è che sono soli in questo compito, non sembra che abbiano un grande appoggio dagli adulti che pure sono presenti. Lo dice anche lei nella sua lunga lettera, che per ovvie ragioni ho dovuto tagliare: “I grandi fanno finta di niente, o di non sentire…). Le aggiungo che anche i genitori considerano uno sfogo da ragazzi il turpiloquio, l’invettiva, i gestacci durante il gioco. In un paese musulmano si rischierebbe la galera o peggio, qui da noi sembra tutto permesso. Dubito che le sgarberie, le ingiurie, i cori razzisti, ecc. possano chiamarsi civiltà. Se l’Occidente è così, perché lamentarsi se i musulmani ci disprezzano? Tutti sanno che quando mancano le basi, o queste sono costruite con materiali di scarto, tutto l’edificio rischia di crollare. Vuole saperlo: temo che la vecchia Europa che ha fatto scuola di civiltà al mondo intero sia in serio pericolo.