Matteo 6, 24-34: 24 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. 25 Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28 E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30 Ora, se Dio veste cosi l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31 Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32 Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33 Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 6, 24-34
Nessuno può servire a due padroni: o odierà l`uno e amerà l`altro, o preferirà l`uno e disprezzerà l`altro: non potete servire a Dio e a mammona. Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un`ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l`erba del campo, che oggi c`è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
L’unità letteraria 6, 19-34 ha il suo fulcro nell’immagine del tesoro, la ricchezza che bisogna soprattutto cercare. Questa tesoro non si trova su questa terra, dove si trovano beni che periscono, ma nei cieli (6, 19-21) e la persona saggia lo cerca, tanto più che la realtà scelta come tesoro accaparra il cuore dell’uomo (dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore) cioè diventa il motivo dominante e profondo della sua vita. Il tesoro vero lo può percepire solo l’occhio sano (se dunque il tuo occhio è chiaro) (22-23).
NESSUNO PUO’ SERVIRE (24)
Naturalmente non si possono scegliere come tesoro due realtà, che sono di per sé in opposizione, perché l’aderire ad uno equivale ad allontanarsi dall’altro.
DIO E MAMMONA (24)
Ciò vale di Dio e del danaro, dato che le esigenze divine contrastano con quelle della ricchezza. Il senso del detto era chiaro ai tempi di Gesù quando uno schiavo poteva essere possesso di due persone, per esempio per eredità, ma certo non poteva impegnarsi con pari dedizione per gli interessi dei due e finiva per preferire (amare) l’uno e trascurare (odiare) l’altro. Qui si tratta o di servire Dio, fare la sua volontà, cioè amare, oppure servire il danaro e così chiudersi nell’egoismo. La relazione qui è con la beatitudine della povertà e l’insistenza è sulla scelta decisiva.
NON AFFANNATEVI (25)
Gesù sente il bisogno di prevenire i suoi discepoli da un grande ostacolo, che è anche una necessità: la preoccupazione per il domani. L’invito a non affannarsi (me merimnate) ritorna sei volte in 6, 25-34. L’ affanno inteso da questo brano è l’attaccamento ai beni materiali, che porta con sé un’eccessiva preoccupazione, un’ansia angosciosa. E’ un affanno che uccide la fiducia in Dio-Padre. Naturalmente quanto qui è detto non è un elogio della pigrizia, ma è come dire: nell’interno del vostro impegno lavorativo anche duro e faticoso abbiate un atteggiamento di fiducia in Dio, abbandonatevi alla braccia delle divina provvidenza, come dice il Salmo 55. “ Getta in Dio la tua preoccupazione ed egli ti nutrirà”.
Seguono quattro argomentazioni. I versetti sui gigli e sugli uccelli sono tra i più belli della letteratura mondiale.
VITA…CORPO…UCCELLI (26)
1° Dio Padre buono, che cura ciò che è meno importante, avrà cura di voi. Questo testo dà molta importanza all’uomo, che è chiamato ad abbandonarsi a Dio, ma certamente anche ad impegnarsi. San Paolo dirà: “Chi non vuol lavorare, neppure mangi”. (Tss 3, 10)
CHI DI VOI (27)
2° L’ansia è inutile, non ha nessuno scopo e non risolve nulla.
ERBA (30)
3° Non fidarsi di Dio è indice di poca fede in colui che ha cura persino dell’erba, che era immagine di caducità. L’espressione “gente di poca fede” è un invito ad interrogasi seriamente sulla relazione che si ha con Dio.
SI PREOCCUPANO I PAGANI (32)
4° Chi si preoccupa troppo ha l’atteggiamento dei pagani che non conoscono Dio e hanno preoccupazioni solo per questa vita. “Mangiare, bere, vestirsi” esprime la totalità dei bisogni umani.
CERCATE (33)
L’unica “preoccupazione” lecita è quella per il Regno, per la giustizia, cioè per la volontà di Dio. Il “prima” che figura qui non significa che dopo essersi interessati del Regno ci si debba preoccupare per le cose sopra indicate, perché sarebbe in contraddizione con quanto detto fin qui.
PER IL DOMANI (34)
La pericope termina con una nota di saggezza universale esistente anche tra i greci, che ritenevano stoltezza preoccuparsi per il domani. Ma le prospettive sono diverse: per i greci si tratta di un “carpe diem” pessimistico per assicurarsi il godimento possibile oggi; per Gesù è apertura, piena di speranza.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
POSSESSO E USO DELLE RICCHEZZE
Disprezza le ricchezze, se vuoi possedere le ricchezze; sii povero, se vuoi essere ricco. Tali sono infatti gli inattesi beni di Dio, egli vuole che non per tuo studio, bensì per sua grazia, tu diventi ricco. Lascia a me – egli dice – codeste cose: tu cura le cose dello spirito, per apprendere la mia potenza: fuggi dal giogo e dalla schiavitù delle ricchezze. Fintanto che le tratterrai in tal modo, sarai povero: allorché invece le disprezzerai, sarai doppiamente ricco; e perché ti perverranno da ogni dove, e perché nulla ti mancherà di quanto invece sono carenti i più. Non è infatti il possedere a dismisura che fa ricco, bensì il non mancare di troppe cose. Perciò, quando c`è l`indigenza, il re in nulla differisce dal povero: la povertà infatti è questo aver bisogno degli altri: proprio per questa ragione il re sia povero, poichè necessita del servizio dei sudditi. Non così per chi è stato crocifisso: di nessuno ha bisogno; al vinto sono sufficienti le proprie mani: “Alle mie necessità, infatti” – egli dice -, “ed a quelle di coloro che sono con me, hanno provveduto queste mie mani” (At 20,34). Queste cose dice chi, altrove, afferma: “Quasi come chi non ha nulla, e tutto possiede” (2Cor 6,10); proprio lui che a Listra ritenevano che fosse un dio. Se vuoi conseguire le cose del mondo, cerca il cielo se vuoi fruire delle cose presenti, disprezzale: senza equivoci, infatti, dice [Gesù]: “Cercate prima di tutto il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33). Perchè ti soffermi sulle piccole cose? Perchè resti a bocca aperta davanti a cose di nessun valore? Fino a quando sarai povero e mendico? Guarda il cielo pensa alle ricchezze di lassù: fatti beffe dell`oro, apprendi quale sia il suo vero uso. Nella vita presente – che scorre come rena -, fruiamo soltanto di esso, perciò quasi goccia in paragone all`immensità dell`abisso, di tanto si differenziano le cose presenti in raffronto alle future. Qui non si tratta di possesso, ma di uso, e non neppure possesso in senso proprio: Come mai, infatti, al momento del tuo estremo respiro, che tu lo voglia o no, altri ricevono tutto, e questi a loro volta danno ad altri, che poi daranno ad altri ancora? Tutti in effetti siamo di passaggio, e il padrone di casa è necessariamente più privilegiato del servo: spesso peraltro, morto quegli, il servo rimane, e si gode la casa molto più a lungo di lui. Ma se questi con mercede, anche quello in precedenza con mercede: costruì infatti, mettendo pietra su pietra con grande fatica e impegno. Solo al Verbo appartengono i domini: infatti nella verità della cosa tutti siamo padroni degli altri. Sono nostre solo quelle cose che abbiamo mandato lassù innanzi a noi: quelle che sono quaggiù, non sono nostre bensì dei viventi; anzi ci lasciano quando siamo ancora vivi. Sono nostre soltanto quelle cose che sono opere d`un`anima nobile quale l`elemosina, la benignità. Queste cose son dette esterne anche tra gli stranieri: infatti sono fuori di noi. Dunque facciamo in modo che stiano dentro. Non possiamo infatti partire da qui portandoci dietro le ricchezze, però possiamo emigrare portando con noi l`elemosina: anzi, a dire il vero, la mandiamo innanzi, per prepararci un abitacolo nella dimora eterna. (Giovanni Crisostomo, In Epist. I ad Timoth. 3)
CONSIDERATE I GIGLI DEL CAMPO
Ma quale spettacolo è quello di un campo in pieno rigoglio, quale profumo, quale attrattiva, quale soddisfazione per i contadini! Come potremmo spiegarlo degnamente con le nostre parole? Ma abbiamo la testimonianza della Scrittura dalla quale vediamo paragonata la bellezza della campagna alla benedizione e alla grazia dei santi, quando Isacco dice: “L`odore di mio figlio è l`odore d`un campo rigoglioso” (Gen 27,27). Perchè descrivere le viole dal cupo colore purpureo, i candidi gigli, le rose vermiglie, le campagne tinte ora di fiori color d`oro ora variopinti ora color giallo zafferano, nelle quali non sapresti se rechi maggior diletto il colore dei fiori o il loro profumo penetrante? Gli occhi si pascono di questa gradevole visione e intorno ampiamente si sparge il profumo che ci riempie del suo piacevole effluvio. Perciò giustamente il Signore dice: “E la bellezza del campo è con me (Sal 49,11). E` con lui, perchè ne è l`autore: quale altro artefice infatti avrebbe potuto esprimere una così grande bellezza nelle singole creature? “Considerate i gigli del campo” (Mt 6,28), quale sia il candore dei loro petali, come questi, l`uno stretto all`altro, si rizzino dal basso verso l`alto in modo da riprodurre la forma d`un calice, come nell`interno di questo risplenda quasi un bagliore d`oro che, difeso tutt`intorno dalla protezione dei petali, non è esposto ad alcuna offesa. Se si cogliesse questo fiore e si sfogliassero i suoi petali, quale mano di artista sarebbe così abile da ridargli la forma del giglio? Nessuno saprebbe imitare la natura con tanta perfezione da presumere di ricostituire questo fiore, cui il Signore diede un riconoscimento così eccezionale da dire: “Nemmeno Salomone in tutta la sua gloria vestiva come uno di questi” (Mt 6,29). Un sovrano ricchissimo e sapientissimo è giudicato da meno della bellezza di questo fiore. (Ambrogio, Hexamer. 3, 36)
FIDARSI DELLA SAPIENZA DI DIO
Gesù Cristo non ci ha invitato a considerare il volo degli uccelli, nè ci ha proposto di imitarli nel volo, il che non è possibile agli uomini; ma ci ha mostrato come essi si nutrono senza alcuna preoccupazione, cosa che anche noi possiamo fare se lo vogliamo. L`esempio dei santi, che hanno confermato questo precetto con le opere, ne è una prova. Ebbene, è ammirevole la saggezza del legislatore divino che, pur potendo proporre l`esempio di tanti eccellenti uomini, come Mosè, Elia, Giovanni Battista e tanti altri, che non si sono per niente affannati per procurarsi il cibo, preferisce ricordare l`esempio degli uccelli, allo scopo di toccare i suoi ascoltatori in modo più forte ed efficace. Se avesse parlato di quei giusti, essi avrebbero ben potuto rispondere di non avere ancora raggiunto la loro virtù. Ma tacendo di questi e proponendo invece l`esempio degli uccelli, essi non possono addurre nessuna scusa. Anche in questo punto, egli segue la traccia della legge antica. Il Vecchio Testamento, infatti, suggerisce agli uomini l`esempio dell`ape, della formica, della tortora e della rondine (cf. Sir 11,31). E non è del resto un mediocre motivo di gloria per l`uomo poter acquisire con la libera scelta della volontà ciò che questi animali compiono, spinti dall`istinto naturale. Se Dio, dunque, si prende tanta cura per questi animali che egli ha creato per noi, quanto più se ne prenderà per noi stessi? Se veglia sui servi, quanto più veglierà sul padrone? Ecco perchè, dopo averci invitati a osservare gli uccelli dell`aria, non aggiunge che essi non si occupano di traffici e di altri commerci che sono riprovati; dice che essi “non seminano nè mietono” (Mt 6,26). Ma come? – voi mi direte – non si dovrà dunque più seminare? Cristo non proibisce di seminare, ma dice -ripeto – che non dobbiamo affannarci anche per quanto ci è necessario. Non ci vieta di lavorare, ma non vuole che siamo senza fiducia e che ci maceriamo nell`inquietudine e nelle preoccupazioni. Ci comanda infatti di nutrirci: ma non vuole che tale pensiero ci tormenti e crei difficoltà allo spirito. Già molto tempo prima, David aveva sottolineato questa verità, anche se un po` enigmaticamente, affermando: “Tu apri la mano e colmi di favore ogni vivente” (Sal 144,16); e altrove: “Colui che dà il loro cibo alle bestie, e ai piccoli corvi ciò che domandano (Sal 146,9). Ma quale uomo è mai esistito – voi mi direte – che sia stato esente da queste preoccupazioni? Ebbene, vi rispondo, non vi ricordate di tutti quei giusti che vi ho nominato poco fa? Non vi ricordate, insieme a loro, che anche Giacobbe, il patriarca, uscì nudo dal suo paese e disse: “Se il Signore mi dà pane per mangiare e abiti per coprirmi…” (Gen 28,20)? E con queste parole egli mostrava chiaramente di non essere preoccupato, ma che chiedeva e si aspettava tutto da Dio. Nello stesso modo si comportarono con fortezza gli apostoli, che abbandonarono ogni loro bene e non si diedero pensiero di niente. Abbiamo visto poi quelle cinquemila persone e poi le altre tremila, che ottennero il cibo da Dio, senza darsi alcun affanno (cf. At 2,41). Se dopo tutti questi argomenti e tutti questi esempi, non siete ancora capaci di sciogliere le dure catene che vi legano, liberatevi dall`affanno almeno riconoscendone l`inutilità. “Chi di voi”, infatti, “con l`affannarsi può aggiungere alla sua età una spanna”? (Mt 6,27) – aggiunge Cristo. Vedete come egli si serve ora di un paragone chiaro e comprensibile, per far capire una verità oscura e nascosta. Pur dandovi da fare – egli dice – voi non potete far crescere neppure un poco il vostro corpo; ebbene, allo stesso modo non potete neppure con tutte le preoccupazioni e gli affanni assicurarvi il cibo. Con queste parole Gesù ci fa vedere con estrema chiarezza che non è affatto la nostra cura, ma soltanto la provvidenza di Dio che compie tutto, anche in quelle cose in cui sembra che noi abbiamo parte attiva. Se Dio infatti ci abbandonasse, nessuna cosa più sussisterebbe e periremmo tutti inevitabilmente con i nostri affanni, le nostre inquietudini e le nostre fatiche. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 21, 3)
SETE DI INFINITO
L’uomo è costretto a misurarsi ogni giorno con una serie infinita di bisogni che lo condizionano e lo premono da tante parti. Come reagirà al bisogno? con l’ansia di chi non sa mai se avrà il necessario? No: piuttosto con la fiducia di chi sa che gli è promesso il necessario per questo giorno. Viceversa: l’uomo può trovarsi a possedere ciò che gli serve per vivere. Come reagirà a questa esperienza di abbondanza? con l’autosufficienza e la presunzione? No; piuttosto col rendimento di grazie a Dio dal quale viene ogni dono. Il pagano cioè l’uomo che non crede nell’amore paterno di Dio – è sempre dominato dalla paura: quando si trova nel bisogno, vive la paura di non potere soddisfare le sue necessità; quando si trova nell’abbondanza, vive la paura di perdere quello che possiede. Viceversa il credente vive la libertà e la speranza: quando non ha il necessario, sa di potersi rivolgere a Dio e chiedere con fiducia: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»; quando può godere delle cose, innalza a Dio la preghiera gioiosa del ringraziamento. Nell’uno come nell’altro caso, la sua esistenza non è ripiegata su se stessa ma aperta verso la grandezza e l’amore di Dio. (Sibroni)
DIO SI OCCUPA DI ME
Non vive in un mondo remoto, lasciando me in balìa degli eventi, come una pagliuzza che il vento trascina nel suo vortice. La mia sorte è nelle sue mani (Sai 31, 16). E sono le mani di un Padre. Un Padre è per i figli. Dunque Dio è per noi. Tutto quello che ha fatto, l’ha fatto « per noi uomini e per la nostra salvezza » (Credo). Per noi ha creato l’universo, è disceso dal cielo, ha istituito la Chiesa, prepara un posto in cielo. Tutta l’«economia» è a servizio dell’uomo. Certo, il fine ultimo è la sua gloria: ma questa gloria egli la trova nell’uomo che vive: gloria Dei vivens homo (Ireneo). Per questo ci ha dato tutto; la sua Parola, la sua vita, il suo Figlio. E col Figlio ci ha elargito ogni dono (Rm S, 32). E « se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rm 8, 31). Siamo sotto le ali del- l’onnipotente (Sai 90); nulla ci può nuocere. (Mariano Magrassi)
TUTTO E’ NELLE MANI DI DIO
Tutto è penetrato e diretto da un influsso misterioso e benefico: una Provvidenza che, guidando o permettendo, rivolge al bene ogni cosa (Rm 8, 28). Le leggi della natura e gli avvenimenti della storia sono “segni” che la rivelano. Per chi sa leggerli il mondo diventa libro. I vari elementi si compongono in armonia d abbozzano un disegno di bontà. È un « gioco divino », fatto di libertà e di amore, che dirige le leggi della natura e dispone il ritmo degli avvenimenti. È una mano paterna che crea e dispone».(Mariano Magrassi)
RELAZIONE FILIALE
Gesù esorta i discepoli a vivere con piena libertà e fiducia la loro relazione filiale con Dio: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia». Come nella preghiera del Padre Nostro, prima delpane, i discepoli chiedono al Padre che venga il suo regno e si compia la sua volontà. Quest’ultima coincide con la «giustizia» del regno di Dio. La piena conformità alla volontà del Padre apre i discepoli ad accogliere con riconoscenza tutte le cose che servono alla vita e al corpo. Essi sanno che anche il pane prodotto con il loro lavoro è dono del Padre celeste, che essi chiedono giorno per giorno per spartirlo con gli altri. Perciò Gesù riassume il suo insegnamento con un rinnovato appello alla fiducia, fonte della libertà dalle preoccupazioni: «Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini». E chiude con un proverbio che condensa l’esperienza comune: «A ciascun giorno basta la sua pena». (Fabbris)
NON POTETE SERVIRE DIO E MAMMONA
Gesù ci da nel vangelo due insegnamenti netti e precisi.
1. «Non potete servire Dio e il denaro» (6,24). Il grande padre della Chiesa san Girolamo, profondo conoscitore della Bibbia, fa notare che qui Gesù non parla di «possedere», ma di «servire». Il denaro può diventare un padrone che noi serviamo, dimenticando Dio e tutte le altre realtà preziose della vita.
2. «Preoccupatevi del domani, ma senza ansia, e con fiducia in Dio» (6,25-34). Per ben cinque volte in questo brano di vangelo Gesù raccomanda ai suoi cristiani: «Non preoccupatevi», cioè: «Non siate ansiosi», non anticipate il futuro nell’inquietudine. Egli desidera che i suoi discepoli escludano dalla vita l’ansia angosciosa per le necessità quotidiane. Non intende certo fare l’esaltazione della pigrizia o dell’imprevidenza. Propone invece un atteggiamento interiore di fiduciosa serenità accanto a un impegno lavorativo anche duro e faticoso. Non vuole abolire la programmazione del domani, ma esorta a lavorare con la coscienza di non essere soli: accanto a noi c’è la presenza provvidente del Padre. L’impegno nel soddisfacimento dei bisogni fondamentali lascia spazio all’abbandono fiducioso dell’uomo di fede. (Messalino ldc)
ALTERNATIVA RADICALE
Gesù pone un’alternativa radicale: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e al denaro». Questa è l’alternativa: optare per Dio e la dedizione di sé, oppure scegliere il denaro e la ricchezza. Optare per Dio vuoi dire vivere la prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito». Chi ha scelto Dio come valore supremo della sua vita è liberato dall’affanno e dalle inquietudini. Gli uomini infatti corrono dietro a tante cose per avere, possedere, accumulare, nella stolta illusione che ciò per-metta loro di vivere felicemente. Gesù afferma che la felicità sta nell’abbandono fiducioso in Dio. L’affanno, di cui parla Gesù, è significativamente rivolto al domani: che cosa mangeremo, che cosa berremo, di che ci vestiremo ecc. Quante volte anche noi abbiamo rischiato di vivere tutti proiettati nel domani, con l’ansia e la paura di quel che sarebbe accaduto. Così facendo, non si vive pienamente l’oggi. Anzi, si rischia di non vivere affatto, perché il passato è irrecuperabile e il presente non è goduto perché invaso dall’ansia per il domani, che non c’è ancora. (Antonio Bonora)
NON AFFANNATEVI
La nota che più colpisce in questa pagina è il più volte ripetuto non affannatevi. Si tratta, dunque, di un invito alla serenità, che non va inteso però come un inno alla sventatezza, e questo almeno per due ragioni. La prima è nello stesso testo evangelico: non si tratta solo di «non affannarsi», si tratta ancor prima e ancora di più di «servire Dio» in esclusiva, di «cercare il regno di Dio e la sua giustizia», di accettare la realtà dell’oggi con il suo carico di pena. La seconda ragione deriva dall’esperienza, compresa quella di Gesù, così come ci è tramandata dai Vangeli: la serenità non c’entra con la leggerezza o l’euforia, ma è conquista ardua e faticosa attraverso l’angoscia, che va riconosciuta, accettata e superata. È giusto guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo, ma è doveroso, se si vuoi capire bene quello che Gesù ha voluto dirci, considerare nel suo insieme tutta la pagina evangelica da una parte, e dall’altra prendere sul serio le ansie e le paure che affliggono la nostra vita di uomini. (Pezzini)
AMORE FEDELE DI DIO
L’amore fedele di Dio, fonte e fondamento della relazione di fede, è un amore esigente ed esclusivo. In quest’ottica si colloca la parola di Gesù nella sua istruzione rivolta ai discepoli: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro». Questa è la logica dell’alleanza espressa nelle parole di apertura del decalogo: «Io sono il Signore, tuo Dio… non avrai altri dèi di fronte a me». L’immagine scelta da Gesù per sottolineare la radicalità dell’impegno di fede è quella del rapporto tra servo e padrone. Nel mondo antico era inimmaginabile che un servo potesse servire contemporaneamente due padroni. La relazione antitetica è espressa mediante il ricorso a due verbi di carattere affettivo che coinvolgono la persona: «amare/odiare», «preferire/disprezzare». I due padroni che, secondo Gesù, si escludono a vicenda sono Dio e «mammona». Questa parola semitica, che deriva dal verbo ‘aman («avere fiducia, trovare sicurezza»), nei testi giudaici viene utilizzata per indicare il denaro o il possesso dei beni. (Fabbris)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Signore, il tuo vangelo ci attrae, ma spesso le sue esigenze ci incutono paura. Dacci lo slancio dell’amore che libera. Libera il nostro spirito dalle preoccupazioni inutili, e fa che cerchiamo prima di tutto il tuo regno e la sua giustizia. Insegnaci a ricevere con gratitudine i doni che la tua mano elargisce e a utilizzarli per la tua gloria e a beneficio dei fratelli. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. ( Ch. Berthes)
•Lodate il Signore per tutte le cose. La sua umiltà e la sua provvidenza. Lodare il Signore per tutte le cose, lodate la sua lunga pazienza. Lodate il Signore che perdona le colpe, largisce successi e afflizioni. Lodate il Signor che ha disposto che noi vivessimo tempi fatali. Lodate il Signore, voi pene e rovesci, voi gioie serene e dolori; voi mali affliggenti la vita, che fate più umile il cuore. Lodate il Signore che aiuta noi stanchi in cammino alla meta agognata. Lodate il Signore che accende nel cuore l’anelito al vero e alla pace. Lodate il Signore per le croci che pesano, per l’aiuto che accorda alla lotta interiore; la quiete e il fuoco che prova. Per tutte le cose, lodate il Signore. ( L. Ryzova)
•Signore, talora siamo stanchi di cercarti, non troviamo più un senso alla nostra vita e ci sentiamo vuoti e inutili: apri i nostri occhi perché possiamo incontrarti sulle nostre strade e nel volto di ogni uomo. Effondi su di noi il tuo Spirito, Signore.
•Signore, tu ci hai fatto responsabili del mondo in cui viviamo: rendici attenti al grido dei fratelli che soffrono e generosi nel portar loro aiuto e conforto. Effondi su di noi il tuo Spirito, Signore.
•Padre, assisti coloro che hanno un ministero di guida e di vigilanza in mezzo al tuo popolo: siano docili alla voce dello Spirito, perché non diventino pietra d’inciampo, ma umili servi della comunità. Effondi su di noi il tuo Spirito, Signore.
•Ti preghiamo per tutte le chiese: siano famiglie autentiche, in cui il fratello non giudica il fratello, ma lo corregge, lo sostiene e lo capisce con la mitezza stessa di Gesù. Effondi su di noi il tuo Spirito, Signore. ( Preghiere di Piergiorgio Di Domenico)
•Padre, presenza creatrice e fonte di salvezza, Amore provvidente che mai ci abbandoni, prendi possesso delle nostre vite: fa’ che le nostre azioni accrescano l’amore nel mondo perché si compia presto il tempo e venga il giorno in cui tu solo sia il Signore di tutti i viventi.
•Padre santo, che vedi e provvedi a tutte le creature, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché in mezzo alle fatiche e alle preoccupazioni di ogni giorno non ci lasciamo dominare dall’avidità e dall’egoismo, ma operiamo con piena fiducia per la libertà e la giustizia del tuo regno. (Colletta 8 perannum A)
•Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia speranza. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
•Confida sempre in lui, o popolo, davanti a lui effondi il tuo cuore. Il potere appartiene a Dio, tua, Signore, è la grazia.
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Teniamo sempre viva la fiducia in Dio e abbandoniamoci a Lui, in ogni circostanza della vita.