Matteo 11, 25-30: 25 In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26 Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. 28 Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero»
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Il brano di questa domenica si trova in Matteo immediatamente dopo l’invettiva contro le città della Galilea, che, nonostante i molti miracoli compiuti da Gesù, non si erano convertite (Mt 10, 20-24). L’evangelista, quasi per controbilanciare l’incredulità di quelle città riferisce qui alcuni detti di Gesù che mostrano il misterioso cammino della grazia che si rivela solo ai semplici e che offre ristoro agli affaticati e agli stanchi. La prima parte del brano si trova anche in Luca (10,17-20). Il testo è diviso in tre strofe: preghiera di lode, parole rivelatrici, invito.
IN QUEL TEMPO (25)
La precisazione unisce la preghiera di lode, all’invettiva contro le città della Galilea (10, 20-24). L’espressione che è propria di Matteo ed è priva di valore temporale ed è una formula di sutura e nella liturgia viene usata come introduzione a molte letture evangeliche.
TI BENEDICO (25)
La benedizione indirizzata a Dio è, nel linguaggio biblico esaltare, celebrare la divina sapienza e intelligenza spiegata nelle opere mirabili della creazione e nella storia della salvezza. L’espressione si può anche tradurre con: “Ti proclamo”, “Ti confesso”.
PADRE (25)
Ogni preghiera di Gesù ha inizio con l’invocazione al Padre celeste. Dio è detto “creatore del cielo e della terra” e l’espressione conferisce un tono di solennità, secondo l’uso giuridico.
HAI TENUTO NASCOSTE (25)
La volontà positiva di Dio non è proprio quella di escludere i sapienti e i saggi di questo mondo (vedi 1 Cor 1, 20-21), cioè i dotti maestri d’Israele dalla rivelazione. Qui si vuol indicare quale è l’unica via per raggiungere i misteri del regno: la semplicità, la piccolezza. Il motivo vero del compiacimento di Gesù sta nel fatto positivo del dono della rivelazione elargito (e accettato) a quanti si sono trovati o si sono messi in questa via di semplicità. L’oggetto della rivelazione è indicato, secondo lo stile apocalittico con l’espressione:“ queste cose” (tauta).
COSI E’ PIACIUTO A TE (26)
La parola greca, usata anche in Luca 2, 14 ed Efesini 1, 5 è il termine della benevolenza paterna di Dio che sta al centro del suo disegno di amore.
TUTTO (27)
Il versetto è uno dei più densi di contenuto dottrinale di tutto il NT. In esso sono condensati tre enunciati che riguardano: la donazione di ogni potere e di ogni essere al Figlio da parte del Padre; la reciproca esclusiva conoscenza del Padre e del Figlio; la necessaria mediazione del Figlio per raggiungere la conoscenza del Padre.
MI E’ STATO DATO (27)
Viene indicato il principio che regola le relazioni intecorrenti fra Gesù e il Padre: Gesù è Colui che riceve, mentre il Padre è Colui che dà, e ciò non soltanto sul piano della salvezza da apportare al mondo (cf 28, 17-19), ma soprattutto nell’ambito del mistero delle relazioni trinitarie (Cf Gv 5,26).
CONOSCE (27)
La conoscenza nel linguaggio biblico non è semplicemente un’operazione dell’intelletto, è intima familiarità e soprattutto amore (cf Gv 13, 8), L’inconoscibilità di Dio (nessuno può vedere Dio senza morire) è un punto fondamentale della religione d’Israele (cf Es 34,20). La letteratura sapienziale dice che la Sapienza, che sta presso Dio, ne conosce i misteri e li rivela agli uomini. (es. Sap 8, 3-4; Sir 24, 1) Questa aspirazione profonda dei sapienti trova la sua attuazione nella discesa sulla terra di Verbo, Sapienza e rivelatore del Padre (Gv 1,1-14).
VENITE A ME (28)
Colui che si è presentato come rivestito di ogni potere sopra ogni cosa, invita ora “tutti” ad andare da lui. Gesù ripete gli inviti della Sapienza: “Venite a me voi tutti che mi desiderate” (Sir 24, 16); “Venite, poiché il mio giogo è dolce, il mio ricordo è più soave del miele” (Sir 24, 29); “ Venite a me, voi che siete incolti” (Sir 51, 31).
AFFATICATI E OPPRESSI (28)
L’invito è rivolto ancora una volta ai “piccoli” (affaticati e oppressi). Ritorna l’immagine delle folle affrante sotto il peso dei loro affanni (9, 36: stanche e sfinite come pecore senza pastore). Si tratta del popolino, sulle cui spalle i dottori della legge avevano posto pesi troppo pesanti da portare (23,4). A questi “piccoli” Gesù si mostra un maestro diverso che dona la pace e impone un peso diverso.
IL MIO GIOGO (29)
Il giogo nella simbologia biblica è la Legge (Ger 5, 3). Il passo riecheggia Siracide 51, 34-35: “ Sottoponete il vostro collo al suo giogo (= della Legge) e il vostro collo ne porti il peso. Vedete con i vostri occhi che poco ho faticato eppure ho trovato un grande riposo. Il giogo di Gesù è il giogo del Regno dei cieli, che egli ha imposto ai suoi seguaci; esso non è altro che il peso delle esigenze dell’amore.
IMPARATE DA ME (29)
Cristo è continuamente presente ai suoi per aiutarli ad andare incontro a queste esigenze (Mt 28, 20; Gv 5, 3-4). Per loro è modello ed esempio. Egli invita a farsi suoi discepoli non soltanto con la semplice aggregazione al suo movimento religioso, ma soprattutto aderendo con tutto il proprio essere al suo ideale di vita, fatto di mitezza e di povertà, che è l’ideale proclamato nel discorso della montagna (5, 4-11).
TROVERETE RISTORO (29)
Ai seguaci Gesù promette ancora la pace, che aveva già promesso al v 28, con una citazione di Isaia: “ Ecco il riposo! Farò riposare lo stanco. Ecco il sollievo”: (28, 12).
IL MIO GIOGO INFATTI (30)
Il “giogo” di Gesù, l’adesione a lui, maestro non violento né altero, è un giogo “dolce” e “leggero”.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
L’UMILTA’ DEL CUORE
Dice il Salvatore: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo alle anime vostre” (Mt 11,29). E se vuoi conoscere il nome di questa virtù, cioè come essa è chiamata dai filosofi, sappi che l`umiltà su cui Dio rivolge il suo sguardo è quella stessa virtù che i filosofi chiamano atyfìa, oppure metriòtes. Noi possiamo peraltro definirla con una perifrasi: l`umiltà è lo stato di un uomo che non si gonfia, ma si abbassa. Chi infatti si gonfia, cade, come dice l`Apostolo, «nella condanna del diavolo» – il quale appunto ha cominciato col gonfiarsi di superbia -; l`Apostolo dice: “Per non incappare, gonfiato d`orgoglio, nella condanna del diavolo” (1Tm 3,6).(Origene: Luc. 8, 5).
VI DARO’ SOLLIEVO
“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo” (Mt 11,28). Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quanti sono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato. «Venite», non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle. «Venite», non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho una ardente sete della vostra salvezza. «Io» – infatti, egli dice – «vi darò sollievo». Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di piú: vi porrò in assoluta sicurezza, perché questo è il senso delle parole «vi darò sollievo». “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e cosí troverete conforto alle anime vostre; poiché il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero” (Mt 11,29-30). Non vi spaventate dunque, quando sentite parlare di «giogo», perché esso è «soave»; non abbiate timore quando udite parlare di «peso», perché esso è leggero. Ma perché, allora, -voi direte, – ha parlato precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare cosí quando noi siamo pigri e spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le parole di Cristo, il peso sarà leggero. E` in questo senso che cosí lo definisce. Ma come si può adempire ciò che Gesú dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mite e modesto. Questa virtù è infatti la madre di tutta la filosofia cristiana. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 38, 2 s.)
UMILTA, VIRTU RICOMPENSATA
Quando (Gesù) incomincia a insegnare quelle sue divine leggi, inizia dall`umiltà (cf.Mt 7,14). Egli conferma qui quanto disse allora, e promette che questa virtù sarà grandemente ricompensata. Essa non sarà – dice in sostanza – utile solo agli altri, in quanto voi prima di tutti ne riceverete i frutti, poiché «troverete conforto alle anime vostre». Ancor prima della vita eterna il Signore ti dà già la ricompensa e ti offre la corona del combattimento: in questo modo e col fatto che propone se stesso come esempio, rende accettabili le sue parole. Che cosa temi? – sembra dire il Signore. Temi di apparire degno di disprezzo, se sei umile? Guarda a me: considera tutti gli esempi che ti ho dati e allora riconoscerai chiaramente quale grande bene è l`umiltà. ….Cristo, volendo mostrare che anche noi dobbiamo compiere da parte nostra ogni sforzo, evita da un lato di dire soltanto cose gradevoli e facili, e dall`altro di parlare solamente di rinunzie difficili e severe, ma tempera le une cose con le altre. Parla di un «giogo», ma lo definisce «soave»; nomina un «peso», ma aggiunge che è «leggero», affinché non lo si sfugga in quanto eccessivamente pesante, né lo si disprezzi perché troppo leggero. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 38, 2 s.)
L’ESEMPIO DI GESU
Gesú ha dato: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Non invita a imparare da lui a digiunare, anche se potrebbe ricordare i quaranta giorni di digiuno da lui fatti, ma anziché esigere questo, egli vuole che imitiamo la sua mansuetudine e la sua umiltà. Quando invia i suoi apostoli a predicare, non dice loro di digiunare, ma di mangiare tutto quanto verrà loro offerto (cf. Lc 10,8). Per quanto concerne però il denaro, vieta loro espressamente di portarne con sé, ordinando di non possedere né oro, né argento, né alcun`altra moneta nelle loro borse (cf. Mt 10,9; Lc 10,4). Io vi dico questo, non perché biasimi il digiuno: Dio mi guardi da simile pensiero; anzi l`apprezzo moltissimo. Ma mi addoloro nel vedere che voi trascurare le altre virtù, pensando che basti digiunare per essere salvi, mentre il digiuno, fra tutte le virtù, occupa l`ultimo posto. Le virtù piú eccelse sono la carità, l`umiltà, la misericordia, che precedono e superano anche la verginità. Sta di fatto che, se voi volete divenire uguali agli apostoli, niente ve lo impedisce. Basta soltanto praticare queste virtù e non essere in nulla inferiori a loro. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 46, 4)
CHI COMANDA SIA MITE
Nessuno curi ciò che è proprio, ma ciò che è altrui, come dice l`Apostolo: “Ciascuno di voi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo” (Rm 15,2). Infatti, non potrà restar salda la compagine della nostra unità se il vincolo dell`amore non ci avrà stretto con forza inseparabile, perché “come in un corpo abbiamo molte membra, e tutte le membra non compiono le stesse azioni, cosí in molti siamo un corpo solo in Cristo e siamo ciascuno membra per l`altro” (1Cor 12,12). L`intima unione di tutto il corpo è fonte di una sola salute, di una sola bellezza; e se questa intima unione di tutto il corpo richiede da tutti l`unanimità, esige soprattutto la concordia tra i vescovi. Se fra di essi, poi, la dignità è comune, non è tuttavia identica l`autorità: del resto fra gli stessi beatissimi apostoli, pur in simile onore, vi fu una certa distinzione di potestà: pur essendo pari l`elezione di loro tutti, a uno solo fu dato di avere sugli altri il primato. Su questo modello sorse anche la distinzione tra i vescovi, ed è stato provvisto, con un importante precetto, che tutti non rivendicassero a sé tutti i diritti, ma che nelle singole province vi fosse quello che tra i fratelli avesse la prima parola; e inoltre, che alcuni vescovi costituiti nelle città piú grandi fossero rivestiti di una cura piú ampia; e, infine, che per il loro tramite confluisse la cura della Chiesa universale nella sola sede di Pietro, dal cui capo nessuno può dissentire. Chi dunque sa di essere preposto ad altri, non sopporti a malincuore che qualcuno gli sia superiore, ma l`obbedienza, che esige (dagli altri), egli per primo la attui: e come non vuole sopportare un peso grave, cosí non osi imporre agli altri un carico insopportabile (cf. Mt 13,4). Siamo infatti discepoli di un maestro umile e mite, che ci dice: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete pace per le vostre anime. Il mio giogo infatti è soave, e il mio peso leggero” (Mt 11,29s). E come esperimenteremo ciò, se non attueremo quello che dice lo stesso Signore: “Chi fra voi è il maggiore, sarà vostro servo” (Mt 23,11s) (Leone Magno, Epist. 14, 1-2.11)
MITEZZA E UMILTA DI CUORE
L’AT. ci offre la visione di un Dio creatore e Signore, che si svela, si rivela agli uomini. entrando nella loro storia per farli camminare davanti a lui, vivere in comunione con lui; un Dio che “scende” sino alla sua creatura per poter avere un rapporto di amore con essa; un Dio potente, che resta tale e tuttavia si abbassa fino alla sua creatura. Il NT, con la rivelazione che Dio ci dà il suo Figlio, ci offre un’immagine di Dio che si colloca su tale linea, ma al tempo stesso la oltrepassa; l’abbassamento, l’umiltà del Dio che annuncia è inimmaginabile e impensabile dall’uomo; è realtà che mette in scacco tutti i calcoli e le rappresentazioni umane. (Giovanni Iammarone)
UN DIO UMILE CHE SI RIVELA AGLI UMILI
In Gesù di Nazaret, l’unico che può rivelare il volto divino, Dio si fa conoscere come “mitezza”, “umiltà di cuore”, che a tutti si rivolge e dona, ma trova accesso e dimora nel cuore degli umili, dei poveri, di coloro che sono privi di potere e di tutto ciò che tra gli uomini conta e sembra che faccia grandi; Dio invece trova sbarrato al suo dono di luce e di amore il cuore di coloro che secondo la logica umana, corrente, si ritengono possessori della prestigiosa chiave del sapere, del saper vivere e fare, grazie alla quale si ritengono collocati al di sopra degli altri e destinati ad essere loro luce e guida. Dio è stato rivelato dal Figlio fattosi uomo tra gli uomini, “mite e umile di cuore”, come forza, rifugio, speranza dei poveri e dei “piccoli”, come santo e potente che confonde i potenti del mondo ed esalta quelli di bassa condizione, come Dio che vuole esaltare l’uomo, abbassandosi fino alle dimensioni infime dell’umanità per dare all’uomo stima di se stesso, impulso e speranza di liberazione da quanto lo umilia, lo disonora, lo opprima. (G. Iammarone)
IL GIOGO DI GESU’
Il giogo di Gesù è dolce in se stesso, perché è al di sopra della legge e sostituisce alla fatica e al travaglio il riposo. E’ al di sopra di ogni frattura e lacuna. Quando appare ed è accettato, le ha superate. Non è una nuova esigenza, una nuova dottrina, una nuova morale, ma piuttosto una libera scelta d’amore che ci permette di superare ogni situazione di superbia e di “sapienza” secondo la “carne. E’ una nuova realtà, un nuovo potere di trasformare la vita. Il Dio del NT è stato rivelato dal Figlio fattosi uomo tra gli uomini (cf Fil 2, 7) “ mite e umile di cuore”, come forza, rifugio, speranza dei poveri e dei “piccoli”; come santo e potente, che confonde i potenti del mondo ed esalta quelli di bassa condizione (cf Lc 1, 51-53); come Dio che vuole esaltare l’uomo, non dando supporto ai fantasmi di potenza di lui mediante manifestazioni della propria onnipotenza, ma abbassandosi fino alle dimensioni infime dell’umanità, per dare all’uomo stima di se stesso, nonché impulso e speranza di liberazione da quanto lo umilia, lo opprime. Per questo è in grado di essere nel Figlio rifugio degli “affaticati” e degli “oppressi”, ristoro delle loro anime affrante e umiliate sia nel loro intimo che nei rapporti sociali. (Giovanni Iammarone)
IMPARATE DA ME
“Imparate da me”; il Figlio, nella sua umiltà di uomo inappariscente, esposto al dileggio e al rifiuto dei sapienti e dei potenti, invita tutti a mettersi alla sua scuola per imparare la vera intelligenza della vita, il comportamento esistenziale che rende veramente saggi; a misurare se stessi e i propri rapporti con gli altri col metro della sua umiltà, che capovolge i parametri di valori umani correnti e le smanie di appariscenza e di grandezza. Tale invito può apparire “giogo” intollerabile,ma per colui che fa propria la logica dei valori di vita di Gesù, si rivela invece un “carico dolce” e “leggero”: “dolce” perché disancora il suo cuore dalle sospinte della “volontà di potenza” che inaspriscono l’uomo nel suo animo e nei suoi rapporti con il prossimo; “leggero” perché lo chiama alla carità che libera dalle pesantezze delle ricerca dell’apparire e del prestigio e rende disponibili per il prossimo, specialmente per i “piccoli”, destinatari privilegiati della rivelazione di Dio, perché più vicini e più sensibili ai valori di umanità che egli, nel suo Figlio, ha fatto propri elevandoli ad espressione del suo essere divino stesso. (Giovanni Iammarone)
DIO SI RIVELA AGLI UMILI
Gesù ci porta al cuore della sua missione e del suo messaggio: la rivelazione e la conoscenza del Padre: “ Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Ma chi accoglierà il messaggio? Come verrà accolto? Sarà rivelato ai “ piccoli” (la gente semplice del popolo) e rimarrà nascosto ai sapienti” (i capi spirituali, i sacerdoti, gli scribi e i farisei). E’ quello che poi avverrà sempre nella storia: è quello che sta avvenendo anche oggi: i popoli civili, ricchi di sapienza e di intelligenza, in larga parte non capiscono più il messaggio di Gesù, i giovani popoli poveri lo accolgono con gioia. I “piccoli” comprendono il Vangelo non perché sono ignoranti, ma perché sono umili: ai “sapienti” e agli “intelligenti” rimane nascosto non perché sono persone colte, ma perché sono superbi. Il messaggio di Gesù non è conquista di mente umana, ma rivelazione del Padre. (G.Nervo)
MITEZZA E UMILTA’
Avendo concepito la vita come lotta e concorrenza, è evidente che la mitezza e l’umiltà di cuore non godono favori, anzi sono svalutate e fatte passare come debolezza e pusillanimità. La ragione di tale visione della vita è che è bandita la “verità” e si è messo al primo posto il successo, il potere, la ricchezza, il piacere indiscriminato. Infatti soltanto chi crede fermamente nella potenza della “verità” riesce ad essere umile e mite. (A Bonora)
GESU’ MITE E UMILE DI CUORE
Gesù ci invita a imparare da lui: “Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore”. Gesù è umile perché riconosce nei confronti di Dio la sua condizione di Figlio, la sua sottomissione di Figlio obbediente al Padre. E’ mite con gli uomini, perché si presenta tra loro non armato di potenza e di prepotenza, privo dell’arroganza del potere”, tanto in voga anche oggi. Non con la volontà di sopraffare. Al contrario, con atteggiamento pacifico, di amicizia, di fraternità. (E Bianco)
ORGOGLIO
L’orgoglio sembra essere davvero il sovrano di questo mondo: domina incontrastato. L’umiltà è guardata da molti con disprezzo, come una debolezza. I forti dominano la scena del mondo, sembrano averne il timone nelle mani, e il successo assicurato. Di qui nasce l’esaltazione della violenza come arma dei forti e mezzo per ribaltare situazioni ingiuste. Eppure già Gandhi, che non era cristiano, diceva: “ La violenza è l’arma dei deboli, la non violenza l’arma dei forti”. (M. Magrassi)
UMILTA’
Gesù benedice il Padre perché proprio ai piccoli, agli umili, e non ai sapienti, Egli si rivela. Ed è umile chi riconosce che ogni cosa gli è stata data da Dio gratuitamente e che di Dio ha una radicale esigenza e nello stesso tempo si impegna ad offrire ogni energia per collaborare alla salvezza. (M. Magrassi)
UMILTA’: CONDIZIONE PER LA SALVEZZA AUTENTICA
L’umiltà appare anzitutto come una condizione per aprirsi alla luce di Dio. “Se tu ti innalzi Dio si allontana da te, se ti umili Dio scende fino a te” (Agostino). L’orgoglio intellettuale, che crede di superare tutte le soglie del Mistero, ne rimane fuori, si brucia le ali. Ogni intelligenza, per quanto acuta, è nulla di fronte a Dio. Il Mistero ci supera da ogni parte. Solo chi si affida umilmente a Dio, viene gratuitamente “illuminato.” L’umiltà è anche una condizione per essere salvati. L’orgoglioso pensa di potersi salvare da sé. Pensa che la grazia sia la conquista del suo faticoso impegno: opera di uomini, non “opera di Dio” e meraviglia della Grazia. Dice un saggio orientale, Isacco della Stella: “Chi conosce la propria debolezza è più grande di colui che vede gli angeli; chi, solitario e contrito, segue Cristo, è più grande di colui che gode favore delle folle”. Bisogna sentirsi perduti e gridare a Dio: “ Sei tu la mia salvezza” per aprire il cuore al dono della Grazia. Inoltre solo per mezzo degli umili Dio compie le sue meraviglie. Maria che si sente “povera e serva” sente abbassarsi su di lei lo sguardo di Dio che la innalza e “magnifica” Colui che opera in lei cose grandi. E tutta la storia della santità è lì a documentare questa legge. Degli umili Dio si serve volentieri. “ Dio ha scelto ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono” (1 Cor 1, 28). (M. Magrassi)
FRATERNITA’ E MITEZZA
Se guardiamo con un po’ di attenzione la storia, scopriamo che la via della fraternità, della pace, della dedizione, suggerita da Gesù non porta al fallimento ma aiuta a costruire ciò che c’è di buono nel mondo. Nei momenti migliori, quando imitiamo davvero il Signore, qualcosa di buono ne scaturisce. La mitezza è un linguaggio che anche i sordi possono capire, e anche i ciechi possono leggere. “ Non tutti possono essere grandi, ma tutti possono essere buoni”, diceva Confucio. La bontà è il modo più facile di somigliare a Dio. Chi è mite, sull’esempio di Gesù, non è un fallito, ma aiuta il mondo. Così il Cristianesimo non è morto sul Golgota, ma da quella tomba vuota continua a diffondersi a macchia d’olio nei cinque continenti. Noi viviamo circondati da famigliari, amici, conoscenti. Ci comportiamo in modo da poter dire loro: “ Imparate da me che sono mite e umile di cuore?”. (E. Bianco)
CARNE E SPIRITO (2° Lettura)
L’uomo “carnale” è il “ sapiente” e “l’intelligente”, che crede di non aver bisogno di Dio, anzi si oppone a Lui e alla sua legge, avendo fatto di sé il centro dei propri interessi, delle proprie aspirazioni, delle proprie scelte; è il “ricco” che non sente di aver bisogno di Dio e di lasciarsi riempire della sua grazia; è il “ribelle” che non si sottomette alla volontà di Dio e calpesta i diritti del prossimo a proprio vantaggio. Vivere secondo questa prospettiva significa vivere da “sapienti”, ma “secondo la sapienza della carne”. La sorte di chi imposta la vita secondo questo criterio è l’allontanamento da Dio, fonte della vita, la contraddizione con Lui, la morte come realtà spirituale e come assenza di speranza di vita nel lasciare questo mondo. L’uomo invece che vive “secondo lo Spirito” vive un’esistenza incentrata in Dio, perché animata dallo Spirito, è “povero” di sé e ricco di Dio e impronta i suoi rapporti col prossimo e con la realtà tutta nella prospettiva di Dio, quale Cristo ce lo ha rivelato; combatte i vizi che possono corrompere la sua apertura a Dio e al prossimo nella carità e vive facendo una profonda esperienza dei doni che lo Spirito fa sgorgare nel suo cuore: amore, pace, gioia, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, dominio di sé; vive nella certa speranza che lo Spirito del Risorto lo porterà a quella comunione a quella piena comunione con Dio attraverso e al di là della morte. (G. Iammarone)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Ti benediciamo, o Padre, perché tu sostieni quelli che vacillano, chiami gli affaticati e gli oppressi e in Gesù ristori e consoli ogni afflizione e delusione. Ti ringraziamo perché Gesù è il nostro “giogo dolce e leggero” e da lui veniamo rialzati, perché lui è “mite ed umile di cuore”.
•Ti benediciamo, o Padre, perché hai svelato i tuoi segreti a chi ha il cuore puro e semplice, a chi è mite e misericordioso, a chi opera per la pace, a chi ha fame e sete di giustizia, ai poveri di spirito, a tutti i “piccoli”.
•Ti benediciamo, o Padre perché sono molti questi “piccoli”, ma non si vedono, sono come Gesù: hanno un’umanità fragile, imparano quotidianamente l’umiltà da colui che ha il cuore mite ed umile. Non si vedono, perché portano un “giogo dolce e leggero” e la loro vita ristorata pienamente dalla gioia dello Spirito che li fa morire alla carne pesante e li fa vivere leggeri nella vita eterna. Non si vedono, ma si avverte la loro presenza di pace, gioia, benevolenza, mitezza, bontà, dominio di sé, purezza. (Preghiere Suore dorotee di Cemmo)
•Sii benedetto, Padre, Signore del cielo e della terra, perché con la sapienza delle fede e dell’amore, riveli ai piccoli ciò che hai nascosto ai grandi, e illumini con la tua luce i semplici che ti cercano, mentre acciechi i dotti autosufficienti.
•Prepara e apri, Signore, il nostro cuore ad ascoltare e capire la tua parola di vita. Ad afferrare i segni del tuo amore e della tua tenerezza, per scaldarci con il fuoco del tuo Spirito, per conoscere te come Padre e Gesù come fratello, per amare il prossimo e vivere con te per sempre. (Basilio Caballaro)
•Vogliamo esaltarti e lodarti, o Padre, assieme al Figlio e allo Spirito Santo, perché nel tuo Figlio, fatto uomo, ci hai manifestato la tua gioia e il tuo amore. Vogliamo esaltarti e lodarti per il dono della fede e per la grazia della perseveranza nella fede.
•Vogliamo esaltarti e lodarti, o Padre, perché ci hai fatti partecipi dei tuoi misteri della rivelazione. Mantienici “piccoli”, umili e miti, perché comprendiamo la verità che viene da te. In te troviamo ristoro per le nostre anime, e siamo testimoni nel mondo di verità e di gioia.
•Benché sia impossibile non credere, da soli riusciamo appena a credere in qualche dio sbagliato. Signore, liberaci da credere in un Dio che non sia Padre, e aiutaci a scoprirlo nei “piccoli”, negli ultimi, nelle più umili cose, dove tu ami nasconderti. Signore. (D Maria Turoldo)
•O Dio, che ti riveli ai piccoli e doni ai miti l’eredità del regno, rendici poveri, liberi, esultanti, a imitazione del Cristo tuo Figlio, per portare con lui il giogo soave della croce e annunziare agli uomini la gioia che viene da te. (Colletta 14 perannum A)
•Salve, o Madre, regina del mondo. Tu sei la Madre del bell’Amore. Tu sei la Madre di Gesù, fonte di ogni grazia, il profumo di ogni virtù, lo specchio di ogni purezza. Tu sei la gioia nel pianto, vittoria nella battaglia, speranza nella morte. Tu sei la felicità dei sofferenti, la corona dei martiri, la bellezza delle vergini. Ti supplichiamo, guidaci dopo questo esilio al possesso del tuo Figlio Gesù. (Giovanni Paolo II)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Impariamo dal Signore, che è mite e umile di cuore e troveremo ristoro per le nostre anime.