Luca 10, 25-37: 25 In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26 Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27 Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28 Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». 29 Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30 Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di Lui. 35 Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37 Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ cosi».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 10, 25-37
Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto
il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fà questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall`altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n`ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all`albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso».
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Lungo la strada che porta a Gerusalemme un dottore della legge pone a Gesù due domande legaliste e Gesù risponde uscendo dal terreno legale e proclamando un messaggio di amore vero. (vedi : Mc 12, 28-34; Mt 34, 40-17)
UN DOTTORE DELLA LEGGE.(25)
Questo dottore della legge pone una domanda che gli allievi ponevano sempre ai loro maestri e che le folle avevano posto al Battista (3, 10). Essa non aveva ancora trovato una risposta univoca. Nella domanda l’accento è posto sul “fare”, secondo una caratteristica del pensiero biblico e giudaico.
GESU’ GLI DISSE (26)
La domanda è fatta per mettere alla prova Gesù, ma Gesù risponde lo stesso e, secondo le regole della discussione scolastica, rimanda alla Legge.
AMERAI IL SIGNORE (27)
Il dottore della Legge cita i due comandamenti dell’amore di Dio (Dt 6, 5) e dell’amore del prossimo (Lv 19, 18). Ma essi sono uniti sotto un solo verbo “amerai, come se fossero un unico comandamento. Questo ebreo vede nel doppio comandamento il cuore della Legge. In Marco e Matteo la combinazione viene fatta da Gesù e lodata dall’interlocutore. Questa fusione dei due comandamenti appare qui come una realtà precristiana. L’A.T. infatti ha preparato l’insegnamento di Gesù, tuttavia la letteratura rabbinica non opera la congiunzione tra queste due leggi.
FA QUESTO E VIVRAI (28)
Gesù approva, ma specifica che ciò che conduce alla vita non è il sapere quale è il comandamento più importante, ma il metterlo in pratica.
VOLENDO GIUSTIFICARSI (29)
A questo punto la domanda del dottore della legge appare del tutto inutile. Ma egli intende giustificare il motivo della sua richiesta: non voleva solo mettere alla prova Gesù, ma richiedere un concetto più chiaro di prossimo e sapere quali sono i limiti della carità, cose che non avevano ancora trovato una risposta univoca.
UN UOMO SCENDEVA (30)
Gesù racconta una storia. Questa parabola ce la trasmette solo Luca. Gerico (350 metri sotto il livello del mare) si trova mille metri al di sotto di Gerusalemme (740 metri sul livello del mare) e si ha notizia fino ai tempi moderni di assalti di ladroni lungo la strada solitaria e sassosa di circa 27 chilometri. Dell’uomo qualunque che scende non si conosce la nazionalità; i ladroni inferiscono pesantemente sul malcapitato, che probabilmente si era difeso, lasciandolo spoglio, ferito, mezzo morto.
PER CASO UN SACERDOTE (31)
Gesù presenta due atteggiamenti da evitare ed uno da imitare. Il sacerdote e il levita, si comportano in modo egoistico, alla maniera di chi anteporre il proprio comodo alla compassione per il poveretto. e passano oltre. Non è detto perché lo facciano: forse lo credevano morto e non volevano rendersi culturalmente impuri (Lev 21, 11) o forse perché temevano di essere anche loro aggrediti. I due sono Ebrei rispettabili, ma non veri interpreti della Legge.
l Samaritano è un eretico che vive appartato dal mondo ebraico. Egli ha compassione del ferito e non rimane inattivo, Vengono enumerati sei atti di amore: si fece vicino, fasciò le ferire, versò olio, caricò sopra un giumento, lo portò in una locanda, estrasse due danari.
CHI DI QUESTI TRE (36)
Il dottore delle legge che non ha difficoltà a dire che il prossimo è stato “colui che ha avuto compassione”, ha la risposta alla sua seconda domanda (Chi è il mio prossimo?): prossimo è ogni uomo che si accosta agli altri con amore fattivo e generoso, senza tener conto delle barriere religiose, culturali, sociali, e che vede le frontiere dell’amore stabilite dal bisogno dell’altro. Dirà S. Bernardo: “la misura dell’amore è l’amore senza misura”.
VA E FAI LO STESSO (37)
Ma Gesù a questo punto obbliga a fare un’inversione. Ora non si tratta più di sapere chi è il prossimo, ma di fare il prossimo. Nel buon samaritano Gesù non propone solo un esempio da imitare, ma apre una prospettiva nuova nell’organizzare i rapporti umani.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
IL COMANDAMENTO PIU’ GRANDE
Il maestro interrogato circa il piú grande comandamento risponde: “Amerai il Signore Dio con tutta la tua anima e con tutte le tue forze” (Mt 12,36). Questo è certamente il piú grande comandamento e ben a ragione, perché riguarda Dio, che è primo e massimo, nostro Padre, per il quale esistono tutte le cose e al quale tutte ritornano. E per noi, amati e creati da lui, non ci può essere nulla di piú importante che rendergli almeno grazie degli immensi doni che ci ha fatti, tanto piú che, in ricambio, non possiamo dargli nulla, perché lui non ha bisogno di niente; intanto, amando Dio con amore di figli possiamo ottenere il dono dell`immortalità. Poiché quanto piú uno ama Dio, tanto piú intimamente s`innesta a Dio. (Clemente di Ales., Quis dives, 27-29)
L’ALTRO COMANDAMENTO
L`altro comandamento, ma non inferiore, è: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt 22,39). Dunque, Dio sta al di sopra. Poiché quel tale insisteva domandando: “E chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29), non definì il prossimo, come facevano i Giudei, nominando un consanguineo, un concittadino, un proselita, o uno che osservasse la stessa legge; ma si riferisce a un uomo che da Gerusalemme si recava a Gerico e lo descrive ferito dai ladri e lasciato mezzo morto per la strada un sacerdote lo lascia lí, un levita non se ne cura; ma un Samaritano (disprezzato ed emarginato dai Giudei) ne ha compassione; ma l`incontro non fu a caso, egli era fornito delle cose necessarie a un ferito, come l`olio, le fasce, la cavalcatura; ed egli in parte dà e in parte promette la mercede all`oste. “Chi di questi”, domanda, “fu prossimo al ferito”? E avendo quegli risposto: “Colui che n`ebbe misericordia”, “Va`”, disse, “e fa` anche tu lo stesso (ibid”. 36, 37); cioè la carità è madre di bontà.
(Clemente di Ales., Quis dives, 27-29)
LA BASE : LA CARITA’
La base dell`uno e dell`altro comandamento è la carità; l`ordine è diverso: Dio sta al primo posto, il prossimo al secondo. E chi è quel Samaritano se non lo stesso Salvatore? O chi fa una maggiore misericordia a noi quasi uccisi dalle potenze delle tenebre con ferite, paure, desideri, furori, tristezze, frodi, piaceri? Di queste ferite solo Gesú è medico; lui sradica i vizi dalle radici. E` lui che infonde il vino (il sangue della vite davidica) alle anime ferite; è lui che dalle viscere dello Spirito trae l`olio e lo diffonde largamente. E` lui che tiene strette le fasce della salvezza: la carità, la fede, la speranza. E` lui che impegna angeli e arcangeli, perché ci assistano col loro ministero. Bisogna amarlo, allora, come amiamo Dio. Ama Cristo, chi fa la sua volontà e ne osserva i precetti. “Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio” (Gv 14,23). E: “Perché mi chiamate Signore, se non fate ciò che vi dico?” (Lc 6,40).
(Clemente di Ales., Quis dives, 2729)
L’UOMO CHE VA A GERICO
“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico” (Lc 10,29ss). Cristo si serve di una definizione specifica. Non dice: «Qualcuno scendeva», ma «un uomo scendeva», poiché questo versetto riguarda tutta l`umanità. Per il peccato di Adamo l`umanità ha perduto il diritto di stare nel paradiso, luogo posto in alto, tranquillo, libero dalle sofferenze e meraviglioso, che giustamente viene chiamato qui Gerusalemme, in quanto questo nome vuol dire «pace divina». Ed essa scende a Gerico, paese squallido e infossato in cui regna un caldo soffocante. Gerico è la vita febbrile del mondo, vita lontana da Dio e che trascina in basso. Il fuoco dei piaceri piú impudichi causa lì afa ed esaurimento. Quando dunque l`umanità è scesa dalla retta via verso una vita del genere, quando si è lasciata trascinare dall`alto verso il basso, una torma di demoni come una banda di malfattori l`ha assalita sulla china. L`hanno depredata delle vesti della perfezione, non lasciando in essa la minima traccia né della forza dello spirito, né di purezza, né di giustizia e prudenza, né nulla che mostri l`immagine divina. Aggredendola molte volte, le hanno provocato un gran numero di ferite di peccati diversi, per abbandonarla poi in terra tramortita. (Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)
LA LEGGE VA OLTRE
La Legge data da Mosè è passata oltre. Ha visto l`umanità a terra e agonizzante. Il sacerdote ed il levita, infatti, rappresentano nella parabola l`Antico Testamento che ha istituito il sacerdozio dei leviti. La Legge ha visto veramente l`umanità, ma le è mancata la forza, è stata impotente. Non ha condotto l`umanità alla completa guarigione, non l`ha sollevata da terra. E poiché le è mancata la forza, ha dovuto necessariamente allontanarsi per l`inefficacia dei suoi interventi. Ha dovuto allontanarsi, poiché – come insegna Paolo – i suoi “doni e sacrifici non possono rendere perfetto, nella coscienza, l`offerente” (Eb 9,9), “poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri” (Eb 10,4). (Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)
CRISTO SAMARITANO
Finalmente passa un samaritano. Cristo, volutamente, si fa chiamare Samaritano. Rivolgendosi a chi conosce bene la Legge a chi sa perfettamente parlare della Legge, egli vuole in tal modo dimostrare che né il sacerdote, né il levita, né in generale nessuno di quelli che presumibilmente seguono le prescrizioni della Legge di Mosè, ma lui solo è venuto ad adempiere la Legge e a dimostrare con i fatti chi è il prossimo e che cosa significa «amare il prossimo come se stesso»; egli di cui i Giudei dicevano, volendolo oltraggiare: “Non diciamo con ragione che sei un samaritano e hai un demonio?” (Gv 8,48). Il Samaritano che passa – ed è Cristo che veramente è in viaggio – vede il ferito. Non va oltre, poiché lo scopo del suo viaggio è quello di «visitare» noi; noi per i quali è sceso sulla terra e in mezzo ai quali ha abitato. Perciò non solo si è manifestato agli uomini, ma è stato veramente in mezzo a loro… “Sulle sue ferite ha versato del vino”, il vino della parola… E poiché le ferite gravi non hanno potuto sopportare la sua forza, ecco che ha aggiunto dell`olio, cosí che con la sua dolce «filantropia» si è attirato il biasimo dei farisei e ha dovuto rispondere spiegando loro il significato delle parole: “Voglio misericordia, non sacrifici” (Os 6,6). Quindi ha messo il ferito su una bestia da soma, mostrandoci con ciò che egli ci innalza al di sopra delle passioni bestiali, egli che anche ci porta in sé, rendendoci cosí membra del suo Corpo. Poi, ha condotto l`uomo in una locanda, chiamando cosí la Chiesa, luogo di dimora e di adunata per tutti; infatti, mai abbiamo sentito che impedendo agli Ammoniti e ai Moabiti l`entrata in Chiesa, l`abbia limitata solo all`Antico Patto che è ombra della Legge, o al culto delle immagini e delle profezie. Al contrario, egli ordina agli apostoli: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,19) e insegna che il Signore ama in ogni popolo colui che lo teme e vive secondo giustizia. Giunto nella locanda, il buon Samaritano ha ancora di piú cura di colui che ha salvato. Infatti, quando la Chiesa si formò dalla comunità dei martiri, in essa era Cristo dispensatore di grazie. Al padrone della locanda – che rappresenta gli apostoli, i pastori e i dottori – consegna, andando via, entrando in cielo, due denari, perché abbia cura del ferito. Questi due denari vanno intesi come i due Testamenti: il Vecchio e il Nuovo, l`Antica Legge e i profeti, la Nuova Legge dataci dal Vangelo e le istituzioni apostoliche. Come i due Testamenti discendono da Dio stesso dall`alto dei cieli, cosí i denari recano l`effigie di un re. Tutti e due – per mezzo delle Sacre Scritture – imprimono il marchio regale, poiché uno ed uno stesso Spirito dice codeste parole. I pastori delle sante Chiese, una volta ricevuti i due denari, li fanno fruttare nuovi soldi nel faticoso lavoro di maestri, ed anche con lo spenderli per i propri bisogni, poiché il denaro spirituale, parola di dottrina, ha la proprietà di non diminuire, bensí di aumentare con lo spenderlo. Ognuno di loro dirà nell`ultimo giorno, quando il Signore tornerà: “Signore, mi hai consegnati due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due” (Mt 25,22); con essi ho ingrandito il tuo gregge. E il Signore rispondendo dirà: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,23). (Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)
CHI E’ IL PROSSIMO
Dimmi ora, o dottore della Legge, senza guardarmi con i tuoi occhi cattivi e indagatori, chi è per te il prossimo? Non deve essere forse chi è diventato tale per il semplice fatto che era nel bisogno? Tu credi spesso nella tua ignoranza che tuo prossimo sia semplicemente chi professa la tua religione o un tuo connazionale. Ma io dico e sostengo che prossimo è ogni uomo, ogni essere che partecipa della natura umana. Come vedi, ci alza anche il capo per il fatto di essere sacerdote, e colui che si vanta di essere levita e svolge le sacre funzioni del servizio sacerdotale secondo la Legge, ambedue – come te – dicono con orgoglio di conoscere i comandamenti divini. Eppure, a loro non viene nemmeno in mente il pensiero che il loro fratello abbandonato in terra nudo, coperto di ferite e morente, è un uomo della loro stessa nazione. Lo disprezzano come un sasso, come un pezzo di legno gettato via. Ma il Samaritano riconosce la natura umana e comprende chi è il prossimo, anche se ignora i comandamenti e voi lo ritenete uno zotico… Cosí, dunque, colui che voi considerate troppo lontano, eccolo vicino a chi ha bisogno di cure. Perciò, non rimanere attaccato alla lettera delle tue leggi giudaiche, quando devi riconoscere il tuo prossimo, non vederlo solo in quelli del tuo sangue, poiché è prossimo ogni persona e su di essa deve scendere lo spirito di carità. (Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)
OBBEDIRAI ALLA VOCE DEL SIGNORE
La legge di Dio è incisa da sempre nel cuore di ogni uomo, ma spesso si intravede confusamente. Dio ha voluto venire incontro all’uomo rivelandola con chiarezza al popolo d’Israele. E’ alla parola di Dio, che dobbiamo riferirci per conoscere con esattezza le indicazioni di Dio, sulla nostra vita. Solo la legge divina può orientare l’uomo verso il suo fine, mentre senza di essa l’uomo va verso il caos. Non possono esserci vero ordine umano o moralità autentica se non hanno come punto di riferimento le indicazioni di vita che vengono da Dio. Quando ci si scrollano di dosso i comandamenti, dopo la prima impressione di libertà illusoria, subentra la schiavitù nelle sue diverse manifestazioni psicologiche, spirituali, individuali e collettive; la presunta libertà è di fatto tirannia. Lo scontento, la rabbia, la disperazione della nostra società hanno la loro spiegazione più profonda nell’abbandono della legge di Dio.
TUTTO SI RICONDUCE ALL’AMORE
Guardando a tutta la Rivelazione, constatiamo che la Legge si è gradualmente interiorizzata. Essa è il mezzo di cui Dio si serve per inculcare al popolo di “dura cervice” lo stile morale esigente che da esso si attende. All’origine si articola in molte prescrizioni, ma ben presto subisce una profonda trasformazione: cambia il rapporto tra la legge e l’uomo. Non è più un precetto esterno, scritto su tavole di pietra: è scolpita in fondo al cuore, sicché tutti ne abbiano conoscenza. Non occorre andarla a cercare in cielo, in terra o in mare: è nel cuore e sulla bocca dell’ uomo. (1 Lettura)
Ciò che il profetismo aveva intuito, solo Cristo l’ha pienamente attuato. Egli spinge la Legge fino al limite della perfezione (Mt 5, 21-48), ma insieme ci offre in sé un esempio che trascina, e ci dà la forza interiore, quella dello Spirito, che permette di osservarla. Tutto il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento è un passaggio dall’esterno all’interno. Gesù non “compie” la Legge, aggiungendovi obblighi supplementari, ma portandola alla perfezione dell’amore. L’osservanza dei precetti si radica così in quest’unico principio interiore.
E’ dunque eliminato il ruolo della Legge? No, essa sussiste, ma solo come pedagogia dell’amore. E’ una guida e un sostegno per chi non ama abbastanza e non si è ancora totalmente svincolato dalla legge del peccato che abita nelle sue membra (Rm 7, 2223). I comandamenti sussistono, ma non sono paralleli all’amore: sono piuttosto vie che conducono ad esso, come ad una sorgente da cui ogni valore morale riceve il suo significato. Ogni atto di virtù è un atto di amore o non c’è. (M. Magrassi)
AMERAI IL SIGNORE DIO TUO
E’ precetto fondamentale della legge biblica e sta alla base della fedeltà e dell’obbedienza a tutti gli altri precetti. E’ formulato secondo il testo di Dt 6, 4-9, quello “Shemà Israel” (Ascolta Israele) che da allora e fino a oggi rappresenta la preghiera quotidiana e ripetuta del pio Israelita. Nella formulazione di Luca risulta persino integrato: a “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza” di Dt 6, 5, viene aggiunto “ con tutta la mente”. Aggiunta significativa: tutto l’uomo nella sua completa integrità, sentimenti del cuore, vitalità dell’anima, energie operative, e anche riflessioni della mente, deve rimanere impegnato in questo atteggiamento fondamentale : amare Dio, senza che nulla in lui sfugga. Totalità di amore, e quindi totalità di dedizione e di obbedienza. Solo così è possibile la fedeltà piena e radicale; come sottolinea la lettura che si rifà a un altro passo del Deuteronomio: “ti convertirai al Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta l’anima”(30, 10-14). Anche per Gesù alla radice della fedeltà operosa che apre alla salvezza sta questo atteggiamento profondo del cuore, totalmente dedicato a Dio. Solo a chi ama con totalità e integrità di dedizione è possibile cogliere i precetti di Dio sull’uomo e viverli. (M. Laconi)
AMA IL PROSSIMO TUO
Anche questa seconda parte della risposta è una citazione biblica: è desunta alla lettera da Levitico 19, 18. Ma il rabbino non sospetta quanto sia differente la lettura che ne propone Gesù. Per un fariseo “prossimo” erano i membri della propria razza. Invece Gesù allarga l’orizzonte all’amore di tutto il mondo. L’amore verso tutti si colloca al centro delle richieste di Gesù. Nel discorso della montagna, Matteo lo presenterà come “la giustizia più grande” (Mt 5, 20) che spinge i discepoli di Gesù a gesti sempre più buoni e totalmente positivi nei riguardi di tutti, a imitazione dell’amore stesso di Dio (Mt 5, 21-48). Alla fine del 1° secolo Giovanni citando alcune delle più toccanti espressioni di Gesù, lo presenterà come il “comandamento nuovo” o “il mio comandamento (Gv 13, 34; 15, 12), segno inconfondibile del discepolo di Gesù. Ma già molto prima, Paolo, con evidenti allusioni evangeliche, ne aveva affermato in modo lapidario la centralità: “ Chi ama il suo prossimo ha adempiuto la legge. Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo. Pieno compimento della legge è l’amore “. (Rm 13, 8-10) (Mario Laconi)
AMA COME TE STESSO
Ama davvero il prossimo chi ha con se stesso un rapporto sereno e armonioso. La conoscenza e l’accettazione di se stessi stanno alla base di un rapporto con gli altri veramente amorevole. Amare il prossimo come se stesso non significa condividere il proprio egoismo, ma partecipare la propria serenità e la propria gioia di vivere.
FARSI PROSSIMO
Non serve chiederci chi sia il nostro prossimo, bisogna invece che noi ci facciamo prossimo di ogni uomo. E’ nella prassi che si gioca la nostra fede; è nella prassi dell’amore concreto che si gioca la nostra vita cristiana. Al centro del racconto evangelico sta non l’esempio di bontà del samaritano, ma un malcapitato derubato e pestato a sangue. E’ come se i fatti venissero visti con il filtro dei suoi occhi e raccontati col suo stupore. Anche a noi è chiesto di vedere le cose con i suoi occhi, dal suo punto di vista di ferito e abbandonato. “ Chi è il mio prossimo”, i chiede lui stesso. La risposta è chiara: non chi lo guarda, ma non si avvicina a lui, non chi ha paura di contaminarsi ritualmente con un ferito creduto già un cadavere (è forse questo il motivo del “passare oltre” del sacerdote e del levita ebrei, rappresentanti ufficiali del culto), ma chi rompe la barriera di inimicizia, chi fa passare oltre i tabù e i blocchi interni del suo cuore. Il samaritano, che per i Giudei era un eretico, un bastardo e uno scomunicato, si ferma, spende tempo, dona se stesso e così si “fa prossimo” dell’altro. E noi? Quante sottili distinzioni introduciamo nelle nostre scelte, su quante parole sappiamo discutere all’infinito? Ci è più facile passare oltre a certi bisogni, forse per paura, forse per l’interna convinzione di poter fare ben poco. Come essere invece davvero “prossimo” per coloro che incontriamo ogni giorno? (U. Proch)
SINTESI DELLA LEGGE
L’amore a Dio è la sintesi di tutta la legge, ma anche la carità per il prossimo è la pienezza della legge. Amare Dio e amare il prossimo, due comandamenti che non si possono separare. “Amerai il Signore tuo”. E’ un amore di tutto l’uomo nella sua completa integrità, sentimenti del cuore, vitalità dell’anima, energie operative e anche riflessioni della mente. (M Laconi)
Chi ama il suo prossimo ha adempiuto la legge. Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa alcun male al prossimo. Pieno compimento della legge è l’amore (Rom 13, 8-10). Il buon samaritano della parabola è l’immagine del buon Samaritano della storia, cioè di Gesù Cristo che cura tutta l’umanità ferita. La domanda di Gesù rovescia la prospettiva iniziale: non si tratta tanto di aiutare il prossimo, quanto piuttosto di farci “prossimi”; la parabola non ha come oggetto “chi è il mio prossimo”, quanto piuttosto come si diventa prossimi. (Stefano Tarocchi)
INTERROGATIVI
Ho compreso che la legge cristiana è una legge di amore e che perciò le pratiche esteriori perdono ogni valore agli occhi di Dio se non sono ispirate dall’amore?
Sono convinto che l’amore che noi diciamo di avere per Dio, per essere vero e sincero deve prolungarsi ed espandersi nell’amore del prossimo?
L’amore del prossimo deve essere vissuto nella realtà di ogni giorno, nella comprensione degli altri, nell’aiuto reciproco, nel perdono delle offese. Il dottore della legge viene lodato da Gesù perché ha capito che tutta la legge si riassume nel comando dell’amore di Dio e del prossimo. Che cosa vuol dire farsi prossimo?
PREGHIERA (pregare la parola)
•La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice; gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi. (Dal Sl 118).
•Amore, noi neppure sappiamo cos’è amore; amore, senza di te non ci sono fratelli; amore, abbiamo bisogno d’amare: accendi almeno una fiamma del tuo fuoco, donaci un raggio della tua luce per conoscere e ardere e vivere nella gioia. (David Maria Turoldo)
•Padre misericordioso che nel comandamento dell’amore hai posto il compendio e l’anima di tutta la legge, donaci un cuore attento e generoso verso le sofferenze e le miserie dei fratelli, per essere simili a Cristo, buon samaritano del mondo. (Colletta 15 d. anno C)
•Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Anche oggi come “ buon samaritano” viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa nelle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. (Prefezio comune VIII)
•In lui. Signore, ci hai manifestato il tuo amore per i piccoli e per i poveri, per gli ammalati e per gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. Con la vita e la parola annunziò al mondo che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli. (Dal Prefazio Eucaristico V°)
•Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa che ci impegniamo lealmente nel servizio dei poveri e dei sofferenti. La tua Chiesa si testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo. (Dal Preghiera eucaristica)
•Concedi noi, o Padre la forza del tuo amore, perché lo possiamo manifestare in ogni momento della nostra vita.
•Signore Gesù, fa che siamo più fedeli nello spirito dell’amore che non alla lettera della legge. Insegnaci ad amare i nostri fratelli come li ami tu, così anche noi saremo ripieni del tuo amore e potremo veramente dirci tuoi discepoli.
•Signore ti rendiamo grazie perché ci chiami ad oltrepassare i limiti angusti della legge e vuoi dare alla nostra vita il respiro grande dell’amore: fa che riusciamo a vincere sempre più la nostra meschinità, e a tenerci aperti alle necessità dei fratelli.
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Imitiamo nella nostra vita il buon Samaritano.