Luca 14, 25-33: 25 In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26 «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. 28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 14, 25-33
Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a
compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l`altro è ancora lontano, gli manda un`ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Ci troviamo nella seconda parte del viaggio verso Gerusalemme (capitoli 13-19). I primi 24 versetti del capitolo 24 sono detti da alcuni “sezione del convito” perché raccontano di un pranzo di Gesù in casa di uno dei capi dei farisei e i suoi insegnamenti durante il convito; i versetti 25-36 contengono alcuni insegnamenti ai discepoli. Pare inutile cercare un legame di questa brano, che oggi la liturgia ci propone, con i 24 versetti precedenti. Luca ha a disposizione alcune sentenze sulla condizione per la sequela di Gesù e le introduce con un nuovo scenario: Gesù è in cammino, una folla numerosa lo segue e a questo pubblico egli richiama lo statuto del discepolo.
SICCOME MOLTA FOLLA (25)
Gesù parla alla folla e quanto dice riguarda non solo gli apostoli e i collaboratori principali, ma tutti i discepoli, i seguaci di Gesù. Ecco gli insegnamenti:
SE UNO VIENE A ME (26)
La prima condizione per un seguace di Cristo è una totale libertà nei confronti dei legami familiari.
E NON ODIA (26)
Gesù non intende abolire il quarto comandamento, ma enunciare le esigenze supreme e radicali della sua sequela. E’ questa radicalità che colpisce: il lasciar tutto, moglie compresa, rinunziare anche alla propria vita (cf Gv 12, 25), addirittura “odiare”, che significa “amare meno “ e poi “portare la propria croce” per venire a Gesù, è estremamente duro. Eppure chi non si comporta così non può essere discepolo di Gesù. Quest’ultima asserzione è ripetuta tre volte.
L’insegnamento è evidente: chi entra nel discepolato di Gesù deve, a motivo di questo nuovo legame che lo prende tutto, liberarsi da tutti i precedenti legami umani; i legami familiari, infatti, per quanto legittimi, diventano talora occasione di un tale attaccamento che non c’è più posto per la priorità del regno. Il discepolo deve anche avere una dedizione totale che arriva fino al sacrificio di sé; portare la croce significa affrontare la morte violenta sull’esempio di Gesù e per fedeltà a lui. Troviamo nel Vangelo di Giovanni: “ Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna ” (Gv 12, 25). L’insegnamento può illuminarsi con l’esempio di Abramo, che lascia tutto, dei martiri che per Gesù hanno rinunziato alla vita e degli Apostoli e missionari che hanno lasciato famiglia e patria per annunziare il vangelo.
VOLENDO COSTRUIRE UNA TORRE (28)
Segue l’invito a ponderare bene il rischio di chi vuol diventare discepolo. Gesù non intende scoraggiare gli entusiasti, ma suggerisce le condizioni per perseverare. E l’insegnamento viene fatto con una coppia di parabole.
La prima riguarda la costruzione di una “torre”, di un edificio a più piani, adiacenti all’abitazione o alla vigna, che già nei lavori di fondazione richiede spese notevoli. Il calcolo del costo complessivo è necessario prima di iniziare i lavori; per la posizione sociale dell’imprenditore sarebbe fatale la brutta figura di non poter finire i lavori, per mancanza di fondi.
OPPURE QUALE RE (31)
La parabola del re è simile per l’insegnamento alla precedente. Quando il re entra in lotta deve prudentemente calcolare le forze e se non ne ha a sufficienza, deve pensare di chiedere o accettare le condizione di pace.
COSI’ CHIUNQUE DI VOI (33)
La conclusione sarebbe che è necessario riflettere prima di intraprendere un’impresa e se non la si può portare a termine è saggio soprassedere. La conclusione di Luca non pare offra un’applicazione alle parabole, ma piuttosto che suggerisca cosa fare se si accetta di affrontare l’impresa di “seguire Gesù”. Sembra che dica cosa dovrebbero fare il costruttore e il re se in ogni caso decidono di agire: devono investire ogni sostanza e darsi da fare per costituire un esercito valido. E’ chiaro che Luca si rivolge a persone che hanno già fatto la scelta di seguire Gesù e dice che non devono farsi ora distrarre da altro. Per seguire davvero il Signore bisogna “rinunziare a tutti i beni”.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
PRIMA DIO
Il Dio della pace, colui che ingiunge di amare anche i propri nemici, non ci invita certo all`odio ed alla separazione dalle persone a noi piú care. In realtà, se occorre amare i propri nemici, risulta chiaro che, risalendo da essi, è necessario amare anche coloro che ci sono piú prossimi per vincoli di sangue. …… egli raccomanda di guardarsi da quel falso rispetto nei confronti dei propri cari allorché questi si mostrino d`impedimento alla salvezza. Nel caso in cui, perciò, qualcuno avesse un padre od un figlio od un fratello empio e d`ostacolo per la propria fede e d`impedimento nella prospettiva della vita celeste, non rimanga unito a lui né condivida i suoi pensieri, ma, a motivo dell`inimicizia dello spirito, sciolga pure la parentela della carne. (Clemente di Ales., Quis dives.)
SCEGLIERE LA SALVEZZA
Non chiamare nessuno “padre” su questa terra. I morti seppelliscano i loro morti, ma tu, invece, vieni dietro a me, giacché io ti condurrò dove potrai riposare e dove potrai gustare beni ineffabili e indescrivibili che mai nessun occhio vide né orecchio udí e che mai entrarono nel cuore degli uomini; beni verso i quali gli angeli stessi ambiscono di protendersi, onde contemplare quelle meraviglie allestite da Dio per i suoi santi ed a beneficio di coloro che lo amano. Sono io che ti nutro e, a mo` di pane, ti offro me stesso: chiunque mi avrà gustato, non correrà piú il pericolo di morire; giorno per giorno, poi, mi offro a te come bevanda d`immortalità. Io sono maestro di insegnamenti celesti. Per te ho lottato con la morte. Sono stato io a scontare, al posto tuo, quella pena di morte che tu avevi meritato a causa degli antichi peccati e della disobbedienza a Dio»………, decidi per il tuo bene e scegli il partito della salvezza. Se un fratello, perciò, ovvero un figlio od una sposa o chiunque altro ti dice qualcosa di simile alla fine sia Cristo a vincere su di te, al di sopra di tutti: è lui, infatti, che lotta per te.(Clemente di Ales., Quis dives, 22 s)
COSTRUIRE LA TORRE DELL’UMILTA’
“Chi di voi, volendo edificare una torre, non fa i conti, per vedere se ne ha abbastanza per portarla a termine, perché non gli capiti che, gettate le fondamenta, non possa continuare e comincino a portarlo in gir o dicendo: Costui ha cominciato una costruzione e non l`ha potuta terminare” (Lc 14,28-30). Dobbiamo programmare tutto ciò che facciamo. Ecco, secondo la parola di Gesú Cristo, se uno vuol costruire una torre, prepara il danaro necessario. Se, dunque, vogliamo costruire la torre dell`umiltà, dobbiamo prepararci contro gli ostacoli di questo mondo. E la differenza tra un edificio terreno e un edificio celeste è questa: che l`edificio terreno lo si costruisce raccogliendo il danaro che serve, quello celeste invece distribuendo e donando il danaro. Per quello i fondi li facciamo, raccogliendo ciò che non abbiamo; per il celeste, invece, lasciando anche quello che abbiamo. Questi fondi non li ebbe quel ricco che, avendo molti possedimenti, chiese al Signore: “Buon maestro, che debbo fare per acquistare la vita eterna?” (Mt 19,16). Il quale, sentendo che avrebbe dovuto lasciar tutto, se ne andò via rattristato e divenne piccolo di cuore proprio perché aveva larghi possedimenti. Poiché amava in questa vita lo sfoggio della grandezza, anche nel tendere alla vita eterna non volle abbracciare la ricchezza dell`umiltà. Bisogna poi considerare le parole: “Comincino a portarlo in giro”, perché, come dice Paolo: “Siamo sotto gli occhi del mondo, degli angeli e degli uomini” (1Cor 4,9). E in tutto ciò che facciamo dobbiamo tener presenti i nostri avversari, che ci seguono e son felici dei nostri insuccessi. Di essi il Profeta dice: “Dio mio, confido in te, non dovrò vergognarmi e non avranno a burlarmi i miei nemici” (Sal 24,2)… Il re che, andando a combattere contro un altro re, s`accorge che non ce la può fare, manda una commissione per trattare la pace. Con quali lacrime allora dobbiamo sperare il perdono, noi che in quel tremendo confronto col nostro Re ci presentiamo in condizioni di inferiorità… Mandiamogli come ambasceria le nostre lacrime, le opere di misericordia, sacrifichiamo sul suo altare vittime di espiazione, riconosciamo che non possiamo stare in giudizio con lui, misuriamo la sua forza, chiediamo la pace. Questa è l`ambasceria che calma il nostro Re. Pensate quanta bontà ci sia nel suo tardare a venire. Mandiamo la nostra ambasceria, donando, offrendo vittime sacre. Giova moltissimo, per ottener perdono, la vittima dell`altare, offerta con lacrime, perché lui che non muore piú ancora nel mistero s`immola per noi. Ogni volta che offriamo l`ostia della sua Passione, rinnoviamo la nostra assoluzione. (Gregorio Magno, Hom., 37, 6)
DAGLI ATTI DEL MARTIRIO DI SANTA PERPETUA
Nello spazio di… pochi giorni fummo battezzati, e lo Spirito mi suggerí che all`acqua battesimale non avevo da chiedere altra grazia che la pazienza della carne (nelle sofferenze del martirio). Dopo pochi giorni fummo incarcerati: ebbi tanta paura, perché non avevo mai conosciuto tenebre come quelle. O giorno terribile, quello! C`era un caldo soffocante per l`ammucchiamento delle persone; i soldati ci maltrattavano ed io, poi, ero anche tormentata dal pensiero del piccolo figlio (che avevo dovuto lasciare). Allora Terzo e Pomponio, diaconi benedetti, che ci assistevano, ottennero, a prezzo d`oro, che per poche ore fossimo messi in un luogo migliore per poter almeno respirare. Usciti dal carcere, ognuno pensava alle sue necessità, ed io potei allattare il mio bambino che già veniva meno per la fame. Mentre mi curavo di lui, parlavo con mia madre, confortavo mio fratello e ad entrambi raccomandavo mio figlio. Ero piena di dolore perché li vedevo soffrire per causa mia. In queste angustie passai molti giorni; poi ottenni di poter tenere con me, in carcere, mio figlio. Fui subito risollevata e acquistai nuove forze per il lavoro e la sollecitudine per mio figlio. Il carcere allora divenne subito per me un palazzo, al punto che preferivo rimanervi che trovarmi in alcun altro posto… Pochi giorni dopo corse voce che saremmo stati interrogati. Giunse allora dalla città anche mio padre, consumato dal dolore. Venne a me per dissuadermi, dicendomi: «Figlia mia, abbi pietà dei miei capelli bianchi: abbi pietà di tuo padre, se sono degno d`esser da te chiamato padre. Se con queste mani ti ho allevata fino a questo fiore della tua età; se ti ho preferito a tutti i tuoi fratelli, non gettarmi nell`obbrobrio degli uomini. Guarda i tuoi fratelli, guarda tua madre e la tua zia materna, guarda il figlio tuo, che, morta tu, non potrà sopravvivere. Deponi il tuo folle proposito, non distruggerci tutti: nessuno di noi infatti potrà piú parlare liberamente, se tu dovessi subire un`ignominiosa condanna». Cosí parlava come padre, spinto dal suo amore, e nel mentre mi baciava le mani e si prostrava ai miei piedi: e fra le lagrime non figlia mi chiamava, ma signora. Io soffrivo per il caso di mio padre, il solo di tutta la mia famiglia che non riusciva a rallegrarsi del mio martirio. Cercai di consolarlo, dicendogli: «Sul palco sarà quel che Dio vorrà. Sappi, infatti, che noi non siamo posti nel nostro potere, ma in quello di Dio». Se ne andò profondamente addolorato. Un altro giorno, mentre stavamo mangiando, fummo condotti via per l`interrogatorio. Giungemmo al foro. Subito, nelle vie vicine, si sparse la voce del nostro arrivo e si radunò una folla immensa. Salimmo sul palco. Interrogati, gli altri confessarono la fede. Venne anche il mio turno. In quel momento apparve mio padre con in braccio mio figlio e, trattenendomi, mi supplicava: «Abbi pietà di questo bambino». E il procuratore Ilariano, che allora aveva ricevuto lo “ius gladii”, in luogo del defunto proconsole Minucio Timiniano: «Abbi pietà – disse – delle canizie di tuo padre; abbi pietà della tenera età di tuo figlio. Sacrifica per la salute dell`imperatore». Ed io risposi: «No, non lo faccio». Ilariano mi chiese: «Sei cristiana?». Io risposi: «Sí, sono cristiana»……..Allora Ilariano pronuncia la sentenza contro tutti noi e ci condanna alle fiere; e noi pieni di gioia tornammo nel carcere. (Acta Martyrum, I, Città Nuova, Roma 1974, pp. 127-131)
COME CRISTO
Le letture delle liturgia odierna si presentano come una catechesi sulla sequela di Cristo e ne illustrano tre aspetti diversi, ma complementari. Se il Vangelo la mostra come una rinunzia, la prima lettura sottolinea che essa è sapienza, la via cioè della saggezza. Da parte sua, l’epistola mette in evidenza che la rinunzia necessaria per chi vuol seguire Gesù non è un puro abbandono: ciò che si perde viene restituito da Dio sotto forma nuova. Con ciò viene detto che quello che il Signore vuol compiere in noi è già avvenuto nella persona di Cristo: come egli ha rinunziato alla propria vita per amore nostro e ha ricevuto da suo Padre la vita piena, così anche noi riceviamo da lui la vita se accettiamo di abbandonagli tutto ciò che è nostro. A lui consegniamo il nostro peccato ed egli ci fa dono della sua misericordia. (Giovanni Giovini)
DAVANTI AL MISTERO DI DIO
Quando il Signore ci dice che per seguirlo ci vuole la croce sulla spalle, ci offre uno degli “assoluti” del suo Vangelo. Se ne afferra qualcosa solo entrando in una zona rarefatta, dove domina il tremendo invisibile. La ragione deve arrendersi e rimanere fuori, perché sono cose che ne superano sia le forze che la comprensione. Le nostre facoltà sono imbrigliate dai sensi: chi può conoscere il pensiero di Dio, i suoi progetti? E’ su questo che è opportuno riflettere. Nulla urta di più un’epoca come la nostra di un linguaggio presuntuoso che pretenda di esaurire Dio e di spiegarlo, No, l’uomo è troppo piccolo di fronte all’infinito. La vita umana è come un giorno che passa, di fronte a “mille anni”, un sogno che svanisce, un breve sospiro. “Rifiuterei di credere a un Dio che potessi capire”, ha scritto Grahan Greene. Dio “ abita una luce inaccessibile”. E’ sempre al di là di ciò che il pensiero può formulare. Dovremo dunque rinunziare ad ogni conoscenza del divino? No: ogni bellezza è una piccola scintilla del suo fascino; ogni bontà è un debole riflesso della sua luce. Le cose ci permettono di indovinare come egli sia. Ma Egli è sempre al di là di tutte le realtà umane e dei concetti e delle parole che le esprimono. Per poterli applicare a Lui, bisogna purificarli e dare ad essi una infinita apertura. E dopo ciò pensare che Egli è ancora infinitamente diverso. E’ il “ Tutt’altro”. Spesso il modo migliore di onorarlo è tacere. Il solo mezzo di accesso è la fede, senza dimenticare tuttavia che anche questa è “un’ignoranza di una sublimissima conoscenza”. (Mariamo Magrassi)
NECESSITA’ DELLA SAPIENZA DIVINA
L’uomo non è in grado di comprendere da solo ciò che Dio gli chiede né di adempiere con le sue sole forze l’incombenza ricevuta da Lui. Per conoscere e per agire è necessaria la sapienza e la grazia di Dio. La Sapienza che illumina e la Forza che sostiene è lo Spirito Santo, che il Signore ci dona se noi con fede lo chiediamo. “ Il Padre darà lo Spirito a coloro che lo chiedono”. (Lc 11, 12)
SCELTA COERENTE
Il discepolo di Cristo è spesso incoerente perché non sa a sufficienza, non sa abbastanza il significato della scelta compiuta o che altri hanno compiuto per lui. Egli ha elevato il suo edificio spirituale senza prima essersi interrogato sul disegno che voleva realizzare. Si è avventurato in un’impresa di cui non ha misurato i costi, i sacrifici, le prestazioni, le rinunce. Il cristiano non è abituato a riflettere, a meditare sulle sue scelte di vita. Tutto il resto lo compie con cautela e circospezione, con responsabilità e calcolo, solo il passaggio a Cristo è compiuto con leggerezza, come la cosa più ovvia del mondo. (O. De Spinetoli)
CHIAMATA ALLA SEQUELA
Gesù è portatore di una notizia e di un appello che non concedono dilazioni. Oggi si tende spesso a rimandare la risposta, forse perché c’è paura di impegnarsi definitivamente, o forse, anche, per eccessiva pretesa di chiarezza. E’ all’interno della sequela che si comprende, non stando fuori a guardare, da semplici spettatori. L’appello di Gesù ha un carattere di assoluta novità e perciò non può essere accolto senza passare attraverso un profondo distacco. Non c’è sequela senza esodo. Tuttavia il distacco ha un suo itinerario, non soltanto nel senso che è da rinnovare ogni giorno, ma nel senso, ben più profondo, che lo si comprende giorno dopo giorno, nelle concrete circostanze della vita. (Venite e vedrete pag 79)
SCELTA RADICALE
La fede è qualcosa di radicale e bisogna chiedersi se si è pronti a tutto. E’ la scelta di un uomo maturo che valuta fino in fondo quanto il messaggio cristiano gli propone. Non è fede di convenienza, né desiderio di appartenenza sociologica. “ Quando la fede penetra tutti i nostri atti, lo Spirito Santo ci rende sempre più conformi all’immagine del Figlio di Dio, Gesù, in modo da vedere la storia come lui, giudicare come lui, scegliere e amare come lui, sperare come insegna lui, vivere in lui la comunione col Padre e lo Spirito. Così la fede si fa criterio di giudizio e di azione: cioè capacità di discernere le cose e le situazioni con l’occhio di Dio e di agire di conseguenza secondo la sua volontà” (CdA pagina 340)
SCELTA DI FEDE, SCELTA RADICALE
Gli insegnamenti di Gesù che invita gli uomini alla radicalità della sequela sono considerati, come la sua Croce, stoltezza dalla sapienza di questo mondo, ma esiste una sapienza superiore che ci fa capire che la “stoltezza di Cristo” è molto più sapiente della sapienza degli uomini.
SAPIENZA
Di sapienza si parla nella Scrittura e anche nella riflessione filosofica. Ma con significati diversi. Nella Scrittura la sapienza è considerata la qualifica più alta di Dio e insieme la base e la fonte, nell’uomo, di tutte le virtù. Ma la sua presenza in noi è condizionata dall’accoglienza: è un dono fatto a chi riconosce la sua ignoranza. Solo Dio conosce veramente il tutto che ha creato, ma vuole comunicare all’uomo, sua creatura, almeno una parte della sua assoluta sapienza, rendendolo partecipe delle leggi che regolano l’universo e la vita. Risibile è la pretesa di conoscenza totale del mondo da parte dell’uomo: proprio gli scienziati contemporanei affermano che il conosciuto è solo la punta emergente dell’inconosciuto “iceberg” dell’universo. Saggezza è porsi davanti alla sapienza che Dio ci vuol donare con umiltà e fiducia. La sapienza donata da Dio ci mette in grado di valutarci per quello che siamo, una povertà che deve essere arricchita, un’ignoranza che può e deve essere ammaestrata. L’uomo alla luce della rivelazione si coglie come una possibilità aperta. (Antonio Giovini) Accogliere e vivere la “sapianza del cuore” che apre a Dio, nella rinunzia del falso “io” e nell’accoglienza dell’altro, è “sequela di Cristo”. Essa non è possibile se non imparando quotidianamente da Gesù a mettere i passi dove li mette lui, La sua croce è la follia di Dio che si rivela più sapiente degli uomini.. (1 Cor 1, 25)
RINUNZIA CRISTIANA
Dio non chiede la rinunzia di sé quasi voglia costruire sulle macerie, ma vuole la crocifissione del “falso io”, che è rovina e non realizzazione dell’uomo. La rinunzia, così essenziale per il discepolo di Gesù, ha come oggetto il falso miraggio dell’”io” quello che lo intende come autorealizzazione, contrapponendolo con orgoglio a Dio e agli altri. Per realizzare un simile progetto di rinunzia, occorre portare la croce dietro a Gesù. E’ la croce della condanna che “dalla carne” e dal mondo viene messa sulla spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. C’è infatti una croce inevitabile, come quella di Gesù, caricata dal mondo e dal peccato su chi non accetta la sua logica di vita. Ma ci sono anche le “croci” volontarie, che però hanno senso costruttivo solo se sono portate “dietro Gesù”, la croce della condanna che ciascuno è chiamato a caricarsi da sé nella rinunzia quotidiana a sapere con la propria sapienza, a salvarsi con la propria giustizia. Anzi quella croce è conseguenza di questa, perché non è veramente martire di Cristo chi non è martire della sua rinunzia. (Vittorio Croce)
INTERROGATIVI
Ci diciamo cristiani e siamo convinti di esserlo. Ma poi cerchiamo di essere veramente fedeli alle esigenze del Vangelo?
Cerchiamo di superare gli ostacoli che ci impediscono di camminare dietro a Cristo: l’egoismo, il rispetto umano, l’amore delle comodità, l’avidità del guadagno?
Non soffochiamo le ispirazioni dello Spirito Santo, che ci esortano a superare noi stessi, a dar prova di disinteresse, di generosità e di dedizione?
PREGHIERA (pregare la parola)
•Signore apri l’intelligenza umana alla tua sapienza: gli scienziati che scrutano i misteri dell’universo vi scorgano le manifestazioni del tuo Spirito, i tecnici che s’impegnano per migliorare le condizioni di vita, indirizzino il loro sforzo al bene comune, i medici e i biologi che si prodigano alla tutela della vita, non ne dimentichino mai la sacralità.
•Signore che sei vicino a chi ti cerca con cuore sincero, aiutaci a saper rinunziare alle nostre idee, alle nostre valutazioni, ai nostri progetti, per essere veramente tuoi discepoli.
•Signore che ti sei chinato pieno di misericordia e d’amore su tutti i sofferenti, concedi sollievo e forza di sopportazione a coloro che sono nel dolore.
•Signore aiutaci, perché nel costante confronto con la tua parola sappiamo trovare la forza necessaria per scegliere ciò che è per noi il bene, anche a costo di rinunziare a ciò che ci piace ed è più facile.
•Soccorri, Signore con la tua grazia coloro che hanno fatto scelte radicali di vita cristiana e fa che il loro esempio ci aiuti a credere con più facilità alle meraviglie che il Vangelo opera nei nostri cuori.
•Ti preghiamo, Signore, fa che sappiamo unire in noi la pazienza di chi costruisce mattone su mattone con l’impeto di chi sa che deve combattere una guerra severa contro i propri istinti e le proprie disperazioni.
•Così dentro un mare di mansuetudine, ecco queste tue parole, Signore, come pietre lanciate contro tutte le comuni e facili convinzioni! Grazie, Signore, perché tu non illudi nessuno: il vangelo è una lieta notizia, che si paga a sangue. Signore, che nessuno si abitui mai a “vedere” il crocifisso, nessuno dimentichi mai che noi siamo seguaci dell’Ucciso, per fedeltà verso il Padre. (David Maria Turoldo)
•O Dio. tu sai come a stento ci raffiguriamo le cose terrestri e con quale maggior fatica possiamo rintracciare quelle del cielo, donaci la Sapienza del tuo Spirito, perché da veri discepoli portiamo la nostra croce ogni giorno dietro il Cristo tuo Figlio. (Colletta 23 domenica)
•Concedi, o Padre, a tutti i tuoi figli di seguire Cristo con coraggio ed essere come lui fedeli fino in fondo alla condizione umana.Signore Gesù, mentre ci chiami alla tua sequela, ci avverti anche quanto grande deve essere il nostro impegno. Vieni in soccorso alla nostra debolezza. Donaci la forza e la costanza dell’amore per arrivare dove vuoi condurci, fosse anche fino al calvario.
•Tu fai ritornare l`uomo in polvere e dici: «Ritornate, figli dell`uomo». Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. Li annienti: li sommergi nel sonno; sono come l`erba che germoglia al mattino: al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca. Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Volgiti, Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi. Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l`opera delle nostre mani, l`opera delle nostre mani rafforza. (Dal Salmo 89)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Seguiamo le indicazioni della sapienza cristiana che ci chiama a vivere il progetto di Dio nella nostra vita.