Luca 15, 1-32: 1 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3 Ed egli disse loro questa parabola: 4 «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5 Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7 Io vi dico: cosi vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8 Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10 Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». 11 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13 Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17 Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.22 Ma il padre disse ai servi: 23 “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. 25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29 Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31 Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 15, 1-32
In quel tempo si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola. «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c`è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l`anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E` tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Parabole della misericordia (1-32)
Il capitolo 15 sta al centro del viaggio verso Gerusalemme (9, 51-19, 28) e di tutto il terzo vangelo e contiene la quintessenza del messaggio annunziato da Luca, chiamato l’evangelista della misericordia. Dopo i versetti 1-3 di ambientazione, l’evangelista presenta le due parabole gemelle, della pecorella smarrita (4-7) e della dramma perduta (8-10) e poi quello del “figliol prodigo” (11-32). Le tre parabole difendono l’atteggiamento di Maestro che perdona i peccati degli uomini, abbatte le barriere religiose, chiama i miseri al Regno e rivela il vero volto di Dio, che ama, crea a salva.
Pecorella smarrita
PUBBLICANI E I PECCATORI (1)
Già in 5, 30 e in 7, 34 abbiamo trovato l’abbinamento pubblicani-peccatori; gli esattori pubblici erano infatti assimilati ai peccatori pubblici, esclusi secondo la mentalità ebraica dalla salvezza. Gesù va da loro, ma qui sono loro che vanno da Gesù e Luca generalizzando dice che c’erano “tutti”.
Gesù va contro corrente, contro il principio fermo dei rabbini: “ L’uomo non si accompagni a un empio, neppure per condurlo allo studio della legge” e contro la loro convinzione che Dio non può amare un peccatore, se non dopo la sua conversione. Gesù smentisce questa convinzione e questa prassi e dice con le parabole che egli non fa altro che portare avanti e incarnare storicamente un atteggiamento tipico di Dio, già rivelato nell’AT.
I FARISEI E GLI SCRIBI (1)
I farisei e gli scribi mormoravano in nome del loro senso di purità: Gesù infatti trattando con i pubblicani e soprattutto mangiando con loro contraeva impurità, e lo fanno anche in nome di Dio, perché il frequentare quella gente sembrava una cosa indegna di un inviato di Dio.
ALLORA GLI DISSE QUESTA PARABOLA (2)
Si fa cenno ad una sola parabola, ma Gesù ne dirà tre; forse la fonte primitiva conteneva solo la prima.
CHI DI VOI (4)
La prima delle tre parabole è di grande semplicità. Nulla di più normale che un pastore sia preoccupato per le pecore, ma non è normale che ne lasci 99 per una sola. Si vuol forse qui indicare che ogni pecora è carissima a Gesù. La pecora è “smarrita” e non “sbandata” come in Matteo. Lo sfondo è veterotestamentario e ricorda Dio pastore d’Israele, il quale è pieno di amore per le pecore sviate e disperse e non cessa di cercarle (Is 40, 11; Ger 23, 1-4 …). Gesù applica a sé il titolo di “pastore”. (Gv 10, 11)
VA A CASA (5)
Anche questa pubblicità non è normale per un pastore qualunque. Ma la gioia che è un tema particolare di questa parabola deve essere comunitaria tra i cristiani. E’ la gioia degli uomini.
CI SARA’ PIU’ GIOIA IN CIELO (7)
Ma c’è’ anche la gioia di Dio: “Cielo” sta qui per Dio; e Dio gioisce per l’unico “peccatore che si converte”, che ha seguito l’appello di Gesù alla metanoia (Lc 5, 32; Mc 2, 17; Mt 9, 13). La gioia di Dio vale anche per i giusti, i quali non sono in pericolo, camminano davanti a Dio, lo onorano, osservano i suoi precetti. Qualche commentatore pensa che Gesù parlando di “giusti” intenda indicare i “falsi giusti”, come gli scribi e i farisei.
Dramma perduta
O QUALE DONNA (8)
La seconda parabola sottolinea la prima. Il raddoppiamento dell’analogia intensifica la sua forza. Da notare anche l’alternanza frequente in Luca: dopo l’uomo c’è la donna; dopo l’immagine campestre, quella domestica. Si noti anche la progressione delle tre parabole: un centesimo del gregge, un decimo del denaro, un figlio su due. L’accento è posto sul fatto che la donna fa di tutto: fa luce nella stanza e spazza finché non ritrova la moneta.
C’E’ GIOIA DAVANTI AGLI ANGELI (9)
Gli angeli di Dio si rallegrano perché Dio si rallegra. Qui non c’è il confronto con i giusti, ma l’affermazione pura e semplice che la conversione di ogni peccatore rallegra Dio.
Padre misericordioso
UN UOMO AVEVA DUE FIGLI (11)
Queste parabola è narrata solo da Luca ed è composta da due parti che non si possono separare, perché per un equilibrata comprensione del messaggio, è necessario tener presente il comportamento dei due figli. La parabola che noi conosciamo come del “ figliol prodigo” può esser denominata dei “due figli”, o, meglio, del “padre misericordioso”.
DAMMI LA PARTE (3)
Questa richiesta non è ancora peccaminosa (cf Sir 33, 20-24) Secondo la legge ebraica la parte reclamata per un figlio minore era un terzo mentre quella del maggiore era doppia. (Vedi Dt 21, 17; Lev 25, 23; Sir 33, 20-24) Il peccato del giovane per alcuni sta nel fatto di aver dilapidato i beni del padre, per altri nella sua vita immorale, per altri nel fatto che egli vuole essere indipendente da suo padre, come Adamo da Dio.
VIVENDO IN MODO DISSOLUTO (13)
La caduta del minore è sottolineata da alcune espressioni: “vivendo da dissoluto” e con le “meretrici”, come dirà poi il maggiore, finendo per “pascolare i porci”, situazione degradante e di impurità legale (Lv 11, 7; Dt 14, 8) per gli ebrei, perché era un servizio presso stranieri e con i porci, costretto a “saziarsi con le carrube” segno di estrema miseria. Il massimo di miseria per l’ambiente biblico è evocato in questa situazione di schiavitù, di fame e solitudine, fuori della patria.
ALLORA RIENTRO’ IN SE STESSO (17)
Il soliloquio non esprime grandi sentimenti di pentimento. Al centro della parabola non stanno queste riflessioni. La parabola non intende offrire un paradigma dell’evoluzione psicologica del giovane dal peccato alla conversione. Anzi egli è così poco convertito che intende sfruttare ancora una volta la situazione familiare. C’è in lui ancora tanto equivoco e interesse: è disposto a barattare la sua condizione di figlio con il pane per sopravvivere e del padre conserva un falso concetto.
PADRE HO PECCATO (18)
Tuttavia vi è l’indicazione di un itinerario: dalla constatazione della miseria al riconoscimento della colpa, (“ho peccato”) all’intuizione della bontà del padre (“nella casa del padre mio”) alla consapevolezza delle dimensione verticale del peccato (“contro il cielo e contro di te”), alla decisione di tornare a casa (“mi leverò e andrò”), alla disposizione di fare penitenza (“trattami come uno dei tuoi garzoni”), all’effettiva partenza (“ partì e s’incamminò”).
IL PADRE LO VIDE (20)
Vero centro della parabola è l’amore del padre. Il padre previene ogni atteggiamento del figlio ed esprime le premure dell’amore di Dio: è lui che prende l’iniziativa e non lascia neppure che il figlio finisca la conversazione. “ Quando era ancora lontano” commosso gli corre incontro, facendo un gesto sconveniente anche tra persone di pari grado: gli si getta al collo e lo bacia, con grande tenerezza e affetto e in segno di perdono, lo reintegra totalmente nella situazione di prima; gli dà la veste in segno di distinzione, l’anello, che comprende il sigillo con cui segnare gli atti ufficiali a nome del padre, i calzari, che denotano un uomo libero, uccide il vitello grasso e indice una grande festa.
QUESTO MIO FIGLIO ERA MORTO (24)
Questo padre è simbolo di Dio, il cui amore non viene meno nei confronti di quelli che si allontanano, il cui perdono è una vera restaurazione, una nuova creazione (Salmo 50, 10). Dio gioisce per la conversione dei peccatori (15, 7.10). Questo figlio era morto. E morto dirà Luca in 9, 50, è colui che non ha trovato la via del Regno. Nel giudaismo questo termine è applicato agli empi; nel NT viene applicato più specificatamente a quelli che non hanno parte alla vita di risorti che Gesù dona.
ITINERARIO DEL MINORE
La caduta: dammi, partì, sperperò, a servizio, carrube, porci; il ripensamento: rientrò in sé, mi leverò, ho peccato, trattami; la svolta per opera del padre: vestito, calzari, tornato a vita, festa.
IL FIGLIO MAGGIORE (25)
Entra in scena un nuovo personaggio, che richiama i farisei di 15, 2. Le reazioni di questo figlio maggiore sono quelle dei “giusti” che compiono coscienziosamente il loro dovere. Nel cuore del maggiore c’è gelosia e disprezzo nei riguardi di colui che rifiuta di chiamare suo fratello e che indica come “tuo figlio” e c’è falso giudizio del genitore che non riconosce come padre, ma ritiene un despota, che lo schiavizza (“tu non mi hai dato mai un capretto”).
IL PADRE ALLORA USCI’ A PREGARLO (28)
Si staglia netto il contrasto tra il figlio maggiore e il padre. E anche qui il padre dimostra la stessa bontà e lo stesso amore, che non disarma di fronte al comportamento del figlio. E sempre il padre che prende l’iniziativa e invita il maggiore alla festa.
TUO FRATELLO ERA MORTO (32)
E’ la stessa dichiarazione del v. 24, con il cambiamento di “mio figlio” in “tuo fratello”. Il padre vuole assicurare l’unità tra i due suoi figli, li vuole di nuovo fratelli. “ Qui finisce la parabola, che resta aperta. Entrerà oppure no il maggiore? La parabola è lasciata anche aperta alla libertà di ogni lettore.
ITINERARIO DEL MAGGIORE
la sua posizione: si indigna, non vuole entrare, “tuo figlio”, nulla per me; il comportamento del padre: gli va incontro, gli dà spiegazioni. Non si conosce la conclusione.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
VERA PENITENZA
Se uno che è fuori dello scoglio della troppa ricchezza o troppa povertà ed è sul facile sentiero dei beni eterni, tuttavia, dopo la liberazione dal peccato, ricade e si seppellisce in esso, questo deve essere ritenuto rigettato da Dio. Chiunque, infatti, si rivolge a Dio con tutto il cuore, gli si aprono le porte, e il Padre accoglie con tutto l`affetto il figlio veramente pentito. Ma la vera penitenza consiste nel non ricadere e nello sradicare i peccati riconosciuti come causa di morte. Se ne levi questi, Dio abiterà di nuovo in te. E` una gioia immensa e incomparabile in cielo per il Padre e per gli angeli la conversione di un peccatore (Lc 15,2). Perciò è detto anche: “Voglio misericordia e non sacrificio. Non voglio la morte del peccatore, ma che si penta. Se i vostri peccati saranno come la porpora, li farò bianchi come la neve; e se saranno neri come il carbone li ridurrò come neve” (Os 6,6; Mt 9,13; Ez 18,23; Is 1,18; Lc 5,21). Solo il Signore può perdonare i peccati e non imputare i delitti e ci comanda di perdonare i fratelli pentiti (Mt 6,14). Che se noi, che siamo cattivi, sappiamo dare cose buone, quanto piú il Padre della misericordia, quel Padre di ogni consolazione, pieno di misericordia, avrà lunga pazienza e aspetterà la nostra conversione? (Lc 11,13). Ma convertirsi dal peccato, significa finirla col peccato e non tornare indietro. Dio concede il perdono del passato; il non ricadere dipende da noi. E questo è pentirsi: aver dolore del passato e pregare il Padre che lo cancelli, poiché lui solo con la sua misericordia può ritenere non fatto il male che abbiamo fatto e lavare con la rugiada dello Spirito i peccati passati. E` detto, infatti: “Vi giudicherò, come vi troverò (In Evang. apocr.)”, in modo che se uno ha menato una vita ottima, ma poi si è rivolto al male, non avrà alcun vantaggio del bene precedente; invece, chi è vissuto male, se si pente, col buon proposito può redimere la vita passata. Ma ci vuole una gran diligenza, come una lunga malattia vuole una dieta piú rigorosa e piú accortezza. Vuoi, o ladro, che il peccato ti sia perdonato? Finisci di rubare. L`adultero spenga le fiamme della libidine. Il dissoluto sia casto. Se hai rubato, restituisci un po` di piú di quanto hai preso. Hai testimoniato il falso? Impara a dir la verità. Se hai spergiurato, astieniti dai giuramenti, taglia i vizi, l`ira, la cupidigia, la paura. Forse è difficile portar via a un tratto dei vizi inveterati; ma puoi conseguirlo per la potenza di Dio, con la preghiera dei fratelli, con una vera penitenza e assidua meditazione. (Clemente di Ales., Quis dives, 39 s.)
UMILIAZIONE DI DIO
Per peccati piú gravi ci voleva una piú potente medicina: i peccati erano stragi scambievoli, adulteri, spergiuri, furiosa sodomia e idolatria, che rivolge alle creature il culto del Creatore. E poiché queste piaghe avevano bisogno d`un aiuto piú energico, tale esso venne. E questo fu lo stesso Figlio di Dio, piú antico del tempo, invisibile, incomprensibile, incorporeo, principio dal principio, luce da luce, fonte d`immortalità, espressione della prima Idea, sigillo intatto, immagine perfetta del Padre e questo prende carne e per la mia anima si unisce all`anima umana, per purificare il simile col simile. E prende tutte le debolezze umane, eccetto il peccato (Eb 4,15), concepito da una vergine nell`anima e nel corpo già purificata dallo Spirito… O meraviglia di fusione! Colui che è, vien fatto, l`increato viene creato; colui che non può essere contenuto, è contenuto tra la divinità e lo spessore della carne. Colui che fa tutti ricchi, è povero; abbraccia la povertà della mia carne, perché io acquisti la ricchezza della sua divinità. Lui che è la pienezza, si svuota; si svuota della sua gloria, perché io diventi partecipe della sua pienezza. Che ricchezza di bontà! Quale mistero mi circonda? Ho ricevuto l`immagine di Dio, non l`ho custodita; lui si fa partecipe della mia carne, per portare la salvezza all`immagine e l`immortalità alla carne. Stabilisce un nuovo consorzio e di gran lunga piú meraviglioso del primo; allora diede a noi ciò ch`era piú eccellente; ma ora lui stesso s`è fatto partecipe di ciò che è piú deteriore. Questo consorzio è piú divino del primo; questo per chi ha cuore è molto piú sublime… E tu osi rinfacciare a Dio il suo beneficio? E` forse piccolo, perché per te s`è fatto umile, perché quel buon Pastore, che diede la sua anima per le sue pecore (Gv 10,11), cerca la smarrita tra i monti e i colli, sui quali sacrificavi, la trova e se la pone su quelle stesse spalle, sulle quali prese il legno della croce, e la riporta alla vita soprannaturale, e ricondottala nell`ovile, dov`erano quelle che non ne uscirono mai, la tiene nello stesso luogo e numero di quelle? O è piccolo perché accende la lucerna, cioè la sua carne, e spazza la casa, purgando cioè il mondo dal peccato e cerca la dramma, cioè la regale immagine coperta di sporcizia viziosa, e, trovatala, chiama gli angeli suoi amici e li fa partecipi della sua gioia, dal momento che li aveva messi a conoscenza della sua economia? (Gregorio di Nazianzo, Sermo 38, 13 s.)
CONVERSIONE E REVISIONE
Ricorda quello che lo Spirito dice alle Chiese: accusa gli Efesini di aver abbandonato l`amore, riprende gli abitanti di Tiatira per i loro stupri e l`uso di carni immolate agli idoli, imputa agli abitanti di Sardi che le loro opere non sono perfette; rimprovera gli abitanti di Pergamo d`insegnare dottrine perverse; quelli di Laodicea di confidar troppo nelle loro ricchezze. Eppure esorta tutti alla penitenza, anzi, ad essa li ammonisce. Ma non ammonirebbe chi non si pente, se a chi si pente le colpe non fossero perdonate. E` lui, è lui che “preferisce la misericordia ai sacrifici” (Mt 9,13). Si allietano i cieli, e gli angeli lassú presenti, per la penitenza dell`uomo. Orsú, peccatore: sta` di buon animo! Vedi dove ci si allieta per il tuo ritorno. Che ci vogliono dimostrare gli argomenti delle parabole del Signore? La donna che, persa la moneta, la cerca, la ritrova e invita le amiche a rallegrarsi, non è esempio del peccatore ravveduto? Si è smarrita una sola pecorella del pastore, ma egli non ha premura maggiore per il gregge intero: ricerca quella sola, gli preme piú di tutte le altre, e finalmente la trova, la porta sulle sue spalle, perché si era molto stancata vagolando. E non posso tralasciar di ricordare quel padre tenerissimo che richiama il figliol prodigo e con tanto cuore lo riaccoglie, ravveduto nella miseria: uccide il vitello ingrassato e manifesta la sua gioia con un banchetto. E perché no? Aveva trovato il figlio perduto; lo sentiva piú caro, perché lo aveva riguadagnato. Chi dobbiamo intendere che sia quel padre? Dio, naturalmente: nessuno è tanto padre, nessuno è tanto affettuoso. Egli dunque riaccoglierà te, figlio suo, anche se ti sarai allontanato dopo esser già stato accolto, anche se tornerai nudo, solo per il fatto del tuo ritorno: e si allieterà piú di questo ritorno che della regolatezza dell`altro figlio; ma solo se ti pentirai di cuore, se metterai a confronto la tua fame con la buona situazione degli operai di tuo padre, se abbandonerai il gregge di porci immondi, se ritornerai da lui, per quanto offeso, dicendo: “Ho peccato, padre, e non son piú degno di esser chiamato tuo figlio” (Lc 15,14s). La confessione allevia il delitto, quanto la dissimulazione lo aumenta. La confessione infatti manifesta disposizione alla riparazione, la dissimulazione invece all`ostinazione. (Tertulliano, De paenitentia, 8)
DIO CI HA CREATI PER AMORE
“Dio è amore. E chi resta nell`amore resta in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4,15-16). Abitano l`uno nell`altro, chi contiene e chi è contenuto. Tu abiti in Dio ma per essere contenuto da lui; Dio abita in te, ma per contenerti e non farti cadere. Non devi ritenere che tu possa diventare casa di Dio, cosí come la tua casa contiene il tuo corpo. Se la casa in cui abiti crolla, tu cadi; se invece tu crolli, Dio non cade. Egli resta intatto, se tu lo abbandoni. Intatto egli resta, quando ritorni a lui. Se tu diventi sano, non gli offri nulla, sei tu che ti purifichi ti ricrei e ti correggi. Egli è una medicina per il malato, una regola per il cattivo, una luce per il cieco, per l`abbandonato una casa. Tutto dunque ti viene offerto. Cerca di capire che non sei tu a dare a Dio, allorché vieni a lui; neppure la proprietà di te stesso. Dio dunque non avrà dei servi se tu non vorrai e se nessuno vorrà? Dio non ha bisogno di servi, ma i servi hanno bisogno di Dio perciò un salmo dice: “Dissi al Signore: tu sei il mio Dio”. E` lui il vero Signore. Che cosa disse allora il salmista? “Tu non hai bisogno dei miei beni” (Sal 15,2). Tu, uomo, hai bisogno dei buoni uffici del tuo servo. Il servo ha bisogno dei tuoi beni, perché tu gli offra da mangiare, anche tu hai bisogno dei suoi buoni uffici perché ti aiuti. Tu non puoi attingere acqua, non puoi cucinare, non puoi guidare il cavallo, né curare la tua cavalcatura. Ecco dunque che tu hai bisogno dei buoni uffici del tuo servo, hai bisogno dei suoi ossequi. Non sei dunque un vero signore, perché abbisogni di chi ti è inferiore. Lui è il vero Signore che non cerca nulla da noi; e guai a noi se non cerchiamo lui. Niente egli chiede a noi, ma egli ci ha cercato, mentre noi non cercavamo lui. Si era dispersa una sola pecora; egli la trovò e pieno di gaudio la riportò sulle sue spalle (cf. Lc 15,4-5). Era forse necessaria al pastore quella pecora o non era invece piú necessario il pastore alla pecora? (Agostino, In I Ep. Ioan. Tract., 8, 14)
SINTESI
Nel capitolo 15, posto al centro del Vangelo di Luca, troviamo tre parabole: la pecora dispersa (3-7); la dramma perduta (8-10) il padre misericordioso (11-32). La terza parabola presenta: la caduta del secondogenito- il soliloquio del giovane- la figura centrale del padre- la sua misericordia – il perdono e la festa- gioia di Dio che accoglie e salva- il primogenito.
IL PADRE PROTAGONISTA
Il Padre è il vero protagonista della parabola: lui attende il ritorno, lui offre e dona il perdono al secondogenito ormai, disposto ad accettarlo e la salvezza. al primogenito chiuso nella propria sicurezza. E figura di Dio, Padre dei giusti e dei peccatori e vuole salvi gli uni e gli altri Egli è sempre misericordioso, come dice spesso l’A.T: Ger 31, 20 (“le mie viscere si commuovono per lui”); Os 11, 8 (“il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”); Is 49, 15 (“ Anche se ci fosse una madre che si dimenticasse del suo bambino, io invece non ti dimenticherò mai”).
MISERICORDIA DI DIO
Oggi il tema della liturgia è chiaramente la misericordia del Padre. Mosè implora per il popolo peccatore e la collera di Dio si placa (1 lett.). Il peccatore piange il suo peccato e Dio lo perdona (Salmo 50.). Paolo si proclama “il primo dei peccatori”, ma sa che Cristo è venuto a salvarlo. (2° lett.). Gesù proclama la prontezza e la gioia di Dio nel perdonare. (Vangelo)
Queste parabole rischiano di non essere comprese oggi, perché gli uomini non sono disposti a riconoscersi peccatori; hanno infatti smarrito il senso del peccato. Tutti si credono giusti e se ci sono peccatori sono gli altri. Ma questo modo di pensare è illusione e menzogna. Il Signore è venuto sulla terra per salvarci. Siamo convinti che nonostante tutti i nostri peccati è sempre pronto a perdonarci? Siamo forse tentati di abusare della sua misericordia, continuando a vivere nel peccato e tramandando sempre la conversione? Essendo peccatori perdonati e amati, abbiamo cura di far conoscere anche agli altri la bontà del Signore, perché non abbiano alcun timore di presentarsi a lui. Pur nella piccolezza della sua miseria, ognuno di noi ha un valore infinito davanti a Dio. Condividiamo anche noi la sollecitudine di Dio nei riguardi del peccatori e ci rallegriamo quando uno di essi si converte?
DIO IMPEGNATO A PERDONARCI
Il Dio che attende il figlio, gli va incontro, lo perdona, gli prepara una gran festa, va sempre oltre il peccato, guarda il peccatore, da lui creato a sua immagine, riscattato con il sangue del suo Figlio. Per il peccatore Dio ha istituito la Chiesa, dove è possibile esperimentare il calore sensibile del perdono, attraverso i Sacramenti e in particolare attraverso il Sacramento della Penitenza. Il Sacramento del perdono è incontro con Dio che ridona fiducia, ricostruisce il peccatore, lo invia nel mondo nella pienezza della sua dignità.
DIO E’ MISERICORDIOSO
Nei momenti più drammaticamente decisivi Dio si dimostra come uno che non ama seguire la sentenza di condanna, bensì perdonare per dare inizio ad un nuovo cammino. Così è al principio della storia umana, nel giardino dell’Eden, così è all’avvio del cammino dell’alleanza ai piedi del Sinai, così è nella vicenda del re Davide suo prediletto, così innumerevoli volte nella storia del popolo ebreo, “popolo dalla dura cervice, incline più alla ribellione che alla fedeltà. Dio si rivela nell’A.T. come un Dio dal cuore tenero e misericordioso anche nei confronti dei pagani: ha castigato gli egiziani con le dieci piaghe ma per chiamare anche loro alla salvezza (Sap 11, 23-24), contro il parere di Giona vuole la conversione anche dei Niniviti per poter usare loro misericordia. Se nell’AT Dio appare uno che pedona per lo più dopo avere opportunamente castigato o dopo essere stato cercato e supplicato, nel NT si rivela come uno che va alla ricerca del peccatore e, lungi dall’esigere lo scotto dovuto, gioisce a fa festa per il figlio ritornato a casa, per la pecorella e la moneta ritrovate (Vangelo). E’ un messaggio che supera la capacità ricettiva dei più informati ed osservanti degli ebrei. Ma non è detto che sia divenuto nostro pacifico possesso. Quando sperimentiamo davvero la sovrabbondanza della misericordia divina, come Paolo, ci rendiamo conto che essa supera la nostra attesa e la nostra comprensione. Il perdono di Dio non è spiegabile con sufficienti motivazioni. E’ un dono completamente immeritato e gratuito, perché cade non su un convertito, ma su di un peccatore, non su di un amico, ma su un avversario. Paolo non cercava Gesù, lo perseguitava. Il figlio minore della parabola torna a casa per cercare il pane per la sua fame, non l’amore del padre da risarcire. Il Padre di Gesù non è uno che perdona a stento, facendosi supplicare a dovere, anzi non aspetta che poter abbracciare il figlio, fa festa quando può perdonare e invita tutti a fare altrettanto. (Vittorio Croce)
COMPONENTI DELLA MISERICORDIA DI DIO
Nella misericordia di Dio, di cui Cristo è la suprema rivelazione, emergono tre componenti fondamentali: 1° la tenerezza: “ Efraim è il mio figlio più caro…mi ricordo sempre di lui con affetto, perché il mio cuore si riempie di tenerezza: certo avrò misericordia di lui” (Ger 31, 20) “ Era ancora lontano..lo vide…gli si gettò al collo” (Lc 15, 20). 2° la fedeltà: un amore che non disarma davanti a nessun tradimento, che continua a volerci salvare nonostante i nostri peccati. Non si arresta neppure di fronte all’inferno: questo infatti non è l’amore di Dio che cessa, ma è “ il dolore del dannato che non è più capace di amare” (Dostoievskij)- 3° la gratuità: è grazia, è dono che non poggia sulla nostra giustizia, ma sulla sua bontà. (M. Magrassi)
BISOGNO DI PERDONO
Non c’è bisogno di essere perdonati se non c’è coscienza di aver tradito qualcuno che ci ama. Ma l’uomo d’oggi si sente ancora amato? Vive a fianco di altri uomini ma pochi può chiamare “ per nome”. Non si contano le persone che non sono amate da nessuno, per cui non si ha alcun riguardo se non per l’efficienza economica. Molte persone sanno che quando non sono più utili nessuno si interessa di loro. Gesù ci ha rivelato un Dio che ci ama personalmente, come se ognuno di noi fosse la sola persona esistente. Quando ci accorgiamo che Dio ci ama così, e ci rendiamo conto di aver tradito tanto amore col peccato nasce spontaneo il bisogno di chiedere perdono. (Messale LDC)
IL PERDONO
Le due parabole sono caratterizzate dallo stesso concetto di fondo: ritrovare ciò che era perduto. E’ Dio che si muove per primo e va alla ricerca Il perdono di Dio è spesso male interpretato. Qualche volta lo si considera come un gesto di sufficienza di un Dio talmente alto, che poco o nulla gli importa di quanto facciamo, oppure come una specie di condono fiscale, che Dio praticherebbe per azzerare i nostri conti. Il perdono di Dio è un dono gratuito, che cade non su un convertito, ma su un peccatore, non su un amico, ma su un avversario. La sproporzione enorme tra le novantanove pecore lasciate per quell’unica che si è perduta dice quanto sia in un certo senso assurdo l’amore, che travolge il calcolo; quando si ama davvero non c’è tempo per fare i conti; quando si ama davvero uno è come novantanove. Nella parabole c’è un’atmosfera di gioia, per il ritrovamento della pecorella, della moneta, del figlio perduto. E’ la gioia per il peccatore pentito. E quel peccatore sono io. Il perdono è in atto solo quando si riconosce il peccato e si confessa la colpa.
CONDIVISIONE
La gioia richiede la condivisione. Il padre della parabola ricorda che la vera festa, l’unica, è quella che vede riuniti tutti insieme. Per questo sollecita il figlio maggiore ad entrare e partecipare alla festa. Inutile rivendicare la fedeltà al genitore se non ci “si apre” al fratello. Capire il padre è capire il fratello; capire il fratello è capire il padre. Le presunte sicurezze del figlio maggiore sono infrante e anche lui è invitato a celebrare con tutti gli altri la festa della gratuità. Non basta essere rimasti nella casa del padre e non aver fatto nulla di riprovevole. Occorre partecipare alla festa comunitaria, occorre perdonare, riconciliare e riconciliarsi, accettare l’altro che ha sbagliato, ridargli fiducia e possibilità di ricominciare; tutto questo equivale a passare dalla logica umana alla logica divina, passare da quello che tutti capiscono a ciò che attuano solo coloro che stanno dalla parte di Dio. (M Orsatti)
I DUE FIGLI
Quando ha inizio il racconto, i figli, di cui parla la parabola, appaiono tutti e due peccatori, esternamente in modo diverso, ma fondamentalmente allo stesso modo. Tutti due hanno la convinzione che fuori della casa del padre si stia meglio; uno va via, l’altro ci resta con rammarico. In seguito, il secondogenito capisce che la fedeltà al padre non è schiavitù ma liberazione, il primogenito invece non ha ripensamenti, si crede giusto e non ama né il padre, né il fratello. Le motivazioni del pentimento del secondogenito non sono proprio nobilissime, spingono tuttavia a riflettere, a tornare al padre, a confessare il peccato, ad essere disponibile al perdono, che solo il padre può dare.
I DUE FIGLI OGGI
Chi desidera liberarsi da Dio che è Padre, forse non si rende conto che al posto di Dio si insediano gli idoli dittatoriali: soldi, piaceri, potere, mode, ecc., che la fanno da padroni assoluti rendendo l’uomo schiavo, talora dorato, ma sempre schiavo. Anche oggi è abbastanza comune il desiderio di liberarsi da ogni riferimento a Dio ritenuto ingombrante, in nome di motivazione nobili: libertà, coscienza, personalità, realizzazione, ecc. Simili al primogenito e ai farisei sono anche certi cristiani perbene che si scandalizzano di tanta misericordia di Dio. Loro hanno le carte in regola, gli altri e solo gli altri sono peccatori da emarginare e punire. Non possiamo sentirci giusti se non tentiamo di fare del mondo una casa, ove nessuno sia estraneo e se non imitiamo il Padre nel perdonare chi sbaglia. Non possiamo riconciliarci con Dio se non ci riconciliamo con i fratelli.
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Dio, Creatore e Signore dell’universo. Aiutaci a non dissipare i tuoi doni, a non allontanarci, a non nasconderci da te, ma a comprendere e godere del tuo amore paterno, riempiendo il nostro cuore e la nostra preghiera di gratitudine e di gioia, per la grandezza della tua bontà.
•Padre infinitamente buono, tu ci cerchi, ci perdoni, ci accogli, dopo ogni nostro tradimento e abbandono, ispiraci confidenza e fiducia nel tuo amore paterno e, volontà di conversione e capacità di una decisione pronta e coraggiosa.
•Grazie, Signore, di amarci tanto, per primo e gratuitamente, grazia perché fai festa per il nostro pentimento e ritorno. Grazie, perché così ci fai sentire preziosi, perché dai valore alla nostra vita. Grazie perché la tua gioia ci fa sentire a casa finalmente sereni e in pace.
•Aiutaci, Signore, perché ciascuno di noi senta l’accostamento al sacramento della Penitenza come un momento di gioioso abbandono alla tua immensa tenerezza paterna.
•Quanto è preziosa a tua misericordia, o Dio. Gli uomini si rifugiano all’ombra delle tue ali (Sl 35, 8).
•Donaci la capacità, o Signore, di perdonare gioiosamente perdonare i torti ricevuti e di sapere serenamente chiedere e ricevere il perdono dal fratello offeso.
•Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto”. (Salmo 50. 1-6)
•Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, e mia grandissima colpa. (Confiteor)
•Confesserò quello che so e quello che non so di me: perché anche quanto so di me lo conosco per tua illuminazione; e quanto non so di me lo ignorerò fino a quando la mia tenebra non diventerà come il meriggio alla luce del tuo volto (Agostino: Confessioni X, 1).
•Padre ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio (Lc 15, 21).
•O Dio, Padre buono e grande nel perdono, accogli nell’abbraccio del tuo amore tutti i figli che tornano a te con animo pentito; ricoprili delle splendide vesti di salvezza, perché possano gustare la tua gioia nella cena pasquale dell’Agnello (Colletta 3 Quaresima C).
•Padre santo e misericordioso, che ci hai creati e redenti. Tu che non abbandoni gli erranti, accogli i penitenti che ritornano a te.
•Tu che ci rinnovi col il perdono, o Padre, ascolta il grido dei tuoi poveri: fa che, liberati da ogni male, noi guardiamo a te con volto raggiante.
•Rivelaci, Signore, la profondità del tuo amore di Padre, affinché torniamo a te e siamo accolti e perdonati.
•Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: “ Confesserò le mie colpe” e tu hai rimesso la malizia del mio peccato (Salmo 31).
•Ecco, Dio è la mia salvezza, io confiderò, non temerò mai; perché mia forza e mio canto è il Signore, egli è la mia salvezza. (Is 12, 2-4)
•O Dio, che nella grandezza della tua misericordia da peccatori ci trasformi in giusti e dalla tristezza del peccato ci fai passare alla gioia della vita nuova, assistici con la potenza del tuo Spirito, perché accogliendo il dono della giustificazione, mediante la fede, perseveriamo fino al giorno di Cristo Signore. (Rituale Penitenza)
•Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non c’è inganno (Salmo 31, 1).
•O Dio nostro Padre che ci hai riconciliato a te con la remissione dei peccati, fa che impariamo a perdonare l’un l’altro le nostre offese e diventiamo operatori di pace nel mondo (Rito della penitenza).
•Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. (Dal Sl 50)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Lasciamo riconciliare con Dio.