Luca 17, 5-10: In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: 6 «Accresci in noi la fede». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. 7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8 Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9 Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Cosi anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 17, 5-10
Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Con i versetti 1-10 del capitolo 17, termina la seconda parte del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (13, 22-17, 1). In questi versetti si riconoscono sostanzialmente quattro insegnamenti: il primo sullo scandalo (1-3) il secondo sul perdono (3-4), il terzo sulla forza della fede (5-6); il quarto sul vero servizio (7-10). La nostra pericope ci invita a riflettere su questi due ultimi insegnamenti.
GLI APOSTOLI DISSERO (5)
Luca è l’unico evangelista ad usare il termine “apostoli” per i “dodici”; inoltre ama distinguere gli apostoli dai discepoli. Luca è anche l’unico che chiama il Gesù pre-pasquale “ Signore” (kirios). Chiedere ad un uomo che aumenti la fede è chiedere qualcosa che nessun uomo può dare; ma gli apostoli vedono in Gesù molto più di un uomo.
AUMENTA LA NOSTRA FEDE (5)
Seguire Gesù sulla via di Gerusalemme esige una fede più grande che seguirlo sulle strade della Galilea. Solo il Signore esaltato dalla Chiesa può dare la fede, nonostante le difficoltà, le delusioni e l’impotenza degli apostoli.
GRANELLO DI SENAPA (6)
Con la risposta Gesù dice che basta un poco di fede, purché genuina; anche un poco di fede genuina rende idonei alle imprese di Dio. Il grano di senapa è il più piccolo dei semi (Mc 4, 41), ma ha in sé una grande forza, così la fede autentica non appare esternamente, ma contiene un dinamismo che supera ogni speranza umana.
TRAPIANTATO IN MARE (6)
Il mare, luogo di morte e simbolo delle potenze demoniache diventa, per la fede, luogo di piantagione. Non ci meraviglierà più di vedere dei valori rovesciati e delle meraviglie operate da Dio, così stupende come gli alberi piantati nel mare.
CHI DI VOI (7)
Questa parabola è rivolta contro l’orgoglio dei farisei, i quali si facevano belli della loro giustizia fino a pretendere la benevolenza degli uomini e di Dio. Gesù dice che nessuno, nemmeno il servo più fedele, può vantare diritti davanti a Dio.
SE HA UN SERVO (7)
Le immagini usate dimostrano che Gesù si sta rivolgendo a gente poco importante, che ha solo un servo, o più esattamente “schiavo”, con dipendenza totale dal padrone. Nel mondo di allora quanto è detto qui dello schiavo e del padrone, era prassi normale; il padrone per questi atteggiamenti non si riteneva tiranno e lo schiavo non pretendeva nessun grazie per il suo lavoro. A noi il fatto appare urtante e sappiamo che Gesù prenderà il posto del servo (Gv 13, 1-13). Ma la parabola serve per l’insegnamento: al contrario di quanto pensano i farisei, l’uomo davanti a Dio si trova in dipendenza totale e non può avanzare pretese, egli è sempre colui che riceve.
COSI’ ANCHE VOI (10)
I discepoli sono servi inutili, non perché davanti a Dio siano come schiavi, ma per l’atteggiamento che devono avere di gente senza pretese. Sono “servi inutili” nel senso di “qualunque” o “ non necessario”, che non devono puntare alla loro gloria o ad altri interessi, ma agire come dice un salmo: “ Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria “ (Sl 115, 1).
DOVEVAMO FARE (10)
Fare quanto Dio gli indica è per il credente, non un peso, ma un motivo di riconoscenza.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
IL CRISTIANO E’ ESSENZIALMENTE UNO CHE CREDE
Il primo termine col quale vennero storicamente designati i cristiani è quello di “credenti” (Atti 2, 4). Il sostantivo “fede” e il verbo “ credere” ritornano quasi in ogni pagina del Vangelo e delle lettere degli Apostoli (250 volte la parola “fede” e 300 il verbo “credere”). Il Vangelo di Giovanni in particolare esprime col verbo “credere” chi sia e cosa debba fare il discepolo di Cristo. Nelle lettere degli apostoli i cristiani sono esortati di continuo ad essere saldi nella fede. Si può comprendere il perché di questa insistenza: Gesù stesso parla più frequentemente della fede che dell’amore, anche se fa intendere con chiare parole che la fede autentica non si limita a dire “Signore, Signore”, ma deve giungere all’amore fattivo per il prossimo. Giustamente un teologo contemporaneo, W. Kasper, ha potuto scrivere che la fede “abbraccia l’uno e il tutto dell’esistenza cristiana”. (F. Ardusso)
ASPETTI DELLA FEDE
Della fede la liturgia odierna illumina alcuni aspetti.
Ecco il primo: “il giusto vivrà per la sua fede”. E’ una frase celebre su cui San Paolo costruisce il punto chiave della sua teologia. In senso forte essa sottolinea il rapporto tra fede e vita. Si potrebbe anche tradurre: il giusto vive di fede, così come si vive di pane, si vive di aria. Una fede separata dalla vita non serve a nulla. Sarebbe una separazione fatale, ma occorre una fusione totale: tutta la mia vita deve entrare nella fede, e tutta la fede deve irrompere nella mia vita, illuminarla e trasformarla. E nella trama completa di ogni giorno che si vive l’esperienza di fede. Si crede come si vive e, inversamente, si vive come si crede. Lo dice bene l’immagine evangelica del lievito: non deve rimanere fuori della pasta, ma entrare in essa e dal di dentro fermentarla tutta. Cioè: offrire il metro per valutare tutto, comandare tutte le scelte, da quelle religiose a quelle civili, offrire le linee direttive per la condotta concreta.
Un altro aspetto è espresso dal ritornello del Salmo: “ Fa che ascoltiamo, Signore la tua voce”. “La fede nasce dall’ascolto”, dice S. Paolo in Romani 10,17. Ascoltarlo veramente equivale ad accoglierlo, dirgli “si”, come la Madonna l’ha detto con il suo “fiat”. E questo dice chiaro che la fede nasce da un’iniziativa di Dio. La decisione di fede non sta dalla parte del soggetto. Chi decide veramente è la forza auto-rivelativa dell’Oggetto immenso, che qui è una persona. Si tratta di lasciarsi invadere da Lui. E questa è una vera rivoluzione copernicana. Finalmente nel Vangelo gli Apostoli dicono al Signore: “Aumenta la nostra fede”. La fede non è statica, non è un valore che ormai si possiede, una cosa che si sa già. E’ una continua conquista, è una scoperta che si rinnova ogni giorno, è un cammino progressivo nella luce. E’ cioè qualcosa che cresce, come tutte le cose vive. Chi vive così la fede, leggendo i quattro evangeli, ha l’impressione di scoprirne un quinto che non gli era ancora capitato di leggere. (M. Magrassi)
FEDE E’ ADESIONE ALLA PERSONA DI CRISTO
La fede non consiste tanto in un’adesione intellettuale ad una serie di verità astratte, ma è l’adesione incondizionata ad una persona, a Dio che ci propone il suo amore in Cristo morto e risorto. Per questo la fede è obbedienza a Dio, comunione con lui, vittoria sulla solitudine. E’ un dono di Dio, ma un dono che aspetta la nostra libera risposta, che vuole diventare l’anima della nostra vita quotidiana e della comunità cristiana. (Messale LDC)
LA FEDE ILLUMINA LA VITA
La fede è la luce unica che illumina gli enigmi dell’esistenza e rivela i misteri della storia, quella grande del mondo e quella piccola di ciascuno. La fede non offre una luce solare, ma come i fari dell’automobile, illumina quel tratto di strada che ci sta immediatamente davanti. Il resto si illuminerà poi. In un periodo storico turbolento, Abacuc ha l’impressione che Dio abbia abbandonato il suo popolo e lo interpella angosciato. La risposta arriva tagliente come una spada: c’è la strada della salvezza, ed è aperta a chiunque ha fede in Dio. E Gesù nel Vangelo assicura che la fede autentica può spostare le montagne, ottenere cose che umanamente sembrano impossibili.
AUMENTA LA NOSTRA FEDE
Il vangelo si apre con la preghiera degli Apostoli: “aumenta la nostra fede” E’ forse la preghiera che tutti dovremmo fare. Ci sentiamo rispondere da Gesù: “Se aveste fede quanto un granello di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”. Non c’è bisogno di una grande fede, sembra dire Gesù. Basta una piccola fede, ma che sia fede, ossia fiducia in Dio più che in qualsiasi altra cosa (carriera, denaro, affari, se stessi). Di questa fede ne basta “un granello”; è capace di spostare anche le montagne. La verifica è indicata nelle frase finale del brano evangelico; “ Quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili”. Il discepolo è chiamato a fare il suo dovere fino in fondo. (V. Paglia)
GELSO TRAPIANTATO IN MARE
L’idea che si vuole trasmettere qui è questa: la fede è attiva, non è una quieta e stanca rassegnazione alle cose, anzi, arriva a sconvolgere l’ordine del creato, le “leggi” della natura. Un gelso non può crescere affondando le radici nell’acqua del mare, ma la fede può fare l’impossibile. La traiettoria della fede, quindi, va al di là degli schemi, travolge lo svolgimento fisso degli eventi, è tutto, tranne che accettazione inerte di quello che si chiama fato o destino. La fede è allora coraggio e decisione, azione e iniziativa: lo è quando si progettano e si fanno cose nuove, lo è quando si affronta con coraggio tutto quanto nella vita ha segno negativo: il peccato, il dubbio, il non senso, la morte, cioè non ci si lascia paralizzare dalla negatività, ma si reagisce cogliendo lo spiraglio di positivo che anche la situazione più nera possiede. Forse è questa ultima luce, il “granello di senapa” che basta a far miracoli. Può far stare un gelso nel mare, cioè può far vigoreggiare una pianta anche se le viene a mancare la terra della sicurezza a cui abbarbicarsi con tutta la forza delle radici. La fede sa vivere anche nell’incertezza dei flutti, nell’isolamento di un’immensità senza confini, che fa paura e sgomenta. (Domenico Pezzini)
SERVI INUTILI
Per noi abituati a rivendicare meriti, poltrone, riconoscimenti, queste parole suonano davvero strane. Nel mondo del “do ut des” ciascuno rivendica il riconoscimento dell’opera prestata. Ma ai suoi discepoli Gesù dice che, dopo aver esercitato il compito che è loro richiesto, non devono aspettarsi nulla. Sfugge il senso di queste parole se non si pensa al Signore Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito e alla dimensione del servizio fondamentale nella comunità cristiana. Il Verbo da Dio si è fatto servo, si è per noi alienato dalla sua condizione divina. Essere come lui implica quindi assumere l’atteggiamento di servizio, senza presumere perciò di acquisire meriti o potere. Nessuno di noi è insostituibile. Nessuno può pretendere alcunché per il servizio che rende alla comunità. Il cristiano sa bene che ha avuto in dono la fede e il compito di rivelarla al mondo. (C. Militello)
LA FEDE
La fede è anzitutto ascolto di Dio. Un ascolto, che sia privo di pregiudizi, o almeno disposto a spazzar via ogni pregiudizio. L’ascolto credente è disposto a spazzar via ogni pretesa: non solo di avere tutto e subito quello che si desidera d’istinto, ma anche di sapere quello che è veramente il bene di ciascuno.
La fede è sempre conversione, prima nelle idee che nella vita, o meglio nelle idee che guidano la vita.
La fede è attesa fiduciosa. Il suo obiettivo sono non le formule o le parole, ma l’adempimento di una promessa, qualcosa che deve avvenire, una scadenza che si deve verificare.
La fede è anche attenta dei “segni dei tempi”. Il cristiano non sorvola i fatti, ma li legge tutti come segni e appelli, verifiche parziali del disegno che Dio sta attuando.
La fede non è rinunzia alle opere, anzi è capacità di perseverare in esse. La fede è certamente dono gratuito, che non si può guadagnare, ma soltanto accogliere nella fede. Ma la fede rende capaci di vita nuova, di opere decisive. Proprio chi ha fede riconosce che le sue realizzazioni non sono sue, ma del Signore.
Non sarà “irriverente” riferirsi a Gesù come modello anche della fede. Non sarà questione di pensare anche per lui a dubbi mentali da superare, ma certamente come ad un che è vissuto con totale disponibilità all’ascolto, con totale fiducia nella promessa di Dio Padre, con radicale impegno nell’attuazione del suo progetto (Riflessioni di Vittorio Croce)
AVERE LA STESSA FEDE E’ GRANDE GRAZIA
Gli apostoli avevano ben compreso che tutto ciò che riguarda la salvezza viene da Dio come un dono, perciò domandarono al Signore anche la fede: “Signore, aumenta la nostra fede” (Lc 17,5). Avevano capito che nessun bene si compie in noi senza il divino aiuto; erano persino convinti di non poter conservare la fede, affidandosi alle sole forze della ragione, o alla libertà dell`arbitrio, da chiedere che questa fede venisse posta e conservata in loro. Non è forse il Signore stesso a dichiarare la nostra insufficienza quando afferma: “Come il tralcio non può produrre frutto se non resta unito alla vite, cosí nessuno può portare frutto se non rimane in me” (Gv 15,4)? E ancora: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5)? Per Paolo, poi, è una nota costante: “Che cos`hai che tu non abbia ricevuto? E se l`hai ricevuto, perché te ne glori come se non l`avessi ricevuto?” (1Cor 4,7). Persino le possibilità di tolleranza che possiamo dispiegare nel sostenere le tentazioni, non dipendono dalla nostra virtù quanto piuttosto dalla misericordia di Dio e dalla sua moderazione, come si esprime in proposito il beato Apostolo: “Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti, Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazion e vi darà anche la via d`uscita e la forza per sopportarla” (1Cor 10,13). ……Il profeta Geremia, da persona di Dio, afferma senza mezzi termini che anche il timore di Dio ci è infuso dal Signore. Cosí egli dice, infatti: “Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi. Concluderò con essi un`alleanza eterna e non mi allontanerò piú da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore perché non si distacchino da me” (Ger 32,39-40). Del pari Ezechiele: “Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio” (Ez 11,19-20). (Giovanni Cassiano, Collationes, 3, 16-1)
LA NOSTRA PARTE
Da tutto ciò siamo piú che edotti che l`inizio della buona volontà in noi si ha per ispirazione di Dio, vuoi perché egli stesso ci attrae verso la via della salvezza, vuoi perché si serve delle esortazioni di una persona qualsiasi o della necessità o della perfezione delle virtù o di cose simili. La nostra parte sta in questo: noi possiamo, con piú fervore o con piú tiepidità eseguire l`esortazione di Dio e appoggiare il suo aiuto, e qui risiede la nostra possibilità di merito o di castigo appropriato. Quindi, ciò che per sua elargizione e provvidenza è stato a noi dato con benignissima degnazione, sarà per noi causa di premio o di castigo in dipendenza di quanto lo avremo trascurato o ci saremo studiati di aderirvi con la nostra devota obbedienza. (Giovanni Cassiano, Collationes, 3, 16-1)
FEDE NEI DOGMI
Il termine «fede» è unico come vocabolo, ma la realtà che esso significa è duplice. V`è una specie di fede, quella dei dogmi, che consiste nell`assenso dell`anima a una verità, essa è utile all`anima, secondo la parola del Signore: “Chi ascolta le mie parole e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non viene alla condanna” (Gv 5,24); e ancora: “Chi crede in lui non è condannato” (Gv 3,18): “ma è passato da morte a vita” (Gv 5,24). Oh, il grande amore di Dio per gli uomini! Gesú ti dona gratuitamente, nel corso di una sola ora, quello che essi guadagnarono meritandosi per molti anni le sue compiacenze, operando rettamente. Se tu crederai che Gesú Cristo è il Signore e che Dio lo risuscitò dai morti, sarai salvo (Rm 10,9) e verrai trasportato in paradiso da colui che vi ha introdotto il buon ladrone. Non credere che sia cosa impossibile. Colui che, su questo santo Golgota, ha salvato il ladrone (Lc 23,43) che credeva da una sola ora, salverà te pure, se credi. (Cirillo di Gerus., Catech., 5, 9-11)
FEDE CARISMATICA
V`è una seconda specie di fede, quella che ci è donata da Cristo come puro dono gratuito. “Dallo Spirito a uno è dato il linguaggio della sapienza, a un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito; a uno la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni” (1Cor 12,8-9). Questa fede, che è dono gratuito dello Spirito, non riguarda solamente i dogmi, ma anche l`efficacia di operare cose che superano le umane possibilità. Chi possiede questa fede, dirà a questo monte: «Trasferisciti da qui a lì»; ed esso si trasferirà (cf. Mt 17,20). Quando uno dice questo, mosso dalla fede, e crede che ciò avvenga e non ne dubita in cuor suo (Mc 11,23), riceve la grazia. E` a questa fede che si riferisce la frase: “Se avete fede come un chicco di senape” (Mt 17,20). Un grano di senape è piccolo di mole, ma ha la forza di bruciare; seminato in un piccolo recinto, emette grandi rami e, una volta cresciuto, è capace di fornire ombra agli uccelli (Mt 13,32). Così anche la fede ha la forza di operare grandissime cose buone in pochissimo tempo. Essa rappresenta Iddio con immagini e lo intuisce, per quanto le è concesso, illuminata dalla fede dei dogmi. Essa gira attorno ai confini del mondo e, prima ancora della fine del secolo presente, vede il giudizio e la retribuzione dei beni promessi. Abbi quella fede che è in tuo potere e conduce a lui, per ricevere da lui anche quella che supera le possibilità dell`uomo. (Cirillo di Gerus., Catech., 5, 9-11)
IL SUPERBO CHE SI FA CREDITORE DI DIO
Quanto è bene adatta questa similitudine per colui che diceva: “Dio, ti ringrazio, perché non sono come tutti gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri o come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana, pago le decime di tutti i miei beni” (Lc 18,11). Quanto sarebbe stato meglio se avesse detto umilmente: Signore, sono un servo inutile, ho fatto solo ciò che dovevo fare. Infatti, poiché il servo fa il suo ufficio per dovere e per necessità, il padrone non gli deve nessuna gratitudine, se egli fa ciò che gli vien comandato. Così noi quando osserviamo i comandamenti; via, dunque, la superbia, la vanagloria, il fumo della mente, e inginocchiamoci tra gli umili servi inutili, come quello che diceva: “La mia anima è innanzi a te come terra senz`acqua” (Sal 142,6). E` terra senza acqua, secca, infeconda, sterile, inutile. Ma è uno che aveva fatto tutto ciò che gli era stato comandato, com`è detto: “Non mi sono allontanato dai tuoi precetti” (Sal 118,51) e: “Non ho dimenticato la tua giustizia” (Sal 118,141). (Bruno di Segni, In Luc., 2, 39)
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Padre, che ci ascolti se abbiamo fede quanto un granellino di senapa, donaci l’umiltà del cuore, perché cooperando con tutte le nostre forze alla crescita del tuo regno, ci riconosciamo servi inutili, che tu hai chiamato a rivelare le meraviglie dell’amore. (Colletta 27 perannunm C)
•Noi crediamo, Signore, ma tu aumenta la nostra fede, per noi e per quanti cercano di credere; sia luce alla nostra ragione, poiché senza, è sempre più buio il mondo, e non ci sono risposte che valgano. (D. Maria Turoldo)
•O amore puro, sincero, perfetto! O luce sostanziale! Dammi la luce affinché in essa io riconosca la tua luce. Dammi la tua luce, affinché io veda il tuo amore. Dammi la tua luce. affinché io veda la tua misericordia paterna. Dammi un cuore per amarti, dammi occhi per vederti, dammi orecchi per udire la tua voce, dammi labbra per parlare di te, il gusto per assaporarti. Dammi l’olfatto per sentire il tuo profumo, dammi mani per toccarti e piedi per seguirti. (Tichon di Zadonsk)
•Aumenta, Signore, la nostra fede, perché possiamo vedere il segno della tua presenza anche là dove sembra che il buio occupi tutto lo spazio.
•Aumenta, Signore, la nostra fede, perché non ci lasciamo condizionare dall’esiguità della nostre risorse, ma sappiamo mettere quanto abbiamo nelle tue mani e nelle mani dei nostri fratelli, ricordando, ancora una volta, che dando si riceve, e trattenendo si perde. (D. Pezzini)
•Signore, tu ci spingi a lavorare all’edificazione del tuo regno. Ma senza il tuo aiuto noi siamo solo cattivi operai. Infondi in noi l’umiltà e la fiducia che ci permettano di collaborare con la tua grazia, senza scoraggiamenti all’opera del Padre tuo.
•Signore io credo e voglio credere in te! O Signore fa che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane. O Signore, fa che la mia fede sia forte; non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avversità di chi la discute. (Paolo VI)
•Ti domandiamo, o Padre, di donarci la presenza vivificante del tuo Spirito. Egli sia in noi la forza che attende chi erra, che accoglie pietosa chiunque ritorna, che sostiene l’aspro cammino della vedova, che riempie la solitudine dell’orfano, che difende il diritto di chiunque patisce oppressione, che sostiene il passo vacillante, che reca conforto a chi è disperato. (liturgia mozarabica)
•Ti ho chiesto, Signore la forza, in vista del successo, e tu mi hai fatto debole, perché imparassi ad obbedire. Ti ho chiesto la ricchezza, per essere felice, ho ricevuto l’infermità, per fare cose migliori. Ti ho chiesto il potere, per essere apprezzata, ho ricevuto la debolezza, per aver bisogno di te. Ti ho chiesto l’amicizia, per non essere sola, mi hai dato un cuore per amare i fratelli. Non ho avuto nulla di quanto ti avevo chiesto, ho avuto molto di più di quanto avevo sperato. Le preghiere non formulate sono state esaudite, e di tutti gli uomini io sono la più ricca. Grazie, Signore. (Preghiera di Lucia Soffri, studentessa di Sociologia a Trento, impegnata, indipendente, generosa, morta nel 1970 di tumore)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Vivere secondo la fede che si professa.