Marco 10, 46-52: 46 In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49 Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52 E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 10, 46-52
In quel tempo, mentre Gesù mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c`era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Con la guarigione di Bartimeo si conclude la sezione centrale del Vangelo di Marco (8, 27-10,52). Anche la sezione precedente (6, 1-8, 26) detta del “pane”, perché contiene le due moltiplicazioni ed è orchestrata attorno al pane, termina con la guarigione di un cieco a Betsaida (8, 22-26), che vede progressivamente e ha bisogno di illuminazione, come i discepoli, che hanno occhi e non vedono (8, 17). Questo nuovo miracolo, che è l’ultimo presentato da Marco, va letto in profondità: il cieco vede fisicamente, ma ancor più spiritualmente. Qui abbiamo un miracolo assai superiore a quello fisico della vista riacquistata, abbiamo un’illuminazione che porta a una sequela vera senza più le incomprensioni degli apostoli (8, 32 e 9, 32), il loro spavento (10, 32), la loro brama di dominare (9, 34), l’arrivismo di Giacomo e Giovanni. L’episodio, che è uno dei più vivaci e riusciti di Marco, fa da cerniera tra la sezione del cammino verso la croce e la sezione della rivelazione definitiva e della morte e risurrezione.
PARTIVA DA GERICO (46)
Percorsa da Nord a Sud la Perea, regione a est del Giordano, la comitiva di Gesù con gli Apostoli attraversa il fiume e per l’antica strada romana si dirige verso Gerusalemme, passando per Gerico. Gerico è tra le più celebri località di tutta la storia ebraica. Tra l’altro viene ricordata nella Bibbia per la sua conquista da parte di Giosuè (1250) e nel Nuovo anche per l’episodio di Zaccheo.
BARTIMEO (46)
Questo episodio è narrato dai tre Sinottici (Mt 21, 1-11 e Lc 19, 278-40). Solo Matteo parla di due ciechi, cosa probabile perché di solito i ciechi andavano quasi sempre accoppiati. Marco, con Luca, parla di uno solo, probabilmente perché l’unico conosciuto nell’ambiente per cui scrive o da cui ha attinto la notizia.
COMINCIO’ A GRIDARE (47)
Tutto l’episodio è un vero cammino di fede: Gesù passa, poi il cieco inizia a gridare, E’ una chiamata indiretta e una risposta.
FIGLIO DI DAVIDE (47)
Figlio di David è il titolo popolare del Messia, che in Marco compare ora per la prima volta. Nel suo cammino il cieco riconosce Gesù come Messia. Da questo momento (10, 46) Gesù accetta che lo si chiami “figlio di David” e lo si proclami Messia. Ormai si è sufficientemente presentato come Messia sofferente e non dovrebbero esserci più equivoci. Chi vuol seguirlo sa che deve seguirlo sulla via della croce.
MOLTI LO SGRIDAVANO (47)
Nella vivacità del racconto che segue si possono trarre validi insegnamenti per la sequela. Nel cammino del cieco per andare da Gesù sorgono ostacoli da parte della folla vuole eliminare il disturbo Il cieco non si scoraggia, ma insiste. Gesù si ferma e chiama.
GETTATO VIA IL MANTELLO (50)
Il mantello, che serviva per coprire di giorno e come coperta per la notte era tutta la ricchezza del cieco. Lasciandola per andare da Gesù, lascia tutto ciò che possiede.
CHE VUOI CHE TI FACCIA (51)
Alla domanda di Gesù, il cieco risponde invocandolo col termine “Rabbuni”, ossia Rabbi (maestro) in forma affettuosa, come farà la Maddalena, quando riconoscerà Gesù (Gv 20,16). Bartimeo viene “subito” guarito grazie alla fede.
E LO SEGUIVA (52)
Il termine scelto da Marco “ acolutein” significa sequela sia fisica che spirituale, come quella degli apostoli. Il cieco guarito segue Gesù che va a Gerusalemme.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
CIECO SIMBOLO DEL GENERE UMANO
Il nostro Redentore, prevedendo che gli animi dei suoi discepoli si sarebbero turbati a causa della sua Passione, predisse loro con molto anticipo sia lo strazio della Passione che la gloria della sua Risurrezione, affinché, vedendolo morente, cosí come era stato predetto, non avessero dubitato che sarebbe anche risorto. E siccome i discepoli erano ancora carnali e del tutto incapaci di comprendere le parole del mistero, il Signore operò un miracolo. Davanti ai loro occhi, un cieco riacquistò la vista, perché coloro che non capivano le parole dei misteri celesti per mezzo dei fatti celesti venissero consolidati nella fede. ……Il cieco è simbolo di tutto il genere umano, estromesso dal paradiso terrestre nella persona del primo padre Adamo. Da allora, gli uomini non vedono piú lo splendore della luce superna, e patiscono le afflizioni della loro condanna. E nondimeno, l`umanità è illuminata dalla presenza del suo Salvatore, sí da poter vedere – almeno nel desiderio – il gaudio della luce interiore, e dirigere cosí i passi delle buone opere sulla via della vita. (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 2, 1-5.8)
GESU FA RIACQUISTARE LA LUCE PERDUTA
Una cosa è degna di nota a questo punto ed è il fatto che il cieco riacquista la vista allorché Gesú si avvicina a Gerico. Gerico sta per luna, e luna, secondo la Scrittura, indica le deficienze della umana natura. Il motivo è forse da ricercare nel fatto che essa va soggetta ogni mese a fenomeni di decrescenza, cosicché è stata designata quale espressione della fragilità della nostra carne mortale. Sta di fatto che mentre il nostro Autore si appressa a Gerico, il cieco riacquista la vista. Il che vuol dire che allorché il Signore assunse la debolezza della nostra natura, il genere umano riacquistò la luce che aveva perduto. La risposta al gesto di Dio, che incomincia a patire le umane debolezze, è il nuovo modo di essere dell`uomo, elevato ad altezze divine. Ecco perché, a buon diritto, il Vangelo dice che il cieco sedeva lungo la via a mendicare. Gesú, infatti, che è la Verità, afferma: “Io sono la via” (Gv 14,6).
RICONOSCERE LE PROPRIE TENEBRE
Chi perciò ignora lo splendore dell`eterna luce è cieco; se, però, già crede nel Redentore, egli siede lungo la via; se però, pur credendo, trascura di pregare per ricevere l`eterna luce, è un cieco che siede lungo la via, senza mendicare. Solo se avrà creduto e avrà conosciuto la cecità del suo cuore, pregando per ricevere la luce della verità, egli siede come cieco lungo la via e mendica. Chiunque perciò riconosce le tenebre della propria cecità, chiunque comprende cosa sia questa luce di eternità che gli fa difetto, invochi con le midolla del cuore, invochi con tutte le espressioni dell`anima, dicendo: “Gesú, Figlio di David, abbi pietà di me”. Ma occorre anche ascoltare quanto segue al clamore del cieco: “Coloro che gli camminavano innanzi lo rimproveravano affinché tacesse” (Lc 18,38-39). (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 2, 1-5.8)
PERSEVERARE NELLA PREGHIERA
Prestiamo attenzione ora a quel che fece allora quel cieco che anelava ad essere illuminato. Continua il Vangelo: “Ma il cieco con più forza gridava: Figlio di David, abbi pietà di me!” (Lc 18,39). Vedete? Quello stesso che la turba rimproverava perché tacesse, grida con lena centuplicata, a significare che tanto piú molesto risulta il tumulto dei pensieri carnali, tanto piú dobbiamo perseverare nella preghiera. Sí, la folla ci impone di non gridare, perché i fantasmi dei nostri peccati spesso ci molestano anche nel corso della preghiera. Ma è assolutamente necessario che la voce del nostro cuore tanto piú vigorosamente insista quanto piú duramente si sente redarguita. In tal modo, non sarà difficile aver ragione del tumulto dei pensieri perversi e, con la sua assidua importunità, la nostra preghiera perverrà alle orecchie pietose di Dio. Però, allorché insistiamo con vigore nella preghiera, fermiamo nella nostra anima Gesú che passa. Per questo viene aggiunto: “Gesú si fermò e ordinò che il cieco gli fosse condotto dinnanzi” (Lc 18,40). Ecco, colui che prima passava, ora sta. E` cosí, perché fintanto che sopportiamo le turbe dei fantasmi, sentiamo quasi che Gesú passa. Quando invece insistiamo con forza nell`orazione, Gesú si ferma per ridarci la luce. Infatti, se Dio si ferma nel cuore, la luce smarrita è riacquistata…(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 2, 1-5.8)
CRISTO LUCE
Cristo è “la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo” (Gv 1,9), e la Chiesa, illuminata dalla sua luce, diventa essa stessa “luce del mondo”, che illumina “coloro che sono nelle tenebre” (Rm 2,19), come Cristo stesso attesta quando dice ai suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). Di qui deriva che Cristo è la luce degli apostoli, e gli apostoli, a loro volta, sono la luce del mondo… E come il sole e la luna illuminano i nostri corpi, cosí da Cristo e dalla Chiesa sono illuminate le nostre menti. Quantomeno, le illuminano se noi non siamo dei ciechi spirituali. Infatti, come il sole e la luna non cessano di diffondere la loro luce sui ciechi corporali che però non possono accogliere la luce, cosí Cristo elargisce la sua luce alle nostre menti, epperò non ci illuminerà di fatto che se non vi si oppone la cecità del nostro spirito. In tal caso, occorre anzitutto che coloro che sono ciechi seguano Cristo dicendo e gridando: “Figlio di David, abbi pietà di noi” (Mt 9,27), affinché, dopo aver ottenuto da Cristo stesso la vista, possano successivamente essere del pari irradiati dallo splendore della sua luce. (Origene, Hom. in Genesim, 1, 6-7)
POSSIBILITA DI ESSERE ILLUMINATI
Inoltre, non tutti i vedenti sono egualmente illuminati da Cristo, ma ciascuno lo è nella misura in cui egli può ricevere la luce. Gli occhi del nostro corpo non sono egualmente illuminati dal sole: piú si salirà in alto, piú si alzerà l`osservatorio dal quale lo sguardo contemplerà la sua levata, e meglio si percepirà anche il chiarore e il calore; analogamente, piú il nostro spirito, salendo ed elevandosi, si sarà avvicinato a Cristo, esponendosi piú da vicino allo splendore della sua luce, piú magnificamente e brillantemente si irradierà il suo fulgore, come rivela Dio stesso per mezzo del profeta: “Avvicinatevi a me e io mi avvicinerò a voi, dice il Signore” (Zc 1,3); e dice ancora: “Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano” (Ger 23,23). Non è però che tutti andiamo a lui nella stessa maniera, bensí ciascuno va a lui secondo le proprie possibilità (cf. Mt 25,15). O andiamo a lui insieme alle folle e allora ci ristora in parabole (cf. Mt 13,34), solo perché il prolungato digiuno non ci faccia soccombere lungo la via (cf. Mt 15,32; Mc 8,3); oppure, rimaniamo continuamente e per sempre seduti ai suoi piedi, non preoccupandoci che di ascoltare la sua parola, senza lasciarci turbare “dai molti servizi, scegliendo la parte migliore” che non ci verrà tolta (cf. Lc 10,39s). Avvicinandosi cosí a lui (cf. Mt 13,36), si riceve da lui molta piú luce. (Origene, Hom. in Genesim, 1, 6-7)
GESU’ CHIAMA IL CIECO
Gesù guarisce un cieco e gli dice: «Va’, la tua fede ti ha salvato». Un fatto semplice, ma ricco di significati. Il cieco è privo di salute, costretto a lasciarsi guidare dagli altri, immobile sul ciglio della strada dove passa Gesù. Egli chiama Gesù col titolo messianico di «Figlio di Davide» perché spera da lui un miracolo. La gente lo fa zittire. Tutto sembra finito nei limiti di un desiderio umano disperato di guarigione e nel disprezzo e indifferenza degli altri. Ma Gesù rompe questo cerchio e chiama il cieco. La parola di Gesù mette in moto il cieco che, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Lo ha attirato e smosso dalla sua oscura immobilità e solitudine la parola-chiamata di Gesù. La parola di Gesù lo ha liberato. Correndo verso Gesù, il cieco risponde con fede alla chiamata liberatrice del suo Signore. Infatti Gesù gli dice: «La tua fede ti ha salvato». Il cieco non solo è stato «guarito», ma è stato anche «salvato». (Antonio Bonora)
IL CIECO GUARITO SEGUE GESU’
L’acquisizione della vista significa per lui anche e soprattutto arrivare a credere in Gesù. Infatti il cieco guarito si mise a «seguire» Gesù, cioè divenne suo discepolo e lo seguì «per la strada», ossia sulla via che conduce a Gerusalemme, alla morte e risurrezione. Quel cieco, dunque, nell’intenzione dell’evangelista, diventa simbolo del cristiano che, chiamato dalla parola di Gesù, è guarito-salvato in forza della fede, con cui si fa seguace di Gesù sulla via della morte-risurrezione. Per quel cieco non basta sapere che Gesù esiste ed è il Messia. Egli fa un passo ulteriore, convinto che quell’Uomo è capace di guarirlo/salvarlo. Cosi giunge al «sapere» caratteristico della fede. Infatti la fede non è soltanto ammettere come vero tutto quel che riguarda Gesù, ma riconoscere col cuore che egli è «importante» per noi, è la «risposta» ai nostri problemi, è «luce» per la nostra intelligenza, è «speranza» per la nostra libertà. (Riflessioni di Antonio Bonora)
CIECO ESEMPIO DEL CREDENTE
E evidente l’intento pedagogico di Marco. Il cieco diventa l’esempio del credente dalla fede ferma, decisa, che si lascia interpellare e interrogare da Gesù, che mette a nudo la propria povertà e umiliazione e i propri desideri più profondi, e si affida totalmente alla bontà del Signore. Il miracolo è anche la narrazione del cambiamento che l’incontro con Gesù – se autentico – produce in una persona: il passaggio dalla condizione di cieco, di rassegnato alla propria condizione, di escluso dal cammino del popolo che gli passava avanti, alla condizione di chi, uscito dalla solitudine, si integra con gli altri, diventa attivo, vede con chiarezza il senso della propria vita, riconquista fiducia, entusiasmo, gioia. Il cieco del vangelo diventa allora uno specchio sul quale scoprire le nostre cecità. Dalla narrazione siamo stimolati a interrogarci su almeno due tipi di cecità. (Giuseppe Pasini).
RICONOSCERE CHE SIAMO CIECHI
Ci possiamo chiedere: per quest’uomo che non ci vedeva è stata più importante la luce degli occhi, che Gesù gli ha restituito, o l’illuminazione interiore che gli ha fatto vedere in Gesù il Figlio di Davide, il Salvatore, gli ha fatto nascere nel cuore una fede totale, e, guarito, lo ha coinvolto nella vita e nella sequela di Cristo? È giusto che ci poniamo questa domanda perché noi non siamo ciechi negli occhi del corpo, ma spesso siamo ciechi nella mente e nel cuore: viviamo i nostri giorni senza vedere la misteriosa ma reale presenza di Dio nel creato, nella storia della Chiesa e del mondo; non vediamo nella fede la presenza di Gesù Cristo ci ha assicurato: «Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine» ma noi non lo vediamo – non vediamo la sua presenza operante dello Spirito Santo che pure Gesù ci ha garantito. Vediamo con gli occhi la realtà esteriore, ma non vediamo le realtà più profonde nelle quali pure siamo immersi. Se abbiamo il coraggio di riconoscere che siamo ciechi, il Signore può operare anche in noi il miracolo della illuminazione interiore e darci la forza di chiedergli: «Maestro, che io veda». Verrà da sé poi che seguiremo il Signore e ci lasceremo coinvolgere dalla sua vita. (C Chieregatti)
IL TUO VOLTO IO CERCO
La prima cosa che il cieco contempla, quando riacquista la vista è il volto di Gesù. L’episodio traccia plasticamente l’itinerario della fede, la quele non è altro che la ricerca di quel volto. C’è un versetto dei salmi che ne riassume tutta la tematica: “ Il tuo volto, o Signore, io cerco”. E santa Teresa di Lisieux lo riesprimeva così: “ il tuo Volto è la mia sola patria”. E’ già la patria qui nell’esilio terrestre. Lassù, quando cadranno tutti i veli, lo vedremo come è. Quaggiù lo posiamo già intravedere come in uno “specchio, dice San Paolo, riflesso nelle cose. Nel cammino di fede ci sono tappe obbligate che Bartimeo incarna molto bene: bisogna come lui essere coscienti della nostra cecità, cioè della nostra radicale, nativa impotenza ad aprirci alla luce, di qui nasce la sete di luce: “fa che io veda”. E’ la ricerca appassionata della Verità, che ha trovato accenti commossi negli scritti di grandi pensatori come Agostino. La ricerca, per grazia, sfocia nell’incontro. Chi cerca Dio lo trova. Il primo incontro con questa luce ci è stato offerto nella grazia battesimale. Per noi è questo il germe da sviluppare poi. Ma per il neofita adulto era un’esperienza immediata, che Cipriano descrive così: “ Il mio cuore purificato fu invaso da una luce dall’alto, e uno spirito venuto dal cielo m’infuse una nuova vita. Allora avvenne un meraviglioso cambiamento: al dubbio succedette la certezza, al mistero la chiarezza, alle tenebre la luce. Condotta fino in fondo questa esperienza strappava a Newman questa bella testimonianza: “Non ho mai peccato contro la luce”. “Dio non la ha mai visto nessuno” e anche il volto di Cristo si è sottratto con l’ascensione alla nostra esperienza. I cristiani sono però sempre degli “illuminati” e Dio lo vedono nei “segni, dal momento che tutto è segno di questa presenza. Bisogna oltrepassare la soglia del “segno”, “squarciare il velo”. Giovanni della Croce ha scritto: “ Rompi la tela a questo dolce incontro”. Allora ogni atto della realtà si traduce in un incontro con lui. Questo avviene anzitutto nei segni ecclesiali, in quelli, per esempio, che la Chiesa pone nella celebrazione ecclesiale. Senti risuonare una parola: è Lui che parla. Vedi due mani che spezzano il pane: sono le sue mani che lo spezzano. Guardi quel pane: e sai che non è pane, al di là del velo incontri il Risorto che è lì. Questo incontro non si limita all’Eucaristia, perché la divina presenza afferra tutto, è al fondo di tutte le cose: avvenimenti, incontri umani, elementi della natura. In tutto è possibile incontrarlo. La fede non è anzitutto l’aprirsi a una realtà astratta; è la scoperta incessante, viva di questa presenza. E’ quello che faceva Ignazio, il grande vescovo di Antiochia: “ So che Cristo risorto vive tuttora. Quando si avvicinò a Pietro e ai suoi compagni volle che lo toccassero, perché fossero persuasi della sua realtà. Io lo vedo e lo tocco dovunque con la fede”.(M. Magrassi)
INTERROGATIVI
Bartimeo è modello di una fede genuina: cerca con insistenza Gesù, non si scoraggia delle difficoltà, per andare da lui lascia tutto, lo segue senza reticenze e dubbi. E’ così la nostra fede? Per i fratelli che sono immersi nella notte del dubbio e dell’errore, siamo guida che conduce a Cristo, unica vera luce? Come? Gesù, uomo e Dio, è il mediatore perfetto che conduce a Dio, il sacerdote per eccellenza. La nostra fede ha come riferimento assoluto Gesù?
PREGHIERA (pregare la parola)
•Ti benediciamo, Padre, per il cuore di Cristo che a Gerico ebbe pietà del cieco della strada, immagine dell’umanità bisognosa della tua luce. Facciamo nostre le sue grida di fede e di supplica: Signore, ci invadono le tenebre dell’incredulità e ci attanagliano le nostre supposte sicurezze. (Basilio Caballero)
•Fa’, Signore, che il tuo amore risvegli la nostra fede guarendo la nostra cecità, per poter vedere tutto con gli occhi nuovi della fede: i criteri di Gesù. Così lo seguiremo spinti dalla forza della sua tenerezza, come donne e uomini nuovi, guidati dal tuo Spirito. (Basilio Caballero)
•O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote giusto compassionevole verso coloro che gemono nell’oppressione e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera: fa’ che tutti gli uomini riconoscano in lui la tenerezza del tuo amore di Padre e si mettano in cammino verso di te. (Colletta 30 perannum B)
•E tu rompi il cerchio e chiama, chiama chiunque t’invoca e attende dai margini della strada: chiedi solo pazienza di credere! Oh, fa’ che tutti vedano, Signore! (David Maria Turoldo) • «Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada…» Tu continui, Gesù, a camminare lungo le vicende di ogni tua creatura, i tuoi passi solcano ancora la nostra esistenza che giace, a volte, ai margini, sopraffatta dal vortice di mille cose. Ciechi, «sediamo» lungo la strada, già morti dentro. Chiusi in noi stessi, pensavamo di vedere e di veder bene ogni cosa, di saper prendere la giusta direzione: e invece proprio per questo siamo ciechi. Non solo. Abbiamo creduto che noi, ciechi, potessimo guidare anche gli altri e invece siamo caduti insieme con loro nell’abisso della miseria. E poi, guide cieche, non abbiamo saputo trovare «la strada diritta dove non si inciampa» e lo abbiamo impedito anche ai fratelli che sono venuti a noi con le mani tese.
•Ora che il nostro peccato ha messo a nudo la nostra vergogna, non vogliamo più nasconderei al tuo passaggio e, se i nostri occhi non vedono, le nostre orecchie sono tese con tutta la forza che ci è rimasta ad attendere la tua venuta. Abbiamo seminato, piangendo, germi di morte, ma nonostante questa cruda verità potremo cantare la gioia di un raccolto solo se riusciremo a farti udire, tra lo schiamazzo della folla che ti circonda, la nostra voce, che ti grida pietà, misericordia, pace, luce.
•«Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me!» Gli ultimi guizzi del nostro orgoglio ferito tentano ancora di soffocare la sete di verità che c’è nel profondo di noi stessi e il nostro cuore urla la sua disperazione. «Abbi pietà di me!». Non puoi non fermarti Gesù, e la tua ombra risanatrice ci copre e ci avvolge mentre tu pronunzi il nostro nome: «Coraggio! Alzati, ti chiama!»
•Tu cammini ogni giorno con noi, nel giardino stupendo della nostra vita, in cui ci hai posti perché diventassimo lode vivente di ogni creatura. Ci hai scelti perché potessimo, nella ferialità scialba e piatta, «offrire doni e sacrifici». Ma ci è parso troppo poco tutto questo e la debolezza di cui siamo rivestiti ha allungato la sua mano addentando il frutto proibito di una falsa conoscenza che ci ha abbagliato il cuore. Ciò che vediamo ora sono solo le tenebre di una vergogna che ci acceca e ci fa brancolare nel buio del fitto sottobosco dei nostri sentimenti confusi. Ci siamo smarriti, abbiamo perso la luce e avvertiamo intorno solo il vociare della folla per qualcosa che accade. Dacci la forza, Signore Gesù, di gridarti tutta la nostra delusione. Aiutaci a ritrovare la luminosità della tua presenza, che avanza lungo la strada dove stiamo a mendicare ogni giorno quell’Amore che solo tu doni al nostro cuore.
•Non ci distragga la folla delle false verità che ci urlano dentro e fuori, i prodotti di logiche vuote e mortifere. Siamo ciechi, resi tali dalla nostra sete d’amore che, divampando in tutta la sua irruenza, ci ha portati lontani da te. Siamo ciechi, e le nostre pupille, fatte per contemplare il tuo volto radioso, sono abbagliate dal miraggio di una vita impossibile fuori di te. Siamo ciechi, perché non abbiamo creduto ad un amore che diventa luce solo dopo essere passato nel buio di un grido lacerante. Siamo ciechi, perché vediamo solo la nostra solitudine, il fallimento, l’impotenza.
•La tua voce ha vinto le nostre tenebre e, «gettato via il mantello» della vergogna, ci spieghiamo di fronte a te in tutta la nostra realtà, «in piedi», e veniamo mendicanti della tua luce: «Che vuoi che io ti faccia?», «Che io riabbia la vista!», «Va’, la tua fede ti ha salvato». Sì, crediamo, Signore, e ora vediamo! vediamo te, il tuo volto di misericordia e ti seguiamo vedendo le tue spalle curve sulla strada e cariche di tutta la nostra vergogna, della nostra schiavitù.
•Ti vediamo reso apparente impotenza mentre spezzi per noi il tuo corpo sulla mensa del sacrificio e versi per noi il tuo sangue per lavare le nostre vesti sporche di tutto il peccato che siamo. Vediamo il nostro sacerdote e figlio della gloria, e crediamo che, se rimarremo nella sua parola, ci avverrà secondo la nostra fede e vinceremo ogni tenebra, buio e notte.
•Ora vediamo che dobbiamo innalzare canti di gioia per la tua salvezza. Vediamo i fiumi d’acqua viva sgorgare dal nostro cuore e non zoppichiamo più sulle strade dei nostri pensieri tortuosi.
•Ora vediamo… e sentiamo entrare dentro, come olio benefico, il dolce Consolatore, tuo dono, Gesù, e del Padre tuo, che asciuga ogni lacrima.
•Ora vediamo e la nostra voce canta la tua gloria, rompendo ogni argine. Tutti i fratelli, tutti i popoli, tutti: il settentrione e il mezzogiorno, tutti vengono sulla strada della luce dove tu, Signore, come un padre, ci tieni per mano. Vediamo con occhi stupiti ritornare i prigionieri dell’ombra di morte, cantandoti le cose grandiose che hai fatto per noi. (Preghiere di Suore canossiane)
•Vergine santa, non dimenticare nella tua gloria le tristezze della terra. Volgi il tuo sguardo di bontà su coloro che sono nell’afflizione, che lottano contro le difficoltà e che non finiscono mai di dissetare le loro labbra alle amarezze della vita. Abbi pietà di coloro che si amavano e che sono stati separati. Abbi pietà della solitudine del cuore. Abbi pietà della debolezza della nostra fede. Abbi pietà di coloro a cui va la nostra tenerezza. Abbi pietà di coloro che piangono, di coloro che pregano, di coloro che tremano. Dona a tutti la speranza e la pace.
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Ad imitazione del cieco che vede, crede e segue Gesù, anche noi vediamo la verità di Cristo, crediamo il lui e seguiamolo.