Luca 21, 5-19: 5 In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6 «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 7 Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8 Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “II tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9 Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». 10 Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11 e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13 Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14 Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere ne controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 21, 5-19
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?». Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e: “Il tempo è prossimo”; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine». Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime. (Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Come gli altri sinottici, anche Luca conclude l’attività di Gesù a Gerusalemme, con un discorso sulla fine. Il brano è chiamato la grande apocalissi per differenziarla dalla piccola apocalisse lucana (17, 20-37). Qui Luca segue da vicino Matteo e Marco, ma ama ritornare dall’apocalittica alla storia, cioè storicizza l’apocalittica. Presenta all’inizio il giudizio su Gerusalemme, poi il tempo della Chiesa e infine la venuta del Figlio dell’uomo. Lo schema di fondo è il seguente: una questione introduttiva (5-7 indicazione dei due segni premonitori: falsi profeti, guerre (8-11) e persecuzioni (12-19); descrizione profezia della fine di Gerusalemme (20-24) e della fine del mondo (25-28, risposta alle questioni dei discepoli (25-28). Il nostro brano tratta soprattutto dei segni premonitori.
PARLAVANO DEL TEMPIO (5)
Gesù si trova negli atri del Tempio e il suo discorso è rivolto a tutti, a tutto il popolo ebraico e quindi anche a tutti i cristiani. Marco e Matteo collocano questo discorso nell’orto degli Ulivi.
VERRANNO GIORNI (6)
Davanti a Gesù sta il Tempio splendente, da poco abbellito e quindi praticamente nuovo. Erode il Grande infatti ne aveva iniziato la ristrutturazione nel 19 a. C. . Mentre alcuni ne lodano il materiale di costruzione e le offerte votive date per la costruzione e la decorazione, Gesù parla come i profeti della fine di Gerusalemme (Gr 7,1;Ez 8,11). Per queste profezie subirà le stesse minacce e lo stesso rifiuto (Gr 26) avuto dai profeti, questo sarà uno dei motivi per cui dovrà morire.
QUANDO (7)
Duplice è la domanda: quando avverrà e quale ne saranno i segni. Marco e Matteo passano dopo la domanda alla prospettiva della fine dei tempi. Luca prende in considerazione la distruzione del tempio. Questo modo di presentare le cose si trova ancora sottolineato al v. 9 (non sarà subito la fine) e al 12 (ma prima di tutto questo).
GUARDATE (8)
Invece di rispondere direttamente a chi lo interroga, Gesù fa volgere lo sguardo alla storia dell’uomo e mette in guardia da chi può ingannare, o sviare, in particolare da due specie di seduttori: quelli che pretendono di venire sotto il nome suo (“sotto il mio nome”, “sono io”), e quelli che affermano che il tempo è prossimo. Si tratta di seduzione dottrinale.
GUERRE E RIVOLUZIONI (9)
Gesù dice anche di non lasciarsi spaventare da fatti di guerra e da rivoluzioni e questa è forse un’allusione alle rivolte ebraiche dal 66 al 70, e non è in relazione immediata con la fine dei tempi. Asserisce cioè che per quanto possa parere disastroso l’andamento delle cose della terra, non sarà una distruzione e una fine definitiva (non sarà ancora la fine). I segni assomigliano a quelli della fine, ma non è la fine.
NON PREPARARE LA VOSTRA DIFESA (14)
Nelle persecuzioni i discepoli non devono preoccuparsi di che cosa dovranno dire al giudizio; devono restare sereni, perché Gesù stesso sarà accanto e nessuno potrà resistere loro e combatterli. Gesù dice che lui stesso darà “lingua e sapienza”, mentre in 12, 11 è promessa l’assistenza dello Spirito. Qui si parla anche di forza invincibile. (vedi martirio di Stefano: Atti 6, 10)
PERSINO DAI GENITORI (16)
L’odio verso i cristiani sarà generale, anche nelle famiglie e tra gli amici (odiati da tutti). Il peso della persecuzione diventa gravissimo quando sono i più stretti congiunti all’origine di essa. Luca dice che saranno messi a morte solo “alcuni di voi”, perché di fatto non tutti gli annunciatori subirono il martirio.
NEMMENO UN CAPELLO (18)
La parte conclusiva ha il sapore di un proverbio. Gesù invita alla fiducia. Persecuzione, pericolo di morte, odio, con la protezione di Dio possono essere sopportati e la protezione divina è assicurata, qualunque sia la situazione. Ma è da pensare anche al premio finale.
CON LA VOSTRA PERSEVERANZA (19)
Con la perseveranza (upomone), che dura fino alla fine, apre alla prospettiva della salvezza finale, del riposo escatologico.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
UTOPIA E ANGOSCIA
Sul domani dell’uomo la nostra cultura oscilla tra due estremi. Da una parte sta il mito del progresso. Si ha la sensazione che la storia umana sia una continua ascesa verso mete sempre più alte e frutto del progresso. La scienza, si pensa, è in grado di risolvere ogni problema: è solo questione di tempo. Questa ingenua fiducia nella scienza porta alla visione del futuro come ad un progresso indefinito e ineluttabile. Dall’altra c’è un diffuso senso di angoscia e di insicurezza. Mentre non si riesce a vivere il presente, perché si è proiettati nel futuro, entra nel cuore la paura di questo futuro, a causa dei risvolti negativi del progresso. (L. Galli)
SPERANZA DEL CRISTIANO
Malgrado tutto, il cristiano vede nel futuro un mondo più giusto e più fraterno, dove la gioia e l’amore si offrono a noi in pienezza. Non è un’utopia, perché il traguardo luminoso è fondato sulla divina promessa, che non delude. E’ proprio questo sbocco finale che, al suo termine, l’anno ecclesiale ci prospetta. Sarà il grande “giorno del Signore”. Tutto passerà al vaglio di un giudizio che metterà a posto ogni cosa (1 Lett.). Sarà insieme un momento spaventoso di crisi: Gesù collegandolo alla distruzione di Gerusalemme, lo inquadra in uno scenario bellico che fa pensare a una catastrofe. Sarà in realtà il trionfo definitivo della giustizia. Di fronte ad esso un’esigenza fondamentale s’impone: quella della perseveranza. E’ il solo modo per accedere alla salvezza (Vangelo). E intanto l’attesa non allenta l’impegno nella realtà terrena, ma lo raddoppia. Non può essere un alibi per il disimpegno, ma uno stimolo per il lavoro (2° lettura). (M. Magrassi)
GIUDIZIO
Il passaggio verso la vita alla gloria, transiterà per il vaglio del giudizio. E a giudicare sarà quel Cristo che per salvare tutti e ciascuno ha immolato la vita. L’atto del giudizio è presentato come una divina sentenza: in realtà non sarà che la rivelazione di ciò che si nasconde nel segreto del cuore umano. Cadranno tutti i veli e ognuno si mostrerà come veramente è. La somiglianza con Cristo che si è maturata in chi non gli ha voltato le spalle, passerà dal “misterioso” al “visibile”, e sarà avvolta di gloria. La deformazione di chi ha corazzato il cuore contro le sollecitazioni della Grazia, salterà agli occhi di tutti. Si risolverà in una separazione definitiva dall’Unico che può salvare e renderci felici: “lontano da me maledetti”. Il rifiuto di amare e di lasciarsi amare diventerà eterno. La chiusura all’amore è morte, è la “seconda morte”. La conclusione è ovvia: siamo noi dunque, ora, che pronunziamo il giudizio. Giovanni lo dice con chiarezza; “Chi non crede è già giudicato”. (Mariano Magrassi)
SPERANZA
La storia degli uomini va sempre avanti, polarizzata da una grande speranza: un mondo più giusto e più fraterno, dove la gioia e l’amore si offrono a noi in pienezza. E’ un’utopia? Per il cristiano è speranza. Guardando il futuro egli scorge un traguardo luminoso, fondato sulla divina promessa. Sarà il “giorno del Signore”. Sarà un momento di spaventosa crisi, ma sarà in realtà il trionfo definitivo della giustizia. L’avvenimento è descritto con immagini prese dai profeti che parlano di violenza, persecuzione e distruzioni. Questi elementi fanno parte del linguaggio apocalittico e ci presentano la fine di un mondo. Dalle sue ceneri ne nasce un altro meraviglioso: “cieli nuovi e terra nuova”. Il passaggio verso la vita di gloria transiterà per il vaglio del giudizio, che sarà la rivelazione di ciò che si nasconde nel segreto del cuore umano; cadranno i veli e ognuno si mostrerà come veramente è. (Riflessioni di Mariano Magrassi)
PERSECUZIONE DEI CRISTIANI
Si direbbe che la persecuzione è una costante della fede in Dio. Pesantissima in molti paesi, con sistemi vecchi e nuovi, in altri ha aspetti più nascosti: la fede è schiacciata, i credenti sono coperti di ridicolo, la cultura è segnata dal materialismo e dell’edonismo. (D’Angelo)
Se il predicatore della verità, senza mentire, ha detto veramente che tutti coloro che vogliono vivere pienamente in Cristo soffrono persecuzioni, nessuno, io penso, viene escluso da questa regola generale se non colui che trascura o non sa vivere “con sobrietà, con giustizia e con pietà in questo mondo”. (R. Da Penafort)
Ma il Figlio dell’uomo non fu crocifisso una volta per tutte, il sangue dei martiri non fu versato una volta per tutte, le vite dei santi non furono donate una volta per tutte, il Figlio dell’uomo è sempre crocifisso, e vi saranno sempre martiri e santi. (T. S. Eliot)
La sequela di Cristo è una sequela esigente. Comporta l’odio del mondo, la persecuzione, la morte fisica. E d’altra parte il cristiano non ha da conquistare il mondo. Ha da testimoniare la sua fedeltà a un Dio misericordioso e salvatore, a un Dio capace di passare attraverso la morte in croce, così da significare al mondo la sua compassionevole condivisione della condizione umana. (Militello)
NULLA PERIRA’
“Nemmeno un capello del vostro capo perirà”: queste parole di Gesù ci devono dare il coraggio di guardare il futuro e insieme di avere l’atteggiamento giusto. Il mio futuro e quello dell’umanità è nelle mani di Gesù, perché Lui è il Signore della storia. La speranza, cioè la fiducia nell’amore fedele di Dio, permette al cristiano di attraversare le sfide del mondo moderno e di non essere preda della paura, perché abbiamo con noi un Dio che non delude.
ATTESA DINAMICA
Siamo avvertiti che nulla giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine del lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova, che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che già adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio. Infatti i beni quali la dignità dell’uomo, la fraternità, la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il Regno eterno: che è regno di verità e di vita, regno di giustizia, di amore e di pace. Qui nella terra il Regno è già presente in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione. (Guadium et Spes 39)
LAVORO ATTUALE
Di fronte ad esso un’esigenza fondamentale s’impone: quella della perseveranza. E’ il solo modo per accedere alla salvezza. E oggi dobbiamo vivere in un’attesa dinamica. “Siamo avvertiti che nulla giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso”. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire bensì piuttosto stimolare la sollecitudine del lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che già adombra il mondo nuovo. (GS 39)
LA CHIESA NELL’ATTESA DEL GIORNO DEL SIGNORE
Come cristiani crediamo nel futuro del Regno di Dio. Le vicende di questo mondo non devono oscurare le bellezze della meta, né affievolire il nostro impegno. Nell’incontro tra la bontà di Dio e la fedeltà dell’uomo si edifica la Chiesa, comunità che vive nel tempo annunziando e preparando il definitivo compiersi del disegno divino. (Rossi)
MISSIONE DELLA CHIESA
La missione profetica della Chiesa risponde ad una duplice esigenza: dare senso alla storia degli uomini e insieme denunziarne le ambiguità e gli errori. Chi nella Chiesa avverte di più la prima esigenza corre il rischio, delle volte, di vedere in tutto ciò che è nuovo sempre un fatto positivo; chi sente di più la seconda può essere condotto a rifiutare ogni rinnovamento. E’ perciò di fondamentale importanza che la Chiesa si lasci guidare dallo Spirito nel discernere gli eventi della storia: infatti quando meno se lo aspetta si aprono impreviste possibilità di crescita per l’avvento del Regno. Lo Spirito muove la Chiesa a rendere testimonianza al fatto che nell’intera vicenda del mondo è all’opera una forza di purificazione e di liberazione che tutto proietta verso il Cristo. (CA pag. 174)
TEMPO DELLA SPERANZA
Tutti i giorni della nostra vita e tutte le ore della nostra giornata dovrebbero essere permeati dell’attesa gioiosa. E’ vero che tra gli eventi conclusivi c’è anche la morte, che non è un premio e fa paura. Ma lo sguardo dovrebbe preferire di posarsi sulla venuta gloriosa del Salvatore, quando concederà a noi di ritrovarci insieme con i nostri cari che ci hanno preceduto, in un clima felice nella casa del Padre, giunti finalmente al porto e liberi da ogni malanno. Potremmo chiederci se la morte dobbiamo desiderarla, per poterci riunire al più presto a Cristo, come facevano S. Paolo (Fil 1, 23) e alcuni santi. Non si può dare una risposta certa e uguale per tutti. La cosa certa è che dobbiamo desiderare di più di fare la volontà di Dio, rimanendo costantemente orientati alla patria celeste e lavorando per essa. (Vincenzo Raffa)
ABUSO DEI BENI
Riduciamo a strumento di colpa tutto ciò che abbiamo ricevuto quale mezzo di vita; ma ciò che riduciamo a strumento di peccato, ci sarà cambiato in strumento di pena. Riduciamo la tranquillità della pace a strumento di vana sicurezza, il viaggio terreno lo prendiamo come domicilio in patria, la salute del corpo ci serve per fomentare i vizi; l’abbondanza dei mezzi non l’usiamo per le necessità del corpo ma per la perversione dei piaceri; perfino la serena dolcezza dell’aria l’abbiamo forzata a servire ai piaceri terreni. E’ giusto, dunque, che tutte le cose ci puniscano, poiché le abbiamo asservite tutte ai nostri vizi, in modo che quanti sono stati i piaceri di cui abbiamo goduto in questa vita, tanti saranno poi i tormenti cui saremo sottoposti nell’altra vita. (Gregorio Magno, Hom., 35, 1.3-6)
DIO AIUTA I PERSEGUITATI
Al sentir tante cose terrificanti, si sarebbero turbati gli animi deboli, perciò il Signore dice subito: “Mettetevi bene in mente di non preoccuparvi di come rispondere. Vi darò sapienza e bocca cui non potrà resistere nessuno dei vostri avversari” (Lc 21,14). Come se volesse dire: Non vi spaventate, non temete; voi scenderete in campo, ma sarò io a combattere; voi muoverete la lingua, ma sarò io a parlare. E aggiunge: “Sarete traditi dai genitori, fratelli, parenti, amici, e sarete uccisi” (Lc 21,16). I mali inflitti da estranei recano minor dolore. Ci fanno piú male le pene che vengono da quelli che credevamo ci volessero bene, perché al male del corpo si aggiunge il dolore dell’amicizia perduta…..Ma perché è duro ciò che dice dell’afflizione, della morte, il Signore soggiunge subito l’idea della risurrezione, dicendo: “Eppure neppure un capello del vostro capo andrà perduto” (Lc 21,18). Sappiamo, fratelli, che un taglio nella carne fa male, il taglio del capello non fa male. E il Signore dice ai suoi martiri: “Non cadrà neppure un capello dal vostro capo”, volendo significare: Perché temete di perdere un membro che fa male, se lo tagliate, quando c’è una promessa che neanche ciò che al taglio non duole sarà perduto? Continua: “Se saprete resistere, vi salverete” (Lc 21,19). (Gregorio Magno, Hom., 35, 1.3-6)
SALVEZZA RIPOSTA NELLA PAZIENZA
La salvezza dell’anima è riposta nella virtù della pazienza, perché la fonte e la protezione di tutte le virtù è la pazienza. Attraverso la pazienza diventiamo padroni della nostra vita, perché quando impariamo a dominar noi stessi, allora davvero cominciamo ad essere padroni di ciò che siamo. Ma la pazienza è non solo tollerare i mali che ci vengono dagli altri, ma anche non sentirsi mordere contro colui che è causa del male. Perché se uno sopporta solo in silenzio il male ricevuto, ma desidera che si faccia giustizia, questi non ha pazienza, la mostra soltanto. E’ scritto, infatti: “La carità è paziente, è benigna” (1Cor 13,4). E’ paziente, perché sopporta i mali che vengono dagli altri, ed è benigna, perché ama coloro che sopporta. Perciò la Verità dice: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano” (Mt 5,44). Per gli uomini è virtù tollerare i nemici, per Dio è virtù amarli; Dio accetta solo questo sacrificio, cui dà fuoco innanzi ai suoi occhi, sull’altare delle buone opere, la fiamma della carità. Bisogna poi sapere che a volte sembriamo pazienti solo perché siamo incapaci di rifarci. Ma chi non si vendica, perché non vi riesce, certo non è paziente; perché la pazienza non sta nell’apparenza, ma nel cuore. Il vizio dell’impazienza poi sciupa perfino la dottrina, che è la radice delle virtù. Sta scritto, infatti: “La dottrina dell’uomo forte la si vede nella pazienza” (Pr 19,11). Tanto meno, dunque, uno si rivela dotto, quanto meno si dimostra paziente. Non può, infatti, dar veramente dei beni, colui che non sa sopportare il male. E quale sia il valore della pazienza, lo dice la parola di Salomone: “Il paziente val piú dell’uomo forte, e chi domina il suo animo, vale piú di un conquistatore di città” (Pr 16,32). E’ minor vittoria espugnare una città, perché i nemici vinti qui son fuori. La vittoria della pazienza è piú grande, perché qui è l’animo che supera se stesso, quando lo abbatte nell’umiltà della tolleranza. (Gregorio Magno, Hom., 35, 1.3-6)
PAZIENZA CONTINUA
Bisogna sapere anche un`altra cosa, che accade spesso ai pazienti. Ed è che, nel momento che sopportano un’avversità o sentono un’ingiuria, non soffrono nessun dolore, e così hanno pazienza e nutrono anche buoni sentimenti. Ma poi, quando ripensano a ciò che gli è stato fatto si sentono stimolati da un fuoco fortissimo, cercano motivi di vendetta e perdono, nel ripensamento, tutta la mansuetudine che ebbero prima. E’ che il nostro astuto avversario combatte contro due: uno lo eccita, perché faccia l’insulto; l’altro, l’offeso, lo provoca alla vendetta. Ma una volta ottenuta la vittoria contro quello che ha fatto l’ingiuria, si muove con tutte le sue forze contro l’altro che non poté spingere a restituire l’offesa. E poiché non riuscí ad eccitarlo nel momento in cui egli fu ingiuriato, si ritira per il momento dal campo e cerca il modo d’ingannarlo nel segreto del pensiero; vinto sul campo di battaglia, mette tutto il suo impegno a costruire occulte insidie. In un momento di pace torna nell’animo del vincitore e richiama alla sua memoria o il danno subito o le frecciate delle ingiurie; esagera tutto, fa vedere tutto intollerabile e turba l’animo con tanto furore, che quell’uomo, generalmente paziente, si vergogna d’aver lasciato passar la cosa impunemente, si duole di non aver restituito l’ingiuria e cerca l’occasione di farla pagare piú cara. A chi posso assimilare costoro, se non a quelli che, dopo aver vinto con la loro forza sul campo, si fanno poi vincere in casa per negligenza? A chi li paragonerò, se non a dei tali che non si fecero uccidere da una grave malattia, e poi morirono per una febbricciola insistente? E’ dunque veramente paziente colui che in un primo tempo sopporta senza dolore i mali che riceve, ma sa poi anche, quando ci ripensa, gioire di quanto ha sopportato. (Gregorio Magno, Hom., 35, 1.3-6)
CROLLO DEL TEMPIO DI CIASCUNO
Quanto alle parole che dice ora, esse rispondevano a verità per il tempio costruito da Salomone, e che per primo doveva essere distrutto dal nemico all’epoca del giudizio: non c’è infatti opera umana che la vetustà non corrompa, o che la violenza non distrugga, o che il fuoco non consumi. Ma c’è anche un altro tempio, costruito di belle pietre e ornato di doni, di cui il Signore sembra indicare la distruzione: la sinagoga dei Giudei, il cui invecchiato edificio va in rovina al sorgere della Chiesa. E c’è anche un tempio in ciascuno di noi, che crolla se viene a mancare la fede; soprattutto quando si ostenta il nome di Cristo per impadronirsi dei sentimenti interiori. Può darsi che questa interpretazione sia la piú utile per me. Che mi gioverebbe, infatti, conoscere il giorno del giudizio? A che mi serve, avendo io coscienza di tutti i miei peccati, che il Signore venga, se non viene nella mia anima, se non torna nel mio spirito, se Cristo non vive in me e non parla in me? E’ a me che Cristo deve venire, è per me che deve realizzarsi il suo avvento. Orbene, il secondo avvento del Signore ha luogo alla fine del mondo, allorché noi possiamo dire: “Per me il mondo è crocifisso, e io per il mondo” (Gal 6,14). Se la fine del mondo trova quest’uomo sul tetto della sua casa (cf. Mt 24,17), e tale che la sua vita sia nei cieli (cf. Fil 3,20), allora sarà distrutto il tempio corporale e visibile, la legge corporale, la pasqua corporale, la pasqua visibile, gli azzimi corporali e visibili; e oso dire anche il Cristo temporale, quale egli era per Paolo prima che l’Apostolo credesse (cf. Gal 6,14): Cristo infatti è eterno per colui che è morto al mondo; per costui il tempio, la legge, la pasqua sono spirituali, poiché Cristo muore una sola volta (cf. Rm 7,14); costui mangia gli azzimi (cf. 1Cor 5,8), non provenienti dai frutti della terra, ma da quelli della giustizia. Per lui si realizza la presenza della sapienza, la presenza della virtù e della giustizia, la presenza della redenzione: infatti “Cristo è morto una sola volta per i peccati” (1Pt 3,18) del popolo, ma allo scopo di riscattare ogni giorno il popolo dai suoi peccati. (Ambrogio, In Luc., 10, 6)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Dio, principio e fine di tutte le cose, che raduni tutta l’umanità nel tempio vivo del tuo Figlio, fa che attraverso le vicende, liete e tristi di questo mondo, teniamo fissa la speranza del tuo regno, certi che nella nostra pazienza possederemo la vita. (Colletta 33 p.a.: C)
•Non resterà pietra su pietra e non solo nel tempio, così sarà del palazzo e della cose, e le città saranno acquitrini: così sarà di quanto voi ora ammirate, di quanto come dèi ora vi sentite superbi! Ma di noi, Signore, di noi e di queste chiese, che sarà? Sempre nella speranza della tua misericordia, Signore. (David Maria Turoldo)
•Aiutaci, Signore, a scoprire le tue costanti venute nel corso della storia di ogni giorno e di ogni ora, nel fratello che ha bisogno del nostro aiuto e affetto, negli uomini e nelle donne che soffrono e cercano, perché camminando nella speranza della nuova era, raggiungiamo il nuovo cielo della tua giustizia. (Basilio Caballero)
•Quando tutto si offusca intorno a noi e al nostro orizzonte, quando la pace fugge dal nostro cuore e dalla nostra vita; quando il sarcasmo, la beffa e il disprezzo ci umiliano, dacci la perseveranza che ci ottiene la salvezza, infondi in noi la fortezza del tuo Spirito e l’ottimismo tenace che nasce dal tuo mistero pasquale. (Basilio Caballero)
•Oh, Signore e mio vero Dio, chi non ti conosce non ti ama. Oh, grande verità! Oh, sventura, per coloro che non ti vogliono conoscere! Come sarà terribile per essi l’ora della morte! Considero spesso, o mio Cristo, come siano dolci e pieni d’incanto gli occhi che mostro all’anima e che ti ama e che tu, o mio Bene, riguardi con amore. Uno solo di quei dolcissimi sguardi, posato sull’anima che già tieni per tua, basta, mi pare, per ripagarla di molti anni di servizio. (Santa Teresa di Gesù)
•L’alba della tua risurrezione, o Cristo, ha vinto le tenebre del male e ci ha resi figli della luce, figli del giorno e non della notte, cupa e tenebra dimora di quanti non ti amano. Noi vogliamo restar vigili e sobri, in attesa della tua venuta. Ma concedi, o Signore, ai tuoi servi che mai venga a mancare l’armatura della lotta: corazzati di fede e carità, avendo come elmo la speranza della salvezza, staremo come Maria ai piedi della croce; senza dubitare della tua Presenza e certi del tuo amore per noi, avremo sulle labbra il fiat che ci salva. (preghiera su: 1 Ts 5, 1-5 e Gv 19, 16)
•Chi ci separerà dal tuo amore o Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada, né la vita, né la morte, né il presente, né il futuro, né le potenze del cielo, né quelle della terra hanno il potere di separare dall’amore di Dio quanti vivono in te, Signore Gesù. (cf Rm 8,35-39)
•Signore, tu vuoi riunirci tutti con Cristo nel tuo Regno. Ma per arrivare a questo, metti come condizione la perseveranza e l’impegno di amore. Infondi in noi il coraggio di combattere finché sarà necessario, per essere pronti al ritorno glorioso del tuo Figlio. (C Berthes)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Essere persone di speranza.