Giovanni 18, 33-37: In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». 34 Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35 Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36 Rispose Gesù: «II mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37 Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Giovanni 18, 33-37
In quel tempo, disse Pilato a Gesù: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l`hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Giovanni dà grande importanza alla comparizione di Gesù davanti a Pilato. La posta in gioco è grave per parecchi motivi: si sviluppa il processo, si mette in gioco la responsabilità di Pilato e degli Ebrei, si rivela la vera regalità di Gesù, che esercita il suo potere di giudice, Gesù fa l’ultimo grande discorso di rivelazione. Per dimostrare la vera regalità di Gesù il racconto è distribuito in sette scene drammatiche.
PRETORIO (28)
Il pretorio era il luogo dove il procuratore romano esercitava il comando supremo e la giustizia. Questo pretorio lo si colloca di solito o nella Torre Antonia, costruita da Erode nel 35 a.C., oppure con maggiore probabilità nel palazzo di Erode sulla collina occidentale, vicino alla porta di Giaffa. Pilato fu governatore dal 26 al 36. Flavio Giuseppe e Tacito sono concordi nel descriverlo come un personaggio crudele e cinico, che trattava i Giudei con durezza e disprezzo; Vitellio, legato della Siria, lo fece deporre a causa della sua brutalità. Il procuratore risiedeva normalmente a Cesarea (At 23, 33) e si recava a Gerusalemme in occasione delle feste solenni o in caso di disordini.
PER NON CONTAMINARSI (28)
I Giudei probabilmente ritenevano l’edificio del Pretorio contaminato, per la presenza dei pagani, perché erano stati seppelliti i morti e perché vi era conservato del lievito, proibito durante le feste pasquali. Qui Giovanni sottolinea con ironia la contraddizione di questi giudei che avevano scrupoli per sciocchezze, ma non ne avevano nel mandare a morte un innocente.
USCI’ DUNQUE PILATO (29)
Iniziano le uscite e le entrate di Pilato: le uscite per il dialogo col popolo, le entrate per il dialogo con Gesù. La prima scena (29-32) si svolge fuori. Pilato rispetta gli scrupoli dei Giudei ed esce dal pretorio per incontrarli.
MALFATTORE (30)
Il governatore segue la procedura legale che iniziava con la domanda del capo d’accusa. La risposta è insolente, generica ed evasiva, ma è chiara la pretesa di una condanna. Pilato ribadisce che se non vogliono che lui faccia un’inchiesta giudichino loro Gesù.
NON E’ CONSENTITO (31)
In pratica la risposta degli ebrei significa che loro lo hanno già condannato a morte, ma non possono eseguire la sentenza. Sembra che davvero i Romani si riservassero le condanne a morte; in ogni caso la crocifissione era di competenza dei magistrati romani.
COSI’ SI E’ ADEMPIUTO (32)
Giovanni spiega che così si avverava la profezia che Gesù aveva fatto quando aveva asserito che sarebbe morto mediante il supplizio pagano della croce: “quando sarò elevato da terra…per indicare di qual morte doveva morire”. (12, 32-33)
RIENTRO’ NEL PRETORIO (33)
La seconda scena (33-38) si svolge dentro. Rientrato nel palazzo, Pilato si trova faccia a faccia con Gesù. Subito gli fa la domanda essenziale riportata dai quattro evangelisti. E’ l’unica domanda che può interessare Pilato. Giovanni sviluppa la risposta in un dialogo tra Gesù e Pilato, in cui la parola “re” o “regno” appare sei volte. Provocato da Pilato a riconoscersi re, Gesù prende le distanze, come se volesse mostrare le sue riserve riguardo all’immagine della regalità terrena, senza rifiutare tuttavia i titolo stesso.
DICE QUESTO DA TE (35)
La controdomanda di Gesù mette in evidenza la collusione dell’autorità politica con quella religiosa.
CHE COSA HAI FATTO? (35)
Dal “chi sei” si passa al “che hai fatto”, ma la prima domanda rimane la nota dominate del colloquio.
IL MIO REGNO (36)
La riposta di Gesù è ora solenne e ampia e parte dal regno. Il regno di Gesù non è quello che aspettano i Giudei o che suppone Pilato, che giudica in base alla forza delle armi e all’estensione delle conquiste. Il regno di Gesù viene da “altrove”.
IO SONO RE (37)
Pilato ha capito che Gesù rifiuta il titolo di “re dei Giudei” ma non quello di re e lo interroga di nuovo sulla sua identità. Gesù risponde prima in modo critico (“ tu lo dici”) poi in modo solenne (“Io sono re”).
TESTIMONIANZA ALLA VERITA’ (37)
Il regno di Gesù non si instaura con la forza, ma attraverso la proposta della “verità”, della rivelazione, che Gesù è venuto a portare. Tutti coloro che hanno il cuore aperto e accolgono la verità che Gesù proclama diventano sudditi del suo regno, suoi discepoli.
CHE COS’E’ LA VERITA’? (38)
Il pagano Pilato manifesta il suo scetticismo davanti ad una parola che non offre a lui nessun interesse. Non può percepire che ha davanti a sé la verità in persona (14, 6).
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
“TU SEI IL RE DEI GIUDEI?”
Dopo aver detto ai giudei: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge», e dopo che essi gli ebbero risposto: «Non è permesso a noi dare la morte ad alcuno», “Pilato rientrò nel pretorio, e chiamò Gesú e gli disse: «Tu sei il re dei giudei?». Rispose Gesú: «Da te lo dici, ovvero altri te l`hanno detto di me?»” (Gv 18,33-34). Il Signore sapeva bene quel che chiedeva a Pilato, come pure sapeva cosa egli gli avrebbe risposto; tuttavia, volle che fosse detto ciò, non per sapere quanto già sapeva, ma perché fosse scritto quanto voleva che giungesse a nostra conoscenza. …. Il Signore avrebbe potuto rispondere subito alla prima domanda di Pilato: «sei tu il re dei giudei?», dicendo: «il mio regno non è di questo mondo». Ma egli, chiedendo a sua volta se quanto Pilato domandava, lo diceva da sé, cioè fosse la sua opinione personale, oppure l`avesse inteso da altri, volle che fosse palese, attraverso la risposta di Pilato, che erano i giudei a formulare tale accusa contro di lui. Egli ci mostra cosí la vanità dei pensieri degli uomini (cf. Sal 93,11), che ben conosceva, e rispondendo loro, giudei e gentili insieme, con parole piú opportune ed efficaci, dopo quanto ha detto Pilato, dice: «Il mio regno non è di questo mondo». (Agostino, Comm. in Ioan., 115, 1-3)
REGNO NON DI QUESTO MONDO
Ascoltate dunque, giudei e gentili, ascoltate circoncisi e incirconcisi; tutti i regni della terra prestino orecchio: Io non danneggio il vostro potere in questo mondo, dice in sostanza il Signore, perché «il mio regno non è di questo mondo». Non fatevi prendere dall`assurdo timore che colse Erode, quando apprese la nascita di Cristo, e si spaventò tanto che fece uccidere tutti i neonati, sperando di uccidere anche Gesú tra quelli, mostrandosi cosí sanguinario e crudele piú per la paura che non per la collera (cf. Mt 2,3-16). «Il mio regno» – dice il Signore – «non è di questo mondo». Che volete di piú? Venite dunque nel regno che non è di questo mondo; venite credendo, e guardatevi dalla crudeltà ispirata dalla paura. E` vero che in una profezia, il Figlio, parlando di Dio Padre, ha detto: “Sono stato consacrato re da lui su Sion, il sacro suo monte” (Sal 2,6), ma questo monte e quella Sion non sono del questo mondo. (Agostino, Comment. in Ioan., 115, 1-3)
“TU DICI CHE IO SONO RE”
“Gli disse allora Pilato: «Dunque tu sei re?». E Gesú rispose: «Tu dici che io sono re»” (Gv 18,37).Il Signore non teme di riconoscersi re, ma la sua espressione: «tu lo dici», è cosí calibrata che non nega di essere re (re, si intende, il cui regno non è di questo mondo), ma neppure afferma di esserlo, in quanto ciò potrebbe far pensare che il suo regno è di questo mondo. In questo senso infatti pensava Pilato, col dire: «dunque tu sei re?». Gesú risponde: «tu lo dici», cioè tu sei della terra, e secondo la carne cosí ti esprimi. (Agostino, Comment. in Ioan., 115, 1-3)
DUE AMORI, DUE CITTA’
Due amori fondarono due città: l`amore di sé fino al disprezzo di Dio fondò la città terrena; l`amore di Dio fino al disprezzo di sé, invece, la città celeste. Perciò quella si gloria in se stessa, questa nel Signore. Quella ricerca la gloria dagli uomini; la gloria piú grande di questa, invece, è Dio, testimone della sua coscienza. Quella innalza il capo nella sua gloria; questa dice al suo Dio: “Gloria mia, che innalza il mio capo” (Sal 3,4). Quella è dominata dalla brama di dominio sui principi o sulle nazioni soggiogate; in questa si servono a vicenda, nella carità, i capi governando, i sudditi obbedendo. Quella ama, nei suoi potenti, la propria forza; questa dice al suo Dio: “Amo te, o Signore, o forza mia” (Sal 17,2)… Ma la città celeste, o meglio quella sua parte che è pellegrina in questo corpo mortale e vive di fede, è necessario che fruisca di questa pace fino a quando questo suo stato mortale cui tale pace è necessaria non se ne passi. Pertanto, mentre trascorre la sua vita in schiavitú e pellegrinaggio nella città terrena, pur avendo già accolto la promessa della redenzione e il dono spirituale che ne è il pegno, non dubita di obbedire alle leggi della città terrena; quelle, cioè, con cui questa si amministra, leggi atte a sorreggere la vita mortale. Le è comune con essa il suo stato mortale: si mantiene di tal modo la concordia tra le due città in tutto ciò che a questo stato mortale si riferisce… (Agostino, De civit. Dei, 14, 28; 19, 17)
LA CITTA CELESTE
Questa città celeste, dunque, mentre è pellegrina sulla terra, raccoglie i propri cittadini da tutte le genti, e raduna una società pellegrinante, dai popoli di tutte le lingue: non bada a ciò che nei costumi, nelle leggi e nelle tradizioni è diverso, se pur crea o mantiene la pace terrena; nulla disprezza di quei popoli, nulla distrugge, ma anzi tutto conserva e osserva. Infatti, benché diverso in diverse nazioni, tutto serve allo stesso fine di ottenere la pace terrena, se non impedisce la religione che ci insegna di dover adorare un unico sommo e vero Dio. La città celeste, dunque, gode, in questo suo pellegrinaggio, della pace terrena e di tutto ciò che giova alla natura umana; difende e desidera, quanto lo ammette l`integrità della devozione e della religione, la concordia delle volontà e mette in rapporto la pace terrena alla pace terrestre. Ma è quest`ultima la vera pace, tanto che si può dir l`unica pace della creatura razionale, cioè l`unione ordinatissima e piena di armonia nel godimento di Dio e nel godimento reciproco in Dio; al quale quando si giungerà, la vita non sarà piú mortale, ma certamente e pienamente vitale; e il corpo non sarà piú animale, che si corrompe e aggrava l`anima, ma spirituale, senza bisogno alcuno, soggetto in ogni sua parte alla volontà. Anche in questo pellegrinaggio possiede tale pace nella fede; e per questa fede vive nella giustizia perché al raggiungimento di tale pace ordina tutte le sue buone azioni compiute verso Dio e verso il prossimo; la vita infatti di tale città è evidentemente sociale.(Agostino, De civit. Dei, 14, 28; 19, 17)
GESU DI TUTTI E’ SIGNORE E DIO
Sappiamo, infatti, che il Cristo verrà e che i Giudei non lo rifiuteranno, giacché daranno la loro speranza alla sua venuta. Né su questo argomento la maggior parte dovrebbe cercare di sapere di piú, dal momento che nell`antichità tutti i profeti avevano predicato su di lui, come Isaia: “Cosí dice il Signore Dio al mio Cristo: lo ascoltino tutte le genti, di lui ho la destra! frantumerò il regno della potenza, aprirò davanti a Lui le porte, e le città non gli saranno chiuse” (Is 45,1). E questo noi lo vediamo adempiuto in Lui. A chi, infatti, tiene la destra Dio Padre, se non al Cristo, suo Figlio, che tutti i popoli hanno ascoltato, del quale nei salmi di David sono mostrati e i predicatori e gli apostoli: “In tutta la terra risuonò la loro voce e fino ai confini della terra le loro parole?” (Sal 18,5)……Chi, infatti, avrebbe potuto regnare in tutti i popoli, se non il Cristo, figlio di Dio, che veniva annunziato a tutti che avrebbe regnato per sempre? (cf. Sal 10,16). Ma il nome di Cristo è predicato ovunque, dovunque è creduto, è onorato da tutti i popoli sopra enumerati, regna ovunque, ed è adorato dappertutto. A tutti, in ogni luogo, è presentato in maniera eguale; presso di lui non c`è maggior grazia di re, non minor gioia di alcun barbaro; i suoi meriti distinti non dipendono o dalla dignità o dai natali; per tutti è uguale, per tutti è re; per tutti è giudeo; di tutti è il Signore e il Dio. (Tertulliano, Adv. Judaeos, 7, 2-6.9)
CRISTO RE
“ Si siederà sul trono della sua gloria…allora il re dirà loro…Rispondendo il Re dirà loto…” Cristo è presentato nel celebre passo del Giudizio finale (Mt 25, 31-46), come re per eccellenza, il basileus greco, la cui sovranità si estende su tutta la storia e sull’essere intero. D’altra parte è noto che il centro della predicazione di Gesù è espresso attraverso l’immagine del “regno”, inteso in duplice senso, attivo, di “governo e signoria” divina e passivo, di popolo governato. L’immagine, desunta dalle civiltà dell’antico Oriente, vuole però indicare soprattutto il progetto di un nuovo ordine mondiale, di una società giusta, di una creazione armonica, così come era stata concepita da Dio. Un progetto purtroppo incrinato e devastato dal peccato dell’uomo. I salmi del regno di Dio (46, 95, 98) esaltano l’intervento di Dio per dare origine a questo “regno di verità e di vita, di santità, di amore e di pace”. E quanto sia diverso dai sovrani di questo mondo, Gesù lo dice esplicitamente al rappresentante del popolo imperiale romano, il procuratore Ponzio Pilato: “ il mio regno non è di questo mondo….Io sono re…per rendere testimonianza alla verità (Gv 18, 33-37). Per questo lo stesso evangelista Giovanni presenterà una dozzina di volte il tema della regalità di Cristo durante la passione, trasformando la croce di Gesù nel “trono della sua gloria”. Cristo è un re che non domina ma si sacrifica, non si circonda di potenti ma degli ultimi della terra, con si identifica con le alte classi, ma con gli affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. E per questo che la preghiera quotidiana del cristiano si riassume in quell’invocazione del Padre nostro: “ Venga il tuo Regno”. E’ l’annunzio cristiano si concentra nella proclamazione: “ Il Regno di Dio è vicino”. (G. Ravasi)
UN RE NON COME GLI ALTRI RE
Lo scontro tra Gesù e Pilato è tra forme di intendere ed esercitare la regalità. In tutta la sua vita Gesù si differenziò dagli Zeloti, cioè da quel movimento rivoluzionario palestinese che invocava la signoria di Dio per opporsi al potere politico dell’imperatore romano anche con la violenza e la lotta armata per costruire un altro Stato indipendente. Gesù non sogna di diventare capo di uno Stato. Ma nemmeno Gesù si alleò con i Sadducei collaborazionisti del potere romano dominante. Allora, con chi stava Gesù: con i Romani o contro i Romani? L’alternativa era tipicamente quella di chi pensa soltanto in termini di «potere». Ma Gesù rifiuta questa logica. Pilato rappresenta il potere politico preoccupato soltanto di sé. Egli non è un giudeo e non gli interessano le questioni religiose dei Giudei: «Sono io forse Giudeo?». Pilato non vuole assumersi nessuna responsabilità sulla cattura di Gesù: «La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me». La preoccupazione di Pilato è di affermare che tutto quel che è successo riguardo a Gesù è una faccenda che tocca soltanto i Giudei e non mette in discussione il potere politico dei Romani in Palestina. Di tutto ciò chiede una conferma a Gesù. Dunque: Gesù è il re dei Giudei? Gesù risponde che la sua regalità «non è di questo mondo». Lo dimostra il fatto che egli non ha fatto nessun ricorso alla forza per opporsi alle autorità giudaiche che l’hanno arrestato. Gesù non è un re come gli altri e non fa nessuna concorrenza agli altri re. Non ha intenzione di costituire un nuovo Stato. Gesù non ha nessun esercito che lo difenda e lo sostenga. Pilato non capisce. Come può uno dichiararsi re e non avere né esercito nè ambizioni di potere né volontà di dominio né volontà di costruire uno Stato? Che tipo strano di regalità è mai questa? Perciò Pilato domanda: «Dunque tu sei re?». (A. Bonora)
GESU AL POTERE SOSTITUISCE LA VERITA
Gesù risponde affermando che la sua regalità non consiste nell’uso della forza né nel governare, ma nel dare testimonianza alla verità. Al «potere» Gesù sostituisce la «verità». E la «verità» di Gesù non è un mezzo per dominare: egli non si serve della verità, ma la testimonia. I «potenti» usano la loro pretesa «verità» per legittimare il loro potere, mentre Gesù si mette al servizio della «verità», che è la rivelazione dell’amore di Dio. Pilato non sa che cosa sia la «verità» perché conosce soltanto le ideologie, cioè le presunte verità a sostegno del potere. Perciò chiede ironicamente: «Che vuol dire verità?». (Antonio Bonora)
COLLABORAZIONE
La nostra non è una dipendenza mortifìcante o passiva. Dio ha un disegno per la nostra vita, come lo ha per tutte le sue creature: è un disegno di amore per la nostra realizzazione, per la nostra felicità. Noi abbiamo il compito che ci nobilita di realizzarlo responsabilmente in collaborazione con lui. Ma «il mio regno non è di questo mondo». Non c’è niente in comune fra la regalità di Cristo e la regalità del mondo. La regalità mondana si manifesta nella potenza, nella imposizione e nella ricerca di sé; la regalità di Cristo si manifesta nel dono di sé, nell’amore e nel servizio. È la strada su cui il Signore Gesù chiama ciascuno di noi. (Giovanni Nervo)
UN REGNO CHE COMINCIA NELLA STORIA
Ogni giorno preghiamo “ Venga il tuo regno”. E’ un’invocazione che ha per oggetto principale la venuta finale del Regno di Dio; ma è anche una sollecitazione ad attuare nella nostra storia attuale gli orientamenti del regno. Si tratta di un impegno prezioso e delicato, che richiede discernimento, coraggio, capacità di profezia. Discernimento anzitutto: si parla, ovviamente, del discernimento cristiano, frutto della presenza dello Spirito, che plasma la mentalità e aiuta a dare un giudizio, a partire dai valori umani ed evangelici (la centralità della persona, la giustizia, la solidarietà, la scelta preferenziale per i poveri…) su situazioni, fatti, programmi, progetti. Il discorso, per i laici cristiani, è molto concreto, e talvolta urgente.. Ci vuole fermezza e coraggio a seguire la propria coscienza. Talvolta le decisioni non sono popolari, vanno contro corrente e condannano alla solitudine. Ci vuole infine profezia, perché bisogna saper essere lungimiranti, … ma la migliore profezia sta nell’operare costantemente e esclusivamente nello spirito del servizio e del dono di sé che ci ha insegnato il Signore. (Giuseppe Pasini)
INTERROGATIVI
Che idea abbiamo della regalità di Cristo? Per mezzo del battesimo siamo stati introdotti nel regno di Cristo. Cristo regna realmente su di noi? Cristo sta al centro della nostra vita? Ci preoccupiamo di essere gli artefici del Regno di Cristo, di estenderlo intorno a no, specialmente con l’esempio di una vita di dedizione e di carità? (C. Brèthes)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Tu lo hai detto, Gesù, che sei re! E noi ti abbiamo seguito aspettando che tu regnassi su di noi, sulla nostra casa, sul nostro popolo, sulla nostra nazione. Tu lo hai detto: «Io sono re». Ma come è difficile, Gesù, riconoscerti nostro re! Tu cammini nella nostra vita con il dorso piagato e caricato di infamia; tu, volto di misericordia, ti sei preso la nostra debolezza e ci tracci un sentiero che porta alla gloria.
•Segnato per il nostro peccato, ti mostri a noi nello splendore di un amore che vince – in un silenzioso «Sì, Amen!» – ogni nostra resistenza, e ti mostri «verità» quando, innalzato da terra, ti vediamo trafìtto. Tu lo hai detto, Gesù, che sei re, e «il tuo potere è un potere eterno, che non tramonta mai». Come facciamo a riconoscerti nostro re, «vestito di forza, ammantato dello splendore» purpureo del tuo sangue versato per noi? Tu sei re! Sulla croce dell’infamia e del disprezzo, tradito e abbandonato, tu regni, incoronato dalle spine pungenti del nostro peccato.
•O re, agnello mansueto, hai inchiodato le tue mani aperte sul legno della nostra maledizione, perché noi potessimo venire a te certi del tuo perdono; hai trafitto i tuoi piedi perché sempre ti trovassimo «innalzato» nella nostra quotidianità senza fuggire mai.
•Sì, «il tuo regno non è di questo mondo» non può esserlo, o nostro re, piagato delle nostre ferite e della nostra debolezza.
•Tu, icona della misericordia di un Dio che si dona fino alle estreme conseguenze, vedi la nostra incredulità che ti lacera il cuore chiedendoti segni di potere, che ti guarda con lo sguardo ironico e ti sputa in faccia la propria vergogna.
•Sì, tu sei il re, «consegnato» e inerme, ma «il tuo trono è saldo fin dal principio»; «non sarà distrutto il tuo potere» d’amore, o agnello immolato sulla croce, che ti sei fatto perdono oltre ogni misura, oltre ogni interesse, oltre ogni scherno, oltre ogni debolezza, oltre ogni miseria.
•Contemplandoti nello splendore del tuo regno di luce, o nostro re, con S. Francesco d’Assisi, nello stupore della tua maestà cantiamo anche noi! «Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dei. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore». (Preghiere di Suore canossiane)
•Il Signore regna, si ammanta di splendore; il Signore si riveste, si cinge di forza. Rende saldo il mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuo trono fin dal principio, da sempre tu sei. Degni di fede sono i tuoi insegnamenti, la santità si addice alla tua casa per la durata dei giorni. Signore. Vittoria! Tu regnerai! Oh, croce, ci salverai! Il Verbo a te inchiodato, morendo ci riscattò; da te, legno santo, ci viene la redenzione. Estendi a tutto il mondo il tuo regno di salvezza; o croce, sorgente feconda di vita e di benedizione. Domini sull’odio il tuo regno di carità; ottengano le nazioni la gioia dell’unità. Aumenta nelle nostre anime il tuo regno di santità; il fiume della grazia spenga l’iniquità. Gloria nei secoli a Cristo liberatore; la sua croce ci porti in cielo, nostra terra promessa. (E. Malvido – D. Julien)
•Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra. (Colletta 34 perannum B)
•Stava la Vergin sotto della Croce: vedeva patire Gesù, la vera luce: madre del re di tutto l’universo. Vedeva il capo che stava inchinato, e tutto il corpo che era tormentato, per riscattar questo mondo perverso. Vede il Figlio che la guarda e dice: Oh! donna afflitta, amara ed infelice, ecco tuo figlio; e Giovanni le mostrava. Vede l’aceto, ch’era col fiele misto, dato a bere al dolce Gesù Cristo, e un gran coltello il cuor le trapassava. Vede il figlio tutto appassionato dire colla Scrittura: “È consumato”. Fiume di pianto dagli occhi disserra. E Cristo patisce e muore tra i flagelli. Piange la madre vergine fanciulla il redentor del cielo e della terra. Grandissimo dolore al cuore avesti, Vergine madre, come tu vedesti il caro figlio, quando era spirato. Questo dolor fu di tanta possanza, che mille volte ogni martire avanza che fosse mai per te martirizzato. Madre di misericordia, umile e pia, sola speranza dell’anima mia, centra i1 nemico donami vittoria. (Bonifacio VIII).
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Consapevoli che per i seguaci di Gesù, servire è regnare, impegniamoci sempre di più a donare la vita ai fratelli.