Sono 4 le parole fondamentali: “comunicare”, “fede”, “servizio” e “altri”.
Comunicare…
La Chiesa è di per sé frutto di una dinamica centrifuga. I membri della Chiesa non
riescono a tenere per sé la scoperta della bellezza e della gioia dell’incontro con il
Cristo risorto (ricordiamoci le donne al sepolcro dopo la Pasqua). C’è qualcuno
(uomo/donna) con un proprio bagaglio culturale (esperienze, conoscenze, lingua,
credenza, relazioni, ecc.) che entra in rapporto con qualcun altro, che ha a sua volta
un personale bagaglio culturale.
La comunicazione può toccare la fede, cioè diventare un “comunicare la fede”.
…la fede…
Comunicare etimologicamente proviene dal latino communicare, derivando da
communis («comune») e più esattamente dal latino ecclesiale communicare (altari),
«partecipare all’altare», cioè «alla mensa eucaristica. Comunicare ha dunque la
propria origine proprio nel mondo di Dio, che si comunica agli uomini.
Così comunicare la fede diviene un far conoscere all’altro Dio e il suo mondo. Ma ciò
non basta: la comunicazione della fede non può essere solo informativa, ma
performativa, perché tocca le modalità di esistenza del credente.
…nel servizio…
La comunicazione integrale passa nel farsi trasparenti, nel far vedere Cristo nella
propria vita personale. Ciò è possibile solo nella sincera imitazione di Cristo da parte
di ogni singolo credente. L’universitario cerca di imitare Cristo, che si è donato per la
salvezza di tutti cfr. (Fil 2,7). Ma cosa significa per noi? Si potrebbe prendere a
prestito una frase del film di Benigni «La vita è bella» (anno 1997), quando lo zio
Eliseo dice: «Guarda i girasoli: s’inchinano al sole, ma se vedi uno che è inchinato un
po’ troppo significa che è morto. Tu stai servendo, però non sei un servo. Servire è
l’arte suprema. Dio è il primo servitore; Lui serve gli uomini, ma non è servo degli
uomini».
Noi allora comunichiamo la nostra fede servendo, perché è lo stile del Maestro e
Signore Gesù. Servire senza farsi servi, né asservendo gli altri.
…agli altri
Dicendo «servizio agli altri» si intende soprattutto uno stile di vita, di colui che si
mette a servizio. Non è solo e tanto un contenuto, bensì un modo di essere, che poi si manifesta in un’azione concreta. Così la scelta di tanti universitari cattolici, che
dedicano espressamente tempo ed energie agli altri nell’animazione culturale ed in
tanto altro ancora, esprime in maniera più evidente lo stile proprio di tutta la Chiesa.
Comunicare la fede nel servizio agli altri è così comunicare non solo e tanto un
contenuto, ma ancor meglio significa comunicare (far conoscere) Cristo tramite la sua imitazione. È far conoscere il Cristo vivente.
Quali sono le difficoltà, sia personali che istituzionali, che oggi incontri
nell’ambiente universitario per quanto riguarda la possibilità di comunicare la fede?
Quali esperienze universitarie di servizio ritieni siano un campo privilegiato per poter
condividere con gli altri la tua fede?
In quali progetti di servizio ti senti di coinvolgere, alla luce della tua fede, i tuoi
compagni di studio?
Quali iniziative è possibile suggerire alle cappellanie per sostenere il tuo apostolato di
servizio in università?
Come la cappellania universitaria può aiutarti ad acquisire uno stile di vita
universitario al servizio degli altri che possa essere anche qualificante per il tuo
futuro professionale?
6. Comunicare la fede nella partecipazione alla vita universitaria