L’Università, nella storia, è sempre stata l’ago indicatore delle tensioni culturali e sociali e non ultimo, anche dell’evolversi, non sempre positivo, del rapporto fede-ragione. Oggi, in particolare, vivere da cristiani in università all’ombra di un laicismo imperante ha determinato un certo nascondimento dei cattolici, in parte perché è venuta a mancare la forza di rendere ragione della propria fede, in parte perché costretti dalla paura – a causa dell’assenza di adeguati strumenti di confronto – di scendere in campo direttamente.
A livello di università statali, l’estromissione del confronto tra fede e ragione, ha spesso portato con sé prima la lotta contro ogni forma di espressione religiosa, e in seguito, si è trasformata in un’indifferenza sempre più pesante verso un pensiero che dalla fede intende trarre ispirazione, sminuendolo o privandolo di qualsiasi valore scientifico. Pertanto, si è diffusa anche nel ricercatore cristiano la necessità di apparire più scienziato che non scienziato e credente. In questo procedimento, la visione culturale aperta alla fede cristiana viene sistematicamente indebolita, a vantaggio di prospettive esclusivamente positiviste o agnostiche.
Ne consegue che per uno studente o un docente cattolico – il cui impegno culturale e la cui preparazione scientifica non hanno nulla da invidiare ad altri – spesso vivere l’università alla luce della Rivelazione e testimoniare la propria fede nella ricerca della verità attraverso la partecipazioni ad iniziative che si fondano sul confronto tra fede e ragione, più che una proposta da vivere e da offrire, diventa sempre un terreno da difendere strenuamente contro gli attacchi, spesso ingiustificati di un laicismo privo di ogni oggettività.9 Tuttavia, Paolo VI ci ricorda che: «Di fronte a questa situazione, continuiamo con immutata convinzione ad amare la nostra vita universitaria. Siamo persuasi che essa possa e debba talmente penetrare l’anima degli studenti, da caratterizzare nettamente particolari forme intellettuali e spirituali».
In particolare, l’amore verso la vita universitaria si situa sul versante dell’esempio, il quale si caratterizza per alcuni aspetti irrinunciabili:
- cultura come testimonianza alla verità: la conoscenza come adesione alla realtà intellegibile è via per individuare la perfezione e la vita eterna, nella misura in cui essa è cercata per realizzare uno stile di presenza in università che, attingendo dalla eredità culturale e dalla sapienza del Vangelo, sa trasformarsi in dialogo, in apertura che accoglie, comprende e annuncia;
- cultura come espressione di un cenacolo: l’idea è quella di fare della cultura cattolica un principio di coesione, di comunione di idee, di amicizia spirituale, di collaborazione intellettuale. Associazione per la cultura è episodio abbastanza frequente, ma cultura per l’associazione non così;
- dalla frattura al dialogo: il dialogo con il mondo ha bisogno della cultura perché si instauri un rapporto fecondo tra fede e vita; la fede stessa deve diventare cultura per essere pienamente fede. Infatti, «una fede che non diviene cultura è una fede non pienamente accolta, non intensamente pensata, non fedelmente vissuta».11 In particolare il dialogo richiede un forte allenamento quotidiano alla comprensibilità, alla mitezza, alla fiducia, alla prudenza.
- Secondo la legge dell’Incarnazione: adottare questa prospettiva in università significa porre “attenzione all’altro”, ma non un’attenzione qualsiasi, interessata, passeggera. Qui si tratta di porre un’attenzione che è efficace: è più che attenzione.
Il possibile incontro tra fede e cultura è la vocazione nuova dell’universitario cattolico, affinché il cristiano contribuisca ad aiutare l’università a contribuire alla sua funzione culturale di formazione alle professioni e, allo stesso tempo, di collegamento con il mondo e con la vita.
Quale stile di presenza in università pensi che debba caratterizzare il cristiano?
Quali forme di cenacolo ritieni di poter suggerire all’attenzione dei tuoi coetanei? E quale ruolo potrebbe avere la cappellania in questo progetto?
Quali fratture constati all’interno dell’università e alle quali vorresti porre rimedio?
Come può l’impegno pastorale della cappellania universitaria aiutarti per la tua formazione al dialogo culturale?
Quali iniziative culturali e di evangelizzazione potrebbero essere adottate per essere una palestra importante nel migliorare la tua attenzione verso l’altro che condivide con te lo stesso cammino di vita culturale?