4. L’AFFIDAMENTO ALLA PROVVIDENZA APRE STRADE SEMPRE NUOVE
E Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: Che cercate? Ed essi gli dissero: Rabbì (che, interpretato, vuol dire: Maestro), ove dimori? [Gv 1,38]
La Chiesa, durante la sua millenaria esistenza, ha più volte sentito la necessità di rinnovare il proprio linguaggio affinché il messaggio potesse essere sempre compreso dalle nuove generazioni. Uno degli eventi che hanno significativamente dato percezione di questa continua innovazione è la GMG, la Giornata Mondiale della Gioventù, istituita nel 1985 per intuizione di Giovanni Paolo II, il quale tuttavia non si considerò mail il fondatore, piuttosto affermava: << i giovani l’hanno creata>>. Egli desiderava promuovere le aspirazioni delle nuove generazioni ad avere un proprio spazio nella chiesa e nel mondo, ma la sua finalità da un punto di vista più prettamente spirituale è la ricerca e l’incontro con Cristo, che culmina con l’annuncio della salvezza realizzata in Dio. La tradizione spirituale del cristianesimo non soltanto sottolinea l’importanza della nostra ricerca di Dio. Mette in evidenza qualcosa di ancor più importante: è Dio che cerca noi. Egli ci viene incontro. Il nostro cammino significa voler dare una risposta alle nostre necessità ai nostri interrogativi, alla nostra “ricerca” e anche andare incontro a Dio che ci cerca con un amore così grande che difficilmente riusciamo a comprendere. Ma cosa spinge un giovane con tutte le sue insicurezze, le sue indecisioni e le sue paure ad andare alla ricerca di Dio?
A tal proposito, Giovanni Paolo II, invita noi giovani ad aprire il Vangelo e a scoprire che Gesù Cristo vuole essere nostro «amico». Vuole essere nostro «compagno» in ogni tappa sulla via della vita. Vuole essere la «via», il nostro sentiero attraverso le ansietà, i dubbi, le speranze e i sogni di felicità. È Lui la «verità» che dà significato ai nostri sforzi e alle nostre lotte. Vuole darci la «vita», come ha dato nuova vita al giovane di Nain, e ha dato un futuro completamente nuovo a Zaccaria, che era morto nello spirito per l’ambizione e l’avidità. Lui è la nostra «risurrezione», la nostra vittoria sul peccato e la morte, la realizzazione del nostro desiderio di vivere per sempre. Per questo Lui sarà la nostra «gioia», la «roccia» su cui la nostra debolezza verrà trasformata in forza e ottimismo. È la nostra salvezza, la nostra speranza, la nostra felicità e la nostra pace. Cristo, è dunque l’unico interlocutore competente, al quale possiamo porre le domande essenziali sul valore e sul senso della vita: non solo della vita sana e felice, ma anche di quella gravata dalla sofferenza, quando sia segnata da qualche handicap fisico o da situazioni di disagio familiare e sociale. È il nostro interlocutore anche per le domande drammatiche, che è possibile formulare più con i gèmiti che con le parole. Tuttavia questa ricerca è tutt’altro che semplice, al contrario: lo “spirito del mondo” offre molte illusioni, molte parodie della felicità. Non vi è forse tenebra più fitta di quella che si insinua nell’animo dei giovani quando falsi profeti estinguono in essi la luce della fede, della speranza, dell’amore. Il raggiro più grande, la maggiore fonte di infelicità è l’illusione di trovare la vita facendo a meno di Dio, di raggiungere la libertà escludendo le verità morali e la responsabilità personale. Il Signore ci invita a scegliere tra queste due voci, che fanno a gara per accaparrarsi la nostra anima. La GMG ha rappresentato, e tutt’ora rappresenta un modo attraverso il quale instaurare un dialogo diretto tra il papa e i giovani di tutto il mondo accomunati dalla fede in Cristo. Un canale preferenziale attraverso cui il papa esorta i giovani a seguire il modello di vita proposto da Gesù. Ora più che mai, in un mondo che spesso è senza luce e senza coraggio di nobili ideali, la gente ha bisogno della spiritualità fresca e vitale del Vangelo. Non è tempo di vergognarsi del Vangelo. È tempo di predicarlo dai tetti. Non abbiate paura di rompere con i comodi e abituali modi di vivere, al fine di raccogliere la sfida di far conoscere Cristo nella moderna “metropoli”. Dovete essere voi ad andare “ai crocicchi delle strade” e a invitare tutti quelli che incontrate al banchetto che Dio ha apparecchiato per il suo popolo. Il Vangelo non deve essere tenuto nascosto per paura o per indifferenza. Non è stato concepito per essere custodito in privato. Deve essere messo sopra un podio cosicché il popolo possa vedere la sua luce e rendere lode al nostro Padre celeste. Gesù è venuto a cercare gli uomini e le donne di questo tempo. Li ha impegnati in un dialogo aperto e sincero, quale che fosse la loro condizione. Egli ci mostra il nostro posto davanti a Dio, come creature e peccatori, come redenti attraverso la sua Morte e Risurrezione, come in pellegrinaggio verso la casa del Padre. Ci insegna il comandamento fondamentale dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Insiste sul fatto che non può esservi giustizia, fratellanza, pace e solidarietà senza i Dieci Comandamenti dell’Alleanza, rivelati a Mosè sul Monte Sinai e confermati dal Signore sulla Montagna delle Beatitudini. La verità sull’uomo è che noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio stesso, e proprio in questo fatto, a parte ogni altra considerazione, sta l’inalienabile dignità di ogni essere umano, senza eccezione, dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Ma ciò che è ancora più difficile da comprendere per la cultura contemporanea, è che la dignità, già forgiata nell’atto creativo di Dio, è sollevata incommensurabilmente più in alto nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Questo è il messaggio che dovete proclamare al mondo moderno: soprattutto ai meno fortunati, ai senzatetto e agli emarginati, agli ammalati, ai reietti, a quanti soffrono per mano di altri. A ciascuno dovete dire: guardate a Gesù Cristo per vedere ciò che realmente siete agli occhi di Dio!
(Canto) Aprite le porte a Cristo
APRITE LE PORTE A CRISTO!
NON ABBIATE PAURA:
SPALANCATE IL VOSTRO CUORE
ALL’AMORE DI DIO.
Testimone di speranza
per chi attende la salvezza,
pellegrino per amore
sulle strade del mondo. RIT.
Vero padre per i giovani
che inviasti per il mondo,
sentinelle del mattino,
segno vivo di speranza. RIT.
Portatore della pace
ed araldo di giustizia,
ti sei fatto tra le genti
nunzio di misericordia. RIT.
«Signori e fratelli in Cristo, la Casa Sollievo della Sofferenza è al completo. Ringrazio i benefattori d’ogni parte del mondo che hanno cooperato. Questa è la creatura che la Provvidenza, aiutata da voi, ha creato; ve la presento. Ammiratela e benedite insieme a me il Signore Iddio. È stato deposto nella terra un seme che Egli riscalderà coi suoi raggi d’amore. Una nuova milizia fatta di rinunzie e d’amore sta per sorgere a gloria di Dio, e a conforto delle anime e dei corpi infermi. Non ci private del vostro aiuto, collaborate a questo apostolato di sollievo della sofferenza umana, e la Carità Divina che non conosce limite e che è luce stessa di Dio e della Vita Eterna, accumulerà per ciascuno di voi un tesoro di grazie di cui Gesù ci ha fatti eredi sulla Croce. Quest’Opera che voi oggi vedete è all’inizio della sua vita, ma per poter crescere e diventare adulta questa creatura ha bisogno di alimentarsi e perciò essa si raccomanda ancora alla vostra generosità affinché non perisca d’inedia e divenga la città ospedaliera tecnicamente adeguata alle più ardite esigenze cliniche e insieme ordine ascetico del francescanesimo militante. Luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo Crocifisso come un solo gregge con un solo pastore». «L’uomo che, superato se stesso, si china sulle piaghe del fratello sventurato eleva al Signore la più bella, la più nobile preghiera, fatta di sacrificio, di amore vissuto e realizzato, di dedizione in corpo e in spirito(…)In ogni uomo ammalato vi è Gesù che soffre! In ogni povero vi è Gesù che langue! In ogni ammalato povero vi è due volte Gesù che soffre e che langue. »
La Casa Sollievo della Sofferenza, un ospedale che fosse di tutti e si occupasse con uguale amore e cura del corpo e dell’anima, nasce nella mente di Padre Pio come un sogno. Un sogno grande, la sua “grande opera terrena”. E come tutte le opere terrene, come tutte le scelte, le strade, i progetti che siamo o ci sentiamo chiamati a portare a termine, comportava delle difficoltà. Queste difficoltà erano di natura principalmente economica ed organizzativa, ed in un contesto povero e martoriato quale poteva essere l’Italia, in particolare il Sud, del secondo dopoguerra, parevano ai più insormontabili. Insormontabili per tutti ma non per Padre Pio. La Casa della Sofferenza per alcuni era solo una necessità irrealizzabile, una sconfitta annunciata. Nonostante questo, con un capitale di soli quattro milioni di lire e una previsione di spesa di un miliardo, i lavori cominciarono, sotto la spinta caparbia e tenace di Padre Pio. Cominciarono con lo sbancare solo la terra sulla quale sarebbe sorto l’ospedale e l’aprire una strada; fatto ciò i soldi erano quasi finiti. Ma per questa strada, aperta in mezzo ad un terreno brullo e infecondo, passò una giornalista americana, la quale riuscì a far interessare al problema della Casa Sollievo un’organizzazione sovranazionale con sede negli Stati Uniti, innescando così una catena di solidarietà e di stanziamento di fondi che permise, anno dopo anno, la realizzazione graduale del progetto originario del frate. Forse era più forte, più presuntuoso, meno realista Padre Pio? Perché lui non vedeva le difficoltà che vedevano gli altri, perché si ostinava nel credere di poter costruire un ospedale in mezzo al nulla col solo ausilio di pochi milioni di lire e una manciata di contadini affamati di lavoro? La forza, la follia, la pienezza di sé, non hanno a che vedere con questa storia. Semmai il sentirsi piccoli, l’umiltà, hanno tutto a che vedere con questa storia.E la fede. La fede non ha fatto intravedere la strada, ma ha dato a Padre Pio la serenità di percorrerla. Non la forza, ma la serenità. La coscienza di avere un progetto e non volerlo solo per se stessi, non tenerselo stretto con le unghie dell’autosufficienza, e desiderare di non farcela da soli. Desiderarlo, perché si è consapevoli che essendo piccoli, da soli si faranno solo cose piccole. Una volta accettata questa cosa, guardatala in faccia, il progetto non può rimanere nostro. E’ un torto che gli facciamo, negandogli la grandezza. Rimesso a Dio, il progetto ha una forza vera, un respiro grande e profondo, un volo.
(Canto) Al ritmo di Dio
Quando l’Amore vi chiama seguitelo sempre Quando vi parla credete alle sue parole E quando Egli vi abbraccia lasciate entrare col suo Amor… Allegria o dolor
Quando l’Amore vi chiama sappiate: il cammino sarà sconosciuto, Quando vi parla credetegli anche se cambia tutti i vostri sogni E quando Egli vi abbraccia lasciate entrare col suo Amor… Allegria o dolor
NON TEMERE MAI… EGLI È FORTE NELLA DEBOLEZZA
NON FERMARTI MAI…CI SARÀ PER SEMPRE ACCANTO LA SUA CHIAREZZA
NON LASCIARLO MAI…LO SI TROVA NELLA LUCE E NELL’OSCURITÀ,
NON TEMERE MAI DI CAMMINAR…AL RITMO DI DIO
L’amore condiviso fra voi sia presenza,
La vostra vita donata, Sacramento
Ogni mattina, pregare al Respiro e all’alba tornerà La speranza certa. L’amor condiviso fra voi sia presenza dell’Amor fatto carne La vostra vita donata, Sacramento dell’Amore versato,
Ogni mattina, pregare al Respiro…
E all’alba tornerà …la speranza certa
Lui sarà per sempre con voi…