Cercare, si: ma come cerchiamo? In che modo? E con chi, insieme a chi stiamo cercando?
C’è chi cerca la fama, la popolarità, perché convinto che circondandosi di persone e cose o acquisendo uno “status” ci si possa permettere tutto, e permettendosi tutto certamente ci si possa sentire soddisfatti, appagati.
C’è chi cerca la perfezione, facendo della rigidità e dell’efficienza la
propria regola di vita.
Chi vive di regole, perché crede così di essere “intoccabile”, di non doversi confrontare mai, giustificare mai, o che non sbaglierà mai.
C’è chi si racconta una storia, perché consapevole delle proprie fragilità, delle proprie mancanze o debolezze e cerca di consolare o arricchire la propria esistenza con cose superflue, con parole altisonanti, solo per avere la percezione di non essere triste e vuoto.
C’è chi sceglie di accettare la realtà come gli si presenta, e non indagare sulla Verità. Perché tante volte la Verità è scomoda, fa paura, potrebbe non piacere.
C’è chi cerca strade facili, perché altrimenti “se ci provo e fallisco posso prendermela solo con me stesso”.
Chi cerca risposte da Dio, perché non accetta la sua condizione, di malattia, di dolore, di limite.
Chi dà a Dio la colpa della propria disgrazia, perché farsi vittima del sistema è più comodo, perché rimboccarsi le maniche e dare un senso anche al proprio dolore costa fatica e sacrificio.
C’è chi torna alle radici, chi analizza in profondità sé stesso, per dare un senso al suo trascorso, al suo passato, perché vuole ripartire da chi era per evolvere o dare uno slancio alla propria vita.
C’è anche chi del passato non riesce a liberarsi, perché gli pesa addosso come un macigno, perché la nostalgia o il rimorso sono sentimenti troppo importanti per essere ignorati.
C’è chi non cerca, chiudendosi in sé stesso dopo una grossa delusione, perché magari si è stancato di sentirsi sempre deluso e sconfortato oppure perché crede che ciò che lo rendeva felice sia ormai perduto e non possa più tornare.
Chi si perde dietro persone o cose che lo fanno stare male, che non riesce a liberarsi di questa gente tossica o situazioni tossiche, sia perché magari è debole sia perché crede di non meritare di meglio, non pensa ci sia di meglio per lui.
Chi cerca pensando di dover sempre accontentare gli altri, perché forse un giorno “questa facoltà mi piacerà, questo lavoro mi piacerà, questa città mi piacerà, questo ragazzo/a mi piacerà”, e si dimentica che così facendo spreca forze, tempo ed energia a coltivare i sogni di qualcun altro, dimenticando sé stesso.
C’è chi si porta addosso un “come” che non gli appartiene e si fa intossicare da “compagni di viaggio” che non riesce a lasciare per strada. Perché magari si lascia condizionare dal giudizio della gente o peggio, dal proprio severo giudizio.
Ma poi, in fondo, cosa ci cerca? La felicità. Si, perché ci dicono che tutti possono essere felici, anche chi non ci crede più o ha dimenticato come ci si sente. Ci abituiamo alle cose brutte e alla fine arriviamo a pensare che siano normali, che facciano parte della vita, che non possano essere eliminate. E non ci ricordiamo che la vita non è semplicemente quello che ci capita, ma siamo noi con quello che
scegliamo in quello che ci capita a darle un senso.