Il giorno 8 di marzo fu dedicato a salire sulla cupola di S. Pietro.
Il Canonico Lantiesi aveva procurato a Don Bosco e a’ suoi amici il biglietto, di cui deve essere munito chiunque desidera di procurarsi questa soddisfazione.
Il tempo era sereno, e D. Bosco detta messa nella chiesa del Gesù all’altare dedicato a S. Francesco Zaverio, per mantenere la promessa fatta in Torino al Conte Zaverio Provana di Collegno, giunse al Vaticano alle ore 9 in compagnia del sig. Carlo De – Maistre e del Ch. Rua.
Consegnato il biglietto, fu loro aperta la porta, e incominciarono a montar su per una scala assai comoda. Quasi vicino al ripiano della Basilica sono notati i più celebri personaggi, Re, principi che salirono fino alla palla della cupola, e osservarono con piacere il nome di varii Sovrani del Piemonte e di altri membri di Casa Savoia.
Qui diedero un’occhiata al terrazzo del gran tempio, che si presenta come una vasta piazza selciata, la quale nel mezzo ha una sorgente d’acqua perenne. Visitarono anche la campana maggiore, il cui diametro è di oltre tre metri.
Ed eccoli per una scaletta fatta a lumaca, entrare nella prima e poi nella seconda ringhiera interna della cupola e farne il giro. Intanto D. Bosco notò che i mosaici, da lui contemplati ad uno ad uno, i quali dalla chiesa apparivano tanto esigui, visti di lassù prendevano forma gigantesca.
Guardando poi in basso, gli uomini che lavoravano o camminavano nel tempio parevano altrettanti bambini e l’altare papale, sormontato dal baldacchino di bronzo alto dal pavimento circa 29 metri, un semplice seggiolone.
L’ultimo piano sovra cui ascesero è quello che posa sopra la punta della cupola medesima. Avevano raggiunta l’altezza di metri 118 e più. Quasi tutto intorno lo sguardo va a perdersi in un orizzonte vastissimo.
C’era ancora la palla, per giungere alla quale bisogna passare per una scaletta a perpendicolo arrampicandosi per sei metri, come dentro ad un sacco. Ma D. Bosco salì intrepidamente col Conte e col Ch. Rua, ed eccoli nella palla che aveva intorno intorno alcuni fori come piccole finestre, e che poteva dar comodo ricetto a sedici persone.
Qui, all’altezza di circa 130 metri, D. Bosco prese a parlare di varie cose riguardanti l’Oratorio di Torino, ricordò con affetto i suoi giovani, ed espresse il desiderio di rivederli al più presto possibile e di lavorare per la loro salvezza.
Ripreso fiato, discese senza più arrestarsi finchè pervenne co’ suoi amici alla porta d’uscita.