
Il 12 marzo celebrò la messa a S. Andrea detto della Valle, chiesa edificata sul luogo del martirio di S. Sebastiano.
Dopo mezzogiorno, ad un’ora e mezzo, D. Bosco partiva col sig. Francesco De Maistre per andare alla chiesa di S. Gregorio il Grande, edificata sopra il pendio del Monte Celio, sull’area della casa di questo Pontefice, da lui convertita in monastero. È uffiziata dai monaci Camaldolesi.
Questa chiesa, notò D. Bosco, è una delle più belle di Roma. Una cappella a destra è quella del SS. Sacramento sopra cui celebrava la Messa S. Gregorio Magno. In una lapide antica posta a lato dell’altare vi è un’iscrizione latina, della quale ecco la traduzione nella nostra lingua: -
A Dio Ottimo Massimo. Questo altare, venerabile pel titolo e patrocinio di S. Gregorio Magno, fu reso celebre per tutto il mondo dai privilegi di molti Romani Pontefici. Presso al qual altare un monaco di questo monastero, avendo per comando di S. Gregorio offerto il S. Sacrificio per trenta giorni continui in suffragio dell’anima di un suo fratello defunto, un altro monaco la vide liberata dalle pene del purgatorio”.
Accanto a questa cappella avvene un’altra più piccola.
Ivi ritiravasi S. Gregorio per riposarsi, e notasi precisamente il luogo ove era il suo letto. Ricordo delle lunghe sue veglie sta una sedia di marmo sopra cui sedeva il Santo quando scriveva o quando annunciava la parola di Dio al popolo. Ritornando in chiesa e passato l’altare maggiore, vi è una cappella in cui conservasi un’immagine della Madonna molto antica e prodigiosa. Si crede che sia quella medesima che il Santo teneva in sua casa, e alla quale ogni volta che passava avanti diceva: Ave, Maria. Un giorno il buon Pontefice per la premura di alcuni affari uscendo di casa non fece alla Vergine il consueto saluto. La Madre celeste gli fece questo dolce rimprovero: Ave, Gregori; colle quali parole lo invitava a non dimenticare quel saluto che a Lei tanto tornava gradito.
In altra cappella vicino alla medesima chiesa è posta la statua di S. Gregorio seduto in trono, lavoro disegnato e diretto da Michelangelo Buonarotti Il Santo ha una colomba vicino all’orecchio, la qual cosa ricorda quanto asserisce Pietro Diacono famigliare del Santo, cioè che ogni volta il Santo predicava al popolo, o scriveva sopra la Sacra Scrittura, vedeva sempre una colomba che gli parlava all’orecchio. Nel mezzo alla cappella è collocata una gran tavola di marmo, sopra la quale il Santo Pontefice dava da mangiare a dodici poverelli in ciascun giorno, servendoli di propria mano. Un bel dì si assise a questa mensa cogli altri, un angelo sotto forma di giovinetto, che poi disparve ad un tratto. Da quel dì il Santo accrebbe fino a tredici il numero dei poveri da lui pasciuti. Da ciò ebbe origine il costume di porre tredici pellegrini alla tavola che nel giovedì Santo il Papa serve di sua mano.
Uscito da S. Gregorio, D. Bosco salì alla maestosa chiesa dei santi fratelli martiri Giovanni e Paolo, costrutta sopra la loro abitazione. In mezzo a questa si trova una cancellata di ferro che circonda il luogo del loro martirio i loro corpi, chiusi in un’urna preziosa, riposano sotto l’altare maggiore.
D. Bosco anche qui prendeva alcune note.
Accanto all’altar maggiore avvi una cappella sotto al cui altare riposa il corpo del B. Paolo della croce. Esso è fondatore dei Passionisti, a cui è affidata l’uffiziatura della chiesa. Questo servo di Dio è piemontese, nato in Castellazzo, paese della diocesi e provincia d’Alessandria. Egli morì nel 1775 in età di anni 82. I Molti miracoli che in Roma ed altrove si vanno ogni giorno operando, hanno fatto dilatare assai la sua Congregazione, che suole chiamarsi dei Passionisti a motivo del quarto voto che essi fanno di promuovere la venerazione verso la passione di N. S. Gesù Cristo.
Uno di quei religiosi, genovese, detto Fra Andrea, dopo di averci accompagnati a vedere le cose più ragguardevoli della chiesa, ci introdusse nel convento. È questo un bell’edifizio; ivi sono circa ottanta religiosi in gran parte piemontesi: – Qua, ci disse Fra Andrea, avvi la camera in cui morì il nostro Santo Fondatore.
– Ci siamo entrati ed abbiamo in divoto raccoglimento ammirato il luogo donde partì quell’anima benedetta per volare al cielo. Là c’è la sedia, abiti, libri, ed altri oggetti che servirono ad uso del Beato. Ogni cosa è posta sotto sigillo e si distribuiscono reliquie ai fedeli cristiani. Quella camera oggi è cappella ove si celebra la santa Messa.
Su quella vetta del Celio, dopo una serie di amarezze e aver vissuto per dieci anni solitario nella sua Villa di Camerano, abbandonato il Piemonte e rinunciata la diocesi, erasi ritirato Mons. Artico, Vescovo d’Asti, nel 1857. Una visita del suo amico D. Bosco dovette riuscirgli di grande consolazione. Poco tempo gli rimaneva da vivere e quivi nel 1859 chiudeva con afflitto e forte animo i suoi giorni ed era sepolto nella vicina chiesa.
Dato un saluto al cortese Fra Andrea, D. Bosco si avviò per andare alla stazione di S. Lorenzo in Lucina. Ma fatta un po’ di strada, si trovò sotto l’arco trionfale di Costantino, monumento della vittoria della Croce sul paganesimo; e poi incontrò quello di Tito, il quale co’ suoi bassorilievi testifica l’avveramento della profezia di Gesù Cristo contro Gerusalemme.
Giunto in fine a S. Lorenzo in Lucina, che è una delle più vaste parrocchie di Roma, desiderava guadagnar le indulgenze e contemplare il famoso crocifisso di Guido: ma non potè entrare in chiesa, perchè, a motivo dei lavori di restaurazione che ivi si eseguivano, non avea luogo la stazione.