
25 ottobre 2013 – ore 21:00-24:00
“IN CAMMINO IN COMPAGNIA DEI SANTI”
Veglia di preghiera in occasione della presenza delle reliquie del
Beato Giovanni Paolo II e San Pio da Pietrelcina
Nella Basilica di S. Giovanni Bosco
Vogliamo stasera prendere esempio da come questi due santi hanno saputo tradurre il loro rapporto con Dio nell’esistenza, come hanno incarnato nella storia il Dio vivo e vero. La nostra fede si nutre di testimoni, e per testimonianza si trasmette. Facciamoci guidare da questi grandi testimoni, per diventarlo anche noi.
(Canto) Popoli tutti
Mio Dio, Signore, nulla è pari a Te.
Ora e per sempre, voglio lodare
il tuo grande amor per noi.
Mia roccia Tu sei, pace
e conforto mi dai,
con tutto il cuore e le mie forze,
sempre io ti adorerò.
POPOLI TUTTI ACCLAMATE
AL SIGNORE ,
GLORIA E POTENZA CANTIAMO AL RE,
MARI E MONTI SI PROSTRINO A TE,
AL TUO NOME , O SIGNORE .
CANTO DI GIOIA PER QUELLO CHE FAI,
PER SEMPRE SIGNORE
CON TE RESTERÒ ,
NON C’È PROMESSA NON C’È FEDELTÀ
CHE IN TE.
1. L’EUCARESTIA
Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Quando penso all’Eucaristia, guardando alla mia vita di sacerdote, di Vescovo, di Successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato concesso di celebrarla. Ricordo la chiesa parrocchiale di Niegowić, dove svolsi il mio primo incarico pastorale, la collegiata di san Floriano a Cracovia, la cattedrale del Wawel, la basilica di san Pietro e le tante basiliche e chiese di Roma e del mondo intero. Ho potuto celebrare la Santa Messa in cappelle poste sui sentieri di montagna, sulle sponde dei laghi, sulle rive del mare; l’ho celebrata su altari costruiti negli stadi, nelle piazze delle città… Questo scenario così variegato delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell’Eucaristia: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a Lui redento da Cristo. Ricevere l’Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù. «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4). Questo rapporto di intima e reciproca «permanenza» ci consente di anticipare, in qualche modo, il cielo sulla terra. Non è forse questo l’anelito più grande dell’uomo? Non è questo ciò che Dio si è proposto, realizzando nella storia il suo disegno di salvezza? Egli ha messo nel cuore dell’uomo la «fame» della sua Parola (cfr Am 8,11), una fame che si appagherà solo nell’unione piena con Lui. La comunione eucaristica ci è data per «saziarci» di Dio su questa terra, in attesa dell’appagamento pieno del cielo. L’Eucaristia: un rendimento di grazie. In Gesù, nel suo sacrificio, nel suo «sì» incondizionato alla volontà del Padre, c’è il «sì», il «grazie» e l’«amen» dell’umanità intera. La Chiesa è chiamata a ricordare agli uomini questa grande verità. È urgente che ciò venga fatto soprattutto nella nostra cultura secolarizzata, che respira l’oblio di Dio e coltiva la vana autosufficienza dell’uomo. Incarnare il progetto eucaristico nella vita quotidiana, là dove si lavora e si vive — in famiglia, a scuola, nella fabbrica, nelle più diverse condizioni di vita — significa, tra l’altro, testimoniare che la realtà umana non si giustifica senza il riferimento al Creatore: «La creatura, senza il Creatore, svanisce». Questo riferimento trascendente, che ci impegna ad un perenne «grazie» — ad un atteggiamento eucaristico appunto — per quanto abbiamo e siamo, non pregiudica la legittima autonomia delle realtà terrene, ma la fonda nel modo più vero collocandola, al tempo stesso, entro i suoi giusti confini. Non abbiamo paura di parlare di Dio e di portare a fronte alta i segni della fede. La «cultura dell’Eucaristia» promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e alimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza. Se storicamente non sono mancati errori in questa materia anche nei credenti, come ebbi a riconoscere in occasione del Giubileo, ciò va addebitato non alle «radici cristiane», ma all’incoerenza dei cristiani nei confronti delle loro radici. Chi impara a dire «grazie» alla maniera del Cristo crocifisso, potrà essere un martire, ma non sarà mai un aguzzino (Giovanni Paolo II, Mane nobiscum Domine).
(Canto) Dall’aurora al tramonto
DALL’AURORA IO CERCO TE
FINO AL TRAMONTO TI CHIAMO
HA SETE SOLO DI TE
L’ANIMA MIA COME TERRA DESERTA
Non mi fermerò un solo istante
sempre canterò la tua lode
perché sei il mio Dio il mio riparo
mi proteggerai all’ombra delle tue ali.
Non mi fermerò un solo istante
io racconterò le tue opere
perché sei il mio Dio unico bene
nulla mai potrà la notte contro di me.
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò: “Che cosa?”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Ed egli disse loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”. E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Padre Pio è stato definito il “sacerdote estatico dell’Eucaristia”. La sua vita, il suo pensiero, il suo cuore avevano un solo centro: il Prigioniero d’amore del Tabernacolo. E dall’Eucaristia egli ha attinto la forza per portare per un’intera vita il peso immane della sua missione di Cireneo, pronto a caricarsi della croce per salire il Calvario con Gesù. Per tutta la sua vita è vissuto ai piedi del Tabernacolo in continua adorazione: da fanciullo e da giovane, da studente e da sacerdote, a Pietrelcina, sotto lo sguardo della Madonna della Libera e a San Giovanni Rotondo, sotto lo sguardo dolce e materno della Madonna delle Grazie. Sappiamo che, ancora bambino, si faceva chiudere in chiesa per adorare Gesù Sacramentato e spesso alla presenza di Gesù nel Tabernacolo si faceva prendere da tale commozione che non riusciva a trattenere il pianto; anche i suoi compagni vedevano le lacrime che inondavano il banco e il pavimento mentre egli stava in adorazione. Da frate poi, come la gente di Pietrelcina testimonia, sostava ogni giorno per lunghissime ore, e a volte anche per intere notti, dinanzi a Gesù Sacramentato, e quando qualcuno si raccomandava alle sue preghiere era solito dire: «Lo dirò a Gesù Sacramentato quando sarò vicino al suo Tabernacolo». Non si stancava mai di stare ai piedi del Tabernacolo in adorazione, quasi a rendere amore e tenerezza in risposta alle tenerezze di Cristo che, per amore dell’uomo ingrato, si è fatto prigioniero nel Divin Sacramento. Basti pensare che a San Giovanni Rotondo trascorreva le ore notturne in coro; chi ha vissuto con lui lo riorda ancora proiettato verso il Tabernacolo, immancabilmente, ogni giorno dalle 9 alle 12 e al pomeriggio dopo le confessioni fino al tempo della Benedizione Eucaristica, in un continuo sgranare di Rosari. La vita di Padre Pio era una vita eucaristica, era una continua offerta e una continua immolazione con Cristo sul Calvario per aggredire il peccato degli uomini d’oggi con l’onnipotenza dell’amore del Crocifisso. Questa limpida e sicura verità di fede oggi si è affievolita nella fede di tanti cristiani: l’Eucaristia non è capita, non è vissuta, non è partecipata col cuore. In una delle sue estasi, Padre Pio dice al Signore: «Già ti sentivo nel cuore come i discepoli di Emmaus… ti sentivo… con la tua dolcezza… la sete non la sento più… Ah Gesù mio, dolcezza mia… e come posso vivere senza di te? Vieni sempre, Gesù mio, vieni, possiedi tu solo il mio cuore… Oh se avessi infiniti cuori, tutti i cuori del cielo e della terra, anche il cuore della Madre tua, tutti li offrirei a te… Gesù mio, dolcezza mia, amore che mi sostiene» (Cfr. Diario, p. 54). La vita di Padre Pio ruota intorno al tabernacolo: l’Eucarestia è il suo centro di gravitazione: l’Altare costituiva il punto di partenza e il punto di arrivo nella sua giornata. Gesú è necessario a Padre Pio. Egli non sa vivere senza Gesú sacramentato, specialmente quando turbamenti di coscienza e afflizioni di ogni genere lo fanno martirizzare. “Resta Gesù con me, perché in questa notte della vita e dei pericoli ho bisogno di Te. Fa’ che Ti conosca come i Tuoi discepoli allo spezzar del pane… cioè che l’Unione Eucaristica sia luce che dissipa le tenebre, la forza che mi sostiene e l’unica beatitudine del mio cuore. Resta con me Signore, perché quando arriva la morte, voglio stare unito a Te, se non realmente per la Santa Comunione, almeno per la grazia e per l’amore”. Credo che oggi Padre Pio direbbe a tutti che è necessario ritornare all’Eucaristia. Essa deve diventare il centro della vita. L’Eucaristia deve diventare il paradigma dei nostri rapporti con gli altri, il paradigma dei nostri rapporti con Dio. Quando si pensa ad una vita Eucaristica bisogna considerarla come un qualcosa di profondo che penetra nelle strutture più intime della nostra vita e del nostro rapportarci agli altri”.
(Canto) Resta qui con noi
Le ombre si distendono, scende ormai la sera e s’allontanano dietro i monti i riflessi
di un giorno che non finirà
di un giorno che ora correrà sempre
perché sappiamo che una nuova vita
da qui è partita e mai più si fermerà.
RESTA QUI CON NOI, IL SOLE SCENDE GIÀ RESTA QUI CON NOI, SIGNORE È SERA ORMAI RESTA QUI CON NOI, IL SOLE SCENDE GIÀ SE TU SEI FRA NOI LA NOTTE NON VERRÀ.
S’allarga verso il mare il Tuo cerchio d’onda che il vento spingerà fino a quando
Giungerà ai confini di ogni cuore, alle porte dell’amore vero Come una fiamma che dove passa brucia, così il tuo amore tutto il mondo invaderà.