
Caro parroco,
non ti meravigliare di quello che dico: mi sento un fallito. Faccio qualcosa e nessuno mi si fila, non riesco mai a vedere i frutti di quel che faccio […] Non si può vivere così.
(lettera firmata)
Caro amico,
Mi permetto di ricordarti che chi fa il suo dovere non è mai uno sconfitto né tanto meno un fallito.
Tieni sempre presente, come un’icona identitaria, la formidabile affermazione di san Paolo agli sconquassati abitanti di Corinto: “Ego plantavi, Apollo rigavit, Deus autem incrementum dedit – (Io ho seminato, Apollo ha innaffiato, ma solo Dio ha portato a maturazione)”. È uno dei plinti di base di tutta l’etica cristiana. Il nostro “fare” non contempla necessariamente la raccolta dei frutti. Un tempo assai lontano, in filosofia, era in voga il cosiddetto “sillogismo”. Te ne faccio un esempio che puoi applicarlo a quanto mi hai scritto:
- Dio ha bisogno di noi.
- Ma noi abbiamo bisogno di vedere i frutti di questo nostro impegno quotidiano per Dio.
- Dunque abbiamo il diritto di vedere i frutti…
Beh, il sillogismo scricchiola dopo l’enunciazione e si rompe nella conclusione. Il sillogismo giusto è il seguente:
- Dio ha bisogno di noi
- Ma noi abbiamo bisogno di “sapere” che il nostro metterci a disposizione di Dio non è vano
- Perciò, la fede ci dice esattamente che neppure uno iota, neppure un apice di quello che abbiamo fatto andrà perduto!
Ecco la grande verità del Vangelo. Spesso la nostra preghiera, la nostra parola, i nostri sforzi, ecc. magari non andranno dove “noi” li abbiamo indirizzati, non raggiungeranno i destinatari per i quali abbiamo confezionato il pacchetto, ma non falliranno il bersaglio. Il progetto di Dio lo conosce solo Dio, e quel progetto non contempla “pezzi di bene” sprecati, buttati, inservibili. Tutto quello che di bene abbiamo fatto, tutti i gesti, le parole, i pensieri, le pene, gli sforzi sono “collocati” al posto giusto dalla Sapienza divina. È questa la nostra forza, è questa la nostra fede.
Il parroco