
Reverendissimo parroco,
da più di due anni ho perso il lavoro. Ho fatto altri lavori, ma non sono stato pagato. Ho provato tutte le strade, ma quando si hanno 63 anni, si trovano solo le porte chiuse. Ti fanno perdere la dignità, ti fanno sentire un fallito, un niente. Distinti saluti
Un parrocchiano
Caro Signore,
Lei è uno dei tanti che giornalmente mi contattano per problemi di lavoro perduto o poco remunerato o addirittura niente remunerato. Ecco, devo proprio confessarle la mia più totale impotenza di fronte a problemi di questo genere che, le dicevo, mi capita di affrontare con impressionante frequenza. Anche per me è frustrante non sapere come muovermi a chi attivare, che cosa consigliare, a chi inviare i “curricula” che continuo a ricevere, dopo averne inviati tanti senza ottenere nulla. Solo una risposta ho ricevuto due anni fa: “Reverendo parroco, questa è l’ora di licenziare non di assumere”. Che il nostro, pur splendido “Stivale” sia parecchio logoro non è una novità per nessuno; che la cura del “Calzolaio” tiri avanti a tempo indeterminato non si capisce bene perché; che i giornali scrivano che l’Italia è la patria dei furbetti che cercano i paradisi fiscali per salvarsi dallo Stato è cosa talmente nota che non fa più effetto. La bailamme è quasi inestricabile. Se i “curatori del malato” non sanno che fare, cosa crede possa fare un “curatore d’anime?” Tutt’al più, sperare nel più grosso e improbabile miracolo della storia d’Italia.