Marco 10, 17-30: 17 In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». 20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in ciclo; e vieni! Seguimi!». 22 Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. 23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è diffìcile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24 I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27 Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». 28 Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30 che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figlie campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 10, 17-30
In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com`è difficile entrare nel regno di Dio! E` più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c`è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Gesù sta istruendo i discepoli sulle condizioni per essere suoi seguaci. Egli si trova già nella Giudea e presto entrerà a Gerusalemme (11, 1). Marco 10, 17-30 si compone di tre parti: l’incontro con l’uomo ricco con Gesù e il ricco in scena (10, 17-22), il dialogo tra Gesù e i discepoli sui ricchi e la ricchezza (10, 23-27), un altro dialogo sempre tra Gesù e i discepoli sulla rinunzia e la ricompensa. Nel brano troviamo indicate le condizioni e la via per avere la vita eterna.
USCIVA PER METTERSI IN VIAGGIO (17)
Dopo le precisazioni sul matrimonio (10, 2-9), Gesù entra con i suoi in una casa dove ripete lo stesso insegnamento dato ai farisei, con una puntualizzazione anche sul ripudio della moglie. Segue l’episodio di Gesù che presenta i bambini come modello (10, 13-16) che non ha ambientazione. Poi Egli “esce sulla strada”, per continuare il viaggio.
UN TALE (17)
L’episodio è narrato dai tre Sinottici. Si parla generalmente di un “giovane ricco”, perché come giovane lo qualifica Matteo (19, 20), ma Marco e Luca (18, 18-23) non precisano l’età.
IN GINOCCHIO (17)
Il gesto qui indicato era già praticato nell’Antico Testamento, come segno di grande rispetto (Est 3, 2; 1 Re 25, 23-41).
MAESTRO BUONO (17)
Questa formula è invece inconsueta, anche se indica la grande stima che l’uomo ha di Gesù, che però considera solo come uomo. L’appellativo “buono” in senso assoluto veniva rivolto solo a Dio, il solo buono. Da qui la reazione di Gesù.
LA VITA ETERNA (17)
L’espressione si trova la prima volta in Dn 12, 2, è collegata con la risurrezione dei morti, e indica la vita dei giusti presso Dio dopo la risurrezione, vita in cui si entra (Mc 9, 43-45) o che si riceve (Mc 10, 30). In Giovanni la vita eterna si ha già qui se si vive in sintonia con Dio. Un pio ebreo doveva sapere che per avere la vita eterna era necessario osservare la Legge, ma forse il giovane vuole conoscere che cosa “l’avere la vita” in concreto esige per lui.
PERCHE’ MI CHIAMI BUONO (16)
Certamente solo Dio è in assoluto buono, ma anche se il richiedente non l’aveva detto in questo senso, Gesù fa un precisazione, che corrisponde perfettamente alla concezione biblica, anche se qui sembra una pignoleria teologica e può anche porre in difficoltà qualche lettore, che può concludere che Gesù non si considerasse Dio. La puntualizzazione suggerisce però altre considerazioni. Prima di tutto Gesù vuole asserire la centralità di Dio. Poi vuole precisare che non gli crea difficoltà che il giovane lo consideri uomo, dal momento che è anche uomo. A proposito di questa asserzione, Giovanni Paolo II in un bellissimo commento da lui fatto a tutto l’episodio nella Veritatis Splendor (6 ss), dice che Dio oltre ad essere il “solo buono” è anche il solo che può rispondere alla domanda di bene perché lui è il Bene e lui solo può farci buoni.
TU CONOSCI I COMANDAMENTI (16)
Dopo aver rimandato a Dio, Gesù rimanda ai suoi comandamenti, ma poi va al di là del Decalogo. Dei comandamenti cita solo quelli riguardanti il prossimo: non uccidere (5), non commettere adulterio (6), non rubare (7) non attestare il falso (8), onora tuo padre e tua madre (4); il “non frodare”, non si trova nel Decalogo, potrebbe essere tradotto con “non far torto a nessuno” o potrebbe riferirsi a Dt 24, 14 “non defrauderai il salariato povero e bisognoso” e sarebbe stato aggiunto da Gesù perché il ricco potrebbe avere la tentazione di “frodare”. Comunque si tratta di precetti che riguardano il prossimo. E quelli che riguardano Dio? La risposta sta nel fatto che il modo concreto di amare Dio e di essere fedeli a lui è di amare ed essere fedeli all’uomo.
LE HO OSSERVATE (20)
La risposta del ricco non è presuntuosa e scaturisce da un cuore leale. La coscienza di aver davvero adempiuto tutta la legge era del compatibile con la religione ebraica. Era pacifico per i rabbini che una volontà seria fosse in grado di osservare sempre e completamente tutta la legge, anche se alcuni avevano capito che anche l’uomo pio ha necessità della grazia e della misericordia di Dio. La risposta rivela grande serietà, anche se non rivela una coscienza molto approfondita.
FISSATOLO LO AMO’ (21)
In notazione di Marco fa cenno all’atteggiamento tutto ispirato ad amore di Gesù e la simpatia nei confronti di un uomo religioso e desideroso di perfezione. Nei sinottici è il solo passo che segnala che Gesù ama, mentre in Giovanni se ne trova spesso menzione. (per esempio 11, 5; 13, 1, 19, 26)
UNA SOLA COSA (21)
E’ bello osservare tutti i comandamenti, ma non è tutto. Anzi questa osservanza fa correre il rischio di sentirsi a posto, come successe al fariseo in preghiera, che pensava di essere diverso dagli altri uomini (Lc 18,11-12). Con la sola osservanza dei comandamenti un uomo non può certo ritenersi perfetto.
VAI VENDI…DALLO AI POVERI (21)
Una vera sequela di Gesù esige che ci si liberi dal peso della ricchezza, come hanno fatto gli apostoli. Così si può più speditamente camminare dietro le orme di Gesù. Per gli Ebrei le ricchezze erano segno della benedizione di Dio, ed erano utili per aiutare i poveri con l’elemosina. Gesù più realisticamente ci vede un pericolo e più che l’elemosina chiede il dono totale: buona è certo l’elemosina, ma Gesù pretende la cessione ai poveri di ogni ricchezza, perché essa è un pericolo per la salvezza. Una spoliazione totale riguarda certo chi ha una vocazione speciale, ma un rapporto diverso con la ricchezza è necessario a tutti. Quanto chiede Gesù è un test per un giudizio sulla sequela. Chi osserva i comandamenti sarà un buon giudeo, ma chi vuole essere buon cristiano deve seguire Gesù e per seguirlo bisogna liberarsi dai ceppi della ricchezza e darla ai poveri.
UN TESORO NEI CIELI (21)
Se il tesoro è sulla terra, il cuore sarà “terra terra”, se il tesoro è nei cieli, là sarà anche il cuore. “Là dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21)
SEGUIMI (21)
L’invito è lo stesso rivolto ai quattro primi discepoli (1, 17) e a Levi (2, 14).
RATTRISTATOSI SE NE ANDO’(22)
L’uomo è combattuto da due desideri, quello di essere perfetto e quello delle sue ricchezze. Quando decide per le ricchezze, che gli danno soddisfazioni e gioie e da cui non sa staccarsi, dato anche che non capisce perché dovrebbe lasciarle, resta triste, perché avrebbe desiderato conciliarle col suo desiderio di esser migliore. La tristezza è segno che la chiamata di Gesù lo ha toccato e che lui non ha saputo elevarsi alle altezze cui è stato chiamato.
VOLGENDO LO SGUARDO (23)
Inizia qui la seconda parte della pericope Marco di nuovo parla dello sguardo di Gesù, come in altre occasioni (3, 5; 5, 32). Gesù volge lo sguardo attorno quasi a richiamare l’attenzione su ciò che sta per dire.
QUANTO DIFFICILENTE (23)
Già nell’AT troviamo qualche avvertimento sulla difficoltà di mettere insieme giustizia nel senso biblico, e ricchezza (Sir 31, 5, 14). Nei vangeli il pericolo viene messo direttamente in relazione con il regno escatologico e la salvezza eterna. (vedi ad esempio Luca 3, 11:; 6, 30; 7, 5)
STUPEFATTI (24)
Il ricco diventa triste. I discepoli sono stupefatti. La ricchezza nell’A.T. è spesso considerata un segno della benedizione di Dio (vedi parte finale del libro di Giobbe) Gesù capovolge tutto. E i discepoli, nonostante la permanenza col Maestro ancora non sono riusciti a cambiare del tutto il modo di pensare.
COM’E’ DIFFICILE (24)
Gesù fa ora un’asserzione più generale. Entrare nel regno è sempre un fatto difficile. Ma la ricchezza è un ostacolo particolarmente grande.
CAMMELLO…AGO (25)
Scegliendo per il paragono la bestia proverbialmente più grossa e il foro più piccolo, Gesù vuole sottolineare la pura e semplice impossibilità per i ricchi di entrare nel regno. I ricchi sono contrapposti ai bambini di 1°, 14-15.
E CHI MAI (26)
Gli apostoli hanno capito bene ciò che ha detto il Maestro e, ben sapendo che l’amore alle ricchezze si annida potentemente anche in coloro che non le possiedono, pensano che nessuno può salvarsi.
POSSIBILE A DIO (27)
Confermata l’impossibilità di raggiungere la salvezza con le sole forze umane, Gesù invita alla fiducia in Dio, la cui onnipotenza e misericordia supplisce all’umana fragilità.
PIETRO (28)
Siamo alla terza parte dell’odierno brano evangelico. Pietro con la solita franchezza constata che gli apostoli hanno già fatto quanto il giovane ricco non ha voluto fare e che, forse senza averne chiara coscienza, hanno lasciato tutto e quindi, grazie a Gesù, stanno passando per la cura dell’ago. In questa situazione, mentre Marco scriveva, si trovavano coloro che accostandosi al battesimo, perdevano ogni cosa.
GESU’…NON C’E’ NESSUNO (29)
Gesù assicura un “tesoro”, partendo da una precisazione. La rinunzia a tutto ha valore se è fatta per un motivo soprannaturale (“a causa mia e a causa del Vangelo”). In Matteo troviamo “ a causa del mio nome” (19, 29) e in Luca: “ per il regno di Dio” (18, 29). Queste espressioni nella Chiesa primitiva indicavano la stessa realtà, vista sotto aspetti diversi. Nell’espressione di Marco “il Vangelo” e “Gesù” possono essere identificati se si considera che il vangelo autentico è Gesù crocifisso, intronizzato Messia e Signore e proclamato a tutto il mondo.
GIA’ AL PRESENTE (30)
Gesù promette sempre una ricompensa di carattere escatologico, legata alla vita dopo la morte. Questo è l’unico caso in cui è promessa già “al presente”.
IL CENTO VOLTE (30)
Cento è un numero convenzionale che non è da interpretarsi in senso letterale, ma che indica ”grande quantità”, con riferimento ai singoli beni indicati. Di che si tratta? Certamente di doni nella sfera soprannaturale, come la vita di grazia e l’unione con Dio, che vale più di ogni altro bene, ma anche dei vantaggi spirituali e materiali che si trovano in una buona comunità: fraternità, comunione dei beni, aiuto ai bisognosi, amore scambievole, esortazione reciproca, correzione, ecc.
INSIEME A PERSECUZIONI (30)
Nella vita cristiana le soddisfazioni, per quanto spirituali possano essere, non si trovano mai dissociate dalla sofferenza, specialmente proveniente dal mondo esterno. La vita di Gesù è stata tutta una lotta dalla quale trae motivo per avvertire i discepoli che la loro vita non sarà diversa.
VITA ETERNA (30)
Qui si completa la risposta alla domanda dell’uomo ricco. (10, 17)
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
LIBERARE L’ANIMA
“Vendi ciò che hai” (Mt 19,21). Che significa? Non quello che alcuni ammettono cosí a prima vista, che cioè il Signore ci comandi di far getto dei beni posseduti e di rinunciare alle ricchezze; ci comanda piuttosto di bandire dall`anima i pensieri usuali sulla ricchezza, la passione morbosa verso di essa, le preoccupazioni, le spine dell`esistenza che soffocano il seme della vita. Non è infatti nulla di grande e di desiderabile l`essere privi di ricchezze ma non per lo scopo di raggiungere la vita eterna:. Cos`è dunque la novità, da lui annunciata come qualcosa proprio di Dio, che solo vivifica e che non salvò gli antichi? Cos`è la rarità, cos`è la «nuova creazione», che il Figlio di Dio proclama e insegna? Non qualcosa di manifesto o che altri han già fatto egli ci prescrive, ma qualcosa d`altro, piú grande, piú divino e piú perfetto, che da quella vien simboleggiato: liberare l`anima e la sua intima disposizione dalle passioni, e rescindere ed estirpare dalla radice ciò che è estraneo alla ragione. E` questa la scienza propria dell`uomo di fede, è questo l`insegnamento degno del Salvatore. (Clemente di Ales., Quis dives, 11-14)
RICCHEZZE A VANTAGGIO DEL PROSSIMO
Non si hanno da rigettare le ricchezze che devono servire a vantaggio del prossimo; sono possessi perché la loro caratteristica è di essere possedute e son dette beni perché servono al bene, e sono state preparate da Dio per i bisogni degli uomini. Esse dunque sono presenti, sono a portata, come materia, come strumento per servire ad un buon uso a chi bene le conosce. Se ne usi con intelligenza, lo strumento è intelligente; ma se manchi di intelligenza, partecipa alla tua mancanza di intelligenza, pur non avendone colpa. Un tale strumento, dunque sono le ricchezze. Ne puoi usare con giustizia: ti sono ministre di giustizia. Qualcuno ne usa ingiustamente? Scopriamo che sono ministre di ingiustizia. La loro natura è di servire, non di comandare. Non dobbiamo dunque rimproverare loro di non avere in sé né il bene né il male e di essere fuori causa; bensí dobbiamo rimproverare chi può usarne o bene o male come gli pare, cioè la mente e il giudizio umano, che è libero in sé e padrone di usare delle cose a lui concesse. Nessuno cerchi dunque di distruggere la ricchezza, ma le passioni dell`anima, che non permettono l`uso migliore dei beni, non lasciano che l`uomo sia veramente virtuoso e capace di usare rettamente della ricchezza. L`ordine dunque di rinunciare ai nostri beni e di vendere ciò che si possiede lo si deve intendere in questo modo: è stato impartito contro le passioni dell`animo.(Clemente di Ales., Quis dives, 11-14)
DONARE PIU DEL PRESCRITTO
Dobbiamo sapere che a noi non è richiesto quel che prescrive la Legge, bensí quello che tuona alle nostre orecchie il precetto evangelico: “Se vuoi essere perfetto, va` vendi quanto possiedi, dallo ai poveri ed avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21); e offrendo le decime dei nostri beni rimaniamo in qualche modo sotto il giogo della Legge e non siamo ancora pervenuti alla sublime perfezione del Vangelo che non si limita ad accordare a chi l`osserva i benefici della vita presente, ma elargisce anche i premi futuri. A chi osserva la Legge non è dato in cambio il regno dei cieli, ma le consolazioni di questa vita, come è scritto: “Chiunque metterà in pratica i comandamenti, vivrà” (Lv 18,5). Coloro che obbediscono ai precetti antichi del Signore, offrendo fedelmente le decime dei loro frutti, non possono ancora ascendere alle vette evangeliche, e non è difficile rilevare la distanza che li separa da chi non arriva neppure a tanto. Come avranno parte alla grazia evangelica coloro che disdegnano di praticare precetti molto piú accessibili dei precetti della Legge antica? Tale facilità dei precetti antichi è il tono imperativo del Legislatore che l`attesta. Non ha forse minacciato persino la maledizione per coloro che non li adempiono? “Maledetto”, è scritto infatti, “chi non mantiene in vigore le parole di questa legge, per metterla in pratica!” (Dt 27,26). Qui, però, è tale la sublimità e l`eccellenza dei comandamenti che vien detto soltanto: “Chi può comprendere, comprenda” (Mt 19,12)… (Giovanni Cassiano, Collationes, 21, 5, 1-3; 6, 1; 7, 2)
INVITO ALLE VETTE DELLA VIRTU’
Cristo non costringe nessuno, con la necessità della norma, ad elevarsi alle vette sublimi della virtù; provoca invece la nostra libera scelta, ci eccita con la bontà del consiglio, ci infiamma con il desiderio della perfezione. Dove c`è il precetto, infatti, c`è del pari la necessità, e di conseguenza la sanzione. E poi, coloro che osservano solo quel minimo al quale lí costringe la severità di una legge categorica, evitano di incorrere nella pena prevista dalla sanzione, ma non guadagnano alcuna ricompensa. E` cosí che il Vangelo sa innalzare i forti verso ciò che vi è di piú grande e sublime, senza permettere tuttavia che i deboli precipitino nell`abisso della miseria. Ai perfetti, esso procura la piena beatitudine, mentre accorda il perdono a coloro che si lasciano vincere dalla propria fragilità.. Però, non è solo chi si rifiuta di adempiere il precetto della Legge che va visto come ancora soggetto alla Legge, ma anche colui che, soddisfatto di osservare ciò che essa prescrive, non porta frutti degni della vocazione e della grazia cristiane. Infatti, Cristo non ci dice: “Tu offrirai le decime e le primizie dei tuoi beni al Signore tuo Dio” (Es 22,29), bensí: “Va`, vendi quanto possiedi, dallo ai poveri ed avrai un tesoro in cielo, poi, vieni e seguimi”, dove la magnificenza della perfezione appare tale che, al discepolo che lo interroga (Gesú) non concede neppure il breve spazio di tempo per la sepoltura del padre, subordinandosi il dovere della umana carità alla virtù dell`amore divino. (Giovanni Cassiano, Collationes, 21, 5, 1-3; 6, 1; 7, 2)
LIBERARSI DALLA CUPIDIGIA
La legge aveva insegnato agli uomini la necessità di seguire Cristo. Lo mostrò chiaramente Cristo stesso al giovane che g]i chiese cosa avrebbe dovuto fare per ereditare la vita eterna. Gli rispose infatti: “Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti”. Quegli chiese: “Quali?”, e il Signore soggiunse: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza; onora il padre e la madre, e ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,17ss). Proponeva cosí a tutti coloro che volevano seguirlo i comandamenti della legge come gradini di entrata alla vita: quello che diceva a uno, lo diceva a tutti. Il giovane rispose: “Ho fatto tutto ciò” – e forse non lo aveva fatto, che altrimenti non gli sarebbe stato detto: osserva i comandamenti -; allora il Signore, rinfacciandogli la sua cupidigia, gli disse: “Se vuoi essere perfetto, va`, vendi tutto ciò che hai, dividilo tra i poveri, poi vieni e seguimi” (ib.). Con queste parole prometteva l`eredità degli apostoli a chi avesse fatto così, non annunciava certo a coloro che lo avessero seguito un altro padre, diverso da quello che era stato annunciato fin dall`inizio della legge, e neppure un altro figlio; ma insegnava a osservare i comandamenti imposti da Dio all`inizio, a liberarsi dall`antica cupidigia con le buone opere e a seguire Cristo. Che poi la distribuzione dei propri beni ai poveri liberi davvero dalla cupidigia, lo ha mostrato Zaccheo dicendo: “Ecco, do la metà dei miei beni ai poveri; se poi ho frodato qualcuno, gli rendo il quadruplo” (Lc 19,8).(Ireneo di Lione, Adv. haer., IV, 12, 5)
DIALOGO CON IL GIOVANE RICCO
Il brano evangelico è articolato in tre scene: l’incontro di Gesù con il giovane ricco; l’insegnamento rivolto ai discepoli sul pericolo della ricchezza per chi vuole seguire Gesù e il dialogo di Gesù con Pietro sulla necessità della rinuncia per la sequela. Nel dialogo con il giovane ricco, che ha sempre osservato tutti i comandamenti, Gesù osserva che non è la pratica della legge che salva. Occorre che ci siano almeno due condizioni: dare ai poveri e avere un tesoro in cielo. Le due condizioni equivalgono all’amore di Dio e all’amore del prossimo. Il giovane non è disposto ad accettare queste condizioni e se ne va via, lontano da Gesù. L’osservanza dei comandamenti negativi («non fare questo o quello») non è dunque sufficiente per Gesù, che richiede l’abbandono e l’incondizionata fiducia in Dio, cioè l’avere un tesoro in cielo, e l’amore sincero e fattivo per il prossimo, cioè il dare ai poveri quel che si ha, nel senso di condividere con gli altri tutto quello di cui si dispone. (Antonio Bonora)
INSEGNAMENTO AI DISCEPOLI
Nella seconda scena, Gesù insegna ai suoi discepoli, evidentemente con riferimento al dialogo appena avvenuto con il giovane, che la ricchezza è un ostacolo gravissimo per il regno di Dio. La ricchezza che non viene posta al servizio della dedizione di sé al prossimo diventa uno strumento per incrementare la propria vita egoistica, e quindi si trasforma in fonte di ingiustizia o di vanto, per cui l’uomo crede di salvarsi da solo. (Antonio Bonora)
SPIEGAZIONE DELLA SEQUELA
Nella terza scena, Gesù spiega che la «sequela» del discepolo esige disponibilità a lasciare tutto: casa, fratelli, sorelle, madre, padre, figli. Perché abbandonare? Gesù risponde: «A causa mia e del vangelo». La rinuncia è giustificata soltanto dall’adesione alla persona di
Gesù. La rinuncia fondata sulla scelta radicale di Gesù come valore supremo reca con sé il «premio» già in questa vita, pure in mezzo a persecuzioni, e poi, in pienezza, nella vita eterna. All’interno della comunità cristiana, il discepolo di Gesù ritroverà «cento volte tanto» tutto quello che ha lasciato. Non sarà più un «possesso» privato ed egoistico, ma un bene comune che potrà godere insieme con i fratelli, le sorelle, i padri, le madri e i figli. Allora potrà spuntare in noi la vera gioia di vivere. (Antonio Bonora)
LA RISPOSTA DEL GIOVANE
La risposta dell’uomo a Gesù stupisce per due aspetti: da una parte ci si domanda come costui possa rispondere così tranquillamente di aver osservato tutte queste cose fin dalla sua giovinezza. Si deve probabilmente pensare che le esigenze della legge erano vissute in modo meno drammatico di quanto pensiamo solitamente (influenzati in ciò dalla teologia paolina). Certo, non ci può essere una piena adeguatezza tra legge e ubbidienza, ma il desiderio profondo di questa ubbidienza unitamente alla misericordia di Dio che copre i peccati degli uomini permettono di dire senza falsità che si è stati fedeli alle prescrizioni della legge. D’altra parte, e questo è più importante ancora, stupisce che uno la cui condotta sia sempre stata quella di ubbidire alla volontà di Dio, possa lasciare entrare in cuor suo il dubbio che ciò non basti e provi il bisogno di chiedere cosa deve fare per ereditare la vita eterna. L’atteggiamento di Gesù («fissatelo lo amò») è molto significativo a questo proposito, perché rivela che il Signore discerne in quest’uomo non solo un’insoddisfazione di fondo, ma una ricerca autentica che poggia sulla convinzione profonda che il potere di ereditare la vita eterna non si trova nell’uomo, ma solo in Dio dal quale viene la vita eterna. È proprio quel che Gesù ribadirà a Pietro che gli chiede: «Chi allora si può salvare?». La risposta non può essere più chiara: «Presso gli uomini è impossibile».(A. Chieragatti)
ESSERE O AVERE?
Che cosa conta di più nella vita? Che cosa rende la nostra esistenza più felice e più feconda. La cultura dominante della nostra società consumistica dice: “ Ciò che conta è avere, possedere”. Se siamo un po’ riflessivi però possiamo tutti capire che l’uomo non vive solo di pane. La malattia più grave della nostra società è il vuoto di ideali assoluti, la carenza o la latenza di un senso di assoluto, l’aggrapparsi a piccoli e meschini “fini”, che durano una breve stagione. La vera sapienza di vivere sta nello scoprire il senso ultimo della propria esistenza. La società consumistica e del benessere cerca, in mille modi, di distrarci dagli interrogativi più seri, dalle domande più radicali circa il nostro destino, tenta di inebriarci con tante piccole cose che recano una soddisfazione facile, immediata, ma anche epidermica e passeggera. Ma le cose non danno un senso al vivere: nasce l’angoscia, la solitudine, la tristezza, il grigiore di tante esistenze bruciate. Manchiamo della vera sapienza che solo Dio può dare. La sapienza, ossia possedere il segreto senso della vita, è il bene supremo: “ Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni”. Il sapiente non è un asceta che rifiuta i beni, le gioie, gli agi, le soddisfazioni giuste, ma si interroga sul “senso” della vita. Che cosa conta avere tante cose se poi non si ha uno scopo per cui vivere? Soltanto la sapienza fornisce all’uomo l’ideale che dà senso a tutto il resto. Ricordiamo la sentenza di Gesù: “ Cercate anzitutto il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”. (Antonio Bonora)
I VALORI DEL MONDO
Se Cristo è tutto, i valori del mondo che in sé sono buoni e si possono integrare nel Regno, possono essere oggetto di rinunzia. Bisogna capire la natura di questo distacco. Non è essere poveri che interessa: interessa possedere il Regno. E se ai poveri è promesso il Regno, si diventa volentieri poveri per avere la mani vuote ad accogliere questo dono. In fondo il distacco è la faccia negativa dell’adesione a Cristo. Nel nostri sistema di vita, non a torto qualificato come società del benessere, l’attaccamento alle cose diventa di grande ostacolo per una vita cristiani impegnata. Si mettono i beni davanti a tutto e a fondamento di tutto, e si crede così di trovare la via della gioia, mentre da tanto tempo gli spiriti illuminati hanno compreso che i beni materiali sono incapaci di domare il cuore dell’uomo. L’uomo è fatto per Dio e non trova pace se non in lui. Crediamo di possedere le cose e ne siamo invece posseduti, diventandone schiavi, e ci chiudiamo così ai grandi valori dello Spirito. Solo quelli che hanno “ un cuore di povero” sanno aprirsi a Dio nella piena libertà dell’amore. (Mariano Magrassi)
INTERROGATIVI
Che cos’è questa sapienza più preziosa della luce, della salute, della bellezza, della ricchezza? Tra il Vangelo e la nostra cultura, a proposito di ricchezza,ci sono visioni ben diverse. Quale visione scelgo nella mia vita? Se fossi stato al posto e nelle condizioni del giovane ricco cosa avrei risposto a Gesù? La parola di Dio è stata per me come spada? Ha messo a nudo il mio cuore, mi ha fatto capire quando seguo il bene e quando faccio il male? Quando?
PREGHIERA (pregare la parola)
•Signore Gesù, tu fermi la tua attenzione, che è amore, su chi ti cerca con cuore sincero: e lui ha intuito probabilmente che l’unico buono sei tu. Un bisogno di vita vera che duri in eterno, un desiderio ardente di conseguirla lo ha spinto a te, Signore, ecco perché lo ami. Ma forse lo ami anche e di più perché tu vedi dentro, vedi in quale fragile vaso egli porta quest’anelito alla vita (cf. 2Cor 4,7) e come sarà difficile per lui aderire all’invito che gli rivolgerai.
•Il tuo sguardo tuttavia, Signore Gesù, (mi piace contemplarlo e sentirlo posato anche su di me) è lo sguardo di chi vuoi instaurare un rapporto personale, lo sguardo di un innamorato, lo sguardo, soprattutto, che riesce a penetrare nelle pieghe dell’anima per provocare una risposta personale. Guardami, Signore, guardami ancora e sempre, fammi capire che è il tuo amore, solo l’amore che nutri per me personalmente a rivolgermi l’invito: «Vieni e seguimi».
•Tu hai detto, Signore: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6), ma chi fin dalla giovinezza aveva osservato la legge divina, non può facilmente credere che esista una via più sicura. «Va’ – tu dici – allontanati dalla fredda guida della legge», perché tu sapevi, Signore, che l’uomo rimarrebbe deluso, non troverebbe su quella via lo sbocco alla vera vita.
•Tu, Verità eterna, non potevi tacere che la vita, quella vera, si trova nel liberarsi di tutto ciò che può impedire il cammino dietro di te, nel donare per far felici gli altri, e nel fare di te il nostro vero tesoro.
•O Sapienza increata, nelle tue mani vi è una ricchezza che non si può calcolare, la si ottiene senza frode e senza invidia la si dona perché chi fa esperienza del tuo amore, Signore Gesù, non può tenere nascosta la tua ricchezza. Gratuitamente l’ha ricevuto, gratuitamente la dona. (cf. Sap 7,11-14; Mt 10,8).
•Tu, da ricco ti facesti povero, Signore Gesù, perché noi potessimo divenire ricchi per mezzo della tua povertà {2Cor 8,9), ma noi non vediamo le tue imperscrutabili ricchezze (Ef 3,8), abbiamo paura di perdere la sicurezza dei nostri possessi e ci impegniamo sempre più a moltiplicare i frutti dei nostri beni, ad accrescere quella ricchezza, che tignola e ruggine consumano e i ladri scassinano (Mt 6,19).
•E tu inviti ancora, inviti sempre a non accumulare ricchezze a non avere tesori che periscono, a liberarsi donando ai poveri per poter entrare in possesso delle vere ricchezze del regno che tu prometti a coloro che ti seguono.
•Tu hai detto, Signore, che «anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni», (Lc 12,15) perché tutto potrà procurarsi, ma non la vita. L’uomo retto esperimenta questo e cerca la vita, questa desidera sopra ogni cosa, egli sa che la vita è nelle tue mani, non c’è ricchezza al mondo che possa acquistarla
•Sapienza divina fatta uomo, Cristo Gesù, tu ci apri la via sicura quando, spoglio di ogni bene creato, privo di ogni sicurezza, cammini deciso verso il Calvario ove compiendo la volontà del Padre, ci metti in comunione con la vera vita.
•Noi ti ringraziamo per i tanti tuoi discepoli che, aderendo al tuo invito, ti hanno seguito nei secoli e ti seguono ancora, felici, perché hanno preferito te alle terrene sicurezze e testimoniano con la loro esistenza che tu sei il nostro tesoro, tu la nostra vera vita. (preghiere di Suore Serve di Maria)
•Grazie, Signore Gesù, perché il tuo sguardo amico si posa oggi con affetto anche su di noi, mentre ci inviti a seguirti in totale povertà, con le mani vuote e il cuore libero di pesi: « Lascia tutto ciò che ti lega, lascia le tue sicurezze, abbi fede, rischia e seguimi solo con ciò che indossi ». (Basilio Caballero)
•Fa’, Signore, che sappiamo vivere liberi con Te spogliandoci di tutto per guadagnare il regno e la vita. Tu che rendi possibile ciò che all’uomo e impossibile, dacci il tuo Spirito per portare a termine questo compito: ordinare la vita in funzione dei valori del regno. (Basilio Caballero)
•O Dio, nostro Padre, che scruti i sentimenti e i pensieri dell’uomo, non c’è creatura che possa nascondersi davanti a te; penetra nei nostri cuori con la spada della tua parola, perché alla luce della tua sapienza possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno. (Colletta 28 per annum B)
•Signore, salva almeno i poveri: almeno essi non desiderino, non sognino, non vogliano diventare ricchi, altrimenti non si salva nessuno, neppure sulla terra! E anche dei ricchi abbi pietà, anche i ricchi diventino poveri. (David Maria Turoldo)
•Vergine bellissima! Madre dolcissima! Figlia di Dio! Stella splendidissima! Rosa purissima! Tu che nutri i gigli! Origine di ogni luce! Fiore delle valli che non conosce ambiguità! Dignità dei vergini! Speranza dei fedeli! Piena di grazia! Rendici capaci di amore fedele al Figlio tuo, tu che sei Madre. E accompagnaci nella dolcezza senza limiti all’Eterno, o Maria. (Gregoriano)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Usiamo i beni di cui disponiamo in spirito di povertà, per il bene comune.