Giovanni 3, 14-21: 14 In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagio. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Giovanni 3, 14-21
Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell`uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell`unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Il brano oggi proposto dalla liturgia si trova nel racconto dell’incontro di Gesù con Nicodemo (3, 1-21) che deve essere inquadrato nella serie di tre incontri con il Rivelatore: Nicodemo, capo dei Giudei (3. 1), la Samaritana eretica (4, 1-42) un funzionario regio pagano (4, 46-54). Nicodemo è conosciuto soltanto da questo vangelo. In 7, 50 difenderà Gesù contro i farisei e si presenterà con Giuseppe di Arimatea per seppellire Gesù (19, 39). Sappiamo poco di lui, ma da ciò che qui leggiamo appare subito un dirigente giudaico assai rappresentativo, forse un membro del Sinedrio, un uomo colto, religioso, un maestro. L’idea di incontrasi con Gesù nasce in lui dall’impressione che gli ha fatto il giovane rabbi di Galilea con i miracoli operati. Nicodemo è un uomo di buona volontà, senza pregiudizi e non privo di inquietudine, disposto a dialogare. Il suo interesse è lodevole, ma la sua comprensione di Gesù è limitata e il maestro in Israele resta lontano dalla vera fede. Va di notte a trovare Gesù, che gli parla della necessità di una nuova nascita operata “dall’alto”, “dallo Spirito” (3). Nicodemo trova difficoltà a capire e Gesù dice che per un maestro, come è lui, non dovrebbe essere difficile capire ciò che egli dice. Ma ciò che manca ad Israele per comprendere il Maestro è l’adesione a Gesù.
SE NON CREDETE (12)
L’accusa di mancanza di fede è rivolta al giudaismo ufficiale che non ha accettato la rivelazione, la testimonianza di Gesù. La frase: “se non credete… “ è di difficile interpretazione, perché non è chiaro cosa si intenda per “cose della terra” e per “cose del cielo”. Una possibile spiegazione è la seguente: un popolo che non ha creduto a ciò che avviene nella vita dell’uomo ispirato dalla fede (le cose della terra) tanto meno crede alle realtà che riguardano la vita di Dio (le cose del cielo). La sola chiave di comprensione è in chi ha esperienza di tali cose, nel Figlio dell’uomo, di cui di seguito si parla.
NESSUNO E’ SALITO AL CIELO (12)
Nessuno è capace di salire al cielo. All’impossibilità umana fa contrasto il dono del Padre che dal cielo manda il Figlio dell’uomo, incaricato di rivelare le cose del cielo. La sola conoscenza autentica di Dio è quella che viene da colui che è “disceso dal cielo”. È Gesù il solo rivelatore di Dio. Con questa rivendicazione Gesù e poi i cristiani, si oppongono a tutti coloro che pretendono di offrire una vera conoscenza di Dio a prescindere da Gesù Cristo.
E COME MOSE’ (14)
Per dar credito alla sua parola, Gesù la radica nella storia d’Israele e ricorda l’episodio del serpente innalzato nel deserto, che, secondo Nm 21, 4-9 strappava alla morte gli ebrei. L’episodio cui Gesù si riferisce avviene nella steppa di Moab, al termine della peregrinazione verso la terra promessa, quando il popolo s’imbatte in una zona di serpenti velenosi e alcuni muoiono. Viene innalzato su un’asta un serpente e chi lo guarda ha la guarigione.
INNALZO’ IL SERPENTE (15)
L’episodio del serpente viene presentato come tipico, perché fu innalzato, come sarà innalzato sulla croce il Figlio dell’uomo, perché la morte degli ebrei dipendeva dalla loro incredulità e la guarigione dalla loro fede in Dio, come commentava il libro della Sapienza: “ Chi vi si volgeva (verso il serpente) non era salvato da ciò che guardava, ma da te, Salvatore di tutti” (16, 7) e perché Gesù è molto più di Mosè, cui ricollega il fatto del serpente
BISOGNA CHE SIA INNALZATO (14)
Questo innalzamento è una necessità, perché è voluto dal Padre, per amore dell’uomo, perché gli uomini siano salvati(“abbiano la vita eterna”)
DIO HA TANTO AMATO IL MONDO (16)
L’innalzamento, cioè la morte in croce, è il luogo in cui si rivela l’amore di Dio. La croce non è sorgente di salvezza per il suo aspetto sacrificale e sanguinoso, ma è sorgente di vita per i credenti perché è l’espressione ultima dell’amore di Dio. Il Padre e il Figlio sono in comunione in uno stesso amore per il mondo. Una certa visione di collera divina, di abbandono del Figlio da parte del Padre per riscattare il peccato dell’uomo è fuori della prospettiva evangelica.
CHIUNQUE CREDE (16)
Credendo nel Figlio ogni uomo ha la possibilità di ricevere la vita eterna.
NON …PER GIUDICARE (17)
La missione di Gesù è una missione di salvezza. Questo è lo scopo che il Padre si è proposto con l’invio del Figlio.
CHI CREDE…CHI NON CREDE (18)
L’amore di Dio è incondizionato, ma esige una risposta dall’uomo. La presenza di Gesù esige che ognuno scelga adesso, perché adesso si fa il giudizio. L’uomo deve fare una scelta e da questa scelta deriva la salvezza o la condanna. Per l’esattezza, ciò che porta a salvezza, alla vita eterna, è la fede nel Figlio, mentre il rifiuto di credere esclude dalla salute. Il giudizio consiste nell’atteggiamento dell’uomo, il quale, rifiutandosi di credere, si chiude all’amore di Dio, che si rivela nell’invio del Figlio e, chiudendosi, rimane nella morte. In tale atteggiamento non c’è bisogno di una sentenza giudiziaria.
LA LUCE E’ VENUTA (19)
Con il Figlio di Dio è venuta nel mondo la luce, ma la gran massa degli uomini si è rifiutata di accoglierla con fede
PERCHE’ LE LORO OPERE MALVAGIE (19)
La ragione del rifiuto va ricercata nelle loro opere malvagie. Gli uomini che operano il male odiano e aborriscono la luce, e questo fanno affinché le loro opere non siano da essa scoperte per quel che veramente sono.
MA CHI OPERA LA VERITA’ (21)
Diversa è la situazione di chi opera la verità, cioè di chi agisce rettamente; costui non ha bisogno di aborrire la luce, dal momento che questa non può che rivelare le sue opere buone come tali, come fatte in comunione con Dio. Iniziata di notte (3, 2), la conversazione si chiude con un accenno alla luce. E’ una specie di parabola: chi fa il bene non ha paura del giorno; ma la vera luce, quella cui non esita ad avvicinarsi, è il Figlio di Dio, la luce venuta nel mondo.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
GESU DONO DELL’AMORE DI DIO
Gesù parte dall’azione che Dio compie per l’umanità: «Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Gesù è il dono dell’amore di Dio per l’umanità. E l’amore di Dio vuole la salvezza: «Dio ha mandato il Figlio nel mondo perché si salvi per mezzo di lui». Dio Padre ama, perciò manda il Figlio, così facendo realizza la sua volontà di salvare gli uomini, perché l’unico desiderio di Dio è la nostra salvezza. L’amore di Dio non fa eccezioni; se un uomo non si salva, la responsabilità non ricade su Dio, ma è soltanto dell’uomo. Dinanzi a Gesù, dono dell’amore di Dio, non si può essere indifferenti. Chi da la sua adesione a Gesù, cioè crede in lui, non è condannato; chi non aderisce a Gesù, cioè non crede in lui, è già stato condannato. Credere in Gesù significa credere che l’amore di Dio,ha dato agli uomini,in Gesù suo Figlio, la possibilità di una vita nuova e di una società nuova. Gesù è la luce venuta nel mondo, «ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie». Gesù ha rivelato le «tenebre» in cui vivono gli uomini. Le tenebre amano le tenebre, non vogliono essere «smascherate» dalla luce, perciò odiano la luce. Il male odia la bontà! Chi opta per le tenebre intende perseverare nella malvagità, non vuole che gli si rinfaccino le sue colpe, non vuole ammettere i propri peccati. Riconoscere la luce significherebbe uscire allo scoperto e confessare la propria tenebrosa situazione. (Antonio Bonora)
L’UOMO SENZA VITA ETERNA
Gesù parla del dovere di abbandonare le tenebre e di camminare verso la luce. Ci vuole quindi l’umiltà di riconoscere il nostro peccato e il bisogno radicale che abbiamo di Dio per uscirne. Si deve sfuggire alla tentazione sottile e penetrante del secolarismo materialista, che tutto cerca di appiattire sul piano dell’utilità immediata. La fede viene ridotta a qualcosa di funzionale. C’è un interrogativo che si coglie in molte persone: mi aiuta, la fede, a risolvere i miei problemi quotidiani? Mi aiuta ad affrontare le urgenze della casa, della scuola, del lavoro, dei servizi sociali? È un’ottica ambigua, che mette l’uomo al centro e tende a considerare Dio e la fede in lui, solo in funzione dell’uomo. (Giuseppe Pasini)
CHI CREDE HA LA VITA ETERNA
Nicodemo rimane sconcertato: “come si può nascere di nuovo?”. Ma Gesù conferma con le stesse parole: si rinasce nell’acqua del battesimo che purifica dai peccati e dallo Spirito Santo che da la vita. Questa vita nuova è il frutto dell’amore di Dio per l’uomo: il segno e il trionfo dell’amore e la croce. Da qui scaturisce la vita nuova, la vita dei salvati. Ma per essere salvi bisogna credere all’Amore: “è stato innalzato (sulla croce) «perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Il Padre ha dato il Figlio suo, Unigenito, «perché chiunque crede in lui. non perisca, ma abbia la vita eterna”. Ma è possibile non credere all’amore? Qui sta il dramma del cuore umano: «Gli uomini hanno amato più le tenebre della luce. perché le loro azioni erano malvagie». (Giovanni Nervo)
PER LA SALVEZZA DELL’UOMO
Cristo ha immolato la sua vita, e ne ha fatto lo strumento del nostro riscatto. È vero che quella morte gliel’hanno macchinata gli uomini. Ma è ancor più vero che Egli l’ha accettata liberamente: l’ha trasformata in un supremo atto d’amore, per il Padre e per noi. Ha fatto la Volontà del Padre fino all’immolazione, ed ha offerto la vita per tutti noi che l’abbiamo ucciso. Grazie a Lui, nostro fratello, siamo tornati tutti ad essere “di Dio”. Il rapporto vitale con la fonte della vita è restaurato. La Croce sembrava una sconfitta, e invece segna la vittoria definitiva del bene sul male. È la salvezza. (Mariano Magrassi)
II Cristo «elevato», nel duplice senso del termine, è il Cristo «donato» dal Padre: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito». Anche qui il termine «dare» ha senso doppio: ha il senso di «consegnare» e «abbandonare» nelle mani degli uccisori, perché, una volta glorificato, fosse «donato» agli uomini, sia cioè il prezioso regalo gratuito «perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». Cristo come figlio «abbandonato-donato» dal Padre è il gesto di amore supremo. È un grande segno di amore dare la propria vita per chi si ama; però è un gesto ancor più grande dare la vita del figlio per chi si ama. Tanti sarebbero disposti a dare la propria vita, ma nessuno oserebbe sacrificare e dare la vita del proprio figlio per la persona che si ama.(Ernesto Menichelli)
ILLUMINATI DA CRISTO
Essere di fronte a Cristo è come essere di fronte alla luce: quando si è illuminati, si appare per quel che si è; la nostra verità non può nascondersi e i travestimenti non sono possibili. Accogliere Cristo è come offrire la propria faccia a lui per essere illuminati; è riconoscere dinanzi a lui ciò che siamo e lasciare che egli ci illumini e ci trasfiguri con la sua luce. Nascondersi da questa luce vuol dire amare le tenebre, ricercare la finzione del travestimento, chiudersi nella propria nullità di menzogna e di tenebra. E questo è già un giudizio di condanna perché vuol dire rimanere risucchiati dall’abisso delle tenebre, l’uomo è fuori del piano di salvezza, e questo è già il giudizio. (Ernesto Menichelli)
GUARDARE A CRISTO
L’elemento principale contenuto nel mistero della fede è il guardare verso la passione di colui che ha accettato di soffrire per noi. E passione vuol dire croce…..Rivolgersi verso la croce vuol dire rendere tutta la propria vita morta al mondo e crocifissa (cf. Gal 6,14), tanto da essere invulnerabili a ogni peccato». (S. Gregorio di Nissa)
Il brano dell’evangelista Giovanni ci da la chiave adatta per leggere in profondità il senso dell’agire di Dio nella storia, per comprendere l’intenzione originaria di Dio che si rivela e viene verso l’uomo, e per conoscere lo scopo ultimo dell’Incarnazione del Figlio. La pagina evangelica di questa domenica rappresenta uno dei momenti più stimolanti e più intensi della cristologia del IV vangelo. Cristo stesso interpreta l’innalzamento del serpente come un simbolo della propria passione e morte. quando egli sarebbe stato elevato sulla croce e poi glorificato. «Credere» non è altro che l’atto del “guardare” al Cristo crocifisso, riconoscendo in lui il Figlio di Dio. (Luigi Maggiali)
ACCOGLIENZA O RIFIUTO DEL DONO
Credere significa essere certi che la croce di Cristo è gloria, è vittoria sul peccato. La frase di Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo da dare e consegnare il suo figlio unigenito», riassume l’intero messaggio cristiano della redenzione. Se è già grande cosa dare la vita per i propri amici (Gv15,13), è ancora più misterioso sacrificare il proprio figlio per la salvezza degli uomini peccatori. Orbene Cristo, morto e risorto, è il dono definitivo del Padre. Si tratta in assoluto del primato dell’amore di Dio, su cui si fonda la speranza cristiana. La presenza del «dono di Dio» determina una crisi nella storia degli uomini: tale dono può essere accolto o rifiutato. Siamo di fronte non tanto ad un fatto futuro rimandato alla fine della storia, quanto ad una realtà attuale già presente e operante dentro la storia umana. Il difficile tema del «giudizio» va letto nelle stesse parole di rivelazione dell’amore di Dio: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per “giudicare” il mondo, ma perché si salvi per mezzo di lui». Il «giudizio” sta nella possibilità che il dono di Dio- Cristo – venga accettato o rifiutato. Con il rifiuto o con l’accoglienza di Cristo – dono definitivo del Padre- l’uomo costruisce dentro di sé la condanna o la salvezza, si costituisce tenebra o luce. Non è Dio, dunque, a condannare l’incredulità colpevole, ma è l’uomo stesso che, con la sua incredulità si autocondanna: «Chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». (Luigi Maggiali)
MISERICORDIA E GIUSTIZIA
Dio è «ricco di misericordia» e ci ama con un amore unico e singolare; Dio, inoltre, è sempre fedele al suo progetto salvifico: la conferma più vera viene dalla Pasqua di Gesù e dalla presenza di Cristo attraverso lo Spirito. La misericordia rimane sempre il grande annuncio e il grande dono; ma la misericordia non è Dio che chiude gli occhi o che sorvola sul nostro peccato. Il medico che non riconosce la malattia non può guarirmi. Eppure noi tendiamo a sottrarci alla luce di Dio come Adamo tenta di nascondersi dallo sguardo di Dio dopo il peccato. Il peccato è sempre tenebra, ma raggiunge il suo culmine quando amiamo più le tenebre che la luce. È un mistero il fatto che noi possiamo abusare fino a questo punto della nostra libertà! (Carlo Aliprandi)
SIMBOLO DI CRISTO
La strada traversa nuovamente il deserto, e il popolo, nella disperazione dei beni promessi, è esausto per la sete. E Mosè fa di nuovo scaturire per lui l`acqua nel deserto dalla Roccia. Questo termine ci dice cos`è, sul piano spirituale, il sacramento della penitenza. Difatti, coloro che, dopo aver gustato dalla Roccia, si sono sviati verso il ventre, la carne e i piaceri degli Egiziani, sono condannati alla fame e vengono privati dei beni di cui godevano. Ma è data loro la possibilità di ritrovare con il pentimento la Roccia che avevano abbandonato e di riaprire per loro il rivolo d`acqua, per dissetarsi alla sorgente. Però il popolo non ha ancora imparato a seguire le tracce della grandezza di Mosè. E` ancora attratto dai desideri servili e inclinato alle voluttà egiziane. La storia dimostra con ciò che la natura umana è portata a questa passione più che ad altre, accessibile com`è alla malattia per mille aspetti. Ecco perchè, alla stregua di un medico che con la sua arte impedisce alla malattia di progredire, Mosè non lascia che il male domini gli uomini fino alla morte. E siccome i loro desideri sregolati suscitavano dei serpenti il cui morso inoculava un veleno mortale in coloro che ne restavano vittime, il grande Legislatore rese vano il potere dei serpenti veri con un serpente in effigie. Sarà però il caso di chiarire l`enigma. Vi è un solo antidoto contro le cattive infezioni ed è la purezza trasmessa alle nostre anime dal mistero della religione. Ora, l`elemento principale contenuto nel mistero della fede è appunto il guardare verso la Passione di colui che ha accettato di soffrire per noi. E Passione vuol dire croce. …. “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell`uomo” (Gv 3,14).(Gregorio di Nissa, Vita Moysis, nn. 269 277)
DIO AMA INFINITAMENTE IL MONDO
Abramo aveva molti servitori; perchè Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perchè l`amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (cf. Gen 22,1-18). Parimenti c`erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). (Efrem, Diatessaron, 21, 7)
DALLA BONTA DI DIO IL NOSTRO VIVERE
E` oltremodo giusto che noi inneggiamo a lui, perchè il nostro essere e il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo dunque cantare a questo Dio, che è ed è sempre stato, le grandezze che gli competono e si addicono alla lode della sua maestà, cioè: che egli è eterno, che è onnipotente, che è immenso, che è creatore del mondo e suo salvatore, che ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino il Figlio suo per la salvezza del mondo, come dice egli stesso nel Vangelo: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). (Cromazio di Aquileia, Sermo, 33, 1)
CRISTO ILLUMINA LE NOSTRE TENEBRE
E` veramente cosa buona e giusta renderti grazie, Signore santo, eterno Padre, Dio onnipotente, per GesùCristo, tuo Figlio e nostro Signore. Egli, con l`illuminazione della sua fede, dissipò le tenebre del mondo e costituì figli della luce coloro che giacevano nelle tenebre, sotto la giusta condanna della legge. Egli venne come giudizio sul mondo, sicché i non vedenti vedessero e i vedenti divenissero ciechi; in tal modo, coloro che confessavano in sé le tenebre degli errori, percepivano la luce eterna, per mezzo della quale rimuovere le tenebre dei delitti. E quelli che, arroganti, credevano di avere in sé per proprio merito la luce della giustizia, meritatamente in se stessi si oscureranno. Quelli che si innalzano nella propria superbia e confidano nella propria giustizia, non ricercano il medico per essere sanati. Per lo stesso Gesù, che affermò di essere la porta che fa accedere al Padre, fa` che essi possano entrarvi. E poiché credettero a torto di poter essere elevati per merito, rimasero nonostante tutto nella loro cecità. Ecco perché noi, veniamo a te umili, Padre santo; senza presumere dei nostri meriti, apriamo la nostra ferita davanti al tuo altare, confessiamo le tenebre dei nostri errori; apriamo i recessi della nostra coscienza. Ti preghiamo di poter trovare la medicina per la ferita, la luce eterna per le tenebre, la purezza dell`innocenza per la coscienza. Vogliamo, infatti, con tutte le energie, discernere il tuo volto, ma ne siamo impediti dalla cecità della tenebra consueta. Siamo avidi di guardare i cieli, ma non ne abbiamo le possibilità finché restiamo accecati dalle tenebre dei peccati; e tantomeno imitiamo con una santa vita coloro che per l`eccellenza della vita hanno ricevuto il nome del cielo. Vieni, dunque, Gesù, in aiuto di noi che ti preghiamo nel tuo tempio e prenditi cura in questo giorno di coloro che, in vista del bene, tu hai voluto che non osservassero il sabato. Ecco, apriamo le nostre ferite davanti alla gloria del tuo nome: tu applica la medicina sulle nostre infermità. Soccorrici, come hai promesso di fare con chi ti prega, noi, che tu hai tratto dal nulla. Prepara un collirio e tocca gli occhi del cuore e del corpo, affinché non ricadiamo, ciechi, nelle tenebre dei soliti errori. Ecco, bagniamo con le lacrime i tuoi piedi; non respingerci umiliati. O buon Gesù, fa` che non abbandoniamo le tue orme, tu che umile venisti sulla terra. Ascolta ora la nostra comune preghiera e, svellendo la cecità dei nostri crimini, fa` che possiamo vedere giubilanti la gloria del tuo volto, nella beatitudine dell`eterna pace. (Sacramentario Mozarabico, Praefatio)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Dio buono e fedele, che mai ti stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio, innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la ricchezza della tua grazia, perché, rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno, sconfinato amore. (Colletta IV Quaresima B)
•Dio tu hai amato il mondo come nessuno e nessuno ama l’uomo come tu lo ami: per questo hai mandato tuo Figlio, perché chi crede in lui non muoia per sempre, Signore, donaci di credere nella vita che non muore. (D. Maria Turoldo)
•Rimani, o Cristo, nei cuori che hai redento, e dona alle nostre voci un pentimento sincero. Per il santo segno della croce, per il tuo corpo offeso, perdonaci le colpe commesse, difendici per sempre come tua proprietà. (P. Giorgio di Domenico)
•Signore, che sei la luce per la quale la luce fu fatta, che sei la via, la verità e la vita, in cui non sono tenebre né errore né vanità né morte, luce senza la quale non vi sono che tenebre, via fuori della quale non vi è che errore, verità senza la quale non vi è che vanità, vita senza la quale non vi è che morte: dì una parola, dì, o Signore, «sia fatta la luce», perché io veda la luce ed eviti le tenebre, veda la via ed eviti ogni deviazione, veda la verità ed eviti la vanità, veda la vita ed eviti la morte. Illuminami, Signore, mia luce, mio splendore e salvezza. Illumina, o luce, questo tuo cieco che siede nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigi i suoi passi sulla via della pace, per !a quale entrerò nel tabernacolo ammirabile fino alla casa del Signore con canti di esultanza e di lode. (S. Agostino, Soliloqui, 4)
•Come gli occhi di un figlio verso il padre, cosi i miei occhi, Signore, verso te. Presso di te la mia delizia e il mio amore; non allontanare da me la tua misericordia, non distogliere da me la tua dolcezza. Porgimi, Signore, in ogni tempo, la tua destra e guidami sino alla fine. Esaudisci, Signore, le nostre preghiere perché niente è impossibile a te. Abbi pietà di noi, figlio di Dio, agisci con noi secondo la tua bontà. Strappaci dai vincoli delle tenebre, aprici la porta perché ci ripariamo in te: tu che non sei toccato dalla morte. Con te anche noi saremo salvi, perché sei il nostro liberatore. (Dalle Odi di Salomone)
•Dio. amore che ci hai amati fino al dono totale del tuo Figlio unigenito, concedici di amarti con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze; concedici di amare i fratelli come li ami tu. Grazie a te, Signore, figlio dell’uomo! Assumendo la nostra carne, ci fai dono della tua divinità, in un misterioso scambio dove non entra l’interesse ma solo l’amore. Hai svuotato te stesso per riempire noi, con la tua umiliazione hai elevato noi alla tua stessa divinità! (S. Agostino)
•Ti preghiamo, Signore: rimetti i nostri peccati e delitti, liberaci da ogni tribolazione, collera, peri coli e angustia.
•Il nostro cuore, purificato dallo Spirito, sia l’offerta gradita a Dio che a noi non chiede altri doni preziosi lo Spirito addolcisca il nostro cuore di pietra, ci doni la compunzione e la contrizione sincera, ci conceda di camminare per il retto sentiero della pace e della giustizia.
•Donaci, Signore, occhi spirituali che vedano te in ogni istante, e orecchie aperte per ascoltare te solo. (P. Giorgio di Domenico)
•Vorrei cantare, Madre, perché ti amo, e perché il dolce tuo nome mi fa trasalire il cuore… Ti vedo, Maria sulla vetta del Calvario, in piedi presso la croce, come un sacerdote sull’altare, offrendo, il dolce Emmanuele, il tuo diletto Gesù. Madre desolata, l’ha detto il profeta: ”Non c’è dolore simile al tuo dolore”. O regina dei martiri, restando abbandonata, tu versi per noi tutto il sangue del tuo cuore…Madre.. voglio ora cantare sulle tue ginocchia. Maria, perché ti amo e voglio ripetere per sempre che sono figlia tua. (Da: “ Perché ti amo Maria” di S. Teresa di Gesù Bambino)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Cerchiamo di leggere la storia del mondo e la nostra storia alla luce di Dio e della sua parola.