A sentire i figli non abbiamo che da guadagnarci. Sì: forse non c’è via migliore per capirli e per imparare l’arte di educare. I messaggi dei figli (specialmente se bambini) sono tutti sinceri e veri. Tutti preziosi. Tutti pieni di sapienza pedagogica profonda ed illuminante. Per questo concordiamo con la pedagogista Patricia Holland la quale ci ricorda che “sarebbe bene che i bambini fossero ‘ascoltati’ tanto quanto sono ‘guardati’”. Allora, una volta tanto, sentiamo ciò che ci mandano a dire i nostri piccoli (i nomi sono di fantasia, i messaggi tutti rigorosamente autentici!).
• “Vorrei avere la tua buona volontà di lavorare, mamma, ma non vorrei assomigliare a te per la tua nervosità” (Raffaella, otto anni).
• “Io sono nato perché mia mamma e mio papà si volevano bene. Quando incominciano a litigare ho paura che muoio” (Alberto, sette anni).
• “La mia mamma fa la casalinga e così deve mantenere anche mio papà che lavora soltanto” (Mario, sette anni).
• “Per la mamma la cosa più grave del mondo è scivolare sulla cera dell’anticamera. Per il papà è quando non trova i suoi wafer!” (Micaela, dieci anni).
• “Quando io piangevo all’ospedale, tu mamma, mi tenevi la mano stretta e mangiavi solo i miei avanzi. Sei sempre comprensiva anche quando sono di cattivo umore. Io sono contento di avere una mamma come te, perché non saprei cosa fare senza di te” (Gianmaria, otto anni).
• “Tu mamma dici sempre le bugie. Esempio: la sera quando vado a letto mi dici: ‘Mi lavo i denti e poi ti faccio compagnia’ e poi non vieni mai! Capisco che sei stanca, ma io preferirei che mi dicessi subito che non ne hai voglia!” (Daniela, nove anni).
• “Bisticciano sempre, però sono innamorati, perché quando siamo a tavola papà dice alla mamma: ‘Versami il vino, così è più buono!’” (Paolo, dieci anni).
• ““Lascia stare tranquillo il papà che ha lavorato!”, mi dice sempre la mamma. Ma io non sono mica un lavoro!” (Ornella, cinque anni ).
• “Mio papà fa un lavoro non di tutti: fa il netturbino. Lo so che non è un bel lavoro, ma lui ci mette tutta la buona volontà e la passione, per poi dire: ‘Milano è pulita!’. Egli, infatti, per Milano è un elemento importante!” (Luigi, dieci anni).
• “Tu mamma mi piaci quando giochi con noi e quando cerchiamo di prendere papà quando ci ha fatto qualche scherzo” (Elisabetta, sette anni).
Niente sarebbe più facile che continuare a proporre i ‘messaggini’ dei nostri figli; ma il poco detto è più che sufficiente per farci concludere che a ‘sentire’ (non dico ‘ubbidire’!) i figli non si sbaglia davvero mai. Ci dicono quello che pensano di noi, quello che desiderano da noi. Per questo un loro giudizio, una loro opinione, possono valere dieci anni di inchieste.
DOVE VA LA BARCA DEL MONDO?
• Ieri si diceva: “La mia maestra”. Oggi si dice: “La mia auto”.
• Ieri i giornali si leggevano. Oggi si guardano.
• Ieri per distrarci guardavamo fuori della finestra. Oggi guardiamo dentro alla televisione.
• Ieri si moriva in pubblico e ci si baciava in segreto. Oggi ci si bacia in pubblico e si muore in segreto.
• Ieri si diceva: “La vita è un lampo”. Oggi si dovrebbe dire: “La vita è un tuono”.
• Ieri essere matti era un disonore. Oggi lo è essere grasso.
• Ieri si conosceva anche il valore delle cose. Oggi si conosce solo il prezzo.
• Ieri ‘gente’ e ‘uomini’ pareggiavano. Oggi la ‘gente’ è tanta e gli ‘uomini’ sono pochi.
• Ieri gli alunni avevano paura dei maestri. Oggi i maestri hanno paura degli alunni.
• Ieri si era connessi con se stessi. Oggi si è connessi con tutti.
• Ieri i baci erano brevi, l’amore lungo. Oggi i baci sono lunghi, l’amore breve.
Una lettura troppo pessimistica dell’oggi? Può darsi (chiediamo scusa!). Però una lettura necessaria! Al punto in cui siamo, aumentano sempre più coloro che danno ragione al filosofo spagnolo Miguel de Unamuno (1864-1936): “Irritare la gente può essere un dovere di coscienza!”.
SANPIETRINI PEDAGOGICI
Anche l’arte di educare ha i suoi sampietrini che non stanno in cielo, ma sono la base sulla quale possiamo camminare sul sicuro.
Eccone una manciata:
Il dialogo con i figli è indispensabile. Dell’interrogatorio si può fare a meno.
Più stimiamo corto il cervello del figlio, più glielo accorciamo.
‘Giovane’ è parola che deriva dal latino ‘iuvare’: ‘aiutare’. Una società che non permette ai giovani d’essere utili, non li rispetta per quello che sono.
Ottima strategia: a parole lorde, orecchie sorde!
Il gioco è il più simpatico allenatore del cervello.
“Non ho tempo”. “Lasciami in pace!”: parole da usare col misurino.
La vitamina C fa bene. L’amore di più!
Buon segreto pedagogico: far sentire le persone leggermente più alte di quanto lo sono. Ha ragione il proverbio arabo: “Se hai bisogno di un cane, chiamalo leone!”.
Il successo è come una scala a pioli: non si può salire con le mani in tasca.
Insegnare ai figli la capacità di attendere è un ottimo regalo.
CITAZIONI D’AUTORE
“Niente è peggio per un bambino che avere la sensazione che suo padre e sua madre sono completamente dediti a lui, che vivono in funzione di lui” (Françoise Dolto, psicanalista francese).
“Se i genitori riuscissero soltanto a capire quanto annoiano i figli!” (Bernard Shaw, commediografo irlandese).
“Fratelli, amate tutta la creazione. Amate le piante, amate ogni cosa. Amate le bestie, ma soprattutto amate i bambini perché essi vivono per purificare e commuovere i nostri cuori” (Feodor Dostoevskij, scrittore russo).
“I genitori che sono sempre condizionati dai figli negli acquisti, alimentano il pensiero onnipotente della prole” (Giacomo Dacquino, psichiatra).
“Sarebbe meglio fare una carezza in meno ai bambini e una carezza in più agli adolescenti, soprattutto quando non se la meritano” (Antonio Mazzi, sacerdote educatore)
(tratto da “IL BOLLETTINO SALESIANO” – Autore: PINO PELLEGRINO)