Parroco caro,
[…] ma perché Dio permette tutto questo casino nel mondo: guerre, tifoni, tsunami, terremoti, frane […] tanto che la terra mi pare un colabrodo?
e-mail firmata
Caro signore, non dobbiamo mai dimenticare che abitiamo un mondo, anzi un universo limitato, non infinito; in evoluzione, non eterno. Lo sa anche la scienza e ce ne avverte: prima o poi l’universo imploderà. Così s’è formato, dice la scienza, così è stato progettato, dice la religione. Ebbene su questo universo siamo chiamati a vivere, a custodire, a ordinare, a mantenere quello che può diventare un giardino che può farci felici, in questa “aiuola che ci fa tanto feroci”, come scrive Dante nella Divina Commedia (Paradiso XXII, 151). Ma, guarda caso, ce lo ricorda anche la Scrittura: “Non habemus hic manentem civitatem / La nostra abitazione definitiva non è su questa terra”, scrive san Paolo agli Ebrei (Eb. 13,14). Lavorare su questa terra per renderla più abitabile, per avere la forza di superare gli ostacoli, anche i più gravi, vuol dire preparare la dimora eterna, dove “non ci sarà più notte” secondo l’Apocalisse (Apoc. 22,5).