Poco dopo Lucy si svegliò dal sonno più profondo che possiate immaginare, con la sensazione che la voce che più amava al mondo la stesse chiamando. All’iniziò pensò che fosse la voce di suo padre, poi capì che non si trattava di lui. Le parve di riconoscere la voce di Peter, ma si convinse di essersi sbagliata di nuovo. Non voleva saperne di alzarsi, e non perché fosse ancora stanca: anzi, si sentiva in splendida forma, riposata e non le dolevano più le ossa; ma quella sorta di dormiveglia le piaceva davvero, la rendeva felice. Dal suo giaciglio vedeva la luna di Narnia, più grande della nostra ed il cielo stellato.
– Lucy, Lucy – chiamò ancora la voce. E non era quella di suo padre e neppure di Peter.
Lucy si alzò, eccitatissima, senza avere paura. La luce della luna era cosi forte che la foresta pareva illuminata a giorno,anche se aveva un aspetto più selvaggio e intricato. Dietro di lei c’era l’abetaia e più avanti sulla destra, Lucy individuò le cime dei dirupi sul lato più distante della gola. Davanti a lei,un prato conduceva a una macchia d’alberi. Lucy guardò attentamente in quella direzione e non tolse gli occhi dalla radura.
– Si muovono, ne sono sicura- mormorò.
Si alzò, con il cuore che batteva all’impazzata e andò verso gli alberi. Dal boschetto proveniva un certo rumore, non poteva sbagliarsi: era come il vento che agita le foglie, anche se in quella notte l’aria era immobile. Lucy si accorse che era una melodia, ma non riuscì a coglierne il ritmo: del resto, la notte prima non aveva capito le parole degli alberi che le avevano parlato. Nella melodia c’era un motivo, di questo era sicura, e mentre si avvicinava al boschetto le venne voglia di ballare. Gli alberi si muovevano, non poteva sbagliare. Ondeggiavano l’uno contro l’altro, come in una complicatissima danza popolare. “ Secondo me” pensò Lucy “ è una vera danza di campagna”. Ecco adesso li vedeva quasi di fronte. Il primo in cui si imbattè non sembrava un vero albero, ma un omone grande e grosso con barba intricatissima e grandi ciocche di capelli. Lucy non ebbe paura perché aveva già visto qualcosa del genere, ma quando guardò meglio si accorse che era veramente un albero in movimento. Non era possibile stabilire se avesse piedi o radici perché gli alberi non camminano sul terreno ma ondeggiano come facciamo noi nell’acqua, e lo stesso valeva per gli altri che Lucy incontrò a mano a mano. In un primo momento apparivano con le sembianze amichevoli di splendidi giganti, le stesse che assumevano per magia appena animati; in un secondo tempo riprendevano l’aspetto di piante. In questo modo da alberi conservavano un’impronta umana e quando si atteggiavano a uomini sfoggiavano un che di frondoso e rameggiante, accompagnati da un allegro fruscio.
– Non sono ancora svegli ma manca poco – concluse Lucy. Invece lei era sveglia, anzi sveglissima.
Cominciò a camminare tra gli alberi senza provare alcun timore, accennando qualche passo di danza e saltando di qua e di là per evitare di sbattere contro i suoi enormi cavalieri. Lucy voleva attraversare il magico boschetto e superarlo, perché la voce carissima che l’aveva chiamata veniva da lì. Passò attraverso gli alberi, chiedendosi se fosse meglio usare le braccia per farsi largo tra i rami o stringer loro le “mani” in una grande catena, visto che gli enormi ballerini si chinavano a sfiorarla. Finalmente Lucy si trovò di fronte ad una distesa di erbetta, come quella di un prato,e gli alberi danzavano intorno. Poi … gioia infinita! Lui era lì. Il leone immenso e possente che brillava alla luce della luna, stampando un’ombra enorme sul terreno.
LUCY: Aslan…lo sapevo che eri tu, l’ho sempre saputo. Ma gli altri non mi hanno creduta.
ASLAN : E perchè questo ti ha impedito di venire da me?
(da: “Le cronache di Narnia, di C. Lewis)
Che cosa ti impedisce di cercare?
Se potessimo fare un elenco di cosa ci impedisce di cercare o di cosa impedisce all’uomo di cercare, quali aggettivi potremmo usare?
- Superficialità
- egoismo
- perdere la ricchezza ( pensiamo alla parabola del giovane ricco. Egli è andato in cerca di qualcosa,ma non è riuscito a superare la paura di perdere tutta la proprio ricchezza … “se ne andò rattristato, perché aveva molti beni”. )
- Superbia
- Voglia di primeggiare
- Ansia
- Voglia di tranquillità
Tutti questi termini hanno però un comune denominatore: la paura. La paura di andare infondo alle cose, la paura di non essere visto, la paura della povertà, la paura di fallire e di perdere tutto, la paura di non avere il controllo delle cose. Un po’ questi aggettivi e queste paure ci rimandano anche ai vizi capitali.
Infatti chi è il superbo? Colui che ha paura di fallire, tiene di più al suo orgoglio.
Chi è l’accidioso? Colui che ha paura del dolore, preferisce non fare nulla per non restare male.
Chi è l’avaro? E’ uno ansioso, ha paura di perdere tutto e il controllo su tutto.
Chi è il goloso? Colui che ha paura di sentire i vuoti che ha dentro, li deve riempire.
Chi è il lussurioso? Colui che ha paura di non essere nulla, e deve possedere tutto.
Chi è l’invidioso? Colui che ha paura di non essere visto.
Chi è l’iroso? Colui che ha paura di non poter controllare se stesso e gli altri.
La paura potremmo vederla come il sentimento che mette insieme tutto ciò che ci impedisce di fare qualcosa. Durante la vita abbiamo due grandi paure: la nascita e la morte. Ed entrambe sostanzialmente riguardano la paura dell’ignoto, di ciò che non conosco, di non sapere dove vado.
La paura però non riguarda soltanto ciò che succede dentro di noi ma anche ciò che succede al di fuori, quindi nella vita quotidiana. E dipende strettamente dalla percezione che noi abbiamo delle cose e degli eventi.
La paura percepita degli attacchi terroristici è maggiore del rischio reale, così come la paura di morire di incidente aereo. Mentre la paura percepita di morire di cancro o di incidente stradale è minore del rischio reale.
La paura è una angoscia,che amplifica i nostri incubi.
Diceva Don tonino bello:
“gli uomini moriranno di paura, nel corso degli anni la paura si è spostata da una fascia cosmica ad una fascia antropologica. Le paure di oggi si articolano attorno al cuore dell’uomo come paura e angoscia della carestia provocata dall’avarizia e dall’egoismo dell’uomo. Dal cuore umano nasce la nube tossica delle paure umane.. son paure di cose concrete: cosa mangiamo, proprio simile, dei vicini di casa, dell’ambiente, dell’altro, del diverso, i protagonisti delle invasioni moderne, paura di uscire di casa, della violenza, del terrorismo, apocalisse a rate, di non farcela, di non essere accettati, di non uscire dai problemi, che tanto il mondo non possiamo cambiarlo noi, di non trovare lavoro.
Ma che cosa è la paura: paura ha la stessa radice di pavimento , dal latino PAVERE, battere il terreno per livellarlo. Quindi la paura è la conseguenza dell’essere battuto, dell’essere calpestato, dell’essere appiattito.
La mente umana può comprendere cosa ci impedisce di prendere l’aereo, di partire per le vacanze, di prendere la metro, di camminare soli per strada la sera. Ma riusciamo dentro di noi a comprendere cosa ci impedisce di cercare e di metterci in cammino, di non restare incollati con i piedi per terra?”