Era l’autunno del 1852. Si presentò a Don Bosco un ragazzo di nome Gianni, accompagnato da suo pa¬dre: vestiva molto elegantemente, bastoncino e catenella, capelli lucidissimi, castani, impomatati.. un dandy, cioè un hippie a rovescio. Quel ragazzo era orfano di mamma; l’anno precedente era stato messo in un col¬legio di tendenze notoriamente laiciste; i compagni cattivi e le letture boccaccesche lo avevano avvelenato e rovinato In ricordo però della sua mamma morta, il ragazzo sedicenne aveva accettato di iscriversi alle scuole di Don Bosco. Eccolo davanti a Don Bosco: adolescente un po’ scettico, un po’ beffardo, un po’ scocciato. Il padre, dopo di aver sottoscritto le condizioni di accettazione, lo lasciò solo a discorrere con Don Bosco. E Don Bosco con un intuito infallibile gli parlò subito di sport e di musica, due argomenti che facevano presa sul cuore del ragazzo.
Quando padre e figlio si ritrovarono soli, il babbo gli chiese:
- Che te ne pare? Ti piace questo luogo? Che ne dici del Direttore?
- Il luogo mi piace molto – annuì il ragazzo, – il Direttore mi è simpatico, ma c’è una cosa che non riesco a digerire.
- E cioè?
- Il fatto che sia un prete; questo mi fa ribrezzo.
- Ma tu non devi badare alla sua qualità di prete; guarda piuttosto alle sue doti umane, non ti pare?
- Ma lo sai che stare con un prete vuol dire pregare, andarsi a confessare, fare la comunione? Da quelle poche parole che mi ha detto sull’argomento, ho capito che conosce tutti i fatti miei. Be’, ho promesso e manterrò la parola. Per adesso ci vengo… poi, vedremo.
Alcuni giorni dopo, entrava all’Oratorio come in¬terno. I compagni, il gioco, la musica, le recite teatrali lo suggestionarono. Tornò alle pratiche di pietà. Gli restava però viva la ripugnanza a confessarsi. E rimandava da un giorno all’altro. Erano già passati due mesi. Una sera Don Bosco lo chiamò nel suo studiolo:
- Mio caro Gianni, – iniziò a dirgli – che cosa ti ricorda il giorno di domani? Il ragazzo ebbe un brivido di commozione:
- E’ l’anniversario della morte di mia mamma.
- Vorresti fare una cosa che piacerebbe tanto alla tua mamma e farebbe tanto bene a te?
- Qualunque cosa… Son disposto a tutto.
- Fa’ allora domani la comunione in suffragio della tua indimenticabile mamma.
- La comunione la farei volentieri, ma prima bisogna confessarsi… Se lei mi assicura che questo piacerebbe a mia madre, va bene: domani mi confesserò. O anche subito, se lei vuole.
- Subito, subito.
Don Bosco lo persuase a non rimandare la decisione e lo confessò dopo averlo convenientemente preparato. Il giorno dopo, Gianni si accostò alla mensa eucaristica e pregò a lungo per la mamma morta. Da quel giorno la sua vita fu radicalmente cambiata: rovesciata come un guanto. Don Bosco aveva fatto scattare una molla: il non rimandare a domani.
* * *
• «Fa’ tutti i giorni un paio di cose per la sola ragione che preferiresti non farle», consigliava il filosofo americano William James. Ecco un compito difficile da non rimandare mai. Occorre far capire ai ragazzi che sono i compiti difficili che affrontano giornalmente a farli arrivare in alto. Bisogna che si abituino ad affron¬tarli con decisione, senza procrastinare. Per usare una immagine suggestiva: devono imparare ad afferrare il toro per le corna. « Quando devo fare una cosa incre¬sciosa (il che accade quasi tutti i giorni) cerco di levarmela subito di torno – scriveva Kennedy. – Poi posso affrontare il resto della giornata con l’animo più sereno e concludere di più».
• Il ragazzo è per natura timido. La timidezza si manifesta nella riluttanza a impegnarsi subito, a svolgere bene i propri compiti anche scolastici. Una volta qualcuno chiese a Einstein, lo scienziato scopritore della relatività, che cosa consigliasse agli studenti di materie scientifiche. Rispose senza esitare: « Gli consiglierei di passare un’ora al giorno a discutere le idee degli altri e a fare e pensare con la propria testa. E una cosa difficile, ma rimunerativa ». Il cervello umano può essere uno strumento straordinario quando è costretto a funzionare: può creare una sonata di Beethoven, un razzo per la luna, una scultura di Michelangelo; ma non po¬trà mai farlo se non è spinto al duro compito di pensare. « Fare tutti i giorni qualcosa di difficile » può significare non rimandare la lettura di un libro profondo, ma ricco di idee; vuol dire costringere la mente a compiere il massimo sforzo di cui è capace.
• Insegnate al ragazzo a non rimandare mai il difficile compito di cominciare subito qualche cosa, di dare l’avvio a una concatenazione di pensieri e di cose. Ciò equi¬vale ad afferrare il toro per le corna. Naturalmente, ognuno ha il suo modo di afferrarlo. Le persone più calme e più felici, quelle che senza dubbio riescono meglio nella vita, sono coloro che affrontano i problemi appena gli si presentano. « Anche subito? » aveva chiesto Gianni a Don Bosco. E Don Bosco gli aveva scoc¬cato una freccia a bersaglio: «Subito, subito ».