
Dagli scritti di don Giuseppe Pollano
Maria, coinvolta in prima persona a dare corpo al verbo di Dio, torna nel profondo di sé per far diventare sapienza la sua straordinaria esperienza di madre. Tu sai ancora – o sai già – che cosa sia contemplazione?
Sai come me che il mondo d’oggi diffida di questa parola, quasi che il contemplatore fosse un uomo che vive a bocca aperta una sua meraviglia assurda e che si lascia sfuggire il concreto della vita. Ma senza contemplazione è impossibile anche solo essere saggi per le cose di questo mondo: e naturalmente ancor più impossibile diventare sapienti.
Che è dunque questa condizione della persona?
Si tratta di trovare in te quel certo stato, o luogo, o vertice, o livello mentale nel quale altre verità possono aprirsi ed illuminarti, da quelle che piovono dentro di te nella tua condizione mentale «normale». È un luogo «del cuore», ossia è uno stato di interiorità rispetto al contatto con le realtà che ci sembrano più immediate.
È anche un luogo dove t’accorgi di te stesso in modo nuovo:
non sentendoti più questo, quello o quell’altro, ma avvertendo semplicemente che ci sei, e che la cosa migliore che puoi fare essendoci è alzare gli occhi e accorgerti di Dio, che anch’egli c’è ed è lì, oscuro e fulgido nello stesso tempo, semplice ed eterno, unico amore.
Lì appunto Maria stava, mentre attorno a lei accadevano cose piene di vivacità: i pastori, la gente, la meraviglia, gli angeli, la vita. Non a caso Luca è ricco di questi particolari; è proprio in tale scena filmabile che s’apre l’abisso della meditazione della madre.