Per l’imminente festività che tanto è importante per i Salesiani di Don Bosco, gli appuntamenti dell’ultima settimana saranno i seguenti:
- Novena a Maria Ausiliatrice, durante la S. Messa feriale delle 18.30, predicata da D. Pietro Diletti, fino al 30 maggio
- lunedì 24 maggio: invito a partecipare al S. Rosario delle 17.45 ed alla S. Messa Solenne delle 18.30
- domenica 30 maggio: ore 18.30 la solenne celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Enrico dal Covolo sdb, con la processione di Maria Ausiliatrice all’interno della Basilica.
Buona festa a tutti!
Nel mese di maggio quest’anno sono tanti gli appuntamenti importanti che ci aspettano:
- ogni giorno pregheremo con il santo rosario, così come richiesto dal Santo Padre; per quest’anno così particolare ci sarà anche un rosario dopo cena
- il 2 maggio avremo il nono successore di D. Bosco a celebrare con noi il 62simo anniversario della dedicazione della basilica
- il 6 maggio la festa di S. Domenico Savio, con la consegna dell’abitino alle madri gestanti (di cui Domenico è il patrono)
- il 30 maggio la festa di Maria Ausiliatrice con l’ordinazione di nuovi sacerdoti salesiani
e poi altri appuntamenti che trovate sotto.
Buon mese di maggio a tutti!
Ci avviciniamo alla settimana fulcro del Cristianesimo: la Settimana Santa. A causa della pandemia, le celebrazioni subiranno alcune modifiche rispetto alle modalità a cui siamo abituati:
- la domenica delle Palme verrà consegnato ad ogni S. Messa, all’ingresso in Basilica, un solo ramo di ulivo, da portare poi all’interno. Non ci sarà la processione con le palme.
- il giovedì Santo: non ci sarà il rito della “lavanda dei piedi”, e si raccomanda di non fare il consueto pellegrinaggio nelle varie chiese, ma rimanere nella propria. La Basilica sarà aperta per la preghiera fino alle 21.
- il venerdì Santo: non ci sarà il rito dell’Adorazione della croce. La Basilica sarà aperta per la preghiera fino alle 21.
- la veglia Pasquale del sabato Santo sarà alle 19. Dalle 16 alle 18 ci saranno sacerdoti per le confessioni.
Buon cammino verso la Pasqua!
In quest’anno che il Papa ha dedicato a S. Giuseppe (qui la lettera “Patris corde“), celebreremo con particolare solennità la memoria liturgica del Santo, preparandoci con il Triduo e poi con la S. Messa solenne.
Questi gli orari:
- Martedì 17, Mercoledì 18 e Giovedì 18 marzo:
ore 9.30 – 17.45: Sante Quarantore (Adorazione Eucaristica in Basilica)
ore 18.00: S. Messa e omelia a partire dalla “Patris corde”
ore 19.00: Esercizi spirituali al popolo. Sui social Facebook e Youtube della parrocchia
- Venerdì 19 marzo, solennità di S. Giuseppe:
ore 18.00: Solenne Celebrazione Eucaristica, presieduta da Mons. Palmieri, Vicegerente della Diocesi di Roma e Ausiliare del settore Est
a seguire (come ogni venerdì “uno”): Via Crucis, Vespri e Lectio
Partecipate con gioia a questa bella solennità!
“Làsciati riconciliare con Dio, ecco ora il giorno della salvezza” (2Cor 5, 20; 6,2): è il tema che ci guiderà anche in questa Quaresima 2021.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2021
“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…” (Mt 20,18).
Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità.
Cari fratelli e sorelle,
annunciando ai suoi discepoli la sua passione, morte e risurrezione, a compimento della volontà del Padre, Gesù svela loro il senso profondo della sua missione e li chiama ad associarsi ad essa, per la salvezza del mondo.
Nel percorrere il cammino quaresimale, che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’“acqua viva” della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo.
Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa.
1. La fede ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle
In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa. Questa Verità non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte, ma è un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza. Questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita.
Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento. Facendo esperienza di una povertà accettata, chi digiuna si fa povero con i poveri e “accumula” la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso. Così inteso e praticato, il digiuno aiuta ad amare Dio e il prossimo in quanto, come insegna San Tommaso d’Aquino, l’amore è un movimento che pone l’attenzione sull’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi (cfr Enc. Fratelli tutti, 93).
La Quaresima è un tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di “prendere dimora” presso di noi (cfr Gv 14,23). Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore.
2. La speranza come “acqua viva” che ci consente di continuare il nostro cammino
La samaritana, alla quale Gesù chiede da bere presso il pozzo, non comprende quando Lui le dice che potrebbe offrirle un’“acqua viva” (Gv 4,10). All’inizio lei pensa naturalmente all’acqua materiale, Gesù invece intende lo Spirito Santo, quello che Lui darà in abbondanza nel Mistero pasquale e che infonde in noi la speranza che non delude. Già nell’annunciare la sua passione e morte Gesù annuncia la speranza, quando dice: «e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Gesù ci parla del futuro spalancato dalla misericordia del Padre. Sperare con Lui e grazie a Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre.
Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione. Il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata (cfr Enc. Laudato si’, 32-33.43-44). È speranza nella riconciliazione, alla quale ci esorta con passione San Paolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito. Il perdono di Dio, anche attraverso le nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità.
Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti [FT], 223). A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (ibid., 224).
Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza.
Vivere una Quaresima con speranza vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio “fa nuove tutte le cose” (cfr Ap 21,1-6). Significa ricevere la speranza di Cristo che dà la sua vita sulla croce e che Dio risuscita il terzo giorno, «pronti sempre a rispondere a chiunque [ci] domandi ragione della speranza che è in [noi]» (1Pt 3,15).
3. La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza.
La carità si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno… La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione.
«A partire dall’amore sociale è possibile progredire verso una civiltà dell’amore alla quale tutti possiamo sentirci chiamati. La carità, col suo dinamismo universale, può costruire un mondo nuovo, perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti» (FT, 183).
La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne per la farina e l’olio della vedova di Sarepta, che offre la focaccia al profeta Elia (cfr 1 Re 17,7-16); e per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla (cfr Mc 6,30-44). Così avviene per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità.
Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio.
«Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società» (FT, 187).
Cari fratelli e sorelle, ogni tappa della vita è un tempo per credere, sperare e amare. Questo appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni, ci aiuti a rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre.
Maria, Madre del Salvatore, fedele ai piedi della croce e nel cuore della Chiesa, ci sostenga con la sua premurosa presenza, e la benedizione del Risorto ci accompagni nel cammino verso la luce
pasquale.
Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2020, memoria di San Martino di Tours
Francesco
RITORNATE A ME CON TUTTO IL CUORE
Un aiuto agli adulti per ben confessarsi, ricordando che per fare una buona confessione occorre:
- L’esame di coscienza dall’ultima confessione ben fatta
- Il pentimento sincero per le colpe commesse
- Il proposito di evitare le occasioni di peccato
- L’accusa umile e completa dei peccati gravi e possibilmente anche di quelli veniali
- La preghiera o l’opera di penitenza, consigliata dal confessore.
PER L’ESAME DI COSCIENZA
A – AMERAI IL SIGNORE, DIO TUO, CON TUTTO IL CUORE
1. Credo fermamente in Dio? Lo sento come un Padre che ama o lo temo come un giudice delle mie azioni? 1Gv 3,2: «Miei cari, ora siamo figli di Dio»
2. Tutto quello che faccio è conforme alla mia fede di cristiano? Gc 2,17: «La fede senza le opere è morta»
3. So ringraziare ogni giorno il Signore per i doni che mi dà, oppure prego solo quando ho bisogno di grazie? Comincio e chiudo la giornata con la preghiera?
Col 2,7: «E ringraziate continuamente il Signore»
4. Credo nella superstizione, affidandomi nelle scelte all’oroscopo, o peggio, consultando un “venditore di futuro” (cartomante, indovino)?
5. Ho bestemmiato qualche volta Dio, la Madonna e i Santi? Ho dubitato dell’amore di Dio attribuendo a Lui i mali che ci affliggono? 6. Partecipo costantemente e con devozione alla Messa festiva? Quante volte l’ho trascurata? Perché? Non si può essere veramente credenti, se non si è praticanti.
7. Sono pigro o restío nel confessarmi? Perché? Dio solo perdona i peccati, ma lo fa sempre attraverso la mediazione di un sacerdote [Cf Gv 20,23].
8. Desidero accostarmi all’Eucaristia o ne faccio a meno per molto tempo? Prima di ricevere la comunione mi preoccupo di avere il cuore libero da peccato mortale? 1Cor 11,29: «Chi mangia indegnamente il Corpo di Cristo, mangia la propria condanna»
9. Come mi sono comportato quando altri hanno parlato male della Religione, della Chiesa e del Papa?
10. Penso spesso che ho un’anima da salvare e un Dio da amare? Faccio della mia vita solo una ricerca di benessere materiale e di divertimento?
B – AMATEVI COME FRATELLI, COME IO VI HO AMATI
1. Non si può amare Dio, se non si ama anche il prossimo. Ne sono convinto? 1Gv 4,20: «Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?»
2. Sono vicino alle persone anziane o malate, soprattutto se familiari, con l’accoglienza, la sopportazione, l’attenzione e la cura? «Ciò che di bene fate agli altri, lo fate a me» [Cf. Mt 25,40]
3. Ho imprecato o augurato il male a qualcuno? Rm 12,21: «Vinci col bene il male»
4. Coltivo risentimenti per torti ricevuti? So perdonare? Lc 6,37: «Perdonate e vi sarà perdonato»
5. Mi lascio andare a critiche o pettegolezzi quando mi trovo in compagnia di altri? Gc 3,2: “Chi non pecca con la lingua è un uomo perfetto!”
6. Ho pensato male degli altri? Ho manifestato ad altri questi giudizi? Mt 7,1: «Non giudicate per non essere giudicati»
7. Vivo in armonia con mia moglie (o mio marito) cercando alla sera la riconciliazione, dopo gli inevitabili contrasti della giornata? Ef 4,2b: «Non tramonti il sole sulla vostra ira, per non dare occasione al diavolo»
8. Mi sono impossessato della roba altrui, sul luogo di lavoro o al mercato?
9. Ho danneggiato le cose degli altri? In che misura? Cerco il modo di riparare qualsiasi danno fatto?
10. Collaboro al bene comune nell’adempimento degli obblighi fiscali o cerco vie di evasione? Rm 13,7: «Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto,
a chi il tributo il tributo; a chi le tasse, le tasse»
11. Sono generoso, in rapporto alle mie possibilità economiche, con chi mi tende la mano per una richiesta di aiuto, o sono chiuso nel mio egoismo?
Lc 6,38: «Date e vi sarà dato una buona misura, pigiata, scossa e traboccante»
C – AMA TE STESSO, PERCHÉ SEI FIGLIO DI DIO
1. Quale spazio nella mia giornata do alla Parola di Dio? La leggo? L’ascolto? Col 3,16: «La Parola di Dio dimori tra voi abbondantemente»
2. Nel mio lavoro o nella professione valorizzo i doni ricevuti da Dio o mi lascio prendere dalla pigrizia e superficialità? Lc 16,2: «Rendi conto della tua amministrazione»
3. In casa cerco di creare un clima di serenità e di collaborazione, oppure faccio prevalere i miei diritti, il mio egoismo? Fil 2,3: «Ciascuno consideri gli altri superiori a se stesso»
4. Partecipo alla vita della comunità parrocchiale come membro o come un estraneo? Se ho tempo disponibile, so offrirlo per attività di volontariato? Gal 5,13: «Mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri»
5. Esagero nel mangiare, nel bere, nel fumo? Faccio uso di droghe? Sir 37,29: «Non essere ingordo!»
6. Pratico il gioco d’azzardo, le scommesse? 1Tim 6,10: «L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali»
7. Come cittadino, compio i miei doveri politici e sociali? Rispetto l’ambiente?
8. Conservo puro il mio cuore e il mio corpo? Coltivo pensieri e desideri di sesso? Mi permetto letture e visioni scandalose in televisione o in internet?
Con quali conseguenze?
9. Sono fedele a mia moglie (o a mio marito) anche nel pensiero? Evito ogni relazione pericolosa? Mt 5,28: «Se uno guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore»
10. Sono convinto che la sessualità è un dono di Dio e va posta al servizio degli affetti coniugali e della procreazione?
Se sposato: l’atto d’amore è sempre aperto alla vita? Ho consigliato o procurato l’aborto?
Se fidanzato: mi lascio andare ad azioni che rientrano nella sfera sessuale?
Se vedovo, separato, divorziato: come vivo questa situazione di solitudine?
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ATTO DI DOLORE
Per camminare insieme, proponiamo vari momenti comunitari come spunto di riflessione; di seguito i principali, potete scaricare qui il sussidio completo di tutti gli appuntamenti.
Ogni mercoledì:
- Ore 21.15: Scuola di Cristianesimo sulla pagina Facebook e canale YouTube della Parrocchia
Ogni giovedì:
Ore 09.30 e ore 17.45: Adorazione Eucaristica
Ogni VENERDÌ
- Ore 09.45: Via Crucis in Basilica
- Ore 18.00 VENERDI “UNO” in Basilica: via crucis – celebrazione del vespro – Messa “saltacena” – Lectio Divina sulle sette parole di Cristo sulla croce (con l’aiuto della musica di Haydn)
Martedì 2 Marzo:
- ore 18.30: celebrazione penitenziale comunitaria con possibilità di confessioni
Nel calendario tutti gli appuntamenti.
Il 19 febbraio inizia il tempo di Quaresima con il mercoledì delle ceneri; in questo giorno particolare, nella Chiesa Universale si osserve una giornata penitenza e digiuno. Al digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato.
Nella nostra Parrocchia le Sante Messe saranno celebrate alle 07.30 alle 09.00; alla sera, alle ore 18.00 e alle ore 20.00.
Alle ore 18.00 con la Stazione Quaresimale nel sagrato della Basilica: ci avvieremo processionalmente verso la Parrocchia per la Liturgia Eucaristica con il rito dell’imposizione delle Ceneri, che in tempo di Pandemia avrà delle necessarie modifiche.
E’ possibile scaricare a questo link il sussidio per vivere al meglio questa Quaresima. Buon cammino a tutti!
La ricorrenza dell’11 febbraio ci richiama al ricordo della Vergine Maria, apparsa a Lourdes, e alla realtà della sofferenza, che tanti fratelli e sorelle portano nella loro carne.
Accogliamo l’invito del Papa a vivere questa giornata in riflessione e preghiera. Giovedì, alle ore 17.00 Santo Rosario Meditato. Alle ore 18.00 Celebrazione Eucaristica in cui verrà amministrato il Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Seguirà una processione interna alla Basilica “aux flambeaux”.
Coloro che desiderano ricevere il sacramento dell’Unzione degli Infermi – purché nelle condizioni contemplate dalla Chiesa – devono passare dal Parroco o dal Vice Parroco don Carmine, compilando una scheda di domanda e verrà rilasciato il biglietto per accedere al sacramento.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati
Cari fratelli e sorelle!
La celebrazione della XXIX Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio 2021, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, è momento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi deputati alla cura sia in seno alle famiglie e alle comunità. Il pensiero va in particolare a quanti, in tutto il mondo, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimo la mia spirituale vicinanza, assicurando la sollecitudine e l’affetto della Chiesa.
1. Il tema di questa Giornata si ispira al brano evangelico in cui Gesù critica l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno (cfr Mt 23,1-12). Quando si riduce la fede a sterili esercizi verbali, senza coinvolgersi nella storia e nelle necessità dell’altro, allora viene meno la coerenza tra il credo professato e il vissuto reale. Il rischio è grave; per questo Gesù usa espressioni forti, per mettere in guardia dal pericolo di scivolare nell’idolatria di sé stessi, e afferma: «Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (v. 8).
La critica che Gesù rivolge a coloro che «dicono e non fanno» (v. 3) è salutare sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell’ipocrisia, un male molto grave, che produce l’effetto di impedirci di fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale.
Davanti alla condizione di bisogno del fratello e della sorella, Gesù offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio (cfr Lc 10,30-35).
2. L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. La condizione di creaturalità diventa ancora più nitida e sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro “affannarci” (cfr Mt 6,27).
La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una risposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutarci in questa faticosa ricerca.
Emblematica è, al riguardo, la figura biblica di Giobbe. La moglie e gli amici non riescono ad accompagnarlo nella sua sventura, anzi, lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Giobbe precipita in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma proprio attraverso questa estrema fragilità, respingendo ogni ipocrisia e scegliendo la via della sincerità verso Dio e verso gli altri, egli fa giungere il suo grido insistente a Dio, il quale alla fine risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una punizione o un castigo, non è nemmeno uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua indifferenza. Così, dal cuore ferito e risanato di Giobbe, sgorga quella vibrante e commossa dichiarazione al Signore: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5).
3. La malattia ha sempre un volto, e non uno solo: ha il volto di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali (cfr Enc. Fratelli tutti, 22). L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario. Nello stesso tempo, la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana.
La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, il buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere umano, ferito dal peccato. Uniti a Lui per l’azione dello Spirito Santo, siamo chiamati ad essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti (cfr Gv 13,34-35). E viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili.
A tale proposito, desidero ricordare l’importanza della solidarietà fraterna, che si esprime concretamente nel servizio e può assumere forme molto diverse, tutte orientate a sostegno del prossimo. «Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo» (Omelia a La Habana, 20 settembre 2015). In questo impegno ognuno è capace di «mettere da parte le sue esigenze e aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. […] Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone» (ibid.).
4. Perché vi sia una buona terapia, è decisivo l’aspetto relazionale, mediante il quale si può avere un approccio olistico alla persona malata. Valorizzare questo aspetto aiuta anche i medici, gli infermieri, i professionisti e i volontari a farsi carico di coloro che soffrono per accompagnarli in un percorso di guarigione, grazie a una relazione interpersonale di fiducia (cfr Nuova Carta degli Operatori Sanitari [2016], 4). Si tratta dunque di stabilire un patto tra i bisognosi di cura e coloro che li curano; un patto fondato sulla fiducia e il rispetto reciproci, sulla sincerità, sulla disponibilità, così da superare ogni barriera difensiva, mettere al centro la dignità del malato, tutelare la professionalità degli operatori sanitari e intrattenere un buon rapporto con le famiglie dei pazienti.
Proprio questa relazione con la persona malata trova una fonte inesauribile di motivazione e di forza nella carità di Cristo, come dimostra la millenaria testimonianza di uomini e donne che si sono santificati nel servire gli infermi. In effetti, dal mistero della morte e risurrezione di Cristo scaturisce quell’amore che è in grado di dare senso pieno sia alla condizione del paziente sia a quella di chi se ne prende cura. Lo attesta molte volte il Vangelo, mostrando che le guarigioni operate da Gesù non sono mai gesti magici, ma sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale, in cui al dono di Dio, offerto da Gesù, corrisponde la fede di chi lo accoglie, come riassume la parola che Gesù spesso ripete: “La tua fede ti ha salvato”.
5. Cari fratelli e sorelle, il comandamento dell’amore, che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, trova una concreta realizzazione anche nella relazione con i malati. Una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno. Tendiamo a questa meta e facciamo in modo che nessuno resti da solo, che nessuno si senta escluso e abbandonato.
Affido tutte le persone ammalate, gli operatori sanitari e coloro che si prodigano accanto ai sofferenti, a Maria, Madre di misericordia e Salute degli infermi. Dalla Grotta di Lourdes e dagli innumerevoli suoi santuari sparsi nel mondo, Ella sostenga la nostra fede e la nostra speranza, e ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri con amore fraterno. Su tutti e ciascuno imparto di cuore la mia benedizione.
Roma, San Giovanni in Laterano, 20 dicembre 2020, IV Domenica di Avvento.
+ Francesco
La Comunità Salesiana di Roma don Bosco comunica la morte e l’entrata nella vita eterna del caro confratello
don Luigi Ullucci
di anni 83, 63 di professione religiosa e 52 di sacerdozio.
Le esequie saranno celebrate nella parrocchia «San Giovanni Bosco» di Roma
martedì 19 gennaio alle ore 11,00
Facciamo fraterna memoria del caro don Luigi nell’Eucaristia e nella preghiera comunitaria.
“Uniti in uno scambio di beni spirituali offriamo con riconoscenza
per i confratelli defunti i suffragi prescritti.
Il loro ricordo è uno stimolo per continuare con fedeltà la nostra missione”
La salma di don Luigi verrà tumulata nella tomba dei salesiani del cimitero Verano.
Roma, 17 gennaio 2021
Gennaio è il mese dei salesiani e di Don Bosco, con le sue molteplici festività e iniziative: la memoria liturgica della Beata Laura Vicunja, di S. Francesco di Sales, la novena a Don Bosco, e tante personalità che ci aiuteranno a vivere questo periodo con intensità, fino al triduo in cui avremo dei momenti di meditazione e spiritualità dopo le S. Messe serali, nonchè la partecipazione il 31 gennaio del Cardinal Sarah, titolare della nostra Basilica, e del Cardinal De Donatis, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma.
Di seguito tutti gli appuntamenti, ricordando che sono in aggiunta agli orari normali delle funzioni ordinarie, con le sole modifiche seguenti:
- la messa delle ore 17.00 di sabato 30 gennaio non verrà celebrata, ma ci sarà un’unica celebrazione alle ore 18.30;
- la messa delle ore 20.00 di domenica 31 gennaio non verrà celebrata, ma ci sarà un’unica celebrazione alle ore 18.30.