ADORAZIONE EUCARISTICA SERALE - GIOVEDI 12 MARZO
“Misericordia io voglio, non sacrifici”
CANTO: IL GRANDE HALLEL
Lodate il Signore perché è buono,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Lodate il Dio degli dei,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Lodate il Signore dei Signori,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Lui solo ha compiuto meraviglie,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA
Ha fatto i cieli con sapienza,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Ha posto la terra sulle acque,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Ha fatto i grandi luminari,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Il sole, la luna e le stelle,
PERCHÈ ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
1. INTRODUZIONE
2. ESPOSIZIONE
CANTO: DAVANTI AL RE
Davanti al Re,
ci inchiniamo insieme
per adorarlo
con tutto il cuor.
Verso di Lui
eleviamo insieme
canti di gloria
al nostro Re dei Re
3. NELLA NOSTRA DEBOLEZZA LA SUA FORZA
Dal libro dei Numeri (Num 21, 4-9)
Poi gli Israeliti partirono dal monte Cor, dirigendosi verso il Mare Rosso per aggirare il paese di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatti uscire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.
CANTO: TARDI T’AMAI
TARDI T’AMAI, TARDI T’AMAI,
BELLEZZA COSÌ ANTICA E COSÌ NUOVA.
Eppure, Signore, tu eri dentro me,
ma io ero fuori;
deforme com’ero, guardavo la bellezza
del tuo creato.
Eri con me, e invece io, Signore,
non ero con Te;
le tue creature mi tenevano lontano,
lontano da Te.
Tu esalasti il dolce Tuo profumo
di Te ho fame e sete;
Tu mi hai toccato: ed ora io anelo
alla Tua pace.
Il deserto sottopone gli Israeliti a una grande prova di fiducia nei confronti di Dio. È un luogo impervio, riserva insidie, affatica i corpi e gli animi di quegli uomini ai quali era stata promessa salvezza. Proprio a quest’ultima, infatti, anelano gli abitanti di Israele e, tuttavia, questa tarda a manifestarsi nella forma in cui loro la aspettavano. Nell’attimo in cui la costanza della fede cede il posto alla disperazione, tutti all’unisono incolpano Dio della sofferenza del viaggio. La fame, la stanchezza e gli ostacoli che gli israeliti incontrano durante i 40 anni di cammino li inducono a ritenere il progetto di liberazione come un progetto di perdizione e di morte e alle resistenze esterne, si aggiungono delle resistenze interne alla salvezza, maggiori e più pericolose in quanto conducono a una comprensione totalmente falsa degli eventi salvifici di Dio. Una volta consapevoli, gli Israeliti riconosceranno la potenza del Signore e si dichiareranno pentiti a Mosè, che sarà loro intercessore presso Dio. Questi, però, non li priverà delle conseguenze della loro mormorazione, ma gli darà uno strumento di salvezza e attenderà, con quella pazienza e perseveranza che dovrebbero avere gli uomini durante la difficile traversata, che la penitenza del Suo popolo, insieme alla preghiera, si tramuti in sincera conversione. Essi, infatti, ancorati a terra, distrutti, hanno la possibilità di rivolgere lo sguardo in alto mirando al bastone di Mosè, sul quale figura l’icona della loro recente e vivissima sofferenza, per ottenere, da quella stessa sofferenza, da quello stesso limite, la salvezza. Questo vale per tutti, ogni giorno. Spesso è proprio nel deserto che siamo dobbiamo stare sempre allerta per non cadere nella tentazione di credere di essere capaci di determinare tempo, direzione e tappe del nostro cammino, rischiando di perdere tutto compreso noi stessi. Con la ribellione pensiamo di vanificare l’azione di Dio nella nostra vita e nella nostra storia e mettiamo allo scoperto il nostro desiderio di autonomia, che ci porta a credere gli unici artefici siamo noi. Il riposo che ci spetta, esiste, Egli ce l’ha promesso, è già qui, ma bisogna camminare con Lui. Il tentativo di condanna delle intenzioni di Dio mette in discussione tutta la storia della salvezza e la schiavitù d’Egitto è proprio l’esempio dell’uomo che pone, al di sopra di tutto, la soddisfazione di quelli che lui reputa i suoi bisogni immediati, che invece spesso non sono ciò che realmente cerchiamo e di cui abbiamo veramente bisogno. Se, invece che con la esiliazione di Dio, rimaniamo ancorati a Lui, avremo benedizioni su benedizioni. Dio si aspetta figliolanza, non estranei. E questo non può farlo Lui per noi, è nostro compito e scelta. Egli ci chiede semplicemente di guardare a Lui e camminare con Lui, invece che stare chiusi nei nostri pensieri e problemi: ci chiede di guardare in alto al segno della vita, che ora è simbolizzato dal serpente, ma che troverà il volto reale nel Cristo Crocifisso per amore.
Momento musicale: J. S. Bach – Preludio al corale “Ardo d’un gran desiderio”
SOLISTA: Per la famiglia, che è irradiazione della paternità e maternità di Dio
TUTTI: educhi i figli al perdono e alla comunione nella gioia.
S: Per gli uomini e le donne del nostro tempo
T: perché rispondano ai progetti di Dio anche quando la fede vacilla.
S: Per noi qui riuniti attorno all’altare
T: perché riconosciamo la tua divinità nel pane eucaristico, pane del cammino e farmaco
d’immortalità.
S: O Dio, nostra fortezza, che hai consegnato a Mosè la legge scritta, e l’hai impressa nel nostro cuore con
il dito dello Spirito Santo
T: ascolta la nostra preghiera e rendici sempre fedeli esecutori della tua volontà che ci salva.
4. SOVRABBONDA LA GRAZIA
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani (Rm 5, 15-21)
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini. E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partì da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, affinché, come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.
CANTO: CHI CI SEPARERA’
Chi ci separerà dal suo amore,
la tribolazione, forse la spada?
Né morte o vita ci separerà
dall’amore in Cristo Signore.
Chi ci separerà dalla sua pace,
la persecuzione, forse il dolore?
Nessun potere ci separerà
da Colui che è morto per noi.
Chi ci separerà dalla sua gioia,
chi potrà strapparci il suo perdono?
Nessuno al mondo ci allontanerà
dalla vita in Cristo Signore.
Da cosa si distingue il bene dal male? Che cosa sono bene e male, giusto o sbagliato? E’ il male che può essere visto come assenza di bene, o è il bene stesso assenza di male? “La legge sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta”: così la Parola ci suggerisce il metro di valutazione: peccato, nel senso classi del termine, è il non avere ottemperato ad una norma, l’aver mancato l’osservanza di una “regola”, ma al tempo stesso appare chiaro come sia proprio dalla sua esistenza che può distinguersi l’averla mancata, aver sbagliato il bersaglio. Nella lettera San Paolo si sofferma sulla contrapposizione tra il dono e la caduta. Ma dove si staglia il confine tra le due cose? L’uomo ha peccato, con Adamo, e per il peccato di uno solo la morte si è abbattuta su tutto il genere umano; ma “dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”. Vista nella luce dell’inosservanza, è facile capire la dimensione prettamente umana del peccato, qualcosa che va contro il disegno iniziale di Dio. Ma non è solo sotto la luce umana che va vista: e allora come posso io, se il peccato ha prodotto conseguenze devastanti, come può l’uomo, che ha sbagliato la strada, che ha perso il suo intento di salvezza riuscire a divenire un uomo di fede e andare verso il bersaglio? Il confine tra dono e caduta si delinea laddove la grazia, come dono, si crea nell’occasione stessa della caduta. Paolo ci offre diverse immagini che dettano da diverse angolazioni la contrapposizione tra bene e male: quello che traspare è come il primo produca sempre più del secondo. Uno è l’atto utile al giudizio di condanna, uno l’uomo la cui colpa si riversa ancora su tutti gli uomini. Ma se per la disobbedienza di quel solo uomo tutti siamo stati costituiti peccatori, così pure, quale dono concesso in grazia, il sacrificio di Cristo ha giustificato l’intero genere umano, come un singolo atto di giustizia ne ha coperto il peccato. Quindi, se per il peccato di uno ha regnato la morte, al contempo la grazia ha abbondato uale giustificazione fra gli uomini per mezzo della fede. L’amore di Dio ci dona la grazia, superiore all’uomo
e superiore al peccato stesso. Gesù ha ubbidito alla legge divina per tutti noi, ci ha indicato il percorso che il “buon” peccatore deve seguire. Non esiste peccato troppo grande che la grazia divina non possa coprire e perdonare. E non esiste peccatore che Dio non possa salvare. Se ho mancato il bersaglio, se ho perso la retta via, se ho sbagliato strada, ho peccato, è vero, ma la soluzione esiste, ed è in Cristo, nella sua legge divina, nella sua grazia che sovrabbonda. E’ questo il camminare nella fede: ho sbagliato, ho mancato? Provo a camminare. Non ce l’ho fatta? Cammino con Lui e riprovo. San Paolo ci fa capire che l’uomo che, come Abramo, si apre alla parola di Dio, può realizzare cose grandiose. L’incontro dell’uomo con Gesù è l’unico mezzo efficace per camminare attraverso il peccato; solo chi dà piena adesione al Suo messaggio può trovare la direzione giusta, solo chi cammina nella conversione può dare una svolta contraria a questa “direzione sbagliata”, che è il peccato, e riuscire a “far centro” nella propria vita. L’uomo che si apre a Dio è l’uomo che veramente “esiste” e possiede una vita autentica e profonda. Arrendiamoci a questa grazia illimitata se vogliamo davvero gustarci la nostra vita, se davvero vogliamo tornare indietro, camminare nei nostri errori. Il nostro peccato si ferma dove incomincia la grazia divina che, al contrario del peccato, del regno di morte, della legge umana, dura in eterno.
Momento musicale: J. Brahms – Preludio al corale “Rinasci con la sua grazia, anima mia”
S: Per la Chiesa che vive nella contemplazione del cuore del tuo Figlio Gesù, sorgente di vita
T: sappia sempre rifiutare il male per cercare ogni giorno le vie del bene
S: Per quanti vivono nell’incoerenza e nella contraddizione senza rendersene conto
T: l’annuncio del Vangelo possa farsi dolce invito alla ricerca della fede e alla conversione
S: Per ognuno di noi
T: possiamo trovare forza e coraggio per combattere i nostri difetti e migliorare i rapporti con il nostro prossimo, preghiamo.
S: O Padre, che mandi incontro a noi nella persona dei poveri lo stesso tuo Figlio
T: disponi i nostri cuori all’accoglienza e al dono dell’amore, liberandoli dalla freddezza e dall’egoismo.
5. TUTTO E’ STATO FATTO PER MEZZO DI LUI
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)
Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta. Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli stesso non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce. La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio.
E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: “Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”». Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere.
CANTO: ECCO IL MIO SERVO
ECCO IL MIO SERVO, L’ELETTO,
CHE IO SOSTENGO,
HO POSTO IN LUI IL MIO SPIRITO
E GUIDERÀ IL MIO POPOLO.
Non griderà, non alzerà il tono,
non farà udire la sua voce,
non spegnerà la fiamma smorta,
non spezzerà la canna incrinata.
Io t’ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano,
t’ho stabilito e formato
come alleanza per le genti.
“Nel principio era La PAROLA…” L’incipit di questo passo del Vangelo ha un’importanza capitale in quanto ci ricorda il potere che possiede la parola (minuscola). Tramite la parola si può mortificare o consolare,denigrare o elogiare … La parola degli altri,perfino le nostre parole interiori hanno un notevole effetto su di noi. Ma esiste una parola di gran lunga più elevata,più sapiente, più lungimirante rispetto a tutte quelle che scambiamo fra di noi, e questa è la PAROLA DI DIO. La Sua è SEMPRE una PAROLA che ci sostiene, che ci nutre, ci da fiducia, pienezza. Siamo uomini ma siamo stati benedetti dal momento che abbiamo creduto in Gesù, e abbiamo ricevuto la grazia di diventare figli di Dio!! E questa consapevolezza dona agli uomini la possibilità di sentirsi sempre accompagnati da un Padre in una vita piena e dà inoltre gli strumenti per sfuggire alle tenebre, cioè al mondo degli uomini lontani da Dio, non ancora illuminati dalla luce divina. Tenebra è anche il disorientamento interiore, che può avere molte sfaccettature; fra di esse il non riuscire a riconoscere i propri limiti e quindi essere in uno stato di perenne insoddisfazione, sentirsi confusi e non sapere dove e come andare. E allora è facile sbagliare strada, lasciarsi trascinare dagli impulsi e dalle situazioni, cadere, fallire il bersaglio. E quando pensiamo che sia un peccato aver fallito il bersaglio, Dio è quel Padre amorevole che interviene nella nostra vita proprio per dare senso alla nostra storia ed esistenza, e in questo modo dando senso anche ai nostri fallimenti.
Momento musicale: A. Guilmant – Elevazione
S: Per noi, che nell’eucaristia celebriamo il sacramento della fratellanza cristiana
T: la nostra vita sia eucaristia per gli altri amando il prossimo come noi stessi.
S: Per le persone disorientate dalle proposte negative della società
T: trovino nel progetto di Dio sull’uomo il riferimento sicuro per la propria vita.
S: Per noi che abbiamo ascoltato il vangelo della misericordia:
T: esso ci dia la forza di alzarci e di incamminarci verso la riconciliazione pasquale, perchè accogliamo l’invito a perdonare per essere perdonati.
S: O Padre che ci converti, non minacciando castighi ma rivelandoci la tua bontà e misericordia,
T: fa’ che, rifiutato il cibo immondo del peccato, ci alimentiamo al banchetto dell’eucaristia quaresimale per esser trasformati in Cristo
6. REPOSIZIONE
Preghiere personali
Preghiera universale
CANTO: TANTUM ERGO
Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui
et antiquum documentum
novo cedat ritui.
Praestet fides supplementum
sensuum defectui.
Genitori genitoque
laus et jubilatio
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio. Amen.
BENEDIZIONE
CANTO: SALDO E’ IL MIO CUORE
Saldo è il mio cuore, Dio mio.
A te canterà l’anima mia.
Destatevi arpa e cetra,
voglio svegliare l’aurora.
A TE LA MIA LODE TRA LE GENTI,
PERCHÈ FINO AI CIELI È IL TUO AMORE.
SORGI ED INNALZATI, O DIO,
SPLENDA SUL MONDO LA TUA GLORIA.
Con te noi faremo cose grandi.
Con te noi convertiremo il mondo.
Tu sei nostra luce e conforto,
forza, rifugio, o Signore.
PER TE NOI ANDREMO PER IL MONDO,
INNI CANTEREMO ALLA TUA GLORIA.
DONACI LA GRAZIA, SIGNORE,
ANNUNCEREMO IL TUO AMORE.
ADORAZIONE EUCARISTICA SERALE - GIOVEDI 12 FEBBRAIO
“Adorare con Don Bosco”
CANTO: VERBUM PANIS
Prima del tempo prima ancora che la terra
cominciasse a vivere il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo e per non abbandonarci
in questo viaggio ci lasciò tutto se stesso come pane.
Verbum caro factum est
Verbum panis factum est.
QUI SPEZZI ANCORA IL PANE IN MEZZO A NOI
E CHIUNQUE MANGERÀ
NON AVRÀ PIÙ FAME.
QUI VIVE LA TUA CHIESA INTORNO A TE
DOVE OGNUNO TROVERÀ LA SUA VERA CASA.
Verbum caro factum est…
Prima del tempo quando l’universo fu creato
dall’oscurità il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo nella sua misericordia
Dio ha mandato il Figlio suo tutto se stesso come pane.
Verbum caro factum est…RIT.
1. INTRODUZIONE
2. ESPOSIZIONE
CANTO: DAVANTI AL RE
Davanti al Re,
ci inchiniamo insieme
per adorarlo
con tutto il cuor.
Verso di Lui
eleviamo insieme
canti di gloria
al nostro Re dei Re
3. san francesco di sales
Dagli scritti di San Francesco di Sales
“La miglior preghiera od orazione è quella che ci tiene così occupati nel pensiero di Dio che non pensiamo più a noi stessi né a quello che facciamo. In una parola, in queste cose, occorre procedere con semplicità, alla buona e senza artifici per essere vicini a Dio, per amarlo e unirsi a Lui. il vero amore non conosce metodi” (L 1445, 1114).
“Credete fermamente che io ho una viva e straordinaria volontà di servire il vostro spirito con tutta la capacità del-le mie forze […]. Mettete a profitto il mio affetto e usate di tutto quello che Dio mi ha dato per il servizio del vostro spirito. Eccomi qui tutto vostro” (L 229, 484).
CANTO: QUESTO è IL MIO COMANDAMENTO
QUESTO È IL MIO
COMANDAMENTO:
CHE VI AMIATE
COME IO HO AMATO VOI,
COME IO HO AMATO VOI.
Nessuno ha un amore più grande
di chi dà la vita per gli amici;
voi siete miei amici
se farete ciò che vi dirò. Rit.
Il servo non sa ancora amare
ma io v’ho chiamato miei amici,
rimanete nel mio amore
ed amate il Padre come me. Rit.
Io pregherò il Padre per voi
e darà a voi il Consolatore,
che rimanga sempre in voi
e vi guidi nella carità. Rit.
Giovannino Bosco ragazzo piemontese assai povero ma con il sogno di diventare prete fatica e soffre per diventarlo. Conobbe di San Francesco di Sales vescovo di Ginevra a cavallo del XVII secolo, nativo della Savoia allora appartenente al Regno del Piemonte. Lo imitò e Tanto ne fu devoto che chiamo i suoi figli SALESIANI.
E parliamo di profondo affetto per i ragazzi, del dono dell’amicizia e di dolcezza pedagogica. Parliamo di accompagnamento educativo, di Guida spirituale paterna anche se esigente – Di Ottimismo perché tutto è da Dio – Allegria gioco – comunione frequente - Cura dello studio – mestiere – verso l’autonomia e una maggiore dignità della persona.
Parliamo dello studio che è definito l’VIII sacramento finalizzato anche’esso alla dignità della persona e alla maggiore dignità della devozione.
Scrive libri e diffonde la stampa, i catechismi come i libretti del sapere matematico, agricolo, storico, la cultura in genere. E D. Bosco tutta valorizza e assimila nel suo educare buoni cristiani e onesti cittadini.
Momento musicale: M.E. Bossi: Chant du soir
SOLISTA: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perché hai fatto di Maria santissima la più alta collaboratrice del tuo Spirito: fa’ che, come ha messo in Giovanni Bosco il seme per la sua grande opera, renda anche noi
umili e forti, per portare avanti, con passione ed impegno, il suo capolavoro educativo.
TUTTI: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perché hai affidato alla Famiglia Salesiana tutto il mondo dei giovani: fa’ che, attratti, animati e guidati dalla forza carismatica del sistema educativo di don Bosco, possano conseguire una piena dignità umana, attraverso la scuola, il lavoro, la cultura, la famiglia, e vivere nella società come “bravi cristiani e onesti cittadini”.
S: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perchè hai voluto che il santo vescovo Francesco di Sales si facesse tutto a tutti nella carità pastorale; concedi anche a noi di testimoniare nella vita e nel servizio dei fratelli la dolcezza del tuo amore di Padre.
T: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perchè riveli la tua bontà nella vita dei santi tuoi servi e amici: fa’ che la Famiglia salesiana guardi a san Francesco di Sales come al proprio modello, per accogliere i suoi insegnamenti nella vita di ogni giorno e fa’ che noi qui presenti, a imitazione del santo, mettiamo a frutto i talenti ricevuti per renderci disponibili a lavorare per il regno di Dio.
4. i giovani
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me.
CANTO: TU SARAI PROFETA
Una luce che rischiara,
una lampada che arde,
una voce che proclama
la Parola di salvezza.
Precursore nella gioia,
precursore nel dolore,
tu che sveli nel perdono
l’annunzio di misericordia.
TU SARAI PROFETA DI SALVEZZA
FINO AI CONFINI DELLA TERRA,
PORTERAI LA MIA PAROLA,
RISPLENDERAI DELLA MIA LUCE.
Forte amico dello Sposo,
che gioisci alla sua voce,
tu cammini per il mondo
per precedere il Signore.
Stenderò la mia mano
e porrò sulla tua bocca
la potente mia Parola
che convertirà il mondo.
Per don Bosco tutti i giovani, a prescindere dalla loro condizione di vita, sono “bisognosi”. Intelligenti, aperti alla vita, sensibili al bene, disponibili a lasciarsi guidare, essi sono “sommamente amati da Dio” che vede nei loro volti i lineamenti di Gesù suo Figlio. Fragili e volubili, proprio perché giovani, possiedono tuttavia risorse preziose, come il seme cela in sé il frutto di domani. Tutti i giovani, per don Bosco, sono pertanto e in qualche modo “abbandonati” perché indifesi e vulnerabili. Gioventù in attesa di un amico che si prenda cura di loro e li accompagni verso l’età adulta. Per don Bosco, i giovani vanno raggiunti al punto in cui si trovano, conosciuti nei loro bisogni fondamentali: il moto e l’allegria, il divertimento e il gioco, l’ascolto e l’amicizia. La loro sete di verità va appagata per mezzo dell’istruzione; la coscienza va orientata al bene; il cuore, in cerca di significati, deve trovare riposo nell’incontro con Dio. A questi giovani, ma a tutti i giovani, bisogna offrire un ambiente capace di farsi mediazione formativa per portarli a conoscere i valori e a sceglierli in libertà. I giovani, a prescindere dalla loro condizione, sono attratti dalle “buone accoglienze” dell’educatore il quale, attraverso la sua amabilità, sa “farsi amare” avvicinandosi al loro mondo con simpatia, rispetto, attenzione e comprendendolo, letteralmente “facendolo proprio”. La convinzione incrollabile di don Bosco è che: «Siccome non v’è terreno ingrato e sterile che per mezzo di lunga pazienza non si possa finalmente ridurre a frutto, così è dell’uomo […]. In ogni giovane anche il più disgraziato c’è un punto accessibile al bene e dovere primo dell’educatore è di cercar questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto».
La fiducia di don Bosco nei giovani è misurata e realista, fa i conti con il limite del peccato, ma è sempre spalancata sulla speranza e sull’ottimismo che vengono dalla fede. Non importa dunque, qual è il punto da cui parte la persona che egli ha di fronte. Al santo educatore interessa soltanto averlo come interlocutore ed amico per aiutarlo a crescere rendendolo protagonista attivo della sua vita. Non conta nemmeno quale sia lo spazio fisico dell’incontro, se la strada o il cortile, la classe scolastica o il campo di gioco, l’importante è che questo avvenga e che la scintilla della fiducia e della confidenza possano scoccare nell’unico vero “spazio”, quello del cuore ospitale ed accogliente capace di raggiungere il cuore dell’altro con una presenza discreta, simpatica, propositiva e mai invadente. (cfr Ruffinatto P., FMA, Don Bosco e i giovani più bisognosi)
Momento musicale: J. S. Bach: Arioso
S: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perché tu sei il Buon Pastore: tu prediligi le pecorelle povere, fragili e indifese: fa’ che molti giovani, uomini e donne, si dedichino alla prima e fondamentale urgenza educativa che s’indirizza ai giovani poveri, a quelli di estrazione popolare, a quelli più esposti ai pericoli, a quelli più soli e abbandonati.
T: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, perché attraverso l’opera educativa di pastori, genitori, animatori, tu guidi ancora il tuo popolo verso le sorgenti della salvezza: fa’ che essi siano sempre attenti alle mille necessità dei giovani di oggi, per ritrovare nella eredità di don Bosco, le premesse per rispondere anche oggi alle loro difficoltà e alle loro attese.
S: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per la nascosta e potente efficacia dello Spirito: fa’ che, attraverso la fatica educativa di tante persone, il Tuo Spirito di Verità, di luce e di consolazione entri incessantemente nel cuore dell’uomo e della storia e li trasformi a immagine della tua gloria.
T: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per tanti giovani che vivono con entusiasmo e generosità, speranza e creatività la propria esistenza: fa’ che apprezzino sempre di più la loro vita, la vivano, la difendano e ne facciano un dono, come don Bosco.
5. L’eucarestia
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24, 29-35)
«Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
CANTO: ADORO TE
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
sei in questa brezza che ristora il cuore,
roveto che mai si consumerà,
presenza che riempie l’anima.
ADORO TE, FONTE DELLA VITA,
ADORO TE, TRINITÀ INFINITÀ.
I MIEI CALZARI LEVERÒ
SU QUESTO SANTO SUOLO,
ALLA PRESENZA TUA MI PROSTRERÒ.
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
nella Tua grazia trovo la mia gioia.
Io lodo, ringrazio e prego perchè il
mondo ritorni a vivere in Te.
Se una persona fidata andasse in una piazza e svelasse a tutti che su una vicina collina ha scoperto una miniera d’oro….. non lo seguirebbero tutti? Ebbene, nel tabernacolo c’è questo tesoro! Gli uomini sudano per avere denari: ma nel tabernacolo c’è il Padrone di tutto il mondo…. Qualunque cosa gli chiediate – che vi sia necessaria – Egli ve la concederà….. Avete bisogno di memoria, di capire bene le lezioni, di riuscire bene nel vostro lavoro? Avete bisogno di forza per sopportare le tribolazioni, di aiuto per vincere le tentazioni? La vostra famiglia è minacciata da qualche disgrazia, è afflitta dalla malattia di qualcuno, ha bisogno di qualche grazia particolare? Da chi credete che ” dipenda” tutto questo?
Chi è che comanda al vento, alla pioggia, alla tempesta, alle onde? Non è forse Gesù Cristo il padrone assoluto di tutto? Andate dunque a Lui e chiedete. Vi sarà concesso. Bussate. Vi sarà aperto. Gesù, lui per primo, desidera darvi le grazie che vi sono necessarie: ed anzitutto quelle che riguardano l’anima. Una santa vide un giorno sull’altare Gesù bambino il quale reggeva, nel suo vestitino, un numero straordinario di perle preziosissime. Era triste. “Perché sei così triste, mio Signore”? – chiese la santa. “Perché nessuno viene a chiedermi le grazie che ho già qui preparate. Nessuno le vuole. Non so a chi darle….”. ” Non esiste nulla che il demonio tema di più di queste due cose: una comunione ben fatta e le visite frequenti al Santissimo Sacramento: Volete che il Signore ci doni tante grazie? Visitatelo spesso.Volete che il Signore ce ne dia poche? Visitatelo poche volte”. La gran cosa che io raccomando è questa. Ciascuno tenga la sua coscienza in tale stato da poter far la Comunione tutti i giorni. Vorrei ancora togliere un inganno che è nella mente dei giovani: dicono alcuni che per comunicarsi spesso bisogna esser santi. Non è vero. Questo è un inganno. La Comunione è per chi vuol farsi santo, non per i santi. I rimedi si danno ai malati, il cibo si dà ai deboli. Oh, quanto io sarei fortunato se potessi vedere acceso in voi quel fuoco che il Signore è venuto a portare sulla terra”! Se non potete comunicarvi sacramentalmente, fate almeno la Comunione Spirituale. Di che si tratta? Essa consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore”. “Gesù mio, ti credo presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Siccome ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te: non permettere che io abbia mai a separarmi da Te. Amen” “Diffondete la devozione a Gesù sacramentato e a Maria ausiliatrice e vedrete quali saranno i miracoli. Aiutate molto i ragazzi poveri, i malati, gli anziani e la gente che più ha bisogno, e otterrete enormi benedizioni e aiuti da Dio. Vi aspetto tutti in Paradiso”. (Don Bosco)
Momento musicale: A. Corelli: Elevazione
S: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per i bisognosi che poni sul nostro cammino: fa’ che ci impegniamo a realizzare ogni giorno l’insegnamento evangelico di reciproca accoglienza per essere un giorno accolti da Te.
T: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per San Giovanni Bosco, docile ai doni dello Spirito e aperto alle realtà del suo tempo: fa’ che possa essere nostra guida nel cammino di amicizia con Te, in modo che scopriamo in Te e nel Tuo Vangelo
il senso della nostra vita e la fonte della vera felicità.
S:Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per il Tuo progetto d’amore per noi: aiutaci a rispondere con generosità alla vocazione che abbiamo ricevuta da Dio,
per essere nella vita quotidiana costruttori di comunione, e collaborare con entusiasmo, in comunione con tutta la Chiesa, all’edificazione della civiltà dell’amore.
T: Ti adoriamo e ti ringraziamo, Signore, per i giovani che tramite don Bosco si avvicinano a te: fa’ che possano gustare una gioia vera nell’incontro con Gesù, Pane, Perdono e Vita.
6. REPOSIZIONE
Preghiere personali
Preghiera universale
CANTO: TANTUM ERGO
Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui
et antiquum documentum
novo cedat ritui.
Praestet fides supplementum
sensuum defectui.
Genitori genitoque
laus et jubilatio
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio. Amen.
BENEDIZIONE
CANTO: RALLEGRIAMOCI
PADRE DEI GIOVANI,
APOSTOLO DI GIOIA
SEI TESTIMONE DI CARITA’ ED AMORE
INSIEME AI PICCOLI
PER LE VIE DEL MONDO
SEGNO DI SPERANZA PER OGNI UOMO.
Guidaci nel mondo dove regna la tristezza,
per portare a tutti la gioia del Vangelo,
testimone santo di letizia e pace,
segno di speranza per l’umanità
Nel lavoro umile e operoso di ogni giorno
indichi a tutti un cammino di speranza
che rinnovi il mondo, opera di grazia,
affinché rinasca una nuova umanità.
Figli obbedienti di Maria Ausiliatrice,
luminoso esempio di santità e d’amore,
camminiamo insieme per le vie del mondo
pieni di fiducia e di carità.
Con questo primo articolo iniziamo ad analizzare una categoria di canti che abbiamo chiamato “gli intoccabili”. Questo aggettivo è mal digerito da molti, perché qualcosa di “intoccabile” sembra che limiti la propria “fantasia”… In questo caso, è invece garanzia di un serbatoio di ricchezza inesauribile. “Intoccabili” perché, in ossequio al principio per cui nella S. Messa la musica è “testo che si fa musica”, perchè parte integrante e non corollario o colonna sonora, questi brani sono scritti, esattamente così come sono, direttamente nel Messale. Quindi fanno parte della S. Messa in primis come testo, e non vanno modificati o alterati o integrati, perché sono essi stessi già completi così come sono. Nel trasformarsi in canto, il testo deve quindi rimanere così com’è. Cambiarlo, contrariamente a quanto si pensi, priva l’assemblea di un tesoro che è invece destinato direttamente ad essa.
GLORIA
Il Gloria è il canto degli angeli nella notte di Natale: la nascita di Cristo annunciata ai pastori e da loro a tutta la terra. Il testo attualmente usato nell’inno, è nella prima parte preso direttamente dal Vangelo di Luca, a cui poi sono state aggiunte nei secoli altre parti. Il testo completo è:
Gloria a Dio nell’alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Noi ti lodiamo,
ti benediciamo,
ti adoriamo,
ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re del cielo,
Dio Padre onnipotente.
Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo,
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre;
tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore,
tu solo l’Altissimo:
Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.
e nell’Ordinamento Generale del Messale Romano, si specifica chiaramente che il testo di questo inno non può essere sostituito con nessun altro. E’ già autoesplicante, ricco, vero. Non c’è alcun bisogno di parafrasi o altro. Però sicuramente è un inno lungo, e cantarlo di seguito richiederebbe una variazione melodica che non tutti possono facilmente memorizzare; una soluzione che può essere un buon compromesso è farlo in forma “responsoriale”, con un “ritornello” da ripetere tutti e poi tre o quattro strofe che cantano il cantore o il coro. Attenzione: devono rispettare fedelmente il testo. Quindi niente stelle mare tramonti e quant’altro. E l’Amen finale è parte integrante dell’inno (alcuni lo omettono).
In Avvento e in Quaresima non si canta, come segno di “assenza”, di qualcosa che manca, che sarà completato dal Natale e dalla Pasqua.
CREDO
Il Credo, o Professione di fede, è uno snodo centrale nella struttura della Celebrazione Eucaristica. Fa da congiunzione tra la Liturgia della Parola, appena conclusa, e il rito dell’Offertorio. E’ una risposta alla Parola di Dio appena ascoltata, che sfocia poi nell’offerta a Dio del Suo Figlio. E’ il sunto e il centro della nostra fede. Dodici articoli, dodici apostoli. Per questo è tutta l’assemblea che lo recita, o al massimo si ha l’alternanza sacerdote (o guida)/assemblea. Il canto ovviamente segue la stessa regola.
Tuttavia non è usuale sentirlo cantare, sia per la lunghezza, che richiederebbe per ogni versetto una melodia differente e quindi di difficile memorizzazione, sia per non appesantire troppo la lunghezza della Messa. Nelle Messe solenne sarebbe invece consigliabile cantarlo. Come? Una soluzione potrebbe essere la stessa a volte d’uso per il Gloria: si individua un “ritornello”, un versetto da ripetere dopo alcuni articoli del credo (di norma quelli “omogenei” di argomento). Richiede, tuttavia, una certa pratica.
SANTO
Il Santo è un inno che fa parte ed è la conclusione della “preghiera eucaristica”, che introduce il momento centrale della Celebrazione Eucaristica, cioè il momento in cui il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo, evento chiamato “transustanzazione”.
Il testo del Santo è scritto nel Messale, ed è il seguente:
“Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli.”
Poiché la musica liturgica è testo che si fa musica, è questo il testo che va cantato (che troviamo in Ap 4, 8, e in Sal 118, 26), non altre parafrasi o aggiunte. Fondamentale poi è il “Trisaghion”, cioè il tre volte Santo. Quindi i “santi” che hanno un numero di acclamazioni “santo” diverso, non sono il testo in canto, e quindi non vanno usati in questo contesto (per esempio il tanto in voga “santo zaire” (osanna eh), che nella lingua originale è corretto, ma nella traduzione viene falsato.
Poiché il Santo deve obbligatoriamente essere recitato dall’assemblea, allo stesso modo il canto deve essere cantato dall’assemblea, mai solo dal cantore o dal coro. Ci può essere un’alternanza coro (o cantore)/assemblea, soprattutto su “i cieli e la terra” e il “benedetto colui che viene”, ma l’Osanna va necessariamente cantato da tutti.
L’anno di Bosco porta con sé molte novità. Una arriva da monsignor Marco Frisina, apprezzato compositore di canti per le celebrazioni liturgiche e di numerose colonne sonore di film a tema storico e religioso, tra i quali quella di “Don Bosco” (2004) di Lodovico Gasparini, divenuta il “leitmotiv” preferito dei salesiani.
Undici anni dopo, proprio in occasione del concerto tenuto con il suo coro durante la Festa della Parrocchia il 17 gennaio 2015, Don Marco ha presentato e fatto cantare, dal coro e dall’assemblea, un inno al “Padre dei giovani” (questo il titolo), in occasione dell’anno bicentenario del santo piemontese. «Da tempo desideravo comporlo – racconta il direttore del Coro della diocesi di Roma – perché don Bosco è uno dei santi che fin dalla mia prima giovinezza è stato un punto di riferimento e poi, da sacerdote, un modello per il mio ministero». Spiega poi che i numerosi canti dedicati a don Bosco sono adatti a momenti oratoriani di festa e di incontro, ma in realtà pochi sono adeguati a momenti celebrativi e di preghiera. «Per questa ragione, ho desiderato scrivere un inno che potesse anche essere utilizzato nelle celebrazioni e negli incontri di catechesi e di preghiera. In ogni caso, il canto ha una finalità prettamente liturgico-pastorale». Le cinque strofe riassumono le caratteristiche peculiari di don Bosco e della Famiglia salesiana: i giovani, la fraternità, la missione, il lavoro e l’operosità, la Vergine Maria, valori straordinari per tutta la comunità ecclesiale e che in quest’anno bicentenario è importante rilanciare. «Spero che l’inno possa essere utile e contribuisca a diffondere l’amicizia verso un santo così moderno ed attuale, capace di parlare ancora oggi al cuore dei giovani, oltre ad essere un grande modello di sacerdozio e di passione pastorale» conclude monsignor Frisina.
Potete scaricare la partitura qui.
(articolo tratto da Avvenire)
Ed ecco l’imprevisto! Abbiamo cominciato, in quest’anno del Bicentenario, a rimettere in sesto molte parti del nostro tempio dedicato a D. Bosco, e come quasi forse ad “approfittarne” per fare un lavoro completo, ecco che la cupola grande, uno dei fiori all’occhiello della nostra Basilica, ha detto “eh no, guardate che ci sono anche io! è un pò troppo tempo che mi trascurate, ho bisogno di molte riparazioni” e ci ha costretti a intervenire.
Ci affidiamo della Provvidenza, perchè la spesa è veramente tanta, e della pazienza dei parrocchiani, che troveranno la Basilica con una tettoia provvisoria all’interno, che rovina un pò l’estetica, ma garantisce il prosieguo delle funzioni senza intaccare la sicurezza di nessuno.
Chiediamo ancora una volta il sostegno di tutti per affrontare anche questa spesa; chi volesse aiutarci, segua le istruzioni in questa pagina. E come diceva D. Bosco, “Dio benedica i nostri benefattori!”
Il Santo Padre ha concesso il dono dell’indulgenza plenaria a coloro che, alle condizioni riportate sotto, visiteranno la nostra Basilica. E’ un grande regalo e una grande grazia, che Dio ha concesso alla nostra Parrocchia. Grande è la Sua misericordia!
Petizione
Giancarlo Manieri, SDB, parroco e rettore della Basilica Minore, intitolata a S. Giovanni Bosco, in Roma, fiduciosamente ricorda che il 16 agosto 1815 è nato S. G. Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana e dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; inoltre che il giorno 20 novembre 1965 è stato attribuito il titolo e il privilegio di Basilica Minore al predetto tempio. Per celebrare questa duplice memoria secondo le usanze religiose, quest’anno saranno celebrate particolari funzioni e prese varie iniziative spirituali, con l’intento di promuovere una salutare devozione verso S. Giovanni Bosco nei fedeli che piamente visitano la Basilica giubilare, perché con il suo aiuto, conformino più intensamente i loro costumi al santo Vangelo. Perciò affinché ai fedeli che parteciperanno alle predette celebrazioni, sia più abbondantemente aperto il tesoro della grazia divina, il predetto parroco implora il dono delle indulgenze per il valorizzare il giubileo.
Il giorno 8 gennaio 2015
La Penitenzieria Apostolica, su mandato del Santo Padre Francesco, concede benignamente l’anno giubilare con annessa indulgenza plenaria, da lucrare alle solite condizioni (confessione sacramentale, o eucaristica e preghiera secondo l’intenzione del Sommo Pontefice), ai fedeli cristiani pentiti dei loro peccati e sospinti dall’amore nella Basilica di San Giovanni Bosco in Roma; i quali possono anche applicarla come suffragio alle anime dei defunti che si trovano in Purgatorio, se parteciperanno piamente a qualche funzione sacra, o almeno davanti a una reliquia o immagine sacra del Santo sosteranno per un congruo spazio di tempo in pie considerazioni, concludendole con l’orazione del Signore, il simbolo della fede (il credo) e alcune invocazioni alla Vergine Maria e a san Giovanni Bosco.
Anziani e ammalati
I fedeli della parrocchia giubilare, impediti dalla vecchiaia o da grave malattia, parimenti potranno acquistare l’indulgenza plenaria se, pentiti dei loro peccati, e con l’intenzione di adempiere, appena possibile, le tre consuete condizioni, meglio ancora se davanti a una anche piccola immagine di san Giovanni Bosco, si uniranno spiritualmente alle celebrazioni o alle visite giubilari nella propria casa o dove l’impedimento li trattiene, recitando le preghiere sopra indicate, offrendo le proprie sofferenze, o i disagi della propria vita.
Ai sacerdoti
E affinché l’accesso a questo, per conseguire il perdono divino mediante la Chiesa, risulti più facile attraverso la carità pastorale, questa Penitenzieria chiede insistentemente che i sacerdoti salesiani, provvisti delle facoltà necessarie per le confessioni, si offrano con animo pronto e generoso per la celebrazione del sacramento della Penitenza e amministrino spesso la santa comunione agli ammalati.
La presente disposizione sarà valida per tutto l’anno giubilare di san Giovanni Bosco. Nulla essendoci in contrario.
S.E.R. card. PIACENZA Penitenziere Maggiore Cristoforo NIMEL Reggente
Cos’è l’indulgenza?
E’ “la remissione della pena per un peccato già perdonato”. Ma quale è questa pena? Non è il pedaggio che Dio chiede per donarci il perdono. Egli, amore infinito, agisce sempre gratuitamente. Gesù ha già visto il mio peccato, se l’è addossato e l’ha già cancellato. Se pena si vuole chiamare, essa è inflitta dal peccato stesso, è conseguenza che intacca il peccatore, non Dio. Esempi: ho conservato per anni l’odio verso una persona; me ne pento, me ne confesso, mi sono convertito. La conversione “è quel cambiamento intimo e radicale per effetto del quale l’uomo comincia a pensare, a giudicare e a riordinare la sua vita” (Paolo VI).
Alla luce del Vangelo ho visto che odiando sbaglio e voglio cambiare. Col pentimento “apro la finestra”, perché il sole della misericordia di Dio entri in me. Però la fatica è sempre molta; quel grave torto subito mi torna continuamente in testa e mi rende duro il perdonare; ecco la pena. Pensiamo ad una persona che per tanto tempo abbia vissuto una relazione affettivo-sessuale sbagliata; se ne pente, si, ma è così facile liberarsi da tutto il passato, a tal punto che l’altra persona non disturbi più interiormente? Questa è la pena di cui si parla e qui interviene l’aiuto della Chiesa con l’Indulgenza. Come l’assemblea liturgica pregava sempre per i penitenti, così ora la Chiesa interviene, appunto, con il “Tesoro della Chiesa”, con la ricchezza cioè dei merito di Cristo, di Maria e dei santi (del cielo e della terra). Nell’Indulgenza viene messa in luce stupendamente la comunione dei santi. L’Indulgenza è un fatto ecclesiale! Ho visto in una miniatura antica una donna che presenta a Dio un figlio, nudo ma coperto col suo mantello: bel simbolo della Chiesa che accompagna il fedele nell’incontro con Dio. Il medesimo discorso vale per il Purgatorio. Se il fedele si presenta a Dio non pienamente purificato, Dio non lo punisce buttandolo nelle fiamme di un “piccolo inferno”, ma col dono di una piena e definitiva purificazione.
Cade ogni grossolanità: 40 giorni di indulgenza non corrispondono a 40 giorni in meno di Purgatorio, ma alla purificazione annessa a 40 giorni di penitenza nella chiesa antica. Quanta purificazione ottengono? Lo sa Dio solo. Non preghiamo Dio perché allevi le pene del Purgatorio o le accorci; si può aggiungere qualcosa alla bontà infinita del Padre? E perché Dio non purifica all’istante? Perché non ci tratta come un panno da lavare, ma come persone libere che, pur perdonate, vogliono compiere un cammino di purificazione. Quando l’indulgenza è “parziale” e quando “plenaria”? Quando cioè attua una purificazione parziale o totale? Torniamo a ripetere senza dubbi: lo sa Dio solo. Tutto infatti si compie non in modo magico, ma come preghiera, come suffragio. Tant’è vero che il Papa non parla più di indulgenze, ma di Indulgenza, al singolare. Certo, se l’azione è compiuta solo meccanicamente, se la preghiera è solo meccanica, non si ottiene proprio niente! Anche i peccati “veniali” (distinzione giusta ma rozza!) lasciano uno strascico in chi li commette. Quante volte un rancore dura per anni e anni, pur confessandoci e comunicandoci! E finché non ce ne distacchiamo davvero, non è possibile nessuna indulgenza plenaria, né per sé stessi, né per i defunti. (da una riflessione di di p.Florindo Refatto)
Come si ottiene?
- Ricevere l’assoluzione per i propri peccati nella Confessione sacramentale, celebrata nel periodo che include gli otto giorni precedenti e successivi alla visita del luogo in cui è concessa questa grazia, per tornare in grazia di Dio;
- Partecipazione alla Messa e alla Comunione eucaristica nello stesso arco di tempo indicato per la Confessione;
- recita del CREDO, per riaffermare la propria identità cristiana;
- recita del PADRE NOSTRO, per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo;
- Una preghiera secondo le intenzioni del Papa, per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
Quando e dove si può ottenere?
Nella nostra Basilica, ci sono molte possibilità durante ogni anno (elenco aggiornato continuamente):
- 31 gennaio (giorno della celebrazione liturgica del titolare, S. Giovanni Bosco);
- seconda domenica dopo Pasqua (festa della Divina Misericordia);
- 2 maggio (giorno anniversario della dedicazione della Basilica);
- 29 giugno (solennità dei Santi Pietro e Paolo, apostoli);
- dalle 12 del 1 agosto alle 24 del 2 agosto (festa del perdono di Assisi)
- 20 novembre (giorno anniversario della concessione del titolo di Basilica);
- una volta all’anno nel giorno stabilito dall’Ordinario del luogo;
- una volta all’anno nel giorno liberamente scelto da ciascun fedele.
oltre a tante altre occasioni particolari che ci sono nella città di Roma e nelle diocesi particolari.
Siamo ormai a metà del bicentenario, e siamo a Gennaio, il mese tutto dedicato a D. Bosco: ecco allora tutti gli eventi in preparazione alla festa liturgica a lui dedicata, il 31 gennaio.
Le celebrazioni solenni saranno:
- domenica 11 gennaio, ore 11: presiede S. E. Mons. Giuseppe Marciante, vescovo di settore
- sabato 31 gennaio, ore 18: presiede S. E. Card. Agostino Vallini, Vicario di Sua Santità
- domenica 8 febbraio, ore 11, in occasione del 50° della diaconia del tempio: presiede S. E. Card. Robert Sarah, Cardinale titolare della Basilica.
ADORAZIONE EUCARISTICA SERALE - GIOVEDI 8 GENNAIO
“Non temere!”
CANTO: A BETLEMME
A Betlemme di Giudea, una grande luce si levò:
nella notte sui pastori, scese l’annuncio e si cantò.
GLORIA IN EXCELSIS DEO! (2v)
Cristo nasce sulla paglia, Figlio del Padre, Dio con noi.
Verbo eterno, Re di pace, pone la tenda in mezzo ai suoi.
1. INTRODUZIONE
2. ESPOSIZIONE
CANTO: DAVANTI AL RE
Davanti al Re,
ci inchiniamo insieme
per adorarlo
con tutto il cuor.
Verso di Lui
eleviamo insieme
canti di gloria
al nostro Re dei Re
3. L’ANNUNCIO AGLI UMILI
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,1-14)
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
CANTO: ASTRO DEL CIEL
Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!
Tu che i Vati da lungi sognar, tu che angeliche voci nunziar,
LUCE DONA ALLE MENTI, PACE INFONDI NEI CUOR! (2v)
Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!
Tu di stirpe regale decor, Tu virgineo, mistico fior,
Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!
Tu disceso a scontare l’error, Tu sol nato a parlare d’amor,
In questo passo del Vangelo, Luca racconta dell’annuncio della nascita di Gesù ai pastori, mostrandoci la loro esperienza di fede. Questi erano uomini poveri, umili, considerati gli ultimi della società ma sono i primi a ricevere la lieta notizia: la venuta del Salvatore che giace, avvolto in fasce, in una mangiatoia. Emerge un forte Contrasto tra la povertà della nascita e la risonanza gloriosa che ha questo evento per il mondo. L’angelo del Signore si presenta loro mentre vegliavano il gregge nella notte, un gesto quotidiano che ci indica che il Signore ci fa visita nell’ordinarietà della nostra vita. Essi vengono abbagliati da una luce che li avvolge, entra nella loro vita, non è per loro soli ma per tutto il popolo. Infatti da quella notte l’amore di Cristo cambierà la loro vita, poichè luce che illumina le loro tenebre e per questo diverranno testimoni e annunciatori della vera gioia alla pari degli angeli. Comprendiamo pienamente come le misure divine siano molto differenti da quelle umane, come Dio si serve di piccole voci per dare testimonianza della sua gloria. Il loro atto di fede è proprio quello di sentirsi chiamati, scelti nonostante ilgrande timore dinanzi alla potenza di Dio, e di lasciare quel poco che possedevano per mettersi in cammino con gioia verso il Salvatore alla ricerca della grotta.
Momento musicale: J. S. Bach: Preludio al corale “Svegliatevi, una voce ci chiama”
Solista: Nasci ancora, Gesù bambino, nei cuori di chi bisogna luce,conforto, di chi necessita una mano d’aiuto. Nasci Gesù nel cuore di chi non ha figli a cui donarsi, di chi orfano cerca padre. Nasci nei cuori dei figli solitari, che non hanno nessuno con cui condividere.
Tutti: Nasci nei cuori tristi, angosciati e stanchi, in chi oppresso e affaticato soccombe.Nasci, Gesù, nei cuori lacerati dal dolore, contusi dal timore, sfiduciati e senza speranza. Nasci nei cuori amareggiati per la delusione, accasciati dal fallimento. Nasci in chi soffre nel corpo martoriato.
S: Nasci negli ospedali Gesù, nei luoghi d’abbandono, negli ospizi, tra quanti sono soli, nei luoghi d’infamia, dove si vende veleno, si colleziona morte, nasci nelle carceri e nelle chiese vuote. Nasci tra chi muore di fame. Nasci ancora, Signore, nel cuore di chi sanguina, di chi è in agonia, facendo compagnia.
T: Nasci, Gesù, per condividere e sostenere, nasci nel cuore di chi non rinuncia e continua a vivere, soprattutto visita Gesù quanti s’abbattono, e poi s’arrendono, nasci nei cuori di quanti non ce la fanno più e s’uccidono.
S: Nasci in mezzo a guerre e morti, tra indifferenza e cattiverie, tu che non demordi e sempre speri che cambiamo rotta, e finalmente t’ascoltiamo e amiamo.
T: Nasci ancora una volta, Gesù, nel ricordo di quanti hai chiamato, ravviva la memoria di quanti, deboli e peccatori, non t’hanno dimenticato, e caparbi continuano a seguirti.
S: Nasci ancora in chi ti pensa, facendo nuova qualche cosa, insegnando a non mollare, facendo il tifo e incoraggiando.
T: Nasci in me ancora e sempre, Gesù bambino da adottare che non dimentico e t’abbandono, che poi ritorno e m’allontano, in me pastore errante che volgo la sera lo sguardo al cielo, per scorgere la stella, l’astro che m’invita alla sequela, mi conduca alla tua grotta dando luce alla mia notte.
T: Marana tha, vieni Signore Gesù!
4. LA FEDE DEI SAPIENTI
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: ‘‘E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele’’. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme
esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
CANTO: ADORO TE
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
sei in questa brezza che ristora il cuore,
roveto che mai si consumerà,
presenza che riempie l’anima.
ADORO TE, FONTE DELLA VITA,
ADORO TE, TRINITÀ INFINITÀ,
I MIEI CALZARI LEVERÒ
SU QUESTO SANTO SUOLO,
ALLA PRESENZA TUA MI PROSTRERÒ.
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
nella Tua grazia trovo la mia gioia.
Io lodo, ringrazio e prego perchè
il mondo ritorni a vivere in Te.
I Re Magi, l’anima eterna dell’uomo che cerca: tre uomini in cammino verso Dio, ai loro occhi Luce e Mistero. Ed è proprio una luce che sembra dir loro “non temete, seguitemi e vedrete il Salvatore del mondo”. I Magi rappresentano tutta l’umanità che si prostra dinanzi al loro Salvatore, portando doni che rappresentano la vera adorazione. La mirra per preservare dalla corruzione, l’incenso per riconoscere Gesù come restauratore del mondo e l’oro per donare l’esistenza dell’umanità nelle sue mani. In questo modo, i Re Magi trasmettono il messaggio “non temere”: il popolo di Dio ha finalmente trovato colui che li porterà nel regno dei cieli e l’umanità non deve avere paura, non deve più spaventarsi al pensiero del male nel mondo, non deve più preoccuparsi di vagare senza una guida, perchè il Salvatore è qui. “E prostratisi lo adorarono”. È questo il culmine di tutto l’itinerario dei Magi: l’incontro si fa adorazione, sboccia in un atto di fede e d’amore che riconosce in Gesù, nato da Maria, il Figlio di Dio, fatto uomo. Ora come Ostia sacra, Egli è davanti a noi e in mezzo a noi; si vela misteriosamente in un santo silenzio e svela il vero volto di Dio. Così ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione”.
Momento musicale. D. Zipoli: All’Elevazione
S: Vorrei vedere anch’io, Signore, la tua stella. Vorrei avere anch’io, la forza di partire, di abbandonare tutto per mettermi in cammino, con bagaglio leggero e cuore desto, disposto a camminare e a domandare pur di arrivare alla meta desiderata.
T: Vorrei trovare anch’io, Signore, le persone a cui porre i miei interrogativi,
quelli che mi porto dentro da troppo tempo,
come un fuoco che cova sotto la cenere di tanti sogni infranti, di tanti progetti bruciati.
S: Vorrei ricevere anch’io, Signore, la risposta che mi mette nella direzione giusta, che mi strappa alla confusione, all’imbarazzo, e mi fa percorrere l’ultimo tratto di strada.
T: Vorrei giungere anch’io, Signore, alla capanna e riconoscere nel segno che ci offri, in quel bambino che giace nella mangiatoia, la tua Parola fatta carne, il tuo Amore che ci spalanca le braccia, la tua Grazia che ci trasforma in figli accompagnati con discrezione, in figli liberati da ogni tristezza.
T: Marana tha, vieni Signore Gesù!
5. LA SACRA FAMIGLIA
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 22-38)
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
CANTO: NON TEMERE
Non temere, Maria,
perché hai trovato grazia
presso il tuo Signore,
che si dona a te.
APRI IL CUORE, NON TEMERE
EGLI SARA’ CON TE!
Non temere, Abramo,
la tua debolezza:
padre di un nuovo popolo
nella fede sarai.
Non temere, Mosè,
se tu non sai parlare,
perché la voce del Signore
parlerà per te.
Non temere, Giuseppe,
di prendere Maria,
perché in lei Dio compirà
il mistero d’Amore.
Pietro, no, non temere,
se il Signore ha scelto
la tua fede povera,
per convincere il mondo.
La sacra famiglia: Gesù Giuseppe, Maria – ma è una famiglia che INCLUDE IL MONDO perché è una famiglia per il mondo: entrano a farne parte immediata i pastori, i magi, Simeone, Anna. La gente umile ma anche la gente di grande cultura ma consapevole dell’urgenza della salvezza che non viene da sapere umano; la gente che si fida di Dio e sa riconoscerlo e lodarlo come Simeone e Anna
Tutto straordinario, imprevedibile – NON TEMERE – eppure tutto nella ordinarietà più totale.
Gente che nonostante la paura e l’ostilità della realtà intorno, trova saggio obbedire, fidarsi di Dio, sognare. Si vive un momento intimo, naturale di gioia. Nascita del primo figlio. La speciale concezione di Gesù non cambia l’analogia con la nostra famiglia. Sono sempre due sposi che si vogliono bene e vivono con gioia il grande l’evento. Certo sono i primi a stupirsi di ciò che avviene attorno. Vivono anch’essi di fede e sono condotti momento per momento a scoprire il volere di Dio. I Pastori si rallegrano, i magi sono certi della novità che il bambino rappresenta.
Momento musicale: M. E. Bossi: Entrèe pontificale
S: Svegliamo l’aurora. Proclamiamo sempre più con le opere e sempre meno con le chiacchiere che Gesù Cristo è vivo e cammina con noi.
T: Mettendoci in cammino per il nuovo anno, ci assale sempre il timore delle nostre debolezze. Temiamo di tornare a sbagliare.
S: Sappiamo, anche se non lo confessiamo apertamente, quanto è gracile la nostra natura umana, veloce nel fare buoni propositi, ma altrettanto veloce nel fare il male.
T: Affidiamoci a Maria, la Mamma celeste. E’ proprio della mamma vegliare sui nostri passi, pronta a darci consigli buoni, come solo le mamme sanno dare perché amano di vero amore: e pronte a prenderci in braccio, come il Padre, quando usciamo dalla via santa.
S: E allora guardiamo a Lei che ci vuole quel bene di cui abbiamo bisogno. Mettiamo le nostre mani nelle sue, sapendo che lei non abbandona mai le nostre.
E’ bello allora pensare e pregare con la gioia di saperci sotto lo sguardo della Mamma Celeste, Maria.
T: O Madre, che conosci le sofferenze e le speranze della Chiesa e del mondo,
assisti i tuoi figli nelle quotidiane prove che la vita
riserva a ciascuno e fa’ che, grazie all’impegno di tutti, le tenebre non prevalgano sulla luce.
S: Ti affidiamo tutti gli uomini, a cominciare dai più deboli: i bimbi non ancora venuti alla luce e quelli nati in condizioni di povertà e di sofferenza, i giovani alla ricerca di senso, le persone prive di lavoro e quelle provate dalla fame e dalla malattia.
T: Ti affidiamo le famiglie dissestate, gli anziani privi di assistenza e quanti sono soli e senza speranza. A Te, aurora della salvezza, consegniamo il nostro cammino nel nuovo anno, perché sotto la tua guida tutti gli uomini scoprano Cristo, luce del mondo ed unico Salvatore, che regna col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
T: Marana tha, vieni Signore Gesù!
6. REPOSIZIONE
Preghiere personali
Preghiera universale
CANTO: TANTUM ERGO
Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui
et antiquum documentum
novo cedat ritui.
Praestet fides supplementum
sensuum defectui.
Genitori genitoque
laus et jubilatio
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio. Amen.
BENEDIZIONE
CANTO: RALLEGRIAMOCI
Rallegriamoci, non c’è spazio alla tristezza in questo
giorno, rallegriamoci, è la vita che distrugge ogni paura.
Rallegriamoci, che si compie in questo giorno la promessa, rallegriamoci, ogni uomo lo vedrà: la salvezza di Dio
GLORIA A TE EMMANUELE,
GLORIA A TE FIGLIO DI DIO.
GLORIA A TE, CRISTO SIGNORE CHE NASCI PER NOI
E TORNA LA GIOIA (2V)
Rallegriamoci, Egli viene a liberarci da ogni male.
Rallegriamoci,è il momento di gustare il sui perdono,
rallegriamoci, con coraggio riceviamo la sua vita,
rallegriamoci, perché è giunta in mezzo a noi la
presenza di Dio.
Rallegriamoci, tutti i popoli del mondo lo vedranno
rallegriamoci, nel Signore è la nostra dignità.
Rallegriamoci nella luce del suo regno in cui viviamo,
Rallegriamoci, siamo tempio vivo suo, siamo chiesa di Dio.
ADORAZIONE EUCARISTICA SERALE - GIOVEDI 11 DICEMBRE
“Vieni Gesù, non tardare.”
CANTO INGRESSO: MARANATHÀ
MARANATHÀ, MARANATHÀ
VIENI,VIENI SIGNORE GESÙ.
Il mondo attende la luce del tuo volto,
le sue strade son solo oscurità;
rischiara i cuori di chi ti cerca,
di chi è in cammino incontro a te.
Vieni per l’uomo che cerca la sua strada,
per chi soffre, per chi non ama più,
per chi non spera, per chi è perduto
e trova il buio attorno a sé.
Tu ti sei fatto compagno nel cammino,
ci conduci nel buio insieme a te,
tu pellegrino sei per amore,
mentre cammini accanto a noi.
1. INTRODUZIONE
Oggi iniziamo l’Adorazione Eucaristica serale nella nostra parrocchia, offrendo ai giovani e ai fedeli tutti, una opportunità di incontrare Gesù, il Signore della vita, nel segno del Pane Eucaristico solennemente esposto. Lo facciamo di sera, perchè la sera siamo più liberi dalle attività frenetiche della giornata. Lo facciamo a chiesa aperta, perché vogliamo offrire questa opportunità a tutti, come gruppo e coro dei giovani della parrocchia. Lo facciamo a chiesa illuminata all’esterno, perché vogliamo che chiunque si trovi a passare davanti si domandi “che succede? CHI c’è?”
Se nel linguaggio quotidiano “ adorare” sta a significare “azione con cui si rende il massimo rispetto e la massima sottomissione a qualcuno o qualcosa, nel linguaggio religioso “adorare”, “adorazione” stanno a significare un atteggiamento e una espressione fondamentale della religione diretti a ispirare e dare spessore a tutti i gesti della religiosità che sono il ringraziamento, la lode, il pentimento, la preghiera di domanda, la comunicazione profonda con l’Assoluto, con Dio Amore. S. Francesco di Sales parlava infatti di adorazione come “ inchinarsi, incensare, inginocchiarsi,”
Nel Vangelo vediamo però Gesù impegnato a offrire una suprema lettura della preghiera spoglia di esteriorità e tutta sviluppata in una altissima spiritualità libera, purificata da segni esterni e luoghi particolari. Gesù con chiarezza indica il “cuore” come contesto privilegiato di culto e di rapporto vero con Dio. “Verrà il tempo ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno in spirito e verità”. Come umanità anche corporea siamo facilitati comunque anche da “segni” sacramentali che ci consentano di maturare questa vita alta dello spirito: noi creature troviamo quindi naturale onorare, esprimere la profonda riverenza a Dio, lodarlo e benedirlo sempre e in ogni luogo e in modo speciale sotto le specie eucaristiche, come Lui stesso ci indica : “Fate questo in memoria di Me”. E questo anche oggi quando in nessun luogo e in nessun tempo si rischia di dare lode a Dio. L’uomo basta a stesso. Anche se fa costante esperienza amara di finitudine e radicale impotenza. La spiritualità dell’essere creature, dell’essere Figli amati, per i cristiani si nutre della coscienza della presenza di Gesù nell’Eucarestia.
Don Bosco seppe parlare con tanta profondità della preghiera, della intimità e contemplazione di Gesù nell’Eucarestia, che i giovani hanno appreso certo ” la preghiera continua” ma anche la gioia di andare spesso a incontrarLo nel tabernacolo in “visite” più o meno rapide o tempi anche prolungati; fino al punto che D. Savio, ogni tanto, vicino all’altare sperimentò anche stati di estasi vera e propria. E non fu il solo a inoltrarsi in questa straordinaria esperienza mistica di Dio. In mezzo a tanti motivi di sconforto o preoccupazione stiamo assistendo anche al diffondersi di questa rinascita della adorazione e contemplazione di Gesù nell’Eucarestia. Saremo lieti di viverla assieme. Giov. Paolo II in una lettera al vescovo di Liegi nel 750° anniversario della Festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo (1996) invitò a riprendere con impegno questa modalità della “visita” e contemplazione del Cristo nel Santissimo Sacramento dell’altare – rimanendo alla sua presenza – e sperimentando in profondità progressiva che il mistero pasquale è al centro della vita cristiana. Dopo Resurrezione Gesù non si è allontanato da noi, rimane in mezzo ai fratelli li accompagna e guida. La sua presenza ci pone in contatto con la sua Passione ma anche con la consolazione e il conforto che si radicano nella sua Risurrezione. Si percepisce l’efficacia dell’incontro come graduale trasformazione della nostra vita unendola in profondità con il Padre. Gesù passava intere notti a pregare. Nella imitazione del Cristo ci apriamo a essere “toccati” dall’amore infinito di Dio, a ricevere il dono di Dio. Così il mistero eucaristico diventa centro e culmine della attività spirituale e caritativa della Chiesa, prosegue Papa Giovanni Paolo. L’amore di Dio non ci strappa e allontana dal quotidiano e dai fratelli ma allarga il cuore alle dimensioni del mondo. Il Cristiano contribuisce davvero alla trasformazione del mondo. Vegliamo dinanzi a Lui, preghiamo in loro nome. “Tutta la vita interiore ha bisogno di silenzio e di intimità con Cristo per crescere” . Questa intimità sarà lo scenario e la condizione per lasciarsi trasformare da Cristo e per ascoltare la sua chiamata, per comprendere e inoltrarci nella adesione alla sua volontà. Vieni Signore Gesù, non tardare.
IL SOGNO DELLE DUE COLONNE
Don Bosco aveva una coscienza ecclesiale forte e profonda che si esprimeva in alcuni comportamenti di fede, robusti e pratici: La devozione verso Gesù Cristo Salvatore e Redentore, presente e operante nella Chiesa mediante l’Eucarestia; la devozione verso Maria, madre e modello della Chiesa, Ausiliatrice sempre premurosa verso i suoi figli; la devozione verso il Papa, posto a capo della Chiesa come servo e testimone della fede. Si tratta di tre aspetti inseparabili tra loro, che si unificano nella persona di Cristo, vivo e presente nella storia. Non aderire alla Chiesa cattolica equivale a non aderire a Cristo. Per D. Bosco l’impegno per la Chiesa significa difendere e custodire in modo particolare i suoi giovani da ogni attacco contro di essa. Significa educare a camminare nella fede autentica, una fede “Operativa”, che si deve toccare con mano.
Per questo, in quest’anno del bicentenario, partiamo proprio da qui: legando la nostra personale nave “con una catenella che pendeva dalla prora ad un’ancora della colonna su cui stava l’Ostia; e con un’altra catenella che pendeva a poppa la lega dalla parte opposta ad un’altra ancora appesa alla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.” Perché succeda anche a noi “un gran rivolgimento. Tutte le navi che fino a quel punto avevano combattuto quella su cui sedeva il Papa, fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre. Alcune navicelle che hanno combattuto valorosamente col Papa vengono per le prime a legarsi a quelle colonne. Molte altre navi che, ritiratesi per timore della battaglia si trovano in gran lontananza, stanno prudentemente osservando, finché dileguati nei gorghi del mare i rottami di tutte le navi disfatte, a gran lena vogano alla volta di quelle due colonne, ove arrivate si attaccano ai ganci pendenti dalle medesime, ed ivi rimangono tranquille e sicure, insieme colla nave principale su cui sta il Papa.” E nel nostro mare regni “una gran calma”.
2. ESPOSIZIONE
CANTO: DAVANTI AL RE
Davanti al Re, ci inchiniamo insiem
per adorarlo con tutto il cuor.
Verso di Lui eleviamo insiem
canti di gloria al nostro Re dei Re.
3. IL POPOLO NEL DESERTO
Dal libro del profeta Isaia
Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
CANTO: IO SARO’ CON TE
Guardami, Signore, sono povero e solo,
come potrò annunciare la tua volontà.
Tu, Signore, hai detto: farò di te il mio servo.
Come saprò gridare la tua verità?
IO SARÒ CON TE,COME LUCE CHE TI GUIDA,
IO SARÒ LA TUA VOCE, LA TUA FORZA,
IO SARÒ LA TUA DIFESA, LA TUA SALVEZZA.
Chiuso è il mio labbro, la mia lingua è impacciata,
apri la mia bocca ed io canterò.
Trema il mio cuore, la mia forza m’abbandona,
stendi la tua mano ed io non temerò.
Sento il tuo coraggio, la tua forza mi sostiene,
insegnerò al tuo popolo la vera libertà.
Sento la tua mano che mi guida nel cammino,
sarò profeta e guida per chi ti cercherà.
Che meraviglia e che stupore sapere di essere in queste mani!
Il profeta Isaia, nella sua riflessione, parla con Dio e più volte gli racconta come vanno le cose. Usa diverse espressioni “Il nostro cammino è un vagare lontano dalle tue vie”, “Abbiamo peccato contro di te”, “Le nostre azioni sono come panno immondo”, “Siamo avvizziti come foglie secche”, “ Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento” e, ricordando il passato, invoca il Signore e gli dice: “Torna da noi”. È curioso l’argomento che il profeta usa per convincere il Signore. Non dice “abbiamo capito il nostro errore e non lo rifaremo più” e non fa leva sulla propria determinazione a cambiare, ma sui sentimenti di Dio dicendo “Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. La salvezza è proprio questa: la fedeltà di Dio! Dunque proprio questo brano ci aiuta a capire l’invito di Gesù del vangelo a vegliare, a non spegnere in noi l’attesa
Vegliare, non spegnere l’attesa…tutte parole che nel periodo d’Avvento risuonano nella nostra mente! Come vegliare? Cosa fare? “Vegliare” vuol dire stare attenti a cogliere i segni che il Signore ci manda continuamente, è vivere ogni giorno con un occhio aperto sulle cose che vengono da Dio e che non vorrei perdere, è non essere cosi chiusi nel proprio presente da non accorgersi che la storia che mi circonda mi parla di Dio e mi spinge e pensare e sognare più in grande.”Vegliare” vuol dire accorgersi che Dio opera nella storia anche se nell’immediato tutto sembra come sempre e ogni giorno sembra uguale all’altro, vuol dire essere svegli nella fede per riconoscere la volontà di Dio nella nostra esistenza. Il cristiano non è uno che sa tutto e prevede tutto ma è uno che è sempre aperto al nuovo e in costante ascolto della vita, certo che Dio gli vuole comunicare qualcosa che lo salva.
S. Paolo ci aiuta a capire che l’ottimismo per un cristiano deve essere concreto, cioè radicato e vissuto nella quotidianità, nella semplicità e nella verità delle nostre azioni.
In definitiva, il cristiano non può vivere in ‘pantofole’, ma cammina costantemente, non si addormenta, non vive di compromessi o di mediocrità, non diventa preda delle manie degli uomini, non si lascia appesantire dalle preoccupazioni, al contrario, mantiene l’agilità del corpo e la lucidità della mente.
Al giorno d’oggi c’è una terribile crisi sociale che non è quella politica o economica: è la crisi legata alla logica individualistica della vita. Non pensiamo alla collettività ma solo alla nostra vita: come fare per vivere bene, per guadagnare di più, per essere felici ecc. È necessario, quindi, rompere il cerchio mortale della “cultura dell’io” ed è urgente ricostruire la “cultura del noi”.
Come cristiani dovremo essere una comunità alla ricerca del senso della vita. Ma cos’è? Lo ricerchiamo continuamente eppure basta così poco per aggiungere prima della parola “IO”, una semplice “D”. La storia ci insegna che i popoli cercano la pace nonostante siano in lotta, cercano Dio anche se si oppongono al suo Amore.
Il vegliare è il saper attendere, il non dormire perché Dio è “sorpresa”, non calcolabile, non pianificabile, non rientrabile nei nostri schemi. Ecco allora il primo atteggiamento: lasciarsi sorprendere e meravigliare, essere pronti ad esclamare “Non me l’aspettavo”, “Non l’avrei mai detto”, “Pensa un pò”. Il secondo atteggiamento è ovvio e conseguente: “Veglio, sono consapevole, rimango attento perché se non sono sveglio non vedrò la sua venuta. Lui verrà, busserà alla mia porta ma io non lo sentirò perché starò dormendo”. Lui viene quando non te lo aspetti quindi…occhi sempre aperti, veglia e non dormire perché Lui non verrà come tu vuoi ma come Lui vorrà!!
Momento musicale: G. CAGLIERO – Pastorale
4. IL PROFETA CHE INDICA LA VIA
Dal Vangelo Secondo Marco (Mc 1,1-8)
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri»,vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme.
E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Parola del Signore
CANTO: ADORO TE
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
sei in questa brezza che ristora il cuore.
Roveto che mai si consumerà,
presenza che riempie l’anima.
ADORO TE, FONTE DELLA VITA,
ADORO TE, TRINITÀ INFINITÀ,
I MIEI CALZARI LEVERÒ
SU QUESTO SANTO SUOLO,
ALLA PRESENZA TUA MI PROSTRERÒ.
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
nella tua grazia trovo la mia gioia.
lo lodo, ringrazio e prego perché
il mondo ritorni a viver in Te.
Chi era giovanni?
Giovanni era il figlio di Elisabetta e Zaccaria. Ha sentito l’invito di Dio a diventare suo profeta: ha lasciato la sua casa e se n’è andato a vivere presso le rive del fiume Giordano. Giovanni ha scelto una vita dura e povera e una missione: invitare alla conversione tutto il popolo d’Israele.
Ha cercato di far capire che chi sceglie di farsi battezzare non compie un semplice rito di penitenza o di purificazione, ma un gesto che vuole significare l’adesione ad un cambiamento totale della propria vita, nei confronti di Dio e degli altri.
Lo ha fatto con decisione, con grinta, ma al tempo stesso lo fa con una passione sincera, che tocca i cuori delle persone, tanto che viene creduto essere il Messìa. Quest’idea cominciò a circolare, finchè non giunse anche alle orecchie dei sacerdoti del tempio di Gerusalemme, i quali mandano una delegazione a far chiarezza.
Essi dunque gli dissero: «Chi sei? affinché diamo una risposta a quelli che ci hanno mandati. Che dici di te stesso?» Egli disse: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto: “Raddrizzate la via del Signore”, come ha detto il profeta Isaia». (Giovanni 1,22-23)
Ecco cosa risponde, ecco cosa dice di sé: sono voce.
Non sono dunque il protagonista della storia, sono solo la voce narrante Una voce che cerca di essere forte, ma che può restare inascoltata. Sono solo una voce e se, intorno a me, c’è il deserto della disattenzione, può anche non servire a nulla che io pronunci parole di speranza, parole di salvezza, parole di vita.
Non importa se non vengo ascoltato: proclamo ugualmente il mio annuncio, perché questa è la missione che Dio mi ha affidato. Sono la voce che grida al mondo per ricordare che ormai è vicina la venuta del vero Messia, sono la voce che prepara all’incontro con Lui, sono la voce che ve lo indicherà, perché possiate trovarlo.
Da Giovanni cosa impariamo?
Da lui impariamo ad essere veri testimoni: pronti a farci voce per l’annuncio di Dio. Testimoni che non hanno timore di proclamare la parola del Signore.
Da lui impariamo a vivere ogni giorno della vita come attesa e preparazione. Tutta la missione di Giovanni Battista è rivolta essenzialmente a questo: prepararsi e aiutare gli altri a prepararsi per non sciupare l’occasione dell’incontro con Dio, per non perderla, distratti da altre cose meno importanti.
Signore Gesù, condotti dalla parola forte e vigorosa di Giovanni Battista, tuo precursore, desideriamo ricevere il tuo battesimo di Spirito. Tu sai quante paure, pigrizie spirituali e ipocrisie albergano nel nostro cuore. Ti diciamo dal profondo del nostro cuore: Vieni a noi nell’umiltà della tua incarnazione, e donaci di essere immersi in quelle acque del Giordano. In questo avvento portaci nel deserto della spogliazione, della conversione, della solitudine e della penitenza.
Momento musicale: Cesar Franck – Preludio in si min
5. IL SI ALLA VIA PROPOSTA
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei. (Lc 1, 26-38)
CANTO: MEMORARE
Ricordati, Vergine Maria!
Mi rivolgo a te, Madre della Vita Ascoltaci, Donna dello Spirito di Dio
Vengo a te… sostenuto da questa fiducia.
Non si è mai udito,
Non si è mai saputo
Che alcuno sia venuto a te
Che abbia invocato il tuo sostegno,
O implorato il tuo aiuto
E sia rimasto… abbandonato,
Madre del Verbo, vengo a te! (daccapo)
Il ritratto che Luca ci consegna di Maria e della sua ‘missione’ fa di lei il modello perfetto dell’evangelizzazione a cui tutta l’umanità e ciascuno di noi deve guardare. Ella è l’icona della prontezza e della disponibilità incondizionata alla missione: obbedirà al Signore, ma obbedirà per libera scelta, senza che nessuno possa imporglielo, solamente per fiducia e per amore. Maria risponde “si” e da quel momento la sua fede riceve una luce nuova : si concentra su Gesù figlio di Dio che da lei ha preso carne e nel quale si compiono le promesse di tutta la storia della salvezza. La fede di Maria è il compimento della fede di Israele, in lei è proprio concentrato tutto il cammino, tutta la strada di quel popolo che aspettava la redenzione. Il Testo recita: “Come avverrà?” (in greco “pos estài?”). La questione non è se sarà mai possibile, ma semplicemente “come” sarà possibile. Si potrebbe parafrasare: “Io credo al tuo annunzio; lo credo poiché viene da Dio. Non ho dubbi che ciò avverrà. Può solo la tua gentilezza dirmi in quale maniera, per quale via, di modo che io possa prepararmi a questo?”. La fede che porta Maria a pronunciare il suo “si” da vergine è accompagnato dal dono di Grazia ricevuto dalla cugina Elisabetta, fino ad allora sterile. Esse annunciano con la loro maternità impossibile ed imprevista che Dio opera in modo miracoloso nella nostra esistenza, al di là di ogni ragionevole comprensione. Da queste due donne noi impariamo ad essere attenti all’azione di Dio nei nostri confronti e a diventare come loro capaci di annuncio. Maria non è una creatura che sa, ma una creatura che crede! Beata perché credente, credente per Amore nostro. Anche Elisabetta le riconosce questo servizio d’amore, identificandola «benedetta come madre e beata come credente». Sull’esempio del “si“ di Maria, anche noi riuniti davanti al frutto del suo grembo chiediamo di riuscire a pronunciare e a vivere con fedeltà il nostro “sì”: dovremo rinnovare abitudini consolidate, rinunciare a possessi rassicuranti, combattere contro noi stessi e il nostro egoismo ricorrente, imparare l’umiltà e il dialogo (Luciano Monari). Insomma dovremo manifestare con chiarezza la santità divina alla quale siamo chiamati: “Bisogna arrivare a credere come ha creduto la Madonna per amare come ha amato Lei” (Poppe). Non abbiamo né l’intelligenza per capire ogni cosa, né la soluzione di ogni problema, né la forza per cambiare il mondo e renderlo giusto e trasparente. Possiamo, però, e vorremmo riuscire a farlo, mettere nel mondo qualcosa di quell’amore, di quella premura e rispetto di madre che lei ci ispira. Quello che Dio ha compiuto in Maria vuole compierlo nella Chiesa e Maria è il modello, la perfezione, la figura completa di quanto Dio compie per noi. Ascoltiamo dunque le parole di Papa Francesco che guida la Chiesa sull’esempio della madre celeste: “Il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo. Non è lei là e noi qui. No, siamo collegati. Infatti Dio posa il suo sguardo d’amore su ogni uomo e ogni donna! Con nome e cognome. Il suo sguardo di amore è su ognuno di noi. […] Contemplando la nostra Madre Immacolata, bella, riconosciamo anche il nostro destino più vero, la nostra vocazione più profonda: essere amati, essere trasformati dall’Amore, essere trasformati dalla bellezza di Dio. Guardiamo lei, nostra Madre, e lasciamoci guardare da lei, perché è la nostra Madre e ci ama tanto; lasciamoci guardare da lei per imparare a essere più umili, e anche più coraggiosi nel seguire la Parola di Dio; per accogliere il tenero abbraccio del suo Figlio Gesù, un abbraccio che ci dà vita, speranza e pace”.
Momento musicale: J. S. BACH – Preludio al corale “Vieni Salvatore dei pagani”
6. REPOSIZIONE
Preghiere personali
Preghiera universale
CANTO: TANTUM ERGO
Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui
et antiquum documentum
novo cedat ritui.
Praestet fides supplementum
sensuum defectui.
Genitori genitoque
laus et jubilatio
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio. Amen.
Benedizione
CANTO: VERBUM PANIS
Prima del tempo prima ancora che la terra
cominciasse a vivere il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo e per non abbandonarci
in questo viaggio ci lasciò
tutto se stesso come pane.
Verbum caro factum est
Verbum panis factum est.
QUI SPEZZI ANCORA IL PANE IN MEZZO A NOI
E CHIUNQUE MANGERÀ NON AVRÀ PIÙ FAME.
QUI VIVE LA TUA CHIESA INTORNO A TE
DOVE OGNUNO TROVERÀ LA SUA VERA CASA.
Verbum caro factum est…
Prima del tempo quando l’universo fu creato
dall’oscurità il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo nella sua misericordia
Dio ha mandato il Figlio suo
tutto se stesso come pane.
Verbum caro factum est…RIT.(2 VOLTE)